• Non ci sono risultati.

Cortile a Cleopatra (1936) Le vicende del manoscritto e la prima edizione

Nell'estate del 1933 Fausta Cialente si trova in Italia per trascorrere, come ogni anno, la stagione con la sua famiglia. Il viaggio è occasione per rinnovare i tentativi di collocazione editoriale del suo secondo romanzo, Cortile a Cleopatra, ultimato ad Alessandria d'Egitto nella primavera del 1931 ed ancora inedito. Le disavventure del testo persistono già da diversi mesi e preoccupano molto l'autrice, particolarmente sfiduciata dal silenzio degli editori. Il 24 luglio scrive all'amica Sibilla Aleramo:

A Milano sono rimasta circa un mese, ho avuto molto da fare e molti crucci [...] e le mie vicende con gli editori, inavvicinabili, bugiardi o addirittura indegni, non hanno servito a farmi più allegra. Sono così perfettamente scoraggiata, malgrado le buone parole e gli ottimi giudizi di quanti hanno letto il libro, che mi domando se val la pena di continuare a lavorare, io che ho appena cominciato.43

Due anni dopo la conclusione della stesura Cortile a Cleopatra ha evidentemente già conosciuto una circolazione manoscritta in Italia, circostanza che, a dispetto della mancata pubblicazione, sarebbe valsa «buone parole» e «ottimi giudizi». Oltre alla già citata Aleramo, è plausibile che il testo fosse disponibile in ambiente milanese nelle settimane immediatamente successive la fine della scrittura. Solo un simile tempismo avrebbe permesso a Raffaele Mattioli, Direttore centrale della Banca Commerciale Italiana, di sostenere la causa del romanzo presso Arnoldo Mondadori il 24 dicembre 1931:

Egregio Commendadore,

Mi permetto di richiamare la Sua attenzione sul nuovo romanzo della Sig.ra Fausta Terni Cialente, dal titolo “Cortile a Cleopatra”.

Io non l'ho letto, ma debbo ritenere si tratti di un lavoro interessante, a giudicare da quanto Pio Schinetti ebbe a scrivere al mio amico Prof. Nino Levi. Le accludo anzi copia della lettera di Schinetti44.

Umanista, grande promotore di iniziative culturali, amico personale di Benedetto Croce, Raffale Mattioli non è nuovo ad interventi in campo letterario ed editoriale45. La sua

43 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Sesto Pusteria, 24 luglio 1933, Fondazione Istituto

Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 627, lett. 322.

44 Lettera di Raffaele Mattioni a Arnoldo Mondadori, Milano, 24 dicembre 1931, Archivio Storico di

Intesa Sanpaolo, Copialettere di Raffaele Mattioli (CpM), vol. 5, f. 174.

45 Negli anni seguenti curerà per Ricciardi una collezione di classici italiani (La letteratura italiana.

Storia e testi, a cura di Raffaele Mattioli, Pietro Pancrazi, Alfredo Schiaffini, Milano-Napoli,

lettera, che non sembra ricevere risposta da parte di Mondadori, suggerisce il coinvolgimento di altri due lettori del Cortile: il professore di diritto penale Nino Levi, in quegli anni incaricato a Milano, e il giornalista Pio Schinetti, già direttore del «Resto del Carlino» e collaboratore del «Secolo». A quest'ultimo va attribuito quello che è, con tutta probabilità, il primo intervento critico dedicato al romanzo di Cialente, allegato in copia (senza data) alla lettera di Mattioli:

Ho letto il libro della Signora Terni-Cialente.

Non è, naturalmente, un libro del mio tempo, e voglio dire del secolo scorso; è concepito secondo il gusto odierno dei romanzi, che conduce non a rappresentare nella logica coordinazione d'alcuni casi avventurosi gli effetti di un'idea o d'una passione o le vicende di una vita eccezionale, ma piuttosto a scrutare analiticamente quel tanto d'irrazionale e d'impreveduto e di misterioso che grava di solito su quella mediocre avventura che è la vita per la maggior parte degli uomini, condannati a cercarsi penosamente da vivere fino al giorno in cui s'accorgono che bisogna morire. Vocazioni ereditarie, necessità, rassegnazioni, più che libertà; istinti e sensazioni più che ragionamenti; penombre di riflessione intima più che ardore di movimento e d'azione. Ma anche per questo, a non voler essere deliberatamente disonesti, penso che il libro possa essere giudicato quasi tutto notevole e in gran parte ammirevole, come dimostrazione di un ingegno che vede molto nettamente i contorni delle cose e guarda nel segreto dei cuori con singolare acutezza. Rende molto bene certi caratteri dei sobborghi alessandrini, ove da secoli s'incontrano, e non si confondono, famiglie di provenienza, di razza e di religione diversa. […] Il cortile […] pieno delle voci e delle preoccupazioni di tutta quella povertà inquieta, superstiziosa e malinconica, acquista veramente una funzione artistica interessante. Quanto al giovane italiano errabondo, che domina con la sua presenza la più gran parte del libro, mi pare già un gran merito dell'autrice non averlo vestito secondo qualche figurino di moda. Egli va per il mondo, con le sue inquietudini e con la sua imprevidenza, senza essere gravato da reminiscenze storiche e senza essere incitato da esorbitanti presagi d'avvenire. Volendo ricercare qualche precedente, qualcuno […] dirà che i dialoghi dalle finestre alessandrine ricordano, come metodo artistico, l'avviamento dei Malavoglia di Verga, ma con più veemenza, nel caldo colorito di un clima più decisamente orientale. Io farei volentieri qualche appunto alla “scrittura” che spesso è modellata sullo stampo del fraseggiare francese, difetto del resto facilmente emendabile. P.S46.

L'interessamento di Mattioli è solo il primo di una serie di tentativi che, negli anni, vedranno la casa editrice Mondadori al centro degli interessi di Cialente. La causa del romanzo è sostenuta in primo luogo da Sibilla Aleramo, che nel settembre del 1933 cerca di organizzare un incontro fra l'amica e l'avvocato Mario Pelosini, segretario e stretto collaboratore di Mondadori:

Storia Economica Italiana, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1963 e segg.).

46 Foglio dattiloscritto allegato a Lettera di Raffaele Mattioni a Arnoldo Mondadori, Milano, 24

Cara, la tua bontà mi ha aperto le porte se non con Mondadori almeno con il gran P. L'ho visto sabato, è stato gentilissimo e gli ho parlato come d'accordo. [...] Mi ha fissato per sabato prossimo un appuntamento al quale mi promette che verrà anche Mondadori. Naturalmente, difficoltà enormi, momento gravissimo, impossibilità di promettere checchessia. Ma sono rassegnata ad aspettare, che altro posso fare47?!

L'incontro sarà più volte sospeso e Cialente lascerà l'Italia senza aver potuto difendere di persona le sorti del suo romanzo. La scelta, evidentemente poco fortunata, di puntare su Mondadori coincide con una fase di limitato interesse da parte dell'editore per i nuovi autori italiani: il recente lancio della collana a larga diffusione «I libri azzurri» (1930) punta piuttosto sulla riedizione in formato economico dei principali successi italiani degli anni precedenti, da affiancare alle novità degli autori già in catalogo.

Nonostante la lunga attesa e il mancato riscontro, a distanza di mesi Cialente continua a sperare in una risposta di Mondadori. Nel dicembre del 1933 il racconto Marianna, pubblicato sulle pagine dell'«Italia Letteraria», vince il Premio Galante: «ne sono lietissima», scrive ancora ad Aleramo, «e mi viene a buon punto per spingere il Cortile. Da Mondadori nulla, beninteso: spero che dopo l'annuncio del premio uscirà dal suo olimpico silenzio»48. L'irreperibilità dell'editore si protrae invece per lunghi mesi, fino

al definitivo rifiuto del romanzo nella primavera seguente. L'11 maggio del 1934, nell'ennesima lettera ad Aleramo, Cialente esprime una condizione di profonda frustrazione:

Dopo che ti scrissi l'ultima volta ebbi una lettera indegna e ridicola da Mondadori, che mi invita a non aspettare oltre (dopo due anni e ½ d'anticamera!) perché non sarebbe decoroso per me e forse dannoso. A lato di ciò esalta la propria intelligenza, fortuna, bravura e audacia – come editore – e mi verrebbe voglia di chiedergli perché tutto gli andrebbe improvvisamente a rovescio se pubblicasse il mio libro. Gli ho risposto una lettera assai rude. Se ti parlerà di me dirà certamente che ho un pessimo carattere e tu lascialo dire. Ma intanto sono a piedi e senza nessuna possibilità in vista. Ho scritto subito, scoraggiata com'ero, a Titta Rosa, a Pavolini, a Alvaro, ma nessuno si fa vivo. A Pavolini ho chiesto se era disposto a pubblicare sull'Italia Letteraria una lettera aperta in cui gli avrei raccontato le mie poco allegre avventure dalla a alla zeta – a te dirò che se non l'ho preparata da prima è ben perché non ci contavo, che mi dicesse di si. Non voglio con questo fargli rimproveri: quando in un

47 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Isola dei pescatori (Stresa), 5 settembre 1933,

Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 629, lett. 386.

48 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d'Egitto), 5 dicembre 1933,

Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 632, lett. 485.

paese tutto va splendidamente bene, la voce che si leva ha sempre poca chance di farsi sentire.

Dovrei pagare, non mi resta altro. Ma a questo lusso le nostre forze non arrivano e pazienza. […] Sono veramente scoraggiata. I due premi di cui mi hanno adornata49

sembrano, in queste condizioni, il colmo del ridicolo50.

Seguono mesi di incerti e vani tentativi («Non c'è nessun editore in vista, magari piccolo? […]. Il più bello è che ho la ferma convinzione che di tutti gli editori cui mi sono rivolta nemmeno uno abbia letto il libro»51) che coinvolgono, oltre agli amici

citati, anche il fratello Renato Cialente, attore di grande successo che ottiene una corrispondenza personale con il Sottosegretario di Stampa e Propaganda Galeazzo Ciano: «credo che non potevo rivolgermi più in alto di quanto fatto»52, commenta

l'autrice. Impegnata nella composizione del racconto lungo Pamela o la bella estate, nell'aprile del 1935 Cialente si risolve a produrre una nuova copia dattiloscritta del romanzo da destinare, ancora tramite Aleramo, al giovane editore Armando Ghelardini, fondatore delle Edizioni d'Italia, direttore di «Occidente» e importante collaboratore dell'«Italia Letteraria», già citata per la pubblicazione di Marianna:

Mia carissima,

ti spedisco con questo corriere raccomandato il dattiloscritto del Cortile. Ti prego caldamente di farlo avere tu stessa in mano a Ghelardini. […] Brucio l'ultima cartuccia, questa di Ghelardini e le sue Edizioni d'Italia, come mi avevi consigliata tu, del resto, ma il copione era impegnato – anche gli altri due sono in giro, uno in Francia e uno a Milano – e fino ad oggi non l'ho ricevuto. Per l'amor di Dio che Ghelardini legga il libro e lo pubblichi come vuole – magari a puntate sull'Italia Letteraria. Tu non glielo dire, ma se te lo propone sono decisa ad accettare. Sono scoraggiata al di là di quanto puoi immaginare. Sono ormai tre anni e mezzo che mi batto per questo libro e sarebbe ora di finirla. Che cosa contano i premi e la critica, lo vedi tu stessa53!

La previsione di Cialente questa volta si avvera: destinata Pamela alle pagine di «Occidente», Ghelardini sollecita la pubblicazione di Cortile proprio presso la redazione

49 Tratteggiato nell'originale

50 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d'Egitto), 11 maggio 1934,

Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 638, lett. 150.

51 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d'Egitto), 13 luglio 1934,

Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 640, lett. 202.

52 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d'Egitto), 25 aprile 1935,

Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 651, lett. 145.

dell'«Italia Letteraria», rivista che aveva raccolto e trapiantato in ambiente romano l'eredità della «Fiera Letteraria» di Umberto Fracchia (Milano, 1925-1929). La prima puntata del romanzo è in edicola il 13 ottobre 1935, introdotta da un breve profilo dell'autrice che ricorda i suoi recenti successi di critica con Natalia e Marianna. La soluzione è accolta con mite rassegnazione, come compromesso inevitabile dopo anni di delusioni:

Non sono entusiasta di essere pubblicata in questo modo, ma non riuscivo proprio a nulla e tu sai quante vie e quante cose ho tentato. Il meglio per me era di uscire da un silenzio di due anni, in qualsiasi modo. [...] Speriamo che un editore verrà più tardi, se il Cortile piacerà al pubblico54.

Le puntante si susseguono per altri otto numeri del settimanale, fino al 1° dicembre 1935, quando nel giro di poche settimane sia l'«Italia Letteraria» che «Occidente» interrompono improvvisamente le pubblicazioni. L'impostazione delle riviste, non ortodossa rispetto alla cultura ufficiale, e la presenza di collaboratori sospetti di opposizione al fascismo (lo stesso Ghelardini e, fra gli altri, Umberto Barbaro) provoca l'intervento della censura: la diffusione del Cortile, per buona metà ancora inedito, è destinata ad un nuovo arresto.

Nei mesi successivi Cialente sembra aver rinunciato a vedere stampato il suo lavoro («sono rimasta così depressa […] che non mi sono occupata più di nulla, non ho più fatto un passo o scritto una riga»55), collabora con un quotidiano alessandrino, il

«Giornale d'Oriente», e prepara alcuni reportage di viaggio per la stampa italiana. In questo clima, dopo cinque anni di peripezie e contrarietà, nella primavera del 1936 un editore manifesta un improvviso interesse per il romanzo. Si tratta di Corticelli, piccola casa milanese fondata nel 1922 e specializzata in pubblicazioni scientifiche e divulgative56. Contattato da Elsa Wieselberger, madre di Cialente, da sempre impegnata

nella promozione dei suoi testi, Corticelli decide di inserire il Cortile nella nascente

54 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Sofia, 17 ottobre 1935, Fondazione Istituto Gramsci,

Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 657, lett. 303.

55 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Bulkeley (Alessandria d'Egitto), 1 maggio 1936,

Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 665, lett. 121.

collana dei «Narratori italiani»57. Fino a quel momento l'editore ha infatti favorito le

traduzioni come titoli di punta del suo catalogo: oltre a due importanti collane di studi storici curate da Rodolfo Morandi, a partire dal 1931 sono pubblicate le opere complete di Kipling, numerosi volumi di Conrad, Dickens, London e Stevenson.

Il 4 giugno 1936 terminano le stampe della prima edizione in volume di Cortile a

Cleopatra, ma il bilancio dell'autrice è, ancora una volta, completamente negativo:

Ho avuto guai con l'editore: neanche un soldo, lanciamento insufficiente, un mezzo disastro. Aggiungiamo a queste cose che, come sai, la critica non esiste più – e così si finisce per scrivere per i tre o quattro amici e guadagnare soltanto lavorando in un giornale58.

A dispetto degli umori della scrittrice, il romanzo viene accolto con discreto favore dal «Corriere della sera», dove si sottolinea l'originalità dell'opera legata all'adesione ai modelli umani e alle atmosfere tipiche del mondo africano:

L'elemento più interessante del romanzo è dunque questo senso vitale dato alle cose. La storia di Marco interessa per i legami che essa pone tra costui e le ripercussioni che la sua presenza ha nel piccolo ambiente, del quale la scrittrice ha riassunto affinità ed entusiasmi, differenze e somiglianze di tutta una città, ricercando fra ebrei, ortodossi, armeni, stranieri e indigeni, oltre le nazionalità e le religioni, la forza umana che in nome della vita supera in certi momenti tutte le disparità, e appena superate le acuisce.

Il romanzo può parere, per la sua stessa natura, frammentario, a causa di quel succedersi di quadri e quadretti, di scene, di drammi, di amori e di dolori. Ma a poco a poco si ricostruisce, a pennellate decise, un affresco che si può alla fine conntemplare con un solo sguardo.

[…] Marco stesso, scontento, irrequieto, nato da due morali e senza morale, venuto da due religioni e senza religione, incapace di discernere il bene dal male, è un esemplare che rivela l'indole di alcuni strati della popolazione di quei paesi. Dunque, studio d'ambiente e di caratteri insoliti; romanzo cui meglio sarebbe giovata una densità di azione stretta a un nodo centrale, ma che si presenta con rari e pregevoli caratteri originali59.

Decisamente positiva, oltre che sensibile, è invece la lettura di Ruggero Jacobbi, che si distingue fra le altre «poche e distratte recensioni»60 al romanzo dalle pagine del

57 L'esordio della collana è tutto al femminile con i due testi Marta Ahrens, A. Sergio & Figlio, 1934;

Maria Albini, Ragazze inquiete, 1936 che precedono la pubblicazione del Cortile.

58 Lettera di Fausta Cialente a Sibilla Aleramo, Alessandria d'Egitto, 16 febbraio 1938, Fondazione

Istituto Gramsci, Fondo Sibilla Aleramo, Corrispondenza ordinata cronologicamente, Sezione Cronologca 1930-1939, UA 688, lett. 68.

59 E. P., Cortile a Cleopatra, «Corriere della sera», 4 novembre 1936, p. 3.

60 «Nel 36 il Cortile ebbe poche e distratte recensioni», in lettera di Fausta Cialente a Giuseppe De

Robertis, Roma, 9 ottobre 1953, Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, Fondo Giuseppe De Robertis, Corrispondenza, doc. 1249.4. Cortile a Cleopatra è segnalato brevemente anche su «L'Italia che scrive», 3-4, 1937, pp. 55-56: «Il romanzo vale più nei dettagli che nell'insieme, sebbene l'atmosfera particolare del luogo sia ritratta con grande forza: il volume lascia nel lettore una specie di

«Quadrivio», rivista con cui Cialente è già in contatto da alcuni anni61:

Cortile a Cleopatra: mondo chiuso, mondo fermo, di una tristezza irrimediabile anche nella gaiezza di certi suoi colori, di certe sue parvenze mattinali. Malgrado questa vernice di fastosità che talora lo investe, il cortile mantiene un suo fondamentale grigiore che resta quasi lo sfondo unico del quadro; nei punti più significativi, tutto si affonda in una malinconia paludosa senza rimedio.

Fausta Terni Cialente ha narrato questa semplice, ma intricata vicenda con uno stile agile e fantasioso, dotato d'una padronanza dei mezzi introspettivi e con una tavolozza coloristica che le fanno onore. Ella ben poco concede al gusto dell'esotico, del «pezzo di colore»; piuttosto indulge ad un amore dell'ambiente che è certo più umano che letterario.

[...] Il primo racconto di Fausta Cialente vinse a suo tempo il Premio dei Dieci; il secondo, Marianna, il Premio Galante; chi vorrà premiare il suo terzo e più vasto lavoro, Cortile a Cleopatra, che certo, tra tutto l'invadente romanzume, è uno dei pochi libri che si salvino senza riserve?62

Nonostante l'augurio di Jacobbi, è difficile pensare che un romanzo come Cortile a

Cleopatra potesse ottenere i favori della critica, tanto meno della critica ufficiale, in

quel particolare contesto storico. Poche settimane separano l'edizione di Corticelli dalla proclamazione dell'Impero fascista, culmine di una costruzione culturale e letteraria dell'immaginario che orientava politicamente la rappresentazione del mondo africano63.

Predisposto dal regime come genere di consumo per le masse, il romanzo coloniale è diffuso fin dagli anni Venti nell'ambito della più ampia operazione di costruzione del consenso, declinato come sottogenere di una letteratura d'evasione fondata sul razzismo, la misoginia e l'erotismo. La propaganda non ha difficoltà a veicolare nei temi della conquista coloniale i principi dell'ideologia nazionalistica, rilanciando nella suggestiva cornice dell'impresa africana la prova della potenza e della vitalità della nazione. Il mondo coloniale è quindi identificato con la componente strapaesana della proposta culturale fascista: l'Africa viene descritta come universo primitivo, terra vergine su cui vivificare le proprietà dell'uomo moderno e realizzare a pieno la missione della civiltà italiana, nel nome della difesa e dell'egemonia della razza bianca oltre i confini della

disagio spirituale, come una torbida scontentezza. Esso è certamente l'opera di una scrittrice accorta e originale, portata naturalmente verso le psicologie strane e insolite, che accoppia ad una specie di impassibilità morale una sensibilità acuta per le cose, e dall'accoppiamento delle disparate sue attitudini nasce la bizzarra efficacia del suo stile».

61 Le lettere ad Aleramo testimoniano l'invio di racconti e di proposte di collaborazione a partire dal

1934. Nel 1936 Cialente compare nella rivista con l'articolo Inchiesta tra gli scrittori laureati, Fausta

Terni Cialente, Premio dei Dieci, 20 dicembre 1936, p. 35

62 Ruggero Jacobbi, Cortile a Cleopatra di Fausta Terni Cialente, «Quadrivio», 13 settembre 1936, p. 68 63 Cfr., Giovanna Tomasello, L'Africa tra mito e realtà: storia della letteratura coloniale italiana,

nazione. L'uso morboso del tema erotico e della trasgressione dei tabù sessuali, l'evocazione di personaggi esotici e carichi di mistero, il contrasto fra l'eroe occidentale artefice del suo destino, diretto erede dei legionari romani ed espressione di dinamismo, progresso, eroismo, con una società primordiale predisposta alla demonizzazione e all'annientamento: caratteri che non potrebbero essere più lontani dai toni e dalle intenzioni del romanzo di Cialente. Privo di qualsiasi seduzione esotica, Cortile a

Cleopatra racconta un'Africa senza imprese, senza eroismo, senza orizzonti vergini da

civilizzare. Descrive invece un ambiente umano privo di orientamento identitario, senza barbarie e senza progresso, immobile e già corrotto dalle manie piccolo borghesi di una