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Metodologia della ricerca

N. Domanda filtro Effetto del filtro Domanda condizionata

4.5.5 Corpo del questionario

Il corpo del questionario si suddivide in due sezioni, la prima relativa alla comunicazione interna (domande 5-21), la seconda incentrata sulla comunicazione esterna (domande 22- 31).

Le prime domande della sezione sulla comunicazione interna sono state formulate in collaborazione con il partner di progetto TIS (domande 5-12) e mirano a indagare argomenti relativi alla condivisione delle informazioni nell’azienda, all’apertura dell’azienda verso l’esterno, alle modalità di aggiornamento del personale, all’innovazione,

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alle modalità di gestione aziendale e alla struttura funzionale dell’impresa. La domanda 5 “All’interno della Sua azienda le informazioni si condividono prevalentemente tramite:” (possibili risposte: e-mail, newsletter, intranet, comunicazioni informali, riunioni, gruppi di lavoro) e la domanda 6 “Quali informazioni sono disponibili a tutto il personale?” intendono approfondire il grado di formalizzazione della condivisione di informazioni in azienda e la loro circolazione attraverso i diversi mezzi possibili. Si presuppone che l’utilizzo di mezzi e processi di condivisione più formalizzati (es. riunioni periodiche o mezzi di comunicazione scritta complessi quali la newsletter e intranet) sia probabilmente più diffuso nelle aziende di dimensioni maggiori e con una strategia di gestione delle informazioni controllata e mirata. Il passaggio di informazioni in maniera informale (es. durante le pausa caffè, in corridoio) è potenzialmente indice di un’azienda di dimensioni minori, ma anche di una strategia di gestione meno standardizzata e cosciente. In linea generale, più vige libertà di circolazione delle informazioni e di condivisione con il personale, più la struttura aziendale è da considerarsi orizzontale, poco gerarchica. Una struttura orizzontale stimola il personale a contribuire in prima persona al raggiungimento degli obiettivi aziendali, creando così un clima più aperto e comunicativo.

L’apertura delle aziende verso l’esterno e la condivisione delle informazioni con elementi esterni, anche in fase di aggiornamento, sono oggetto della domanda 7 “Quali di queste affermazioni si applicano alla Sua azienda?” (possibili risposte: l’azienda si apre al pubblico, lo scambio di informazioni con altre imprese favorisce nuovi progetti, l’azienda teme che la concorrenza possegga informazioni riservate su di sé, i collaboratori non possono divulgare informazioni sui metodi di produzione e sugli aspetti organizzativi) e della domanda 8 “Come ci si aggiorna sulle novità del settore?” In entrambi i casi si tenta di sondare il livello di apertura o di chiusura delle aziende, indagando l’importanza data allo scambio con l’esterno e con la concorrenza rispetto a quella del segreto aziendale. Anche le strategie di aggiornamento possono essere più aperte e dinamiche (es. incontri con altre imprese, con fornitori) o più tradizionali (es. lettura di riviste e documentazione di settore, partecipazione a convegni e fiere).

Le risposte alle domande appena esposte possono essere validi indicatori anche per il tipo di innovatività a cui punta l’azienda. Le domande 9 “Nel corso degli ultimi 12 mesi la Sua azienda ha introdotto delle innovazioni?” e 10 “Chi ha proposto o ideato l’innovazione”

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sono incentrate sul tipo di innovazione. Si cerca di capire, ad esempio, se l’innovazione è prevalentemente di prodotto, perché focalizzata sull’acquisizione di nuovi macchinari, o di processo, in quanto incentrata sulla modifica dei processi e delle attività dell’impresa. La domanda 10 mira a indagare chi sono i motori dell’innovazione nelle aziende altoatesine. Si chiede dunque se l’innovazione sia frutto di spinte esterne che provengono, ad esempio, da consulenti e fornitori, se si tratti di un compito riservato al management e/o alla proprietà o se sia una prerogativa di tutto il personale.

La centralità del management e della proprietà nella gestione aziendale viene sondata mediante le domande 11 “Quali sono gli scopi degli incontri con più persone/delle riunioni nella Sua azienda?” e 12 “Nelle riunioni in cui bisogna prendere una decisione, chi decide prevalentemente?”. Un’azienda in cui le riunioni non si organizzano mai o servono soprattutto a risolvere problemi e in cui il potere decisionale è saldamente in mano ai vertici aziendali darà un’immagine di sé molto statica e gerarchica. Al contrario, un’azienda in cui le riunioni hanno come scopo lo sviluppo di nuove idee e dove le decisioni vengono prese in maniera condivisa offrirà un’immagine molto più aperta e dinamica. La formulazione alternativa “incontri con più persone/riunioni” è stata proposta dal TIS per non escludere dalla risposta le aziende di dimensioni minori. Nelle microimprese le persone si ritrovano sovente a discutere e condividere delle questioni lavorative senza che tali incontri siano definiti come “riunioni”, termine che è potenzialmente associato a una situazione molto formale e altamente organizzata.

Le successive tre domande riguardano le prassi linguistiche per la comunicazione orale formale e la comunicazione scritta interna. Due domande puntano a capire le modalità di utilizzo delle lingue durante le riunioni (domanda 13 “In che lingua si svolgono prevalentemente gli incontri con più persone/le riunioni?”, domanda 14 “Se si svolgono principalmente in una lingua, questa è prevalentemente:”). La domanda seguente intende sondare la prassi applicata ai relativi verbali (domanda 15 “In che lingua/e si redigono i verbali delle riunioni?”). Le risposte permettono una distinzione tra le scelte operate in maniera pragmatica e democratica (es. nella lingua della maggior parte dei presenti, si alternano due o più lingue, ognuno parla la propria lingua) rispetto a quelle autoritarie (principalmente in una lingua, nella lingua di chi coordina la riunione) o potenzialmente legate al predominio di singole lingue (domanda 14). Mentre a livello orale si può

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presupporre una maggiore apertura all’uso alternato o contemporaneo di più lingue e al ricorso al dialetto, a livello scritto ci si può attendere una maggiore resistenza a tale fenomeno (domanda 15). Per quanto riguarda il dialetto tedesco altoatesino, è stato inserito tre le possibili risposte perché si tratta della forma privilegiata di comunicazione quotidiana orale in tantissime situazioni comunicative, incluso l’ambito lavorativo (ASTAT 2006: 135).

Le domande 16 e 17 sono incentrate sull’importanza data alle conoscenze linguistiche, sia della seconda lingua (domanda 16 “Nella Sua azienda, che importanza ha la conoscenza della seconda lingua (italiano/tedesco)?”) sia delle altre lingue (domanda 17 “Nella Sua azienda, che importanza ha la conoscenza di altre lingue (diverse dall’italiano e dal tedesco)?”). La domanda 17 evita volutamente di chiudere la possibilità di risposta solo sulla lingua inglese. Si punta in questo modo a raccogliere due dati da confrontare l’uno con l’altro per avere un’idea del gap che sussiste all’interno delle aziende tra le lingue locali e quelle che permettono di allargare il mercato oltre ai Paesi di lingua italiana e tedesca. Le conoscenze linguistiche sono infatti considerate da molti datori di lavoro necessarie a garantire la competitività della propria azienda e a volte persino prioritarie rispetto a quelle professionali (Vinatzer 2009: 19-20). Tuttavia, le conoscenze linguistiche attualmente disponibili sembrerebbero sufficienti solo per gestire le attività correnti ma non per accedere a nuovi mercati (Pörnbacher 2009b: 37).

La presenza di stranieri è un fattore collegato all’uso – o mancato uso – di più lingue all’interno dell’azienda. Il dato è rilevante anche in funzione dell’importanza conferita alle conoscenze linguistiche, sia per la comunicazione interna sia per la comunicazione esterna. Con la domanda 18 “C’è del personale con una madrelingua diversa dall’italiano o tedesco nella Sua azienda?” si è chiesto il numero di persone presenti in azienda che avessero una madrelingua diversa dalle due lingue ufficiali dell’Alto Adige. La formulazione della domanda è intenzionalmente incentrata sulla lingua e non sulla provenienza estera, per evitare che nella risposta siano inclusi i lavoratori stranieri originari di altri Paesi di lingua italiana (es. Svizzera) o tedesca (es. Germania, Austria). Questi infatti, pur essendo numerosi, non portano necessariamente nuove lingue in azienda. I cittadini impiegati in provincia di Bolzano provenienti dalla Germania, ad esempio, sono oltre il 10% (ASTAT 2012c: 50).

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La formazione linguistica in azienda è il tema delle successive tre domande. Queste mirano innanzitutto a valutare se le aziende – soprattutto quelle che alle domande precedenti hanno attribuito grande importanza alle conoscenze linguistiche – si impegnino attivamente per migliorare le conoscenze linguistiche del proprio personale (domanda 19 “La Sua azienda organizza corsi per promuovere le competenze linguistiche e/o la comunicazione (es. corsi di lingua, corsi di scrittura)?”). Le competenze linguistiche necessarie all’attività lavorativa non si esauriscono nel classico corso di lingua, ma includono anche altre capacità, ad esempio le competenze nell’ambito della comunicazione scritta, anche nella propria madrelingua. Per questa ragione la domanda 19 è formulata in modo da coprire uno spettro più ampio di corsi. Le domande di approfondimento alla domanda 19 riguardano la disponibilità a impegnare risorse finanziarie e il tempo di lavoro dei dipendenti nei corsi (domanda 20 “Quando e come si tengono questi corsi?”), oltre che i ruoli aziendali nella cui formazione linguistica si investe (domanda 21 “Per quali posizioni si organizzano questi corsi?”). I dati già disponibili suggeriscono che poche aziende di grandi dimensioni offrono un sostegno concreto all’apprendimento linguistico assumendosi i costi dei corsi, non concedendo però che siano tenuti durante l’orario di lavoro. I corsi sembrerebbero inoltre accessibili soprattutto a dirigenti, al personale di segreteria e al personale con frequenti contatti esterni (es. reception, marketing, vendite, assistenza) (Pörnbacher 2009a: 29-30).

La sezione delle domande sulla comunicazione esterna (domande 22-31) contiene domande sulla comunicazione scritta, sulle traduzioni e sui glossari utilizzati per la produzione di queste ultime. La domanda 22 “Quali di questi testi esistono in più di una lingua nella Sua azienda?” presenta quali possibili risposte una lista di diversi tipi di documenti, da quelli a uso prettamente interno (es. verbali, regolamento del personale) a quelli rivolti alla clientela (es. sito web), da quelli di natura tecnica (es. istruzioni per l’uso di macchinari) a quelli di tipo commerciale (es. dépliant), senza tralasciare la documentazione obbligatoria per legge (es. statuto, norme per la sicurezza). In base alle informazioni fornite dai rispondenti si mira a individuare le prassi delle aziende altoatesine in merito alla produzione di testi scritti in diverse lingue.

A questo argomento si collegano le domande sulla produzione di traduzioni, cioè su chi le stila (domanda 23 “Chi si occupa di tradurre i testi nella Sua azienda?”) e su quale profilo professionale abbiano le persone che traducono testi per le aziende (domanda 24 “Che

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profilo hanno le persone che si occupano delle traduzioni?”). Le possibili risposte spaziano dalla presenza di un traduttore interno, all’abitudine di far tradurre i testi nei vari reparti aziendali (es. commerciale, marketing) o dai tecnici interni, al ricorso a traduttori esterni e persino ai traduttori automatici. La domanda 24 elenca i possibili titoli di studio in possesso delle persone a cui vengono affidate le traduzioni allo scopo di individuare il livello di formazione specialistica disponibile in azienda. La domanda 25 “Che tipo di testi vengono affidati a professionisti esterni?” intende approfondire il rapporto con i traduttori freelance e le agenzie di traduzione indagando, nello specifico, quali siano le motivazioni principali alla base di un incarico affidato all’esterno (es. urgenza, argomento specialistico, mancanza di conoscenze linguistiche specifiche all’interno dell’impresa, ecc.). Infine, il processo di traduzione sta al centro della domanda 26 (“I testi da tradurre vengono rivisti e corretti prima della traduzione?”), con richiesta di motivazione in caso di risposta “mai” (domanda 27 “Sa dirci per quale motivo i testi non vengono mai rivisti e corretti prima della traduzione?). Anche la domanda 28 (“Chi ha tradotto il testo viene informato di eventuali revisioni/correzioni?”) riguarda il processo di traduzione ed è collegata con una domanda di approfondimento, posta solo a chi selezionato la risposta “mai” (domanda 29 “Sa dirci per quale motivo i testi non vengono mai rivisti e corretti prima della traduzione?”). Tutte e quattro queste domande sondano l’attenzione posta al processo di traduzione nella fase di redazione del testo originale e di revisione del testo tradotto. A tal riguardo i traduttori altoatesini segnalano di ricevere sovente testi di scarsa qualità e una generale assenza di feedback a incarico concluso, perdendo così l’occasione di ottimizzare la qualità dei testi futuri (Chiocchetti 2011: 12).

Le ultime due domande della sezione conclusiva riguardano i glossari terminologici multilingui. La domanda 30 chiede infatti ai rispondenti se “Vengono stilati dei glossari interni, delle liste di traduzioni, dei piccoli dizionari (es. relativi a macchinari, a etichette di prodotti, a servizi) nella Sua azienda?”. Nel caso ciò non accadesse “mai”, alla domanda successiva ne viene chiesta la motivazione (domanda 31 “Sa dirci per quale motivo non vengono mai stilati dei glossari interni, liste di traduzioni, piccoli dizionari nella Sua azienda?”). La formulazione della domanda è intenzionalmente discorsiva ed estensionale, poiché si presume che non a tutti i rispondenti sia familiare il termine specialistico “glossario terminologico”. Anche queste domande, come le precedenti, si basano sulle informazioni fornite da traduttori freelance e agenzie a cui non vengono mai chiesti glossari

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multilingui (Chiocchetti 2011: 12) e mirano ad approfondire l’argomento presso le imprese stesse.

Molte domande formulate all’inizio della ricerca con l’intenzione di inserirle nel corpo del questionario sono state escluse dalla versione finale, principalmente per non rendere il questionario eccessivamente lungo ed evitare che il processo di compilazione durasse troppo. Ad esempio, si è rinunciato a una domanda sul budget annuale assegnato alle traduzioni, poiché sembrava che si rivolgesse a una quota troppo esigua di aziende. Anche le domande sull’utilizzo di sistemi di supporto alla traduzione, nonché sui potenziali vantaggi di una maggiore informatizzazione del processo traduttivo e della gestione di documentazione, sono state stralciate per motivi di spazio, ma anche perché comprensibili per un numero piuttosto esiguo di persone. L’approfondimento sui vantaggi di informatizzare il processo di traduzione era previsto come batteria di domande con una scala Likert “completamente d’accordo – completamente in disaccordo” come opzioni di risposta. Altre due batterie di domande con scale Likert sono state sacrificate alle limitazioni di lunghezza e di tempo. La prima batteria concerneva i vantaggi/svantaggi di una politica orientata al multilinguismo e la seconda, collegata alla prima, riguardava gli interventi necessari per mettere concretamente in atto una politica aziendale maggiormente orientata al multilinguismo. Si tratta di approfondimenti interessanti e necessari che dovranno sicuramente essere affrontati in futuro nel quadro di altre indagini.