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Le varianti della seconda edizione

Il romanzo di formazione

I.1 Natalia Scrittura e invenzione dell'io

I.1.3 Le varianti della seconda edizione

Nel 1984, due anni dopo l'uscita per Mondadori della nuova edizione di Natalia62,

Sandra Petrignani chiede a Fausta Cialente che cosa l'ha convinta a ripubblicare il suo romanzo di esordio:

Il motivo è la curiosità. Natalia è un libro che non può certo definirsi «attuale», anzi direi proprio che appartiene a un'altra epoca. […] Che nei primi libri di uno scrittore si senta la giovinezza non è un male, a mio parere. Con Natalia avrei avuto l'occasione di riscrivere, ma ho deliberatamente evitato di farlo. Mi sono limitata a piccole correzioni. Quando il libro uscì la prima volta, ero lontana, in Egitto, e non avevo potuto rivedere le bozze: così era pieno di errori grossolani. Tutto qui. Penso che se si sente il bisogno di riscrivere, vuol dire che un libro non tiene, non supera la prova del tempo che passa. Un testo che risente della giovinezza della scrittura non necessariamente è un testo invecchiato. Io poi mi sono sempre mantenuta fedele a una tradizione precisa: la grande letteratura francese moderna, quella di Proust, di Gide. Questo per dire che da sempre ho tentato una medesima strada: quella di una prosa per molti aspetti vicina alla poesia, che scava nell'intimo dei personaggi63.

Giunta al termine di un lungo percorso creativo, Cialente rivendica il valore di un'esperienza segnata dalla continuità dei modelli e dalla coerenza delle scelte stilistiche, presentando Natalia come un testo «che appartiene a un'altra epoca», ma ha

62 Fausta Cialente, Natalia, Milano, Mondadori, 1982 – per il resto del paragrafo «Natalia, cit., 1982». 63 Ead., Straniera dappertutto, in Le signore della scrittura. Interviste, a cura di Sandra Petrignani,

saputo tenere «la prova del tempo che passa». Il lavoro di revisione sul romanzo viene ricordato come un semplice controllo di errori grossolani, operazione imposta più dalle difficoltà materiali della prima pubblicazione che dalla maturata volontà di rivedere il proprio lavoro. In realtà il semplice confronto con la corrispondente operazione realizzata trenta anni prima per Cortile a Cleopatra64 contraddice l'affermazione

dell'autrice. Nel 1953 l'edizione Sansoni presentava cambiamenti minimi e limitati alle singole parti del discorso (variazioni di tempi verbali, sinonimie lessicali e aggettivali), che non arrivano a delineare un nuova progettualità dell'autrice rispetto al romanzo. Nel caso di Natalia, se è vero che la seconda versione mantiene intatta «la giovinezza della scrittura», è innegabile che l'impegno di Cialente sia andato oltre la rettifica di sviste editoriali. Rispetto al volume delle edizioni Sapientia65, la redazione del 1982 presenta

diversi passi riscritti in versione più estesa, pochi brani completamente inediti e una serie di tagli di differente entità. La scelta conservativa difesa nell'intervista non impedisce all'autrice di procedere secondo precisi criteri di intervento che coinvolgono il livello stilistico e tematico del testo, con l'intenzione di fare emergere, nel rispetto del carattere suggestivamente acerbo di Natalia, una determinata idea di romanzo.

Gli interventi orientati verso l'arricchimento del romanzo e delle sue potenzialità descrittive sono concentrati nella prima delle cinque parti in cui è articolata l'opera. Si tratta di inserzioni che non spostano il significato dei brani coinvolti ma forniscono nuovi particolari, aumentano il grado di definizione e la quantità di informazioni relative a luoghi e personaggi. Risulta particolarmente amplificata la connotazione della villa provinciale di Silvia, lo spazio che apre il romanzo e in cui si definiscono le sue ragioni simboliche e strutturali. Il processo di revisione sembra rispettare la sequenza degli elementi originali utilizzando le pagine scritte nel 1927 come sommario di riferimento per nuove digressioni descrittive:

Natalia, 1930

La bambina si divertiva nella casa vuota e camminava a piccoli passi leggeri per ingannare l'eco. Vide un balcone aperto in fondo al corridoio. Corse ad affacciarsi. La casa aveva due piani e un grande giardino. Intorno al pozzo inghirlandato da un

64 Ead., Cortile a Cleopatra, Firenze, Sansoni, 1953.

65 Ead., Ead., Natalia, Milano, Mondadori, Sapientia. Edizioni dei Dieci, 1930 – per il resto del

tralcio di vite, siepi di rose e una piantagione di pomidori. Vi erano anche degli alberi di frutta in fondo al giardino e un grande salice in un cerchio di gaggioli, ma tutto aveva un aspetto quieto e provinciale e la primavera che sonnecchiava in fondo al pozzo s'era appena affacciata per buttar fuori qualche viola66.

Natalia, 1982

La bambina s'era fermata giusto allora in fondo al lungo corridoio e cercava di ascoltare i piccoli strepiti della grande casa vuota; proprio per questo aveva camminato a passetti leggeri, per cogliere il misterioso scricchiolio dei tavolati il fruscio dei lembi di carta che pendevano dalle pareti, gli echi delle voci che laggiù parlavano. (Sua madre aveva detto cose non vere, al solito; non avevano due donne di servizio, ma una soltanto, e come aiuto per qualche ora al giorno l'attendente di suo padre. La governante era stata licenziata, lei già o sapeva, e la “sua camera” gliel'avrebbero scelta loro.) E intanto non era proprio sicura – lei – che quella casa vuota fosse veramente disabitata, le sembrava che dagli angoli qualcuno alle sue spalle la stesse sorvegliando e dopo ogni soglia si volgeva a guardare, di scatto, sospettosa. Forse qualcuno, o qualcosa, poteva sbucare da quelle feritoie polverose, da quei buchi slabbrati intorno ai quali si disegnava ancora l'ombra di una cornice, il fantasma di uno specchio. Fu rincuorata improvvisamente nel vedere che un balcone era già aperto in fondo al lungo corridoio, ne entrava una sfera di sole e corse subito ad affacciarsi.

Aveva due piani soltanto, la vecchia casa, e un grande, vecchio giardino si stendeva solamente all'interno, giacché il portone da cui erano entrati apriva sotto gli antichi portici d'una via cittadina. E antico doveva essere anche il pozzo di grossa pietra nera e spugnosa, al cui arco di ferro arrugginito pendeva una secchia, e vecchie le siepi di rose selvatiche che crescevano disordinatamente intorno a una piantagione di pomidoro. Si vedevano pure gli alberi da frutta contro un muro di fondo, assai lontano, un grande gelso superava quello di fianco e un poco nascondeva un'altra vecchia casa, assai più modesta. Il salice d'un luminoso grigioverde piangeva in mezzo a un praticello in un cerchio di piante di gaggiolo, e tutto aveva un aspetto quieto, quasi inerte, come se quella che aveva messo i bocci ai fiori e sparso intorno qualche viola fosse una primavera sonnacchiosa, venuta fuori da quel pozzo67.

Nella prima versione il narratore segue l'esplorazione fisica e visiva della bambina condensandola in una sola azione, un solo piano sequenza che lega interno ed esterno della casa. Estremamente più analitico e discontinuo è il risultato finale del testo, dove il movimento nello spazio è frammentato dall'esplicita inserzione dell'immaginario infantile. I pensieri di Natalia sono esposti nel suo scettico distacco rispetto al comportamento degli adulti («sua madre aveva detto cose non vere, al solito») e nell'incontenibile curiosità per la casa sconosciuta («non era proprio sicura che quella casa vuota fosse veramente disabitata»). All'immagine unitaria del romanzo originale viene sostituita una descrizione planimetrica del giardino che rende tutte le coordinate

66 Ead., Natalia, cit., 1930, p. 9.

67 Ead. Natalia, cit., 1982, pp. 10-12. L'uso dei diversi colori identifica gli elementi presenti in entrambe

spaziali estremamente precise e realistiche, preferendo una narrazione discorsiva e ipotattica, ricca di predicati verbali e ripetizioni di aggettivi, alla prima e più essenziale enunciazione.

Altrove si ripete la stessa coppia di fenomeni: la scrittrice si preoccupa di specificare le motivazioni psicologiche dei personaggi e di inserire nuovi dettagli descrittivi:

Scintillavano le cornici dorate delle tele invisibili. Vicino alla vetrata che s'apriva sulla terrazza Natalia vide la madre e il padre seduti davanti a una signora tutta bianca di capelli. - Mia figlia – disse la vecchia e la voce era spenta. Natalia si volse bruscamente a guardare il padre che salutava la fanciulla68.

Scintillavano alle pareti solamente le cornici dorate di quadri le cui tele, a quella smorta luce, erano quasi invisibili. In fondo al corridoio che si allargava davanti alla grande vetrata sulla terrazza del glicine Natalia vide sua madre e suo padre seduti compostamente di fronte a una signora bianca di capelli e tutta avvolta in un ampio e scuro scialle, come se avesse un gran freddo. Il suo viso era bello e mesto.

«Mia figlia» disse con voce spenta alzando per indicarla agli ospiti una mano esile, vestita d'un mezzo guanto di merletto nero. Natalia si volse immediatamente a guardare il padre che già s'era messo in piedi e s'era inchinato alla fanciulla e non fu sorpresa nel vedere che i suoi occhi la trovavano bella. Il monocolo, come sempre, gli era caduto sul petto, sol solito gesto l'avrebbe ripreso e conficcato nell'orbita, ma senza togliere da quel viso lo sguardo attento e audace. (Suo padre, oh, lei lo sapeva a memoria)69.

Il procedimento trasforma una sintesi evocativa legata alla percezione visiva (le cornici sono dorate e visibili, le tele invisibili) con un approfondimento logico mirato a spiegare le ragioni di ciò che appare (le tele sono rese invisibili dalla scarsa luminosità degli ambienti). Nella descrizione dell'anziana padrona di casa, oltre agli aggettivi «bianco» e «spento» sono aggiunti «freddo», «bello», «mesto», «esile»: non si altera il senso complessivo ma lo si ripete e rimodula in una scala di notazioni coerenti. La reazione di Natalia, che «si volse immediatamente/bruscamente verso il padre», sottintende già nella prima scrittura la precoce gelosia della protagonista (ostile alle possibili relazioni di Silvia con le figure maschili), ma solo nella seconda versione viene apertamente motivata.

L'esigenza di rendere più facilmente leggibili i significati interni del testo si accompagna in un altro passo con la scelta del discorso diretto in sostituzione di quello

68 Ead., Natalia, cit., 1930, pp. 13-14. 69 Ead., Natalia, cit., 1982, pp. 16-17.

riportato, amplificando il ritmo narrativo in una serie di azioni e battute distinte:

Un giorno d'ottobre Natalia chiamò il fratello a la finestra, dal giardino, perché il legnaiolo abbatteva laggiù un vecchio castagno e Silvia piangeva. Jacopo le mostrò dal secondo piano la pipa ironica che gli pendeva a un angolo della bocca, rise, poi le gridò di lavarsi le ginocchia che erano nere di fango. E scomparve70.

Un giorno d'ottobre, dal giardino Natalia chiamava insistentemente suo fratello perché s'affacciasse alla finestra a sentire quel che era accaduto; e spiccava gran salti in mezzo allo spiazzo, gridando e agitando le braccia. Il legnaiolo aveva abbattuto, laggiù, un grande, vecchio, ippocastano: era questa la notizia, ma Jacopo, che intanto era venuto alla finestra a mostrare la solita faccia ironica, gridò a sua volta che già lo sapeva, dell'abbattimento. Donna Luisa, proprio lei, aveva dato quell'ordine perché il vecchio albero maligno aveva fatto ombra sulla frutta durante tutta l'estate e le pere, le mele, le susine erano maturate male. La frutta vale più dell'ombra, non ci vuol tanto a capirlo. «Ma Silvia piange, adesso... Voleva bene a quell'albero, lei.»

«E' qui con mammà, Silvia... E mammà cerca di consolarla. Ma tu lavati i ginocchi, non lo vedi che sei tutta sporca di fango?»71.

Nelle circa 30 pagine che costituiscono la prima parte del romanzo gli interventi di questa natura sono almeno sette (considerando solo i passaggi che risultano ampliati di 2 o più righe tipografiche rispetto all'originale). A queste vanno aggiunti due brani completamente assenti nel testo originale che occupano le pagine 35-3772 e 3873 della

seconda edizione: entrambe le inserzioni interessano il momento della partenza di Natalia dalla villa offrendo maggiore spazio alla reazione del vicino di casa Ivan (il cui cognome viene mutato da Schonberg in Perlmutter), turbato dall'imminente perdita della sua compagna di giochi e di segreti.

Nel complesso, si tratta quindi di un procedimento piuttosto coerente che arricchisce l'avvio del romanzo alterandone, più che il contenuto, il tono generale. L'originale brevità e tendenza paratattica del testo alimentano una tensione vagamente misteriosa, allontanano la villa e i suoi abitanti dietro un velo opaco e indefinito. L'uso di una sintassi essenziale e principalmente nominale contribuivano al lirismo della prosa, come vuole la moda letteraria del tempo ma, anche, come richiede lo stato di incanto della giovane Natalia. La scrittura dell'esordiente Cialente costruisce un racconto fatto di

70 Ead., Natalia, cit., 1930, pp. 16-17. 71 Ead., Natalia, cit., 1982, pp. 19-20.

72 Cfr., Ead., Natalia, cit., 1982, pp. 35-37: «Una partenza annunciata da tempo [...] l'appartamento si

svuotava».

suggestioni, di tratti indefiniti e ambigui che alimentano un regime di sospensione delle informazioni e amplificazione della prospettiva straniante del racconto. La seconda versione vede a lavoro una scrittrice ben più attenta alla coerenza funzionale dei meccanismi narrativi e preoccupata di stabilire punti fermi nella lettura e comprensione del testo, senza rinnegare ma rafforzando gli snodi tematici originali che sono di fatto confermati e chiariti nell'edizione del 1982: la centralità del giardino come spazio incantato e ammaliante, il filtro dell'infanzia che smaschera tutte le deformazioni dell'età adulta e ricerca un contatto alternativo con il reale, il carattere di glaciale immobilità degli abitanti della villa contro il caotico vitalismo dei nuovi inquilini. Il numero e il carattere di questi interventi suggeriscono una particolare attenzione per la prima porzione del testo, la volontà di metterne a fuoco il contenuto come presupposto di tutta la storia, scegliendo gli strumenti del realismo per ottenere, rinunciando in parte alla suggestione dell'effetto iniziale, un discorso più chiaro, articolato ed esaustivo.

Un procedimento simile interessa il passo, all'inizio della seconda parte, in cui viene introdotto il personaggio di Malaspina:

Malaspina, figlioccio di guerra, l'inquietava. Qualcuno gliel'aveva affidato dopo l'armistizio ed ella aveva accettato soltanto perché aveva veduto da principio una relazione breve, quasi un epilogo al grande malanno. Oggi Malaspina deponeva le armi e domandava di vederla. Pazienza, questo, se Natalia non avesse avuto da perdonarsi almeno tre mesi di letteratura amorosa74.

Malaspina, figlioccio di guerra, cominciava a inquietarla, se non a disturbarla addirittura. Una specie di organizzazione benevola che s'era occupata di “sollevare il morale dei combattenti” le aveva affidato il nome invitandola a scrivergli, e lei aveva accettato l'incombenza solo perché a quel momento era sembrato che la guerra stesse per finire, quindi la relazione epistolare sarebbe stata breve; l'epilogo, insomma, della grande confusione che fin dall'inizio a lei era sembrata la guerra. L'aveva poi incuriosita quello scrivere ad uno sconosciuto per “tenergli compagnia” e così “aiutarlo”, come l'organizzazione aveva preteso. Invece la fine non era venuta tanto presto ed ora, a circa un anno dall'inizio della corrispondenza, il combattente stava per deporre le armi e tornarsene a casa ridiventando un borghese “campagnuolo”; e com'era logico che accadesse le chiedeva il “permesso” di conoscerla. E pazienza questo! La cortese e ansiosa preghiera sarebbe stata inevitabile ad ogni modo data la persona civile, educata e innegabilmente romantica che s'era rivelata nelle lettere; ma era lei ad essere stata imprudente, perché s'era anche voluta divertire alle spalle dello sconosciuto “figlioccio” e doveva ora affrontare le altrettanto inevitabili conseguenze della corrispondenza vagamente amorosa degli ultimi mesi75.

74 Ead., Natalia, cit., 1930, p. 41. 75 Ead., Natalia, cit., 1982, pp. 48-49.

Al semplice snodo narrativo viene aggiunto un corredo di commenti e specificazioni, che culminano nello scioglimento dell'ermetico «da perdonarsi almeno tre mesi di letteratura amorosa». In particolare, la sostituzione del termine chiave «letteratura» con il semplice «corrispondenza» elimina la spia metanarrativa che anticipava la funzione di Natalia come personaggio/autore, agente attivo e irrequieto del racconto.

Estremamente più rari sono i casi di una sistematica riscrittura del testo, di interventi, cioè, che deviano o alterano il significato complessivo di una sequenza. La più interessante è ancora rintracciabile fra le prime pagine del romanzo durante l'incontro di Natalia e Silvia. Quando la bambina viene introdotta nel giardino vive la sua iniziazione al desiderio sessuale e conosce, insieme allo spazio che attraversa, anche il corpo dell'altra:

Natalia, 1930, pp. 11-1376 Natalia, 1982, pp. 14-16

La bambina timidamente seduta su l'orlo della pietra, in un'attitudine che riusciva un poco goffa malgrado la sua dolce fragilità, soltanto allora vide la compagna: ella si era attenuata e raccolta alla luce del tramonto, come un fiore che si chiude la notte, i gomiti su le ginocchia e il volto nelle mani, confusa e impenetrabile nella veste oscura, tanto che a Natalia parve di non poter distinguere né di aver mai veduto quelle forme sciolte nel movimento. Era immobile e taceva. L'ora soave doveva restare nelle memoria della bambina con una chiarezza straordinaria e molto tempo dopo doveva risentirla fisicamente certe sere di febbraio quando l'aria intiepidisce d'improvviso e un mare lontano e quieto diventa bianco come il cielo. In fondo al pozzo gorgogliava una polla. Ella non sentiva lo sguardo infantile o forse era annoiata d'aver portato con sé la bambina sconosciuta a traverso il caro fedele giardino e voleva non parlare.

Natalia era scesa nell'incanto. Le sue mani di adolescente, magre e scure, posate su le ginocchia nodose, erano tristi. La sua scarna piccolezza, che cominciava a tremare

Così timidamente pensava la bambina. Seduta sull'orlo del banco, non osava muoversi mentre ascoltava la fanciulla raccontarle dell'orto e del giardino in tono amabile, divertito; erano piccole frasi insignificanti che a lei non dicevano proprio nulla e cadeva nel silenzio giacché non le rispondeva, la guardava soltanto. Alla fine anche l'altra tacque, come se improvvisamente fosse rientrata in pensieri suoi, dove nessuno poteva seguirla, e alla bambina sembrò perfino che l'avesse a un tratto dimenticata benché le fosse, su quel banco scomodo, tanto vicina. Tacevano quindi ambedue e tutto era immobile intorno. Una lunga canna di gomma che certo serviva a innaffiare il giardino era abbandonata attraverso lo spiazzo, e la sola cosa ch'ebbe movimento, per un attimo, fu che due o tre passeri calati dall'alto saltellarono intorno alla canna, becchettarono qualcosa con qualche piccolo salto affrettato e poi fuggirono in un lampo.

E lei si sentiva come discesa in un incanto; forse era il gran silenzio, forse il gorgoglio d'una polla nel fondo dell'antico pozzo, o forse il timore che la bella misteriosa si fosse

76 L'uso dei diversi colori identifica le parti di testo (soggette a modifiche o spostamenti) mantenute in

entrambe le redazioni. I passaggi in bianco evidenziano lo scarto fra le due versioni: nel testo del 1930 si tratta di parti che saranno espunte; nel testo del 1982 di inserzioni inedite.

nell'umidità della sera provinciale, aveva l'aria di una cosa abbandonata su quella pietra e destinata a un sacrificio. Guardava splendere la bellezza di Silvia. - Silvia, un nome, una voce molle che non aveva detto ancora niente, una mano fredda che l'aveva guidata in una passeggiata breve, già finita – la guardava splendere quasi con rassegnazione e la sentiva respirare dolcemente da tutta la carne, indifferente e serena come un fanciullo che sta per assopirsi. I piedi stretti e lunghi nella scarpetta di tenero camoscio bigio avevano qualche cosa di arboreo, erano la fresca radice di tutto il suo corpo in fioritura. La caviglia rotonda modellava una calza leggera come la muffa, ma là dove cominciava la purezza di una linea curva cadevano fitte le pieghe della veste. Gli occhi di Natalia rimasero a lungo su quell'orlo immobile che giù si apriva a ventaglio e toccava la terra. Un ciuffetto d'erba cresciuto a l'ombra del sedile si affacciava di sotto l'orlo e innalzava, salvo, un fiorello bianco.

Essere quel fiore sotto la campana misteriosa e aperta di quella gonna.

Un ginocchio posato su l'altro segnava la linea di un frutto nascosto, rotondo, e di là partiva il raggio delle pieghe cadenti.