• Non ci sono risultati.

Scritture di guerra (1941-1947)

La Resistenza e il lungo dopoguerra

II.1 Scritture di guerra (1941-1947)

Gli anni del Secondo conflitto mondiale determinano per Cialente un inedito percorso di coscienza e impegno civile che si traduce nell'assunzione di grandi responsabilità

politiche e nella volontà di partecipare, attraverso l'attività resistenziale, al rinnovamento democratico del paese. Nell'assoluta dedizione alla causa politica, l'esperienza e la scrittura procedono intrecciate: l'esercizio della parola si impone come strumento essenziale dell'attività antifascista, spazio dell'azione, della memoria e del confronto diretto con il proprio immaginario. La militanza politica, se da un lato corrisponde all'abbandono della creazione letteraria e alla profonda riconsiderazione del proprio ruolo di intellettuale, dall'altro costituisce l'occasione per nuovi tentativi di racconto e di espressione.

All'indomani del 10 giugno 1940, nelle settimane in cui la colonia italiana d'Egitto diventa improvvisamente oggetto delle politiche repressive degli inglesi95, Cialente

viene incaricata dai funzionari del British Ministry of Information di curare e coordinare la propaganda antifascista in lingua italiana. Da questo momento la collaborazione con i funzionari inglesi cresce e si articola in diverse proposte di informazione e agitazione antifascista, diverse occasioni di confronto che costringono Cialente a negoziare spazi più o meno ampi di azione e di iniziativa, nel tentativo di difendere la propria identità di italiana spontaneamente e autonomamente impegnata nella lotta al fascismo. Dal 21 ottobre 1940 al 14 febbraio 1943 è responsabile presso l'emittente britannica Radio Cairo della trasmissione «Siamo italiani, parliamo agli italiani», appuntamento quotidiano che prevede, oltre ai notiziari e ai bollettini dai fronti, una rubrica di commento e approfondimento politico. Negli stessi mesi il Foreign Transmissions Division le affida la direzione di una serie di emissioni clandestine, segretamente trasmesse da Gerusalemme e dal deserto della Marmarica e rivolte alle truppe italiane nel Nord Africa, con lo scopo dichiarato di sollecitare la diserzione e il sabotaggio delle operazioni militari fasciste96.

Conclusa l'esperienza radiofonica, il 21 ottobre 1943 Cialente inaugura il primo numero di «Fronte Unito. Quindicinale Italiano Indipendente di Lotta – Informazione –

95 Per la ricostruzione del quadro storico cfr. Vittorio Briani, Italiani in Egitto, Roma, Istituto Poligrafico

e Zecca dello Stato, 1982; Maria Petriccioli, Oltre il mito: l'Egitto degli italiani, 1917-1947, Milano, Mondadori, 2007; Gli italiani d'Egitto nella seconda guerra mondiale, a cura dell'ANPIE Associazione Nazionale Pro Italiani d'Egitto, Roma, Edizioni ANPIE, 2007

96 Per il quadro dell'attività radiofonica di Cialente cfr. Francesca Rubini, «Un'italiana che parlava agli

Cultura»97, rivista che dirige con l'ausilio di una piccola redazione e che viene

distribuita fra civili e prigionieri militari in Egitto, Libia ed Eritrea. Continuamente minacciato dagli interventi della censura inglese e dal conflitto interno con le diverse formazioni antifasciste attive in Egitto, viene trasformato in settimanale nel luglio del 1944 e nello stesso anno cresce fino a raggiungere 15.000 copie di tiratura. Il contenuto, organicamente strutturato in un numero fisso di sezioni, prevede in prima pagina un editoriale di commento politico, una o più facciate per le notizie dall'Italia, la terza pagina culturale, una rubrica destinata alla cronaca della colonia, uno spazio riservato ai prigionieri e un'ampia rassegna della stampa internazionale. Più volte mutato nel formato e nel contenuto, il giornale termina le pubblicazioni nel gennaio del 1947, poche settimane prima del definitivo ritorno di Cialente in Italia.

Dominati dai grandi progetti dell'attività radiofonica e giornalistica, gli anni dell'investitura politica costituiscono un periodo di intensa e continua attività di scrittura. L'autrice è quotidianamente impegnata nella redazione di bollettini radiofonici, manifesti e volantini per i campi militari, memoriali e rapporti per i suoi collaboratori, interventi destinati alla stampa locale, editoriali e articoli per le sezioni di «Fronte Unito». La militanza antifascista si realizza in un costante atto di compilazione e rielaborazione che coinvolge, insieme alla coscienza e all'abilità politica, la sua naturale capacità di fabulazione, di invenzione retorica e di soluzione formale.

Accanto all'importante mole di testi redatti per un'immediata diffusione, l'autrice intrattiene un rapporto ugualmente articolato e decisivo con la scrittura privata: fra il giugno del 1941 e il marzo del 1947 compone nove quaderni di diario che restituiscono la cronaca dettagliata e una ricchissima collezione di documenti relativi a tutte le fasi della sua attività antifascista98. La stesura dei diari rappresenta una pratica formale

profondamente consapevole e direttamente funzionale all'attività politica. Inaugurati

97 Cfr. Francesca Rubini, «Fronte Unito» 1943-1946. La Resistenza lontana, in Donne nelle minoranze,

Patrizia Gabrielli (a cura di), numero monografico di «Storia e problemi contemporanei», 68, 2015, pp. 31-48

98 Fausta Cialente, Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo 1947, Fondo Fausta Cialente (FFC),

Centro Manoscritti – Università degli Studi di Pavia. Cfr. Francesca Rubini, Diario di guerra (1941-

47) di Fausta Cialente. La memoria e il racconto, in «Bollettino di italianistica», XI, n. 1, 2014, pp.

61-83. Cfr. Emmanuela Carbé, Tra le carte del fondo manoscritto di Pavia: prime notizie sul Diario di

guerra di Fausta Cialente, in Memoria della modernità Archivi ideali e archivi reali Atti del XIII Convegno Internazionale della MOD 7-10 giugno 2011, Pisa, ETS, 2013, pp. 175-184.

quattro mesi dopo l'inizio della collaborazione con le autorità inglesi, i quaderni costituiscono l'esito di un costante impegno di riflessione e rielaborazione dell'esperienza, un'imponente storia autobiografica della Resistenza che attraversa ogni sfera della vita pubblica e privata dell'autrice. Per Cialente è il primo e unico incontro con la pratica diaristica, che corrisponde alla necessità di assicurare le incognite e i rischi di un'attività completamente ignota alla familiarità rassicurante del racconto. Esplicita, in questo senso, è la definizione «Diario di guerra», espressione con cui si rivolge abitualmente ai suoi quaderni e che sottintende una destinazione eminentemente politica e professionale della loro composizione.

Oltre il piano dell'impegno politico-culturale, i quaderni manoscritti sono testimoni di un percorso di ricerca che investe il senso e le possibilità della scrittura, il valore della testimonianza, il rapporto dell'autrice con la sua opera, la volontà di dare significato e ordine alla propria memoria. Con consapevolezza e lucidità Cialente lavora ad un progetto di scrittura documentaristico-archivistica che possa rispondere all'urgenza delle proprie responsabilità politiche e, insieme, al severo sentimento antiletterario che accompagna gli anni della guerra. Nell'ambito di un profondo ripensamento della propria identità di intellettuale, la produzione diaristica interviene a compensare il rifiuto della ricerca narrativa, si sostituisce all'esercizio creativo della scrittura per esprimere un nuovo ed accidentato ritmo dell'esistenza, un uso della parola apparentemente contrapposto alla forma letteraria. Questo esilio volontario dalla narrativa è ideologicamente connotato ed esplicitamente dichiarato nelle pagine dei diari, effetto di un nuovo (temporaneo) sistema di valori che condanna con esibita insofferenza l'apparente impermeabilità degli intellettuali, la pretesa di coltivare un elitario disimpegno:

[Ad una riunione fra amici] non mi sono divertita e le discussioni sui pittori e sulle esposizioni, il vedere che ci si possa occupare di ciò, mi pone in uno strano stato d'animo che sta fra lo scoraggiamento e l'irritazione99.

Negli stessi mesi in cui si decidono le sorti della democrazia in Europa, occuparsi di «arte, religione, questioni intellettuali, figure del mondo artistico internazionale»100

99 Ead., [Cairo] 9 marzo [1941], in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo 1947, quaderno 1°, f. 22

v (FFC)

diventa un uso irresponsabile e, quindi, colpevole del proprio tempo e delle proprie risorse: «Tutto ha un sapore di cenere e un'apparenza di carta pesta. Mi domando se la guerra, la lotta, lo spettacolo di tanto strazio non mi hanno per sempre allontanata da “quel” mondo»101.

Quel mondo di «cenere e carta pesta», che sembra sfumare inconsistente sotto i colpi dei cannoni nazisti, diviene però molto più ingombrate, molto più difficile da congedare quando a distrarre dalla guerra sono i suoi stessi romanzi:

Ieri Meriel mi ha detto che non sa come e perché ma ha dovuto prestare “Natalia” a Vincendon, e nel gruppo se la sono passata tutti e ne hanno detto molto bene. Leggere Natalia ora! ho esclamato – ma dev'essere insopportabile!

- “Che cosa vorreste, mi ha risposto giustamente Meriel. Che ora leggessimo dei libri di guerra? - Infatti – ed è forse la ragione per cui io non leggo nulla. Ed è forse la ragione – la mia conversazione con Meriel, per cui tra ieri e oggi ho dato una scorsa a Natalia e al Cortile. […] Natalia ha sempre molto “charme”, ma ha tanto bisogno di ristampa e correzioni, che mi disturba vederla così. Il Cortile invece non avrebbe bisogno che di qualche ritocco – mi pare. (A volte, secondo l'umore, mi sembra invece che tutto sia da rifare). Ma dopo una così lunga separazione da quella che è, dopo tutto, la mia opera, e dopo tanti avvenimenti, la ripresa di contatto è stata commovente. Mi è sembrato di rincontrare una persona che non vedo da molto tempo e che pure conosco tanto bene: la persona che è stata capace di faticare su quelle pagine, con tanta coscienza e tanta emozione – così a lungo. Forse non è stato inutile. Marco è sempre così vivo e affascinante. Capisco – e ricordo con chiarezza, lo sconvolgimento che procurò a Renato Prinzhofer il suo primo incontro col mio personaggio.

E adesso: la guerra102!

Il richiamo finale vuole quasi esorcizzare l'accenno di malinconica nostalgia causata dal ritorno inatteso della propria scrittura. Ritorno che, nonostante l'innegabile potere evocativo, risulta inopportuno e quasi impossibile mentre a pochi chilometri tedeschi e inglesi combattono sul confine tunisino. Del resto, la «coscienza» e «l'emozione» della scrittrice non sembrano reggere il confronto con la determinazione e l'abilità della propagandista, costretta a misurare ogni giorno le sue forze contro sempre nuove insidie, sempre nuove responsabilità:

Devo dire che il programma [della radio di Gerusalemme] per la 1° settimana [...] è riuscito veramente bene e stamane alla prova generale ne ero soddisfatta. Mi sembra di aver detto nell'appello al popolo, nell'accusa a Mussolini e nell'invito a collaborare, tutte le cose essenziali, in tono misurato e denso. Chi avrebbe potuto quaderno 3°, f. 33 v (FFC)

101 Ibid. Le virgolette sono nel ms.

102 Ead., [Cairo] 28 [dicembre] sera [1942], in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo 1947,

prevedere ciò quando non ero che una letterata! E come mi sembra, oggi, fredda e lontana, la letteratura103!

Nei lunghi mesi in cui Cialente piega ogni sua risorsa alla propaganda antifascista, in cui la guerra sembra pretendere ed esaurire tutto il tempo, tutte le ragioni, tutte le energie, il rapporto con la scrittura non si interrompe, si trasforma: diventa immediata traduzione di un'esigenza di ordine, di rigore, di controllo, di memoria. In questo modo, l'azione politica risulta profondamente ancorata alla composizione dei manoscritti, di documenti destinati a registrare la collisione improvvisa e totalizzante con il conflitto mondiale. La scrittrice, diventata agente della propaganda e giornalista, elabora un nuovo stile per testimoniare il suo impegno civile, organizza le proprie memorie come un documento di analisi e cronaca politica, non un ritratto personale del conflitto: la continua certificazione della vita pubblica corrisponde alla drastica riduzione (se non, in molti casi, alla piena omissione) dello spazio destinato al racconto di sé, dei rapporti affettivi, della sfera emozionale. Per Cialente la scrittura di guerra è resoconto ed elenco, è una griglia di riferimenti che non vuole trasfigurare la realtà, ma trattenerla, renderla percorribile e consultabile a distanza di tempo. È registrazione e certificazione della Storia, esito di una ricerca formale e di una costruzione di metodo estremamente radicale nelle intenzioni, confermata, in massima parte, dal risultato finale dei nove quaderni che custodiscono una scrittura estremamente controllata, sintetica ed essenziale.

Rispetto alla forte discontinuità verificata nella sospensione dei progetti culturali, Cialente continua ad occuparsi di questioni letterarie nel particolare contesto della rivista, dedicandosi ogni settimana alla redazione della terza pagina. Curata esclusivamente dall'autrice, la sezione raccoglie un'interessante collezione di testi anonimi autobiografici e memorialistici dedicati alle esperienze della lotta partigiana e della Resistenza nelle città italiane. L'ascolto politicamente orientato delle scritture non letterarie si alterna a precise scelte di autori del panorama internazionale. Con la pubblicazione, fra gli altri, degli ultimi lavori di Alba de Céspedes, Vasco Pratolini, Elio Vittorini e Ernest Hemingway, inseriti accanto a classici come London, Maupassant,

103 Ead., Gerusalemme 15 febbraio 1942, in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo 1947, quaderno

Verga, Mansfield, «Fronte Unito» costruisce un repertorio di testi narrativi capaci di avvicinare il pubblico della colonia al nuovo impegno culturale degli intellettuali italiani e alla lezione della grande tradizione letteraria europea.

Fra i brani narrativi selezionati per la terza pagina Cialente propone anche un suo testo già apparso sul «Giornale d'Oriente»104, tre brevi racconti inediti105, che costituiscono i

soli esiti compiuti della sua scrittura creativa in questi anni, e tre estratti da Cortile a

Cleopatra106. Sotto il titolo Stagioni sul Delta sono proposti gli itinerari di Marco nelle

diverse stagioni del suo soggiorno levantino: il primo testo, Aprile, corrisponde alla passeggiata del ragazzo fra i banchi della festa araba nel villaggio di Sidi Gaber, lungo il lago di Handra e i canali navigabili che da Cleopatra portano al Nilo107; il titolo Agosto

introduce l'esplorazione del quartiere indigeno e l'incontro con il carro dei contadini diretti in città (Parte II, pagine 158-160); conclude la rassegna la descrizione del tramonto lungo il lago di Handra, nel giorno di Ottobre che precede l'ingresso di Marco nella bottega del pellicciaio108. La scelta di presentare estratti paesaggistici associati al

mese corrispondente si risolve nella stesura di un indice alternativo del romanzo, che rende esplicita la centralità dell'elemento climatico rispetto al trattamento del tempo narrativo e dello spazio diegetico. Piuttosto che isolarne un episodio o un personaggio, Cialente libera il romanzo del suo intreccio e ne riassume, in una pagina, la struttura essenziale, quella rassegna poetica di ambienti egiziani che determina la scansione della storia e il ritmo autentico della scrittura. Otto anni dopo la pubblicazione di Corticelli, tredici dalla fine della stesura, il passaggio su «Fronte Unito» testimonia una familiarità ininterrotta con il romanzo, avvertito come progetto ancora valido e immediatamente spendibile per nuove letture, nuove destinazioni.

Nel panorama delle scritture di guerra, un profilo completamente diverso è offerto da otto fogli dattiloscritti conservati nel primo diario, che Cialente indica con il titolo

Middle East109. Fra le decine e decine di allegati alle pagine dei quaderni (lettere, ritagli

104 Il fanciullo malato, «Fronte Unito», 25 agosto 1944; (già pubblicato nel 1936 con il titolo Le statue

nel «Giornale d'Oriente»).

105 Tre donne, «Fronte Unito», 18 novembre 1943; La donna nel palco, «Fronte Unito», 9 febbraio 1945;

Morte del poeta, «Fronte Unito», 26 ottobre 1946.

106 Stagioni sul Delta, «Fronte Unito», 20 ottobre 1944.

107 Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra, Milano, Corticelli, 1936, pp. 86-91. 108 Ivi, pp. 158-160.

di giornali, biglietti, rapporti ufficiali, fogli di appunti, bozze di tipografia, contratti legali) il documento rappresenta l'unico tentativo di rielaborare in forma creativa i contenuti della propria esperienza, assumendo la scrittura privata come fonte e presupposto di una possibile costruzione narrativa e restituendo, nella forma di un prologo e un capitolo, l'esordio di un romanzo resistenziale rimasto incompiuto.

A partire dall'estate del 1943, l'intenzione di realizzare un volume dedicato agli avvenimenti della propaganda italiana compare per la prima volta nelle pagine del diario:

Ieri sera [2 luglio 1943] conversazione con Laura110 nel balcone, mentre guardavo

scorrere il Nilo e le luci del tramonto: Laura mi annunciava quanto sarà bello il mio libro, dove racconterò tutto questo, avvenimenti, persone, paesaggio. Sarà bello? O piuttosto: verrà mai scritto, il mio libro111?

Poche settimane dopo, il 17 agosto 1943, Cialente riporta le parole di un suo collaboratore inglese:

Siepman, che non dimentica mai la mia qualità di scrittrice, predice che scriverò dopo la guerra un bel libro pieno di malizia. Io credo che sarà, malgrado la sua inevitabile comicità umana, un libro pieno di cose severe e molto amare112.

Del progetto si perdono le tracce per oltre tre anni, fino all'autunno 1946, quando viene definito per la prima volta il rapporto diretto fra il futuro libro e i nove diari, che ne anticipano non solo il contenuto ma anche il tono e il ritmo:

Mi hanno fatto parlare a lungo del libro che dovrò scrivere, su questo diario, e della forma che dovrà avere: leggero, comico, scandalistico. Potrebbe essere un libro molto molto interessante, ma che mi creerà qualcosa come una cinquantina di nemici acerrimi e il doppio, se non di più, di persone contrarie. Non so ancora se lo farò mai, però mi ha fatto bene parlare di un futuro lavoro e sentire che si aspetta qualcosa da me113.

«Bollettino di italianistica», XI, n. 1, 2014, pp. 139-152

110 Antifascista italiana, negli anni che precedono lo scoppio della guerra lavora a Parigi nella redazione

del periodico «La voce degl'italiani». Arrivata in Egitto, collabora con Cialente fin dall'esperienza di Radio Cairo per poi entrare nella redazione di «Fronte Unito». Dalla primavera del 1943, dopo la definitiva separazione dal marito, Cialente condivide con Laura Levi l'affitto di un piccolo appartamento al Cairo, nell'isola di Gezira. Le due amiche si separano solo con la partenza di Cialente per l'Italia.

111 Fausta Cialente, [Cairo], 3 luglio [1943] mattina, in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo

1947, quaderno 5°, f. 13r (FFC)

112 Lettera di Fausta Cialente al Colonnello Burrows, Cairo, 17 agosto 1943, in Diario di guerra – 1

febbraio 1941-27 marzo 1947, lettera dattiloscritta allegata al quaderno 5°

113 Fausta Cialente, [Cairo], 21 ottobre [1946] mattina, in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo

Le rare occasioni in cui il libro viene annunciato corrispondono a momenti di confronto con un gruppo o un interlocutore, inseriscono il futuro volume in un circuito di aspettative condivise. Più che una decisione personale, la pubblicazione del diario appare quasi un inevitabile effetto della sua «qualità di scrittrice», un ulteriore impegno di testimonianza che è implicito nel suo futuro percorso di intellettuale. Rispetto a questa reticenza, a questa distanza dietro cui, forse inconsapevolmente, si protegge l'autrice, sorprende una nota del 28 novembre 1946:

Domenica mattina, il 24, mi sono recata alla stazione di Sidi Gaber un'ora e ¼ prima, per sbaglio, e ho dovuto aspettare il treno delle 9, quelle delle 8 non essendoci più. Non sapendo che fare, al piccolo caffè della stazione, fra uno scroscio di pioggia e un mugolo di mosche appena venne il sole, ho scritto il primo capitolo, o meglio l'introduzione del libro, col titolo provvisorio di Middlist – ovvero Middle-East. Non so quel che valga, come pagina, ma l'ho scritta con emozione. Dovrò rivederla fra qualche tempo. La pietra, così, è gettata – ma il libro va fatto su un piano114.

Quel libro che mai aveva osato promettere («Non so ancora se lo farò mai») ora, improvvisamente e quasi accidentalmente («per sbaglio»; «non sapendo che fare»), esiste, ha un titolo provvisorio, un'introduzione, un'ipotesi di lavoro. Il 1° dicembre annota ancora: «Oggi a casa tutto il giorno, occupata a molte cose pur di far passare il tempo. Messa a netto la prima pagina di Middleast, ma per ora non mi piace»115.

Nei mesi successivi Cialente non cita più il manoscritto, che compare solo nelle ultimissime pagine del diario, fra le note trascritte dopo il ritorno in Italia. Ancora una volta, il libro si impone fra le battute di un dialogo, torna ad essere sollecitato da una memoria comune, dall'intreccio dei percorsi di esperienza, da un'esigenza di riscatto che appartiene ad un intero gruppo. Il 13 aprile 1947 l'interlocutore è Renato Mieli, collaboratore storico della Radio antifascista di Gerusalemme (1942-43) e poi di «Fronte Unito», ora destinato da Togliatti alla direzione milanese de «l'Unità»:

Ci siamo detti però, ancora una volta, che questi anni di guerra sono stati ad ogni modo i più belli, assurdo a dirsi: per l'attività nostra, la nostra unione, la gente che abbiamo incontrato e conosciuto, a cui abbiamo voluto bene o il contrario, e per come, tutti, siamo stati migliori nel pericolo e nella lotta – tutti. Adesso è finita e un'avventura così estrema e completa non l'avremo più. Siamo stati fortunati, ecco.

114 Ead., [Cairo] 28 nov[embre 1946] sera, in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo 1947,

quaderno 9°, f. 97r (FFC)

115 Ead., [Cairo] domenica sera 1° dicembre [1946], in Diario di guerra – 1 febbraio 1941-27 marzo 1947,

Vorrebbe scrivere un libro di memoria, ma intimo, appunti per rivivere quegli anni