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Una scrittrice mondadoriana: Il vento sulla sabbia (1972) e le riedizioni di Mondador

La Resistenza e il lungo dopoguerra

III.1 Una scrittrice mondadoriana: Il vento sulla sabbia (1972) e le riedizioni di Mondador

La prima traccia del rapporto dell'autrice con la casa editrice Mondadori consiste in un breve appunto dattiloscritto, intitolato semplicemente «Fausta Cialente», preparato da Marco Forti per Alcide Paolini. È il 16 settembre 1971:

Caro Alcide,

Sereni ti prega di procurarti i due volumi di Fausta Terni Cialente Cortile a Cleopatra e Ballata levantina. L'autrice ha preso contatti con noi chiedendoci di interessarci alla ripubblicazione di queste sue opere.

Sereni ti prega di farle leggere al più presto in modo esauriente, riferendogliene successivamente230.

A quarant'anni dal rifiuto di Cortile a Cleopatra, Cialente torna a contattare la Mondadori in uno dei momenti più delicati nella storia della casa editrice. L'8 giugno 1971 è scomparso Arnoldo Mondadori, già sostituito alla presidenza dal figlio Giorgio (1968) e da Mario Formenton come vicepresidente e amministratore delegato. Le trasformazioni dell'assetto direttivo si riflettono in una nuova politica editoriale, sempre più orientata da logiche di fatturato di bilancio che complicano il lavoro del direttore letterario Vittorio Sereni, affiancato da Alcide Paolini per il settore della narrativa italiana. Fra il 1968 e il 1971 spariscono le principali collane di letteratura («Narratori italiani», «Il tornasole», «Nuova collezione di letteratura», «Medusa», «I quaderni di

230 Appunto di Marco Forti per Alcide Paolini, Segrate, 16 settembre 1971, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

Medusa», «Nuovi scrittori stranieri») che lasciano il posto ad un'unica collezione generalista e senza direttore: «Scrittori italiani e stranieri». La nuova linea editoriale rimette in discussione gli equilibri fra politica culturale e profitto, riduce lo spazio di sperimentazione e differenziazione nella scelta dei testi a favore di una maggiore uniformità aziendale. Alla creazione di collane firmate e identificabili si preferisce l'anonimo accostamento di volumi di successo anche lontanissimi per valore e pubblico di riferimento: una tendenza che metterà definitivamente in crisi il rapporto con Sereni fino all'abbandono, nel 1976, del ruolo di direttore.

Quando, alla fine del 1971, Cialente si propone alla Mondadori per una ristampa dei suoi romanzi, Cortile a Cleopatra e Ballata levantina sono già liberi da ogni vincolo con Feltrinelli, mentre è valido fino al 1976 il contratto di Un inverno freddissimo. Alla sollecitazione di Sereni seguono una serie di pareri di lettura che riguardano i due volumi disponibili.

Alfredo Barberis riapre Cortile a Cleopatra dalla Prefazione di Emilio Cecchi:

Basterebbe questo elogio (di Cecchi), questa autentica “patente di nobiltà” per indurre a inserire il volume in una nostra collezione. Anche in considerazione del fatto che, pur lodato dalla critica e pur inserito, se non erro, in una collezione “tascabile” Garzanti, “Cortile” non ha avuto, sino ad ora, il pubblico che si merita. Riletta, la storia di Marco e dei corposi, ma sempre eleganti personaggi che gli ruotano attorno, conserva ancora tutta la sua attrazione. L'Egitto evocato dalla Cialente non è mai fondale di maniera, ma paesaggio che respira sempre non è mai fuga verso un facile esotismo, ma approdo sicuro nelle viscere culturali di un Paese che l'autrice mostra di conoscere in profondità. A questo fascino che è da scrittore “internazionale” (l'esotismo in Italia ha fatto sempre rabbrividire: vengono in mente soltanto certi libri alla Loti scritti da languidi ufficiali di Marina...) s'aggiunge una costruzione romanzesca d'una naturale robustezza, un intreccio che “prende il lettore”, una galleria di personaggi che “si ricordano”.

L'acquisto di questa scrittrice non può che essere positivo per la Mondadori. Eventualmente al “Cortile” si potrebbe aggiungere “Pamela” un'altra storia “orientale” di prim'ordine231.

É singolare che, nel promuovere l'autrice e il suo primo romanzo egiziano, Barberis consideri l'ipotesi di un'edizione che includa anche Pamela, la stessa combinazione proposta da Vittorini per Einaudi nel 1955232.

231 Cortile a Cleopatra. Parere di lettura di Alfredo Barberis, Segrate, 13 ottobre 1971, Archivio storico

Arnoldo Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

Ugualmente positivo è il parere su Ballata levantina, dove Barberis si affretta a smentire le riserve della critica sul libro e conferma il suo entusiasmo per la possibile consacrazione di Cialente, scelta che permetterebbe di combinare «un successo anche commerciale» con «un piccolo avvenimento culturale»:

Se “Cortile a Cleopatra” può essere paragonato, musicalmente, a una “sonata” per pianoforte, “Ballata Levantina” ricorda invece, per la sua maggiore complessità, una sinfonia, scandita in più “tempi”. Fin da quando il romanzo apparve, la critica, cioè una parte della critica (perché la Banti, su “Paragone”, si dichiarò entusiasta del libro...) lodò in modo incondizionato il primo “movimento”, cioè le prime cento pagine (il tuffo nella memoria che sigla “La nonna”) e trovò riserve sugli altri […]. In realtà il romanzo deve essere letto come ogni romanzo, cioè globalmente: solo così si possono cogliere le varie pagliuzze d'oro disseminate un po' d'ovunque, e soprattutto solo così si può apprezzarne la struttura. Certo, le prime cento pagine hanno una malia eccezionale, come sempre accade quando una scrittrice di talento, vedi la Ginzburg, vedi Lalla Romano, tanto per fare i primi esempi che vengono sotto i tasti, si china ad ascoltare il passato, a fissarne volti, voci, atteggiamenti; in quelle cento pagine l'Oriente della nonna, con i suoi “bey” enigmatici e sciupadonne, con i suoi servi, i suoi riti, i suoi odori, è una presenza indimenticabile. Ma profumo d'Oriente, sapore di Conrad (con le sue ambiguità, la sua ironia...) si colgono anche altrove, nella disincantata, intricata storia degli altri personaggi, da Enzo a Daniela. Proprio la trama, così lineare da seguire e al tempo stesso così “romanzesca” (gli incontri a Roma, a Parigi, le passeggiate lungo il Nilo, le sparizioni...) può rendere il volume un successo anche commerciale. Ma l'inserimento della “Ballata” nel catalogo mondadori potrebbe essere anche un piccolo avvenimento culturale: il riconoscimento di una scrittrice autentica. Una delle poche, con Anna Maria Ortese, del nostro Novecento233.

Più tiepido, ma ugualmente sicuro Alcide Paolini, che con il suo giudizio di fatto ratifica l'ingresso di Cialente fra gli interessi della casa editrice:

Nonostante una mia personale idiosincrasia verso la letteratura di memoria, soprattutto quella fatta di nonne e estati in campagna in dimore “avite”, devo dire che almeno per ciò che riguarda la “Ballata levantina” della Cialente il mio giudizio concorda, in buona misura, con quello di Barberis, che è nettamente di favore. Si tratta infatti di un libro che ha pagine di un fascino formale e di una sintonizzazione tematica raramente riscontrabili nella nostra letteratura. Barberis ha usato giustamente, a questo proposito, la parola “malia”.

Altrettanto dicasi per “Cortile a Cleopatra”, anche se su questo libro, almeno da parte mia, qualche riserva si può fare.

L'autrice comunque merita tutta la nostra attenzione e interesse234.

233 Ballata Levantina. Parere di lettura di Alfredo Barberis, Segrate, 3 novembre 1971, Archivio storico

Arnoldo Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

234 Ballata Levantina. Parere di lettura di Alcide Paolini per Vittorio Sereni, Segrate, 3 novembre 1971,

Archivio storico Arnoldo Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

La lettura dei due romanzi già editi si accompagna alla valutazione dell'ultimo testo scritto dall'autrice, una breve vicenda levantina pubblicata a puntate su «Amica», Settimanale di moda e attualità del «Corriere della sera», dal 3 agosto 1971 al 26 ottobre 1971: Al vento dell'oriente.

La scelta di destinare un testo inedito all'edizione periodica potrebbe indicare il primo sintomo di una rottura con Feltrinelli, che dal 1968 interrompe le riedizioni dei volumi di Cialente. D'altra parte la natura dell'intreccio, estremamente ridotto nei suoi sviluppi e nella galleria dei personaggi, la forte componente esotico-sentimentale e una maggiore semplicità nell'esposizione dei contenuti storici potrebbe suggerire che il testo sia stato creato appositamente per la rivista del «Corriere». Nel costruire, senza apparenti sforzi compositivi, la storia di una ricca famiglia di intellettuali europei abbandonata alla sensuale decadenza del mondo levantino, Cialente sembra infatti sfruttare al massimo, e in maniera decisamente meno problematica, le qualità tematiche dell'Egitto fra le due guerre, rimodellando un materiale e una tecnica descrittiva che sa di dominare perfettamente e con grande efficacia.

Quando il testo viene proposto all'editore milanese sono passati pochi giorni dalla stampa dell'ultima puntata, ma l'autrice è già decisa a cambiarne titolo: «Come può vedere il racconto non ha ancora un titolo, e non vorrei certo riprendere quello usato per la pubblicazione sulla rivista (“Al vento dell'Oriente”) che proprio non mi piace»235. In

rispetto alle indicazioni dell'autrice, Alfredo Barberis redige quindi il suo parere su un «romanzo ancora senza titolo», di cui riconosce i limiti e, insieme, le grandi potenzialità di vendita rispetto al mercato del pubblico femminile:

Dopo la parentesi “milanese” di “Un inverno freddissimo”, Fausta Cialente torna, con questo romanzo ancora senza titolo, al suo prediletto Egitto “fra le due guerre”. […] Il romanzo non ha lo spessore di “Ballata levantina” e si apparenta piuttosto, e per l'esiguità della mole e per le pagine dedicate alla pittrice, a “Pamela”. Resta, comunque, un'opera di serio impegno e di accattivante lettura; un'opera destinata soprattutto al pubblico femminile, proprio come certe belle “meduse” d'una volta... Romanzo femminile, dunque, ma non in senso restrittivo, o comunque non tutto in senso restrittivo. Potrà garbare assai a chi già conosce la Cialente “maggiore”. Vi ritroverà gli stessi incanti, gli stessi aromi d'Oriente, gli stessi personaggi sfumati, un tantino ambigui, il gusto delle cose antiche, il respiro di un Mediterraneo

235 Lettera di Fausta Cialente a Vittorio Sereni, Roma, 18 novembre 1971, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

“diverso”, certi “interni” disegnati con raffinatezza da un Dudovich levantino... Il finale è forse un po' troppo “romanzesco”, quel falò sa forse un po' troppo di Daphne Du Maurier (come s'è già detto), ma deve essere accettato come necessario “bullone” di tutta l'impalcatura. Fatta, come direbbe un vecchio artigiano, “con robaprimadellaguerra”...236

Non lo contraddice Alcide Paolini, che parla di un «rotocalco di buon livello» valorizzato dalla prosa ambigua e fortemente simbolica di Cialente:

Lo stesso Barberis, che è un patito della Cialente (ma intendiamoci, anch'io, che pur rifuggo la letteratura di memoria, apprezzo molto Ballata levantina) giudica questo suo racconto un'opera minore. Però essa resta pur sempre un lavoro pieno di finezza e di intelligente sensibilità, dove la “sfumatura” ha un valore perfino simbolico, e si apparenta a volte con l'”ambiguità”, altro “tipico” prodotto privilegiato dalla Cialente, che sa adoperarlo in modo magistrale.

[…] L'intreccio è abbastanza sibillino, ma anche molto molto da rotocalco di buon livello. Emerge nettamente su tutto ciò la descrizione ambientale, con cui la ragazza italiana, che parla in prima persona, entra in sintonia perfetta, e riesce a farci entrare anche il lettore. La tematica poi, dalla musica, che è la passione dei due “mariti”, ha tutta un'aria di decadenza e di mollezza, di sfacimento che vi circola, compreso l'incendio finale che chiude la storia, simbolizza anche la temperie di quegli anni, una specie di caduta-degli-dei. Ma tutto ciò viene fuori con qualche spessore solo verso la fine. Tutta la prima parte ha un'aria così lontana che il racconto si apparenta a quei romanzi ambientati nelle colonie inglesi più profonde, con tanto di cerimoniale di buona memoria.

Nel complesso, un libro minore, ha proprio ragione Barberis, e anche molto femminile, ma sempre di buon livello e di indubbia gradevole lettura. Uno di quei libri “facili”, che però danno l'idea al lettore comune di entrare in un mondo “difficile”. Sarei favorevole. (E' il racconto apparso su Amica)237.

Rientrata in Inghilterra nella casa di famiglia, Cialente prende contatti direttamente con Sereni per discutere il titolo del futuro romanzo. Le prime scelte dell'autrice favoriscono il riferimento alla componente musicale del testo, evidenziata tanto a livello strutturale che tematico come costante della sua scrittura:

Sono ancora incerta sul titolo definitivo del romanzo e stavo per chiederle aiuto nella speranza che lei avesse qualche idea in proposito. Non so perché questa volta mi accade di non riuscire a trovar un titolo adatto! Propongo nondimeno quello che che preferirei: PRELUDIO E FUGA (giustificato da un ambiente dove la musica ha molta importanza e dalla mia personale preferenza per i titoli che suggeriscono “tempi” musicali, vedi la “Ballata”). Del resto, tutto il racconto è u po' come un “preludio”, con una stretta finale (fuga). Oppure: CONCERTO GROSSO –

236 Parere di lettura su romanzo senza titolo, di Alfredo Barberis, Segrate, 29 novembre 1971, Archivio

storico Arnoldo Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

237 Appunto di Alcide Paolini per Vittorio Sereni, Segrate, 2 dicembre 1971, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

CONCERTO E PANTOMIMA – TEMA CON VARIAZIONI – ARIA E VARIAZIONI.

Abbandonando questo genere di titoli posso invece suggerire: GIGLI ALLO SPECCHIO; oppure LO SPECCHIO E I GIGLI (sono i gigli che coltiva e dipinge il personaggio di Frida e si specchiamo nel fondo della grotta). Oppure: VENTO SULLE SABBIE o VENTO E SABBIA – che mi sembrano meno felici ancora. Lascio quindi a lei la libertà di scegliere e di propormi qualcosa d'altro se questi non la convincono238.

Il titolo definitivo viene suggerito in una lettera del 3 febbraio firmata da Luciano De Maria, funzionario della casa editrice, che informa Cialente sulle modalità e i tempi previsti per consegna dell'opera:

A noi occorrerebbe avere la stesura definitiva dell'opera entro febbraio: basterebbe che Lei ci inviasse lo stampato della rivista con le Sue correzioni a margine e i fogli dattiloscritti interpolati. Penseremo poi noi a renderlo leggibile per la tipografia. È superfluo che Lei si dia pena per far ricopiare il tutto.

Quanto al titolo avremmo scelto VENTO SULLE SABBIE, ma Le proporremmo la seguente lieve variante: IL VENTO SULLA SABBIA. Se Lei è d'accordo, considereremo questo secondo titolo come definitivo, ma ovviamente, attendiamo il Suo benestare239.

Il romanzo lascia le tipografie nel maggio del 1972, nella collana «Scrittori italiani e stranieri». Il risvolto di copertina è molto probabilmente di Alfredo Barberis, di cui riprende la scheda di lettura:

Chi conosce di Fausta Cialente quegli incantati palazzi orientali che sono Ballata levantina, Cortile a Cleopatra e Pamela, rari esempi di libri “esotici” ad altissimo livello, ritroverà qui le stesse suggestioni arcane, gli stessi sottili aromi, il gusto di un tempo ormai perduto, il respiro di un Mediterraneo “diverso”, certi “interni” disegnati con la fresca immediatezza di un Dudovich levantino. Il vento sulla sabbia è un libro musicale e tenero, inquietante come un “giallo” e terso come uno spartito mozartiano, un libro che, con il suo fascino dell'Oriente, conquisterà dalle prime pagine240.

Dallo staff della Mondadori anche Alcide Paolini interviene con un brano sul «Corriere della sera», dove presenta «un libro nel suo insieme insinuante e sottile, e di gradevolissima lettura», dominato da «un'aria di decadenza, di mollezza e di disfacimento»:

Nel Vento sulla sabbia, che rappresenta un torbido e mortale intreccio di estenuanti

238 Lettera di Fausta Cialente a Vittorio Sereni, Pangbourne, 27 gennaio 1972, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

239 Lettera di Luciano De Maria a Fausta Cialente, Milano, 3 febbraio 1972, Lettera di Luciano De Maria

a Fausta Cialente, Milano, 3 febbraio 1972, dattiloscritto.

240 Alfredo Barberis, Risvolto di copertina, in Fausta Cialente, Il vento sulla sabbia, Milano, Mondadori,

sentimenti, descritti con la leggerezza e la pulizia di una miniatura, dove le sfumature hanno un valore perfino simbolico e si apparentano con l'ambiguità, altro tipico elemento privilegiato dalla scrittrice, il tema, nascosto sotto una apparente semplicità quasi da rotocalco, è in realtà quello della fine di un'epoca, l'epoca del colonialismo e della smemoratezza. Ben altro futuro è alle porte. […] ma tutto ciò viene fuori con qualche spessore solo verso la fine, perché tutta la prima parte e oltre ha una aria così remota e rarefatta che il romanzo sembra reggersi su un rito cerimoniale241.

Il resto della critica si allinea al giudizio favorevole dei curatori, accogliendo il romanzo con particolare entusiasmo. Arnaldo Bocelli su «La Stampa» arriva a consideralo una vera svolta rispetto agli altri romanzi cialentiani:

Il maggior acquisto di questo racconto, rispetto ai precedenti, è segnato dalla felice articolazione dei motivi morali e politici con quelli fantastici o memorialistici. Articolazione che nella Ballata levantina, dove essi primamente compaiono, dava l'impressione di un che d'arbitrariamente aggiunto, di un fuor d'opera. Qui quella visione di un mondo corroso dall'ozio e dalla noia, di una società vecchia, fatiscente, con le sue caste divenute ricche e potenti […] è parte integrante del racconto, il suo significato più alto. L'avventurosità, e quel tanto di autobiografico che è di essa, approda al senso della storia242.

Vladimiro Lisiano riconosce ne Il vento sulla sabbia l'influenza di Proust e, in particolare, quella di Svevo, da cui Cialente deriverebbe l'attenzione «ai moti interiori dell'anima, ai richiami della memoria, alla dissezione dei sentimenti che non ai fatti nudi e crudi»243.

Piero Dallamano, già estimatore di Cortile a Cleopatra, dichiara che Il vento sulla

sabbia è

un romanzo «romanzo», […] si fa leggere, prende, «tiene» il lettore nell'arco del suo svolgimento, che si snoda come ogni buon racconto partendo da un quadro ben definito via via sino ad un crescere costante della tensione narrativa che poi «esplode» in un finale, tanto inaspettato quanto però logico, giusto. […] E tuttavia il piacere di raccontare si disciplina nella straordinaria discrezione dell'autrice, di cui è spia la lingua sorvegliata, limpida, che discioglie agilmente i tocchi paesaggistici, le brevi accensioni di un sottile lirismo in una fluida continuità senza intoppi244.

Sul quotidiano «Il Tempo» Enrico Falqui apprezza nel libro «una qualità non eccentrica e non vistosa, ma concreta nella misura di una naturalezza dotata ed esperta, che trova riscontro accaparrante anche nel nuovo romanzo»245. Rispetto al trattamento dei

241Alcide Paolini, Piccoli dei in polvere, «Il Corriere della Sera», p. 11, 15 luglio 1972 242 Arnaldo Bocelli, Decadenza nel Levante, «La Stampa», 4 agosto 1972, p. 12 243 Vladimiro Lisiani, Una nuova ballata levantina,«La notte», 24 agosto 1972, p. 10 244 Piero Dallamano, Il vento sulla sabbia, «Paese Sera», 1° settembre 1972, pp. 8-9 245 Enrico Falqui, Un nuovo romanzo di Fausta Cialente, «Il Tempo», 17 settembre1972

personaggi, dichiara che «Cialente sa muoverli così accortamente che, da ultimo, quando cala la tela si resta con il desiderio d'indovinare, di sapere quale ulteriore sorte sarà loro riservata, tanto essi continuano a vivere nella nostra fantasia»246.

Luigi Bàccolo celebra il percorso creativo dell'autrice attraverso i romanzi egiziani, escludendo significativamente, oltre al sempre rimosso Natalia, Un inverno freddissimo: «dal Cortile a Cleopatra alla Ballata levantina a questo Il vento sulla sabbia va creando un suo universo personale, in una eccezionale unità di tono narrativo e stilistico»247. Il

giudizio del critico si sofferma poi sul rapporto fra paesaggio e personaggi, elemento centrale nella struttura e nella ricerca stilistica dell'opera:

Paesaggio e persone danno una vibrazione musicale unica, le persone non essendo molto più corpose degli angeli che passano. La poetica della scrittrice è la “pazienza” con cui li guarda passare traendone la melodia delle parole. Il vero segreto di quei personaggi, insomma, è di natura linguistica e stilistica. […] Non che manchi lo sviluppo psicologico dei personaggi, […] ma è uno sviluppo leggermente toccato e anzi appena sfiorato, nella consapevolezza […] che le vicende umane hanno un senso solamente se si traducono nell'attuarsi astratto che è proprio della musica e delle parole, se da personaggi si fanno ombre sonore. Persone e paesaggio non tanto si fondono quanto sono una cosa sola: e questa cosa è poi la tenerezza di un aggettivo o il movimento breve e lungo, diritto o arcuato, di una frase. In modo che il lettore, non distratto dal “caso”, porga orecchio attento al “legame musico” in