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2 «Da un pensiero poetico molte azioni hanno avuto origine»: gli anni dell’apprendistato letterario

CAPITOLO PRIMO

I. 2 «Da un pensiero poetico molte azioni hanno avuto origine»: gli anni dell’apprendistato letterario

L’esordio narrativo masiniano avviene sulla «Rivista di Lecco», dove firma con lo pseudonimo di Paolo Masino il sonetto Aspirazione nel 1927.61 Tuttavia in passato aveva già avuto modo di sviluppare la sua vena creativa, con la composizione di tre drammi rimasti inediti, ovvero

La società, Valeria Blumenstil e Le tre Marie, quest’ultimo visionato dallo stesso Pirandello.62 Il 1928, invece, sarà l’anno che vedrà l’inizio della sua collaborazione con «900», dove apparirà il primo testo narrativo dell’autrice, intitolato Ricostruzione, seguito da altri scritti confluiti successivamente nella silloge d’esordio Decadenza della morte.63

Se nel marzo del 1930 inizia la composizione di Vita di Pietro Simone, romanzo rimasto però incompiuto,64 il 1935 sarà l’anno di Terremoto, pubblicato sulla rivista «Circoli»65 e solo un esempio dei testi narrativi masiniani usciti in rivista – basti pensare ai casi di Racconto Grosso edito

59 ID., Cartolina a Paola Masino, Roma, 23 ottobre 1940, in ivi.

60 ID., La massaia, ieri e oggi, in «Tempo», luglio 1970, ora in FPM, serie Ritagli Stampa, Recensioni.

61 PAOLA MASINO, Periferia, introduzione e cura di Marinella Mascia Gelateria, Salerno, Oèdipus, 2016, p. 147. 62 Ibid.

63 Ivi, p. 148. 64 Ivi, p. 150. 65 Ivi, p. 152.

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nel 1939 su «Letteratura», di Famiglia pubblicato nel 1940 su «Tempo» e di Latte sulla «Lettura» nel 1941.66 Tra il 1941 e il 1942 collabora a «Domus», periodico dove appaiono I dialoghi della

vita armonica, diciotto scritti su questioni inerenti l’arredamento e l’architettura, discusse con un

particolare interlocutore, Apud, un folletto immaginario dalle spiccate abilità dialettiche.67

È evidente, quindi, come la rivista divenga la destinazione editoriale ideale per presentare anche le opere romanzesche: il suo volume più celebre, ovvero Nascita e morte della massaia, edito nel 1945, era già apparso a puntate tra il 16 ottobre del 1941 e il 22 gennaio del 1942 sul periodico mondadoriano «Tempo».68

L’esperienza della pubblicazione di racconti su rivista procederà senza alcun arresto: se nel 1943 «Il Barone» rimarrà incompiuto, dall’altro il 5 aprile dello stesso anno vedrà l’uscita di Anicia sul «Gazzettino di Venezia».69 Sotto il profilo personale, il 1943 è l’anno del mandato di arresto emanato per la coppia appena rientrata a Roma da Venezia: Masino e Bontempelli, a causa dell’armistizio, risultano impossibilitati ad abbandonare la capitale e, nel frattempo, Alessandro Pavolini, all’epoca segretario del Partito Fascista della repubblica di Salò, aveva inserito il nome dell’autrice nella lista degli intellettuali da deportare al nord, mentre per Bontempelli aveva emesso un ordine di fucilazione.70 Quelli che seguiranno, saranno nove mesi all’insegna della clandestinità per la coppia di intellettuali, in grado, tuttavia, di contare sull’appoggio e la collaborazione di numerosi amici come il maestro Labroca, il regista Camillo Mastrocinque, Stefano Pirandello e Ludovico Sforza, lo zio materno di Paola.71 Nella medesima annata – il 25 ottobre – viene a mancare l’amato padre Enrico Alfredo, da sempre sostenitore ed estimatore della figlia Paola e sua principale guida culturale. L’uomo scomparirà nel desolato scenario di una Roma segnata dall’occupazione nazista.72 66 Ivi, p. 153. 67 Ibid. 68 Ivi, p. 154. 69 Ibid. 70 Ibid. 71 Ivi, pp. 154-155. 72 Ivi, p. 155.

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Nonostante il destino stia mettendo a dura prova l’autrice sul piano privato, la vena creativa è destinata a non affievolirsi, ma, al contrario, continuano a venire alla luce diversi scritti masiniani: nel dicembre del 1943, infatti, compaiono alcuni testi poetici – Morte, Vita, Preghiera, Dibattito – su «Domus».73

La vita culturale romana non si interrompe nonostante il protrarsi delle vicende belliche ed è proprio nell’ambito degli incontri tra intellettuali – legati tra loro da un profondo senso di amicizia – che si sviluppano nuove iniziative letterarie, destinate a protrarsi fino ai giorni nostri: nel 1944, infatti, il salotto di casa Bellonci in viale Liegi, animato dalla vivacità culturale dei numerosi ritrovi del gruppo denominato gli “Amici della Domenica”, si rivelerà la sede dove nel 1947 verrà dato vita al prestigioso premio Strega. La coppia Masino e Bontempelli presenzierà con costanza a tali incontri, destinati ad accogliere un numero via via crescente di artisti.

Anche l’esperienza giornalistica segnerà una nota positiva nella carriera di Paola: tra il novembre e il dicembre del 1944 ella darà vita al settimanale «Città», dirigendolo a turno con lo stesso Bontempelli, con Bellonci, Moravia, Piovene, Savinio e Maselli, dove terrà la rubrica di carattere politico-letterario intitolata Draga, ma il periodico pubblicherà altri due suoi scritti: la poesia Gioco e il racconto Lino.74 L’anno successivo su «Mercurio» – fondato e diretto dall’amica Alba de Céspedes – comparirà un’altra lirica masiniana – Vento del nord –, mentre le poesie

Lamento, Commiato e Manifesto saranno edite rispettivamente dai periodici «Domenica»,

«L’Indice» e «Terraferma». Per quanto riguarda la narrativa, il racconto Colloquio di notte – in precedenza rifiutato da Alba de Céspedes per «Mercurio» – appare sul «Mondo».75 Il 1945 è l’anno di avvio anche di ulteriori collaborazioni giornalistiche con le testate «Crimen», «Epoca» e «1945».76

Nel 1946 i racconti I Pellirosse, Il nobile gallo – quest’ultimo con il titolo di Gallo di ferro

campa tre secoli – e Una parola che vola, usciranno rispettivamente sui periodici «L’illustrazione

73 Ibid.

74 Ivi, pp. 155-156. 75 Ivi, p. 156. 76 Ibid.

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italiana» e «Milano Sera» – destinazione editoriale anche degli scritti narrativi Terzo anniversario e

Paura.77 Nella medesima annata inizia la stesura di un’opera per l’infanzia intitolata Vera storia di

un babbo inverosimile, volume rimasto incompiuto e ispirato alla figura paterna, tra i protagonisti

della vicenda stessa.78 Il 1946 è anche l’anno in cui, nel ruolo di collaboratrice per la «Gazzetta d’Italia» di Torino, viene inviata al Festival di Venezia – l’esperienza alla Mostra del Cinema avrà un seguito nel 1948 per il napoletano «Risorgimento», nel 1949 per la catanese «Sicilia» e il sassarese «Corriere dell’Isola» – mentre inizia la conduzione delle rubriche Lanterna di Diogene e

Moda sul settimanale milanese «Spazio», oltre alla collaborazione con «Milano Sera».79 Tra l’ottobre del 1946 e il febbraio del 1947, invece, firmerà la rubrica Io e voi sul periodico «Foemina», diretto da Marise Ferro,80 e scriverà per «Ala», rotocalco a colori con rubriche di moda edito da Bompiani.81

Nel 1947 uscirà la prima e unica silloge poetica dell’autrice con il titolo di Poesie: composta da ben quarantaquattro testi redatti tra il 1935 e il 1946: di esse trenta erano state stese nel triennio 1943-1946, proprio il periodo più complesso dal punto di vista personale, perché segnato dal lutto per la morte dell’amato padre Enrico Alfredo.82

La scrittura di racconti non subirà nessun arresto con la pubblicazione nel 1947 di Nozze di

sangue sulla «Fiera letteraria», recante nel quaderno di appunti dell’autrice il titolo Paesaggio.83 Quell’anno avrà luogo l’avvio della collaborazione giornalistica più longeva della sua carriera, stabilita con «Noi donne», un sodalizio destinato a perdurare fino al 1960 e sede di ripubblicazione del racconto Latte, con il titolo di Latte di madre.84

77 Ibid. 78 Ivi, p. 157. 79 Ibid. 80 Ibid.

81 MARINELLA MASCIA GALATERIA, Introduzione. Il guardaroba delle memorie, in PAOLA MASINO, Album di vestiti,

cit., p. 6.

82 PAOLA MASINO, Periferia, cit., p. 157. 83 Ibid.

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Intanto nel 1948 continua a figurare la firma masiniana sulla rivista «Mercurio» fondata e diretta da Alba de Céspedes, in cui compare il racconto intitolato Anniversario:85 una sorta di viaggio nel passato dove l’autrice immaginerà l’incontro con i genitori nel giorno delle nozze. Nel frattempo Bontempelli è stato eletto senatore nelle liste del Fronte Popolare e quell’anno avverrà un viaggio ufficiale della coppia in Jugoslavia,86 mentre Paola inizia a scrivere per un giornale di partito – «Vie Nuove» del Pci – fino al 1956: sin dal 1943 Masino si era avvicinata alle posizioni comuniste, pur mantenendo una certa posizione critica nei confronti del partito stesso, derivante da una radicata forma di autonomia di pensiero,87 come si evince dalle riflessioni personali annotate in

Appunti 3:

Del comunismo, come scrittrice, trovo generoso e ideale, quel domandarci di non usare l’arte come evasione, come travisamento, come falsificazione dell’umanità, ma, guardando nella umanità e nella nostra esigua egualità di uomini trovare quella realtà assoluta che può anche essere l’Amore, la Morte, Dio.88

Sono numerosi gli articoli e gli scritti prodotti dalla creatività masiniana, una mole tale da indurre la letterata a concepire l’idea di un romanzo epistolare, strutturato in diciotto lettere, un’idea, tuttavia, destinata a non concretizzarsi.89

Gli anni cinquanta si aprono con il trasferimento definitivo di Paola nella casa romana di viale Liegi, assieme alla madre Luisa e a Massimo, già all’epoca malato;90 ma è anche il decennio di una produzione giornalistica masiniana particolarmente feconda. Nel 1950 continuano le pubblicazioni degli scritti poetici con A Giovanni su «Alfabeto» e Anno Santo su «Vie Nuove», mentre prende avvio il suo lavoro all’interno della redazione di «Epoca», protrattosi fino al 1955, e la prestigiosa collaborazione con la Rai, dove ella condurrà programmi per Radio 2 fino al 1985.91 Se nel 1951 Paola firmerà una nuova rubrica – Confidatevi con Paola su «Vie Nuove» – verrà dato due anni più

85 Ibid. 86 Ivi, p. 158. 87 Ibid.

88 MYRIAM TREVISAN, Una rete di relazioni intellettuali, cit., p. 235. 89 Ibid.

90 PAOLA MASINO, Periferia, cit., p. 158. 91 Ibid.

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tardi l’esordio masiniano nella produzione teatrale, grazie alla stesura del libretto d’opera Viaggio

d’Europa, tratto dall’omonimo racconto di Massimo Bontempelli e musicato da Vittorio Rieti,

eseguito per la prima volta nell’Auditorium Rai di Roma.92 Si tratta di una nuova vicenda creativa destinata ad arricchire di risvolti la produzione della letterata, ma non a affievolirne l’interesse dalla scrittura lirica e narrativa destinata alle riviste dell’epoca: si pensi, ad esempio, al caso dei versi di

Dedica, poi confluiti su «Presente», oppure all’idea – rimasta incompiuta e testimoniata da un

indice composto da cinque titoli – di ideare una nuova silloge poetica, suffragata da un testo ancora una volta narrativo, ovvero il racconto Ora intima, pubblicato postumo in Colloquio di notte del 1994.93

L’esperienza della scrittura teatrale non si esaurisce col primo libretto, ma prosegue nella seconda metà degli anni cinquanta, con il progetto – mai portato a termine – della Negra di Capri, musicata da Ennio Porrino.94 Un progetto irrealizzato che lascia spazio, invece, ad un altro, stavolta giunto al suo epilogo: si tratta di Vivì, scritto con Bindo Missiroli e musicato da Franco Mannino, eseguito il 28 marzo 1957 al teatro San Carlo di Napoli, che dopo la prima edizione di quell’anno ad opera dell’editore De Santis, ne vide una seconda nel 1958 presso la casa editrice milanese Curci.95 La vicenda narra di una soubrette di varietà di successo priva d’ogni sentimento sincero, circondata da effimeri piaceri e tediata da un’anziana zia, che la induce a intraprendere relazioni d’interesse, e da un impresario che ne asseconda i capricci per poterla portare sempre in scena.96 Sarà l’incontro con un aviatore inglese a farle conoscere il vero significato dell’amore, destinato ad infrangersi a causa di un matrimonio contratto dallo stesso aviatore con un’altra donna.97 L’esito del dramma sarà destinato ad essere tragico e irreparabile: l’amante verrà raggiunto da un colpo sparato

92 Ivi, pp. 158-159. 93 Ivi, p. 159. 94 Ibid. 95 Ibid.

96 DANIELA GANGALE, La musica come nuovo orizzonte per la scrittura: i libretti degli anni cinquanta, in BEATRICE

MANETTI (a cura di), Paola Masino, cit., p. 207. 97 Ibid.

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dalla pistola di Vivì.98 L’opera attingeva a svariati episodi di cronaca, relativi a fatti riguardanti giovani donne sedotte e abbandonate nel dopoguerra. Un esempio, a tal proposito, è il caso narrato da Fedele D’Amico sul «Contemporaneo» il 6 aprile del 1957: circa una decina di anni prima – per precisione il 15 settembre del 1948 – la contessa Pia Bellentani, nel corso di una festa svoltasi a Villa d’Este sul lago di Como, aveva assassinato l’amante Carlo Sacchi, ‘reo’ di averla «trattata sprezzantemente per tutta la serata».99 Un omicidio punito con dieci anni di reclusione in un manicomio giudiziario.100

Tale soggetto, tuttavia, non verrà apprezzato dalla critica per un’eccessiva indulgenza «a toni rosa»,101 un approfondimento insoddisfacente del «carattere dei personaggi»102 e «una superficialità forse eccessiva anche per un libretto».103 Da parte sua Missiroli, si prodigherà nell’apporre le proprie personali correzioni al testo di Paola, non senza evitare di confessare a Mannino, in una lettera del 28 dicembre 1956, la causa di tale gesto, riconoscibile nella strenua volontà di evitare un giudizio poco lusinghiero da parte di una critica indotta a ritenere che «i librettisti abbiano voluto fare dell’autentica poesia (evidentemente di pessimo gusto), anziché usare un linguaggio poetico adatto alla levatura dei personaggi».104 Parole che denotano una scarsa stima dell’intellettuale per quanto prodotto dalla letterata, ed una evidente tendenza a voler rivendicare una presunta superiorità artistica – atteggiamento che compromise i rapporti e la collaborazione stessa.

Dopo un iniziale fiasco e l’assenza di consenso tra la critica, il dramma riacquisterà una certa popolarità nella ripresa del 12 marzo del 1963, in seguito alla scelta di Mannino di far cantare e ballare alle sorelle Kessler una canzone all’interno dell’opera.105 Come osserva Daniela Gangale,

Vivì è riconoscibile nel suo

98 Ibid. 99 Ibid. 100 Ibid. 101 Ivi, p. 208. 102 Ibid. 103 Ibid. 104 Ivi, p. 209. 105 Ivi, p. 214.

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sforzo evidente di avvicinare il melodramma, che aveva subito una fortissima crisi di identità tra le due guerre e che percorreva inarrestabile il viale del tramonto negli anni cinquanta, a stilemi musicali e letterari di consumo, come il fotoromanzo, il fumetto, i ballabili, nella speranza forse di intercettare un pubblico più vasto, di certo nel tentativo di interpretare la modernità. Vivì fu una delle risposte possibili alla necessità di ritrarre la propria epoca, utilizzando i mezzi della tradizione.106

Nel complesso, quindi, l’attività di librettista di Paola interessa un arco di tempo che va dagli anni cinquanta fino agli anni settanta del Novecento, per un totale di cinque testi conclusi e musicati, ai quali si sommano una sesta opera: un abbozzo intitolato La negra di Capri.107 Gli anni cinquanta si dimostrano il decennio più originale, in quanto Viaggio d’Europa e Vivì108 vengono estrapolati da creazioni narrative, mentre i tre successivi sono degli adattamenti di capolavori di risonanza europea, e tale scelta è riconducibile alla passione dell’autrice per le traduzioni.109

La scrittura teatrale è il risultato di un’altra passione di Masino: la musica. Condivisa con il compagno Bontempelli che a Venezia seguiva delle lezioni di pianoforte nel conservatorio della città lagunare e apprezzata già dall’infanzia grazie alla famiglia – assieme alla quale si recava all’opera ogni domenica – e specialmente al papà – che guidò la figlia nello studio del pianoforte,

106 Ibid. 107 Ivi, p. 197.

108 In seguito al successo di pubblico registrato con l’esperienza di Viaggio d’Europa, giunge a Masino questa nuova

proposta di collaborazione al fine di realizzare «un’opera nuova e un soggetto originale». Tale progetto condiviso consentirà la nascita di un’amicizia destinata a perdurare nel tempo e a coinvolgere la moglie e la figlia stessa di Franco Mannino, il quale definirà Paola come «un esempio classico di donna senza età. […] una donna dannunziana senza aver mai avuto al suo fianco un Andrea Sperelli». Egli, inoltre, aggiungerà: «Mi considero un privilegiato perché le sono molto amico». Mannino si rivelò un autore dalle spiccata abilità: basti pensare alla collaborazione stabilita con Luchino Visconti nella scrittura delle musiche per il film del regista intitolato Bellissima, girato nel 1951, con una rielaborazione dei temi dell’Elisir d’amore di Donizetti. Un sodalizio artistico fortunato e proseguito con Mario e il mago, opera viscontiana sul testo di Thomas Mann e andato in scena alla Scala di Milano il 25 febbraio del 1956, ottenendo l’apprezzamento da parte della critica e del pubblico. Pertanto gli anni cinquanta si erano rivelati fruttuosi per Mannino, desideroso di accrescere il prestigio del proprio lavoro. Nonostante ciò, Vivì non riscosse i riscontri sperati, nonostante avrebbe continuato ad essere rappresentato sino al 1982. Una parte di responsabilità di ciò venne attribuita a Bindo Missiroli, noto organizzatore culturale e direttore artistico dal 1931 del Teatro Donizetti di Bergamo, firmatario del testo assieme a Masino, ma di fatto limitatosi solamente ad apporre delle correzioni a testo completato. In passato egli era stato protagonista, assieme al critico Franco Abbiati, al direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni e all’architetto Sandro Angelini, di un progetto – il Teatro delle Novità – ideato agli inizi degli anni trenta e con lo scopo di «rivitalizzare il settore del teatro musicale italiano, in profonda crisi di identità nel periodo tra le due guerre, attraverso la rappresentazione di nuove opere italiane sperimentali», che faceva uso del parlato e del linguaggio corrente. Si rivelerà un’iniziativa longeva, inaugurata nel 1937 e conclusasi nel 1973. Probabilmente Mannino aveva ipotizzato un possibile inserimento di Vivì nel Teatro delle Novità con il coinvolgimento di Missiroli. I rapporti tra Masino e Missiroli non saranno amichevoli come quelli intercorsi tra l’autrice e Mannino, a causa, probabilmente, di qualche perplessità manifestata dallo stesso Missiroli in merito al linguaggio adottato dalla letterata. Mannino sarà costretto a svolgere il ruolo di mediatore tra Masino e Missiroli, quest’ultimo sempre più scontento dell’operato masiniano per il carattere «fin troppo fumettistico» di un testo che assumeva un carattere «più sentimentale di quanto non esig˂evano˃ le caratteristiche drammatiche […] dei due personaggi principali». Ivi, pp. 204-209.

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trasmettendole la passione per Verdi e un certo disamore per Puccini –,110 il gusto per la melodia si traduce in un’attività in grado di coprire una fase di stallo della vena narrativa di Paola – un arresto che se in un primo momento appare transitorio, successivamente, con lo scorrere degli anni, segnerà in maniera significativa la letterata.

Il pianoforte rientra anche tra gli interessi di Massimo, musicista autodidatta che «aveva imparato a suonare di nascosto dai genitori» e privo di un vero percorso di studi in materia, aveva sempre ritenuto illusoria l’aspirazione di poter divenire un vero e proprio compositore.111 Nonostante tale credenza, un Bontempelli quarantenne inizierà a comporre musiche di scena per la sua pièce teatrale Siepe a nord-ovest e per Salamandra, «un’azione mimica su soggetto di Pirandello».112 Del resto lo stesso Bontempelli teorizzava la necessità di un legame tra musica e scrittura, un sodalizio giustificabile nel fatto «di come la musica possa arrivare là dove la logica della parola non riesce a penetrare».113 A riprova della passione condivisa dalla coppia per le note, sono frequenti i riferimenti compiuti da Paola alla loro presenza ai principali appuntamenti musicali sul territorio nazionale, come il Maggio Musicale Fiorentino o il Festival di Venezia, senza dimenticare i numerosi inviti ricevuti dai direttori d’orchestra come Victor De Sabata o dai compositori come Gian Francesco Malipiero.114

Lo stesso Pirandello dimostrava una certa affinità con la dimensione musicale, testimoniata dalle svariate collaborazioni avviate con diversi musicisti tra l’inizio degli anni venti e la prima metà degli anni trenta.115 Anche nel caso del drammaturgo siciliano, il concetto di ‘commistione’ si dimostrava fondamentale per poter condurre il progetto romano del Teatro d’Arte, condiviso con Bontempelli e altri artisti tra il 1924 e il 1925.116 Del resto, l’attività di librettista, quanto a quella di scrittore, risultava nella norma fin dall’epoca a cavallo tra Ottocento e Novecento, e si trattava di

110 Ivi, p. 198. 111 Ibid. 112 Ivi, p. 199. 113 Ibid. 114 Ibid. 115 Ibid. 116 Ibid.

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due ruoli svolti assieme spesso per motivazioni di natura economica. Lo stesso Gabriele d’Annunzio, per citare un caso, era stato autore di libretti musicati da Franchetti, Mascagni, Zandonai, Pizzetti, Montemezzi e Malipiero.117 Generi così frammisti tra di loro, pertanto, traducevano la passione di Masino per le arti in genere – una predilezione destinata a riflettersi sulla pagina narrativa stessa, tramite l’evocazione o la descrizione di atmosfere musicali, atte a coinvolgere il lettore direttamente in una specifica scena.118

Le circostanze faranno sì che Mario Labroca nel 1952 proponga alla letterata la collaborazione alla stesura di una radio opera, commissionata dalla Rai al compositore Vittorio Rieti, su un soggetto riguardante un racconto di Massimo Bontempelli, apparso prima su «Tempo» nel 1939 con il titolo di Toro primo,119 successivamente in volume come Viaggio d’Europa, assieme alla Via di Colombo e alle Ali dell’ippogrifo.120 Un progetto che ben si inseriva in quegli anni segnati da una certa difficoltà economica, causata per la maggior parte dalla revoca a Massimo della carica di senatore, precedentemente ricevuta nel 1948 nelle liste del Fronte Popolare, ma poco

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