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Scritture, riscritture, traduzioni Gli anni Ottanta

La Resistenza e il lungo dopoguerra

III. 2 «Non sono mai stata tanto celebre»: il 1976, l'anno stregato

III.3 Scritture, riscritture, traduzioni Gli anni Ottanta

Quest'ultimi anni non avevo voglia di scrivere, preferivo leggere gli altri. Anzi, ero convinta che Le quattro ragazze Wieselberger sarebbe stato il mio ultimo libro. Poi, un giorno di noia, ho ripreso in mano Natalia e m'è venuta voglia di rivederlo. L'ho

323 Cfr. Renato Barilli, E' arrivata la terza ondata: dalla neo alla neo-neoavanguardia, Torino, Testo &

Immagine, 2000.

ricopiato a macchina (io scrivo sempre a macchina) e quando l'ho dato a leggere ad alcuni amici mi hanno convinta che funzionava ancora325.

Cinquantadue anni dopo la prima edizione per la casa editrice Sapientia (1930) il primo romanzo di Fausta Cialente viene riproposto al pubblico per iniziativa dell'autrice. Protagonista di una limitata diffusione e colpita dalla censura fascista, nel tempo

Natalia è completamente ignorata dalla critica che, quando non afferma che è Cortile a Cleopatra l'esordio narrativo di Cialente, non sembra mai considerare il testo nelle sue

valutazioni. La scelta, apparentemente fortuita, di concedere una seconda vita al romanzo coincide quindi con la diffusione di un'opera altrimenti cancellata dalla storia e privata del dovuto riconoscimento. L'operazione è il risultato di una conquistata sicurezza da parte dell'autrice rispetto al valore della propria opera e alla possibilità di garantire, con il solo prestigio della sua firma, il merito di un testo così lontano per gusto e tendenza narrativa. Tanto più che l'atteggiamento di Cialente sembra quello del rigoroso archeologo, che non pretende di trasformare il libro in qualcosa che non è e non può essere, ma lo difende nello spirito del suo tempo e nell'originalità del suo contenuto:

- Il lavoro di riscrittura è stato molto rilevante?

Non la chiamerei nemmeno una scrittura, s'era trattato semplicemente d'una revisione. Certo, ho fatto dei tagli, dei piccoli cambiamenti, ma ho voluto rimanere fedele alla prima stesura.

- Ma che effetto fa rileggersi dopo tanti anni? Lei non si sente mutata, rispetto a fatti, osservazioni, sentimenti?

No, non direi, anzi, mi sono sorpresa anch'io, ritrovando le stesse sensazioni. E poi non ha senso cambiare; anche se certe cose di allora oggi non mi piacciono più326.

Con il ritorno di Natalia, la ricerca sulla forma romanzo si congeda lì dove era stata avviata, con un ultimo atto di fedeltà al valore originario della propria scrittura. Senza smentire le tante esperienze e conquiste che nel tempo hanno modificato l'esercizio della parola narrativa, l'autrice riserva un omaggio al proprio passato, ad una dimensione che non può essere più tradotta ma solo reclamata, nella sua diversità, e reintrodotta in un circuito di comunicazione e significazione.

Dopo il successo di vendita e di critica de Le quattro ragazze Wieselberger, Cialente è

325 Marco Vallora, Natalia vestita di nuovo, cit., p. 242. 326

ancora un'«autrice Mondadori in toto» e, ormai, amica personale di Alcide Paolini, che si incarica di proporre a Carlo Bo la stesura del risvolto di copertina:

Caro Professore,

eccole le bozze di Natalia della Cialente. Uscito in poche centinaia di esemplari nel 1929, ad opera della Giuria del Premio dei Dieci (composta da Bontempelli, Civinini, Marinetti e altri minori), non fu mai ristampato, nonostante l'interesse suscitato, perché la censura fascista aveva richiesto dei tagli che la Cialente, con la sua rigorosa moralità, il suo orgoglio, il suo antifascismo, si è rifiutata di fare. Il romanzo perciò è praticamente inedito, ed è stato riscritto per buona parte di recente. Protetta e incoraggiata allora da Bontempelli, la Cialente si considera ancora sua debitrice, anche per ciò che riguarda lo stile. A me non pare, ma insomma un accenno credo che lo gradirebbe.

Le sarò grato se vorrà farmi avere 30-40 righe entro il 15 di luglio per il risvolto327.

Già lettore entusiasta di Un inverno freddissimo e Le quattro ragazze Wieselberger, Carlo Bo segue le indicazioni ricevute e non manca di citare l'influenza del realismo magico, sottolineando, tuttavia, come Cialente sappia rielaborare l'«interrogazione astratta e sterilizzata» di Bontempelli in un discorso che coinvolge la dimensione realistica con quella magica, per aiutare il lettore a «comprendere il senso ultimo dell'esistenza»328. Il critico si riferisce al romanzo come ad un'autentica novità rispetto

al panorama contemporaneo, sia per le poche copie circolate nel momento della prima edizione, sia perché il romanzo porta in sé tali «caratteri di sorpresa da risultare ricco di suggestioni anticipatrici che in un arco di tempo così lungo – più di cinquant'anni – assumono un valore particolare»329.

La menzione del rapporto con la storia letteraria segna inevitabilmente il giudizio su

Natalia, che «va letto con un occhio all'epoca in cui fu scritto» e, secondo Laura Lilli, in

relazione alla condizione sociale delle donne all'inizio del secolo:

Natalia a modo suo […] tenta, confusamente ma con coraggio, le vie di una liberazione i cui contorni non sono – non potevano essere, allora – del tutto chiari nemmeno a lei.

Tuttavia non è un personaggio melodrammatico. […] Per la protagonista, specie quand'è più giovane, l'ironia è forse la virtù principale. Anche su se stessa. E quando, alla fine, a ridere non ce la fa proprio più, è solo perché ha scelto di non chiudere la sua esistenza sotto una teca di cristallo che le consentirebbe di esercitare,

327 Lettera di Alcide Paolini a Carlo Bo, Segrate, 24 giugno 1982, Archivio storico Arnoldo Mondadori

Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

328 Carlo Bo, Risvolto di copertina, in Fausta Cialente, Natalia, Milano, Mondadori, 1982 329 Ibid.

al sicuro, al di sopra del mondo, una sterile capacità di dileggio. È perché si è sporcata le mani, ha “vissuto” in un'epoca in cui la vita autentica – fuori di casa, o nelle profondità di se stesse – alle donne non era concessa330.

Secondo Beatrice Solinas Donghi, collaboratrice del «Secolo XIX», è la compiutezza stilistica del romanzo a garantirgli il lasciapassare attraverso i decenni, mantenendo validi e, anzi, «indimenticabili» i vari elementi che lo compongono:

Non è datato, né d'altra parte è particolarmente moderno. Come tutti i libri veri […] anche questo ha un suo tempo e un suo clima, uno spazio a parte dove il lettore […] può perdersi senza intoppi, tranne forse per qualche momento di perplessità davanti agli incubi così circostanziati e iperrealisti del poeta Valdemaro.

Lo stile dei pacati e stupendi squarci descrittivi, capace anche di accenni volanti che dimostrano un occhio eccezionale per acume e prontezza. Le cose, colte da quell'occhio, si animano, diventano individui […]. Più spesso rimangono se stesse, acquistando per virtù di stile quel qualcosa in più che le rende indimenticabili331.

Rispetto al rapporto con la tradizione e con la letteratura contemporanea, Giorgio Barberi Squarotti inserisce Cialente nel quadro dei narratori fantastici dimostrando il suo entusiasmo per la «vitalità meravigliosa» e il «fascino profondo e misterioso» di

Natalia:

Le città descritte, i luoghi abitati o attraversati dai personaggi, sfumano nel segreto di allusioni o accenni, come se fossero sempre visti dietro un velo di sogno o in un'altra esistenza passata o futura.

[…] In questa atmosfera splendidamente evocata, tutto ciò che accade o i personaggi si immaginano che accada ha, tuttavia, il segno di una vitalità meravigliosa, sì ricca di capricci e bizzarrie, ma alla fine superiore a ogni delusione o dolore o perdita, per una fiducia nella vita in sé che rende disponibili sempre a qualche nuovo sogno o invenzione.

Le visioni di Valdemaro, mentre hanno un fascino profondo e misterioso, hanno anche in s'è un senso di intatta gioia vitale. La superiorità del romanzo della Cialente sui narratori più o meno fantastici degli ultimi tempi è proprio qui332.

Su «l'Unità» Ottavio Cecchi propone invece una lettura socio-politica del testo, animato da una carica di trasgressione antiborghese estremamente moderna rispetto al quadro storico della sua prima composizione:

Natalia è un libro di metamorfosi e di trasgressioni segrete, di pensieri del diverso (l'immaginazione è il pensiero del diverso) e di risentita avversione nei confronti della quotidianità piccolo borghese.

È un libro di spaesamento. Natalia, di metamorfosi in metamorfosi, si allontana sempre più dalla tranquilla dimora delle certezze piccolo-borghesi e dalle illusioni di poterle vincere. È l'immaginazione la via dello spaesamento

330 Laura Lilli, O fanciulla dal piede snello, «La Repubblica», 17 settembre 1982, p. 20

331 Beatrice Solinas Donghi, I fantasmi erotici d'una ragazza, «Il Secolo XIX», 16 novembre 1982, p. 3 332 Giorgio Barberi Squarotti, Natalia inventa sogni perché non ha fiducia nella vita, «Tuttolibri», 6

lo spaesamento rivela la modernità di questo romanzo: una modernità, che del resto si scopre là dove avviene l'intersezione del tempo lineare e tradizionale del racconto con il tempo avventuroso dell'immaginazione, e del richiamo della ragione borghese con il bisogno di liberarsi dalle abitudini e dalle costrizioni333.

Mentre attende le recensioni di Natalia, Cialente continua a trascorrere gran parte dell'anno nel Regno Unito, una scelta destinata ad accentuarsi con il progressivo avanzamento dell'età della scrittrice, sempre più legata alla famiglia della figlia Lily. La vita in Inghilterra si rifletta in un'intensificazione dell'attività di traduttrice dall'inglese, che nello stesso 1982 la vede collaborare nuovamente con gli Editori Riuniti alla diffusione di un importante volume di letteratura per l'infanzia. Si tratta de I miti greci di Nathaniel Hawthorne, classico dello scrittore statunitense pubblicato per la prima volta nel 1852 (titolo originale A wonder-Book for Girls and Boys) che prevede la riscrittura delle storie della mitologia greca, modificate nell'intreccio e inserite all'interno di un'unica cornice narrativa. Nella presentazione dell'opera Cialente incoraggia la lettura dei ragazzi e l'approccio ai racconti di fantasia, essenziali per potenziare le facoltà delle menti più giovani:

Si dice che l'immaginazione diviene più solida con l'età; preferiamo credere ch'essa fiorisca invece più facilmente, anche se meno solida, forse, nei giovani; non perché essi sappiano già misurare la vita e gli eventi, ma perché alla giovinezza la realtà va rappresentata anche attraverso una favola; e queste sono bellissime favole che certamente li aiuteranno a interpretare anche la realtà334.

L'anno seguente è la volta di Piccoli uomini, ultimo impegno di un lungo progetto di traduzione dedicato a Louisa May Alcott, iniziato nel 1976 con Piccole donne e portato avanti nel 1977 con Piccole donne crescono. Anche l'ultimo dei tre libri è pubblicato dalla casa editrice Giunti-Mazzocco nella collana «Gemini» diretta da Maria Bellonci, che raccoglie una collezione di «capolavori per la gioventù». Le due amiche risultano ancora in diretta collaborazione nei primi mesi del 1983:

ho terminato questi giorni la versione italiana di “Piccoli uomini” scandalizzandomi moltissimo su quella (italiana) che Federico Sposato aveva avuto la gentilezza di procurarmi. È proprio inaudita la sfacciataggine dei traduttori! Ho lavorato, beninteso, sul testo inglese, quindi la mia è una fedele e attenta versione in italiano. Spedirò il plico [...] in pochi giorni335.

333 Ottavio Cecchi, Trasgressione di Natalia, «l'Unità», 8 ottobre 1982, p. 15

334 Fausta Cialente, Presentazione, in Nathaniel Hawthorne, I miti greci, Roma, Editori Riuniti, 1982, p. 6 335 Lettera di Fausta Cialente a Maria Bellonci, Pangbourne, 30 marzo 1983, Biblioteca Nazionale

Sono mesi in cui le traduzioni sembrano impegnare l'autrice a tempo pieno, portandola ad ultimare anche la sua più ambiziosa fatica: la versione in italiano di The Turn of the

Screw (Giro di vite) di Henry James:

Io ho lavorato a traduzioni, inverno e primavera: per Maria Bellonci ho dovuto continuare la traduzione della collana di libri per ragazzi che dirige per la Giunti Marzotto di Firenze; e Giulio Enaudi in persona mi aveva chiesto la traduzione di “Giro di vite”di Henri James, che è un libro impossibile: non mi piace per niente, e così difficile da tradurre bene; nondimeno sono arrivata in fondo336!

Sebbene risulti già ultimato nel giugno del 1983, il volume viene pubblicato solo due anni dopo nella prestigiosa collana di Einaudi «Scrittori tradotti da scrittori». Voluta e curata personalmente da Giulio Einaudi, la serie raccoglie grandi titoli della letteratura mondiale, estratti dal proprio catalogo o riscattati da altri editori, commissionati a importanti autori italiani: fra gli altri, Primo Levi traduce Il processo di Kafka, Carlo Fruttero e Franco Lucentini Lo strano caso del Dr. Jekyl e del Sig. Hyde di Stevenson, Natalia Ginzburg La signora Bovary di Flaubert, Giorgio Manganelli I Racconti di Poe, Italo Calvino I fiori blu di Queneau, Lalla Romano L'educazione sentimentale di Flaubert, Tommaso Landolfi I Racconti di Pietroburgo di Gogol337.

Nonostante le dichiarazioni dell'autrice, l'atmosfera e il tema dell'opera di James sembrano decisamente congeniali a Cialente, così legati alla dimensione dei suoi racconti brevi degli anni Trenta, sospesi fra la fiaba e la visione, dominati da grandi case isolate dove si aggirano ambigue figure di «bambini completamente fuori dalla realtà»338. Nella nota al testo l'autrice racconta il suo rapporto con il testo:

Il mio incontro con lo scrittore americano […] Henry James avvenne attraverso la lettura del Carteggio Aspern (The Aspern papers) che mi sorprese e mi entusiasmò, se non altro per la descrizione tanto particolare d'una Venezia piovigginosa e un po' triste, non la solita Venezia luminosa e trionfante; e fors'anche perché il solerte ricercatore soffre a causa della malignità d'una vecchia malefica che il carteggio non abbandonderà mai, anzi lo brucerà prima di morire. Riesce quindi sorprendente, nella lettura del Giro di vite, trovarsi di fronte a protagonisti bambini, Flora e Miles, perseguitati a loro volta […].

Mi auguro di aver conservato nella traduzione del Giro di vite il significato preciso e la tirannica atmosfera che sono così particolari a questo narratore e soprattutto a

336 Lettera di Fausta Cialente [a Alcide Paolini], Pangbourne, 2 giugno 1983, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

337 In seguito alla chiusura della collana nel 2000 il volume tradotto da Cialente sarà riproposto in

Einaudi Tascabili. 237, rimanendo la più diffusa traduzione del capolavoro di James.

questo romanzo; e di avere quindi superato il mio modo di vedere e di sentire la realtà, i personaggi e le loro vicende339.

L'affermazione finale, con la definizione del traduttore come colui che riesce a svestire i propri abituali panni di ideatore di storie («sentire la realtà e i personaggi») nel rispetto di un'altra sensibilità creativa, è forse l'unica dichiarazione di poetica concessa da Cialente in questa veste.

Rispetto alla scelta dell'Inghilterra come sua base definitiva e alla familiarità con la pratica della traduzione, risulta particolarmente difficile da spiegare l'assenza di nuovi titoli di Cialente nei cataloghi inglesi (l'unica eccezione resta l'edizione di Ballata

levantina del 1963, nella traduzione di Isabel Quigly). Dopo decenni di continuo

rapporto con la cultura e la realtà britannica, stupisce che l'autrice non si sia spesa per vedere la sua opera diffusa in quello che, a dispetto dei tanti spostamenti temporanei, è destinato a diventare il suo paese di adozione, quello dove si stabilisce la sua famiglia e dove lei trascorrerà gli ultimi anni.

Il quadro della prima metà degli anni Ottanta è completato da un altro grande progetto di scrittura che, come le traduzioni, scorre parallelo e alternativo alla pratica della forma romanzo. Le fonti testimoniano infatti un ritorno di interesse e un nuovo lavoro sui Diari di guerra composti in Egitto fra il 1941 e il 1947.

Nel 1977 Cialente discute con Alcide Paolini la possibilità di realizzare un volume dedicato alla sua esperienza Resistenziale attraverso l'adattamento dei nove quaderni manoscritti:

Accludo alla presente, e solo per dimostrarle un po' di buona volontà, la copia di ciò che dovrebbe essere un prologo al famoso Diario […]. La mia idea sarebbe far seguire al prologo una prefazione che dovrei scrivere ora, nella quale sarebbe necessario premettere e spiegare molte cose. Si rende conto che dall'inizio (1940) sono trascorsi esattamente quarant'anni?! Se prenderò finalmente questa decisione, se ne avrò la forza e il coraggio (non prometto nulla, quindi) farei seguire i capitoli numerati anno per anno: 1941-1942- ecc. scegliendo da ciascun quaderno gli episodi più significativi, o importanti, o divertenti. Non vorrei farne un libro lungo, rimanere cioè fra le 250-300 pagine. Il materiale di cui dispongo porterebbe al doppio, se non di più! Quindi me ne guardo bene340.

La lettera suggerisce una rinnovata attenzione da parte dell'autrice per Middle East,

339 Ead., Nota del traduttore, in Henry James, Giro di vite, Torino, Einaudi, 1985, p. 179

340 Lettera di Fausta Cialente a Alcide Paolini, Roma, 1 dicembre 1977, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

breve componimento di 8 pagine scritto fra febbraio e luglio 1947, che contiene il prologo (pp. 1-3) e un capitolo di un romanzo in prima persona rimasto incompiuto. Che al centro della sua proposta ci siano proprio questi fogli dattiloscritti lo dimostrerebbe appunto il riferimento ad un prologo e l'idea di titolare le parti del volume con l'anno di riferimento: strategia già messa in pratica in Middle East nel primo capitolo

Millenovecentoquaranta (pp.4-8). Se nel 1947 Cialente avvia un laboratorio creativo

finalizzato alla composizione di un romanzo autobiografico che riprenda gli eventi della Resistenza, nel 1977 l'intenzione sembra quella di produrre un'edizione di passi scelti del diario, rinunciando alla trasformazione della scrittura privata in scrittura narrativa. Le carte dei quaderni diventano il possibile oggetto di una pubblicazione sulla guerra in Egitto, un'ipotesi che non a caso si fa strada negli stessi mesi in cui vengono diffuse in volume le pagine inedite del diario di Aleramo (1978)341, iniziativa che coinvolge

Cialente nella stesura di un ricordo dell'amica e, dopo la pubblicazione, nella promozione del libro.

Nel febbraio del 1978 il progetto è condiviso con un altro intellettuale, Paolo Spriano, ex partigiano e studioso dei movimenti operai, autore della monumentale Storia del

Partito Comunista Italiano (1967-1975):

Ho fatto venire qui, non molti giorni fa, Paolo Spriano, che mi conosce da molto tempo. Sa della mia indecisione e mi spinge a cominciare. E ascoltando in questi giorni (ogni venerdì pomeriggio) le trasmissioni sul primo programma radio (Donne e letteratura, dai diari fra le due guerre, e io dovrei intervenire prossimamente su Sibilla Aleramo) sento quanto il mio diario sarebbe al di sopra o al di fuori della mia persona. Fra tutte quelle donne famose e innamorate sarei una ben strana figura – una specie di strega-ragno che instancabilmente tesse le due tele342!

La difficoltà di riconoscersi nella propria scrittura diaristica (amara, antiletteraria e strettamente politica) e di sostenere il confronto con le corrispondenti prove di altre autrici, più elaborate sul piano dell'interiorità e dell'immaginario, non è nuovo nelle riflessioni di Cialente: coincide infatti con l'impostazione scelta nella stesura stessa dei quaderni343, che la compilatrice associa esclusivamente ad un uso strumentale e ad una

341 Sibilla Aleramo, Diario di una donna, Milano, Feltrinelli, 1978

342 Lettera di Fausta Cialente a Alcide Paolini, Roma, 4 febbraio 1978, Archivio storico Arnoldo

Mondadori Editore, Segreteria editoriale autori italiani, fasc. Fausta Cialente, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano.

343 In questo senso, risulta emblematico il confronto proprio con i Diari dell'amica Sibilla Aleramo,

necessità documentaria. Quarant'anni dopo si ripete la resistenza ad esporre una tipologia di scrittura così lontana dalla parola della narratrice, a cui Cialente ha consegnato la sua vita e con cui ha sempre voluto essere identificata.

Gli esiti dell'indecisione dell'autrice sono ricostruibili sulla base dell'attuale disposizione delle carte nell'archivio. Il plico contenente le 8 pagine di Middle East è stato allegato all'inizio del primo diario (febbraio 1941-gennaio 1942) e conservato all'interno della copertina rigida del quaderno. In questa singolare posizione, l'esordio di romanzo è introdotto da un altro documento: un foglio dattiloscritto inserito davanti alla pagina iniziale del Prologo, trattenuto insieme al resto delle carte da una graffetta. Si tratta di una Nota dell'autrice redatta nel 1978 e composta in due parti distinte: un breve appunto di Cialente e, nella parte inferiore della pagina, la trascrizione parziale di una lettera di