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Il ritorno del romanzo: da Ballata levantina (1961) a Un inverno freddissimo (1966)

La Resistenza e il lungo dopoguerra

II.3 Il ritorno del romanzo: da Ballata levantina (1961) a Un inverno freddissimo (1966)

Nella storia letteraria italiana gli anni Sessanta iniziano nel segno dei primi tre grandi best seller del dopoguerra: il caso editoriale de Il Gattopardo133 (1958), il vincitore del

Premio Strega La ragazza di Bube134 (1960) e del Premio Viareggio Il giardino dei

Finzi-Contini135 (1962). Tre romanzi che testimoniano l'avvenuta trasformazione del

mercato del libro e delle grandi case editrici, capaci di superare e anticipare il dibattito critico con prodotti di forte attrattiva commerciale e, insieme, di alto valore letterario. Tre romanzi che, secondo la definizione elaborata negli stessi anni da Italo Calvino, «in

133 Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli, 1958 134 Carlo Cassola, La ragazza di Bube, Torino, Einaudi, 1960

un momento di prospettive storiche incerte» scelgono la strada del «ripiegamento dell'epica nell'elegia, […] ossia nell'approfondimento sentimentale e psicologico in chiave di malinconia»136. L'esaurimento del neorealismo e la comparsa di nuove

tendenze di gusto lasciano spazio all'emersione di uno sguardo decadente, volto a recuperare il senso raffinato e dimesso di un passato altrimenti cancellato dalla Storia. In questo nuovo clima che, nonostante le suggestioni di una prosa poetica e intimista, non dimentica le istanze morali della passata esperienza antifascista, si può collocare il ritorno al romanzo di Fausta Cialente. Pubblicata nel 1961, la sua Ballata levantina risponde in massima parte alla categoria calviniana della letteratura contesa fra «l'elemento epico e tragico, di tensione morale che la Resistenza ha rappresentato nelle esistenze individuali e nella storia collettiva, e l'elemento lirico, elegiaco del tempo che tutto seppellisce, addormenta, cancella»137. Che sia, come nei casi di Bassani e Cassola,

«il secondo elemento il vero vincitore», è più difficile da stabilire, tanto per la complessità della struttura e del discorso ideologico che alimenta il testo, quanto per la condizione di partenza che ne caratterizza la composizione: se per tanti narratori contemporanei l'occasione autobiografica e la fedeltà al proprio immaginario coincide con il ripiegamento in un angolo di provincia, per Cialente il ritorno nei luoghi e nei tempi della memoria individuale significa confrontarsi con un contesto extranazionale e multiculturale.

Recuperando oltre mezzo secolo di storia (dagli ultimi decenni del XIX secolo alla fine della Seconda guerra mondiale) Ballata levantina ricostruisce l'estremo splendore e la definitiva sconfitta del levantinismo in Egitto, realtà molteplice per confini, prospettive, identità nazionali, etniche, religiose e di classe, amplificando inevitabilmente le ragioni ideologiche del testo. Pretesto e focalizzazione del racconto storico è la vicenda di Daniela, italiana cresciuta ad Alessandria con la nonna, bambina negli anni fra le due guerre e giovane donna allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Il suo percorso di formazione è affidato ad una memoria in prima persona nelle parti I e II, al racconto di un narratore esterno nella seconda metà del romanzo (parti III, IV e V), dove sempre più

136 Italo Calvino, Tre correnti del romanzo italiano d'oggi (1959), in Id., Una pietra sopra, Torino,

Einaudi, 1980, p. 51

importante è la pressione dei dati autobiografici e l'ingerenza degli avvenimenti militari. La ricchezza del contenuto romanzesco e le difficoltà materiali del ritorno in Italia determinano una stesura estremamente rallentata del libro:

So di uscire con un grande ritardo, se penso a quel che erano le mie speranze da buon principio...e non rivelerò mai quando ho iniziato a scrivere la Ballata! Ma la colpa non è stata sempre la mia. Del resto, le circostanze che mi hanno fatto tardare non hanno nulla a che vedere con la stesura o la composizione del libro. Mi è accaduto, però, di doverlo abbandonare per due, tre anni di seguito.138

I lunghi tempi di composizione sono confermati da un estratto del romanzo pubblicato su «l'Unità» il giorno 8 novembre 1951, con il titolo Fuga in Egitto:

Per gentile concessione della autrice siamo lieti di offrire ai nostri lettori un brano del romanzo inedito «In quattro tempi» della nostra collaboratrice Fausta Cialente. Il romanzo, tra l'altro, descrive il cammino che la borghesia levantina cosmopolita in Egitto ha compiuto negli ultimi settanta anni dalla soggezione agli inglesi al movimento di liberazione dal giogo imperialista139.

La breve presentazione del testo e il titolo provvisorio suggeriscono l'ipotesi di un romanzo ideato in quattro parti, e non nelle cinque sezioni definitive. Un titolo e un'ipotesi che, tuttavia, anticipano l'impostazione finale, dove Ballata conferma il valore della partizione e della struttura ritmica del discorso narrativo.

A dieci anni dalla pubblicazione risultano inoltre ben definiti il tempo della storia, fissato negli anni Venti del Novecento, e le figure della protagonista bambina e della nonna, ballerina italiana emigrata ad Alessandria che ricorda con orrore la rivolta del colonnello Urabi (sedata dall'intervento inglese nel 1882). Nel romanzo il passo è riportato all'inizio del capitolo IV della Parte Prima e a contraddire la nonna non è Daniela, ascoltatrice silenziosa, ma il personaggio di Matteo, assente nella prima versione:

Sui nomi di Ismail il Magnifico e del Kedive Tofik e su tutto lo splendore che li accompagna nei racconti uditi da bambina, faceva macchia nella mia memoria il sangue versato nei massacri del 1882. Nelle famiglie levantine,

Quando rievocava il fasto dei tempi di Ismail il Magnifico o del Kedive Tofik, la nonna adoperava un linguaggio variopinto, fiabesco, che mi avrebbe non poco esaltata se non avessi dovuto quasi sempre legare gli splendori che descriveva ai cosiddetti

138 Fausta Calente, Fausta Cialente: ho taciuto per un quarto di secolo, intervista di Adolfo Chiesa,

«Paese Sera», 14 gennaio 1961.

quarant'anni dopo molte donne dell'età della donna non volevano rimanere sole in casa coi servi indigeni e quando nominavano Arabi pascià nella loro voce passava un fremito di sdegno e di paura. […] Molto tempo trascorse prima che io potessi giudicare le proporzioni ed il significato di quei moti secondo la verità della storia e non secondo gli ambigui ricordi della nonna, che mi dipingeva l'Egitto dei primi Kedive con le tinte ingenue e vivaci di una immagine di Epinal. Razzista ed ignorante, la nonna non voleva ammettere la parte di buono che avevano avuto quei moti, né che fosse una sciagura l'occupazione straniera. Non stava neppure a sentire quando la contraddicevo e giudicava le cose a modo suo. Come quasi tutti i vecchi, non voleva mutar idea per pigrizia e trovava scomodo mettersi a pensare intorno a cose nuove, quando per quarant'anni o più ne aveva pensate altre, tutte diverse, dentro le quali si era comodamente annidata.140

massacri dell'ottantadue. Tra gli ori e i

pennacchi dei lussi kediviali immancabilmente vedevo coagularsi una gran macchia di sangue. Ella vi alludeva abbassando la voce, e se nominava Orabi pascià sembrava ancora agitata dallo sdegno e dalla paura. Quarant'anni dopo, nelle famiglie levantine, molte donne della sua età, per il ricordo di quei massacri, continuavano a non voler rimanere sole in casa con i domestici indigeni. […] A parte gli eccessi dei “moti”, ella amava dipingere l'Egitto dei Kedivi con le tinte ingenue e vivaci delle immagini di Épinal. Sarei rimasta per molto tempo a quelle visioni se Matteo, quand'era presente, non ne avesse alterato i lieti colori con tocchi meno abbaglianti.

“Tu non vuoi ammettere,” le diceva, “la parte di buono ch'ebbero i moti dell'82. Non vuoi ammettere che l'occupazione straniera è sempre una sciagura” (E non solo non voleva ascoltarlo, la nonna, ma lo contraddiceva.) “Non vuoi mutare opinioni per pigrizia. Trovi che sia scomodo metterti a pensare in un altro modo, soltanto perché da quarant'anni o più pensi diversamente. O meglio, non pensi affatto. Sei annidata dentro i tuoi pregiudizi, dentro il tuo razzismo”.141

E' possibile che la figura di Matteo non fosse ancora prevista nella costruzione del testo. Possibile anche che, già presente nell'impianto della storia, sia stata esclusa al momento della pubblicazione dell'inedito, per migliorarne la resa come passaggio narrativo autonomo. Resta sostanzialmente invariata la funzione di Daniela, ascoltatrice bambina che subisce le parzialità e le rigidità del pensiero adulto e dalle memorie degli altri ricostruisce un passato favoloso e perduto. Su tutto emerge l'avanzato stadio di elaborazione formale del testo, che presenta già il tono e le strategie espositive del futuro romanzo. L'inedito pubblicato da «l'Unità» evidenzia quindi un lavoro di scrittura già maturo in molti suoi aspetti, pone la storia dell'Egitto «dei Kedivi» come probabile primo nucleo compositivo e conferma le confessioni di Cialente sul lungo processo di scrittura, inspiegabile se non ammettendo consistenti pause nella lavorazione.

Notizia dell'opera in lavorazione continua a circolare negli ambienti letterari e nelle case

140Ibid.

editrici, fra cui è possibile rintracciare un probabile interesse di Vittorini (conosciuto da Cialente nel 1946, al ritorno dall'Egitto) che ne discute in una riunione di redazione all'Einaudi nel 1955142.

La più interessante fra le traccie lasciate dal testo si colloca nell'aprile del 1957, quando il mensile diretto da Anna Banti, «Paragone. Letteratura», pubblica un estratto «dal romanzo inedito Ballata levantina»143 che corrisponde esattamente al capitolo iniziale

del futuro volume144. La scelta del periodico richiama la collaborazione del 1953 che

aveva portato all'edizione di Cortile a Cleopatra nella collana della rivista («Biblioteca di Paragone»). Mentre compare per la prima volta il titolo definitivo, l'analisi del testo presentato rileva solo dei cambiamenti marginali rispetto alla stesura definitiva, segno che questo e, probabilmente, altri passi dell'opera sono ormai compiuti in ogni aspetto stilistico e tematico. Lo dimostra, del resto, la «Nota» di redazione che accompagna la fine del brano:

NOTA – Ballata Levantina è un romanzo diviso in quattro “ritratti”: La Nonna (Memorie); Matteo (Memorie); Angèle (Cronache); Daniela (Cronache). L'azione si svolge, attraverso racconti, fatti e ricordi, dall'epoca in cui la Nonna sbarcò la prima volta in Egitto, intorno al 1880, qualche anno dopo i fasti dell'apertura del Canale di Suez, fino ai giorni di El Alamein durante la seconda guerra mondiale.

Il taglio che presentiamo, inizio del romanzo, è tolto dal primo di questi “ritratti” ed è ambientato a Bacos, (Ramleh, Alessandria d'Egitto) dopo il 1920145.

L'indicazione ai lettori permette di attestare che il disegno generale del romanzo nel 1957 è quasi ultimato: continua a mancare l'ultima sezione (Livia) ma il sottotitolo «Memorie» e «Cronache» suggerisce che sia già stabilito il cambio di conduzione narrativa dalla prima persona (che racconta le parti iniziali La nonna, Mattero) al narratore esterno (che nel romanzo espone i movimenti finali Angèle, Daniela, Livia). La variazione del punto di vista e la pluralità dei personaggi che caratterizzano il

142 Il 18 maggio 1955 in redazione Einaudi «Calvino informa che Vittorini non vuole accogliere nei

Gettoni Pamela, [...] che pure ha notevoli meriti, perché scritto vent'anni fa. Si potrebbe tentare di rilevare da Sansoni Cortile a Cleopatra della stessa Terni Cialente e, unendolo a Pamela, che è molto esile, farne un Corallo. L'autrice è esitante perché l'edizione di Cortile a Cleopatra pubblicata da Sansoni è già, a sua volta, una ristampa dell'edizione precedentemente apparsa presso un altro editore. Si decide di rinviare la decisione a quando la Terni Cialente avrà terminato il libro che sta scrivendo»,

I verbali del mercoledì, Torino, Einaudi, 2011, p. 200.

143 Fausta Cialente, La nonna, (dal romanzo inedito Ballata levantina), «Paragone», aprile 1957, pp. 61-

69.

144 Ead., Ballata levantina, Milano, Feltrinelli, 1961, pp. 9-19. 145 Ead., La nonna, cit., p. 69.

romanzo sono anticipati dall'indicazione di «racconti, fatti e ricordi», mentre risulta definito con esattezza lo spettro cronologico della vicenda. È possibile pensare che, a questa altezza cronologica, il piano dell'opera preveda solo quattro sezioni (difficilmente l'autrice avrebbe fatto circolare un dato incerto o già superato) e che la volontà di inserire un'ulteriore partizione sia sopraggiunta in seguito con l'inserzione di nuovo materiale o la rielaborazione e ridistribuzione di quanto già scritto. Restano, in ogni caso, ancora quattro anni di silenzio prima che, nell'aprile del 1961, Ballata levantina arrivi in libreria per iniziativa di Feltrinelli, nella collana «Biblioteca di letteratura. I contemporanei» (n. 25) diretta da Giorgio Bassani.

Collaboratore della casa editrice dal 1957, Bassani è la figura centrale per la diffusione del romanzo e la promozione della scrittrice. L'occasione di incontro fra i due potrebbe rintracciarsi proprio nell'ambiente di «Paragone», frequentato da Bassani come membro del comitato di redazione dal 1953 al 1960 e poi dal 1964 al 1971. I due autori condividono la fedeltà a modelli letterari del secolo precedente, rivendicando lo stesso pantheon di riferimento146 e un'analoga diffidenza per le avanguardie e la narrativa

sperimentale. È facile immaginare che la prosa musicalmente ricercata di Cialente e la dialettica tra interiorità e realismo storico abbiano incontrato il gusto dello scrittore ferrarese, in quegli anni impegnato a congedare l'esperienza di «Botteghe Oscure» (1948-1960) per dedicarsi interamente alla firma della collana di Feltrinelli.

«La Biblioteca di letteratura» è articolata in due collezioni: «i Contemporanei» (1958- 1963), pensata per fornire un catalogo di novità italiane provenienti da «autori noti o meno noti o del tutto sconosciuti»147, e i «Classici moderni», dove vengono riproposte

opere delle letterature europee fra Ottocento e Novecento. Nella lista de «i Contemporanei» si alternano autori già attivi prima della guerra come Dessì e Delfini, giovani scrittori in via di affermazione come Cassola, Testori, Arbasino, Volponi, Fortini, Roversi e, fra gli esordienti, le due scoperte eclatanti di Tomasi di Lampedusa e Meneghello. La collana mantiene l'impostazione antologica che era stata di «Botteghe

146 «Come scrittore, ho sempre guardato più all'800 che al '900; e fra i grandi romanzieri di questo secolo,

a quelli, come Proust, James, Conrad, Svevo, Joyce (il Joyce dei Dubliners) e Thomas Mann, ad esempio, che derivano direttamente dal secolo scorso», in Giorgio Bassani, 9 domande sul romanzo, «Nuovi argomenti», maggio-agosto 1959, p. 4

Oscure», prescindendo da poetiche determinate. Il direttore dichiara di scegliere ogni singolo manoscritto per il suo valore senza preoccuparsi di dare una precisa direzione alla collana: «cerco libri riusciti, punto più sui testi che sulle persone»148. Da qui la forte

differenza fra gli autori pubblicati, distanti per poetica, trascorsi editoriali, riferimenti intellettuali e generazionali. La facoltà di non preferire a priori un certo tipo di letteratura a sfavore di un altro è difesa da Bassani come atteggiamento di moderna sicurezza intellettuale, possibilità di superare i «falsi problemi» per riconoscere, otre i caratteri stilistici e contenutistici di tendenza, i libri veramente validi. La conduzione della collana costituisce così la più articolata risposta di Bassani alla prima domanda che, nel 1959, «Nuovi Argomenti» aveva posto a lui e ad altri scrittori italiani:

Il problema del linguaggio nel romanzo: il romanziere deve “lasciar parlare le cose” o “prima di tutto essere scrittore e anche perfino vistosamente scrittore”?

[...]

Non è simpatico polemizzare con le domande. Tuttavia, una volta tanto, mi sia consentito chiedere: “Perché questa domanda?”. Siamo nel 1959, ben avanti nel secolo, abbastanza adulti, direi. E ancora a doverci bloccare con questi falsi problemi? Ancora a dover scegliere tra la via di Svevo e quella di Tomasi di Lampedusa, tra quella di Cassola e quella di Gadda o della Banti, tra quella di Moravia e quella di Soldati? Quando invece si sa che tutte le strade vanno bene, o male: e che l'unica cosa necessaria a un romanzo perché funzioni – l'unica che l'acqua del suo linguaggio deve lasciar trasparire – è la ragione per la quale esso è stato scritto, la sua necessità149?

Penalizzata proprio dalla scarsa coerenza interna, la collana di Bassani stenta ad imporsi nel quadro del mercato editoriale: priva di un'immediata identità e riconoscibilità la «Biblioteca di letteratura» «appare lontana da quelle esigenze e caratteristiche di scoperta, novità, provocazione, di agguerrita presenza sul mercato librario e nel dibattito intellettuale, e perciò anche di successo»150 che caratterizzano invece le contemporanee

scelte feltrinelliane per la letteratura straniera e la saggistica. Esigenze che porteranno presto l'editore a favorire il radicale e spregiudicato sperimentalismo degli autori del Gruppo 63 al pacato sguardo decadente di Bassani. Nel 1963 lo scrittore lascia la

148 Giorgio Bassani, I libri che non gli somigliano, intervista di Antonio Barbato, «L'Espresso», 26

maggio 1963, p. 13

149 Id., 9 domande sul romanzo, cit., p. 4

150 Gian Carlo Ferretti, Un editore di gusto, in Giorgio Bassani critico, redattore, editore, a cura di

Massimiliano Tortora, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2012, p. 170; cfr anche Gian Carlo Ferretti, Il lavoro editoriale di Giorgio Bassani, in Roberta Cesana, Libri necessari: le edizioni

direzione e «i Contemporanei» vengono interrotti dopo una cinquantina di titoli.

Poco considerata da un autore come Calvino151, la «Biblioteca di letteratura» conta fra i

suoi sostenitori Anna Banti, legata a Bassani, fra l'altro, per la contemporanea esperienza di «Paragone»152. Proprio nel 1961 la scrittrice dichiara: «fra le collane di

narrativa più impegnate e serie felicemente affermatesi in questi ultimi anni, nessun dubbio che il livello più alto sia tenuto da quella di Feltrinelli, guidata da Giorgio Bassani»153. Poi, riconosciuto «il colpo di fortuna che ha favorito l'intelligenza critica di

Bassani» rispetto alla vicenda del Gattopardo e il merito di aver scelto autori come Testori, Solinas Dongi e Arbasino, aggiunge:

L'ultimo recentissimo merito della collana è l'uscita di un romanzo molto aspettato,

Ballata levantina di Fausta Cialente: aver recuperato quest'ottima scrittrice non più

giovane dimostra i vantaggi di un'apertura di interessi che non tutti i direttori di collane e gli editori – in genere avidissimi di primizie – mostrano di possedere154.

Dopo aver favorito, nel 1953, il ritorno di Cortile a Cleopatra, Banti si distingue ora fra le principali sostenitrici dell'ultimo lavoro di Cialente, destinato a dividere la critica. Nel segnalibro allegato alla prima edizione Bassani presenta l'opera di una scrittrice dal «carattere estremamente schivo e appartato», ancora sconosciuta «a una cerchia più vasta di lettori». Risultato di «molti anni di dura e silenziosa fatica», «perfetto nella struttura», il nuovo romanzo «supera nettamente» Cortile a Cleopatra:

I colori, i profumi, le dolci, struggenti apparenze, sono rimasti i medesimi […]. oggi, tuttavia, nel gioco già delizioso della Cialente è entrata la storia, la politica, il giudizio morale. E il miracolo più straordinario della Ballata è proprio in questa inedita capacità “inclusiva” e al tempo stesso strenuamente armonizzatrice. In essa noi vediamo, oggi, il segno della più vera originalità di un'arte insieme forte e raffinata, della sua attualità e importanza155.

Il resto dei recensori tendono invece a condannare il volume, concentrandosi sulla contrapposizione fra la felicità evocativa delle prime pagine e l'eccessivo peso assunto

151 Cfr Lettera di Italo Calvino a Francois Wahl, 5 ottobre 1962, in Id., I libri degli altri, Torino, Einaudi,

1991, pag 408-409: «Cerchiamo di pubblicare il meno possibile, anche perché roba buona in giro non ce n'è: e a vedere quel che tirano fuori il mio amico Bassani o addirittura quelli di Rizzoli o Lerici o Del Duca c'è da mettersi le mani nei capelli».

152 Cfr., Paola Italia, All'insegna di un «vero maestro». Bassani e «Paragone», in Giorgio Bassani critico

editore: atti del Convegno, Roma, Fondazione Camillo Caetani, 28-29 ottobre 2010, a cura di

Massimiliano Tortora, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2012, pp. 143-162

153 Anna Banti, Opinioni, Milano, Il Saggiatore, 1961 p. 213 154 Ivi, p. 215

dalla guerra nello sviluppo della narrazione. Luigi Baldacci riconosce a Ballata

Levantina tutti i «limiti squisitamente femminili del romanzo di memoria», affermando

che:

dopo la morte della nonna, come Daniela diventa donna, il romanzo perde la sua ragione poetica. […] Si ha un bel dire che la Cialente si evolve, dal dominio della memoria, a quello della storia. Sì, in realtà tutta la seconda parte del libro è punteggiata da una riferimento preciso agli avvenimenti politici e bellici, dall'assassinio dei fratelli Rosselli alle vicende della guerra d'Africa. La dolce vita delle colonie straniere in Egitto sullo sfondo delle calamità europee, costituisce già un quadro persuasivo; ma si avverte altresì che tutto questo non è sufficiente a fare storia, la quale risulta troppo spesso quasi desunta dai bollettini militari e non finalizzata ad un'idea strutturale.156

Dalle pagine del «Giorno», Piero Citati rimprovera Cialente di non aver saputo «mantenere l'intensità delle prime cento pagine», il cui pregio si perde nel confronto con la storia contemporanea:

Il mondo moderno non le dice nulla: lo registra, lo racconta per un inutile scrupolo di