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L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è il principale organismo scientifico intergovernativo per la valutazione sui cambiamenti climatici, di cui, ad oggi, fanno parte esperti provenienti da ben 195 Paesi. E’ stato fondato nel 1988 dall’UNEP (United Nations Environment Programme) e dal WMO (World Meteorological Organization) per avere, da un lato, un supporto scientifico affidabile, trasparente e obiettivo, e dall’altro, per comprendere i rischi derivanti dai cambiamenti climatici provocati dalle attività umane. L’IPCC non effettua ricerche proprie, la sua principale attività è quella di analizzare e valutare tutta la letteratura esistente a livello globale sul tema. Inoltre, esso si occupa di redigere, a livello scientifico, tecnico e socioeconomico, periodici rapporti di valutazione, che mettono in luce le nuove conoscenze globali sul cambio climatico, sulle sue possibili cause, sui suoi potenziali impatti e sulle possibili strategie di mitigazione e adattamento. Dalla sua fondazione sono stati pubblicati cinque rapporti di valutazione (1990, 1995, 2001, 2007, 2014), che hanno giocato un ruolo fondamentale nei confronti politici organizzati dall’UNFCCC (United Nation Framework Convetion on Climate Change). I risultati prodotti dal Primo Rapporto di Valutazione hanno motivato la stessa nascita dell’UNFCCC durante il Summit per la terra di Rio de Janeiro 1992, il Secondo Rapporto di Valutazione ha fornito le basi per i negoziati del Protocollo di Kyoto (1997) e il Quinto Rapporto di Valutazione, pubblicato nel 2014, è ad oggi il principale punto di riferimento per la pianificazione politica a livello mondiale. Ogni Rapporto di Valutazione redatto dall’IPCC, valuta le varie pubblicazioni scientifiche degli ultimi anni, ed è costituito da tre volumi, uno per ciascun gruppo di lavoro (Working Group) in cui lo stesso IPCC è strutturato:

- Working Group 1: si occupa di analizzare le teorie scientifiche sul sistema climatico e sui cambiamenti climatici;

- Working Group 2: analizza le valutazioni fatte sugli impatti e la vulnerabilità ai cambiamenti climatici e le possibili strategie di adattamento; - Working Group 3: affronta gli aspetti legati alla mitigazione dei cambiamenti climatici, in particolare ciò che riguarda le opzioni per limitare le emissioni di gas serra nell’atmosfera.

Ai rapporti dei tre gruppi di lavoro, in cui sono impegnati oltre 800 fra scienziati e autori, si aggiunge un rapporto di sintesi (Synthesis Report) che riassume, in uno stile non tecnico, i contenuti dei tre volumi (Carraro, Mazzai, 2015, p.31). Il Quinto Rapporto di Valutazione, pubblicato nel novembre 2014, rappresenta, attualmente, il più avanzato, completo e aggiornato documento sulle conoscenze scientifiche, economiche e sociali riguardanti i cambiamenti climatici. La sua prima parte, redatta dal Working Group 1, prende in considerazione le nuove teorie sui cambiamenti climatici, frutto di numerose analisi scientifiche indipendenti, di costanti osservazioni del sistema climatico e sulla base degli archivi paleoclimatici, degli studi teorici sui processi climatici e delle simulazioni per mezzo di modelli climatici. Questo studio conferma, in modo chiaro, che il riscaldamento del sistema climatico è, oramai, inequivocabile. In particolare, a partire dagli anni ’50 del Novecento, molti dei cambiamenti osservati non hanno precedenti rispetto alle scale temporali del passato che variano da decenni fino a millenni. Sia l’atmosfera che gli oceani si sono riscaldati, le quantità di neve e ghiaccio si sono ridotte, il livello del mare si è alzato e le concentrazioni di gas serra in atmosfera sono aumentate (IPCC, 2013b, p.2). Per quel che concerne l’atmosfera, il rapporto dell’IPCC conferma che la concentrazione di CO2 è aumentata più del 20% dal 1958 e

di circa il 40% dal 1750, arrivando a raggiungere, nel 2011 le 391 ppm. Inoltre, si è ormai scientificamente certi delle cause antropogeniche del riscaldamento globale (soprattutto per la deforestazione e il massiccio uso di combustibili fossili per la produzione di energia) (Carraro, Mazzai, 2015, p.33): la temperatura atmosferica mostra che ognuno degli ultimi tre decenni è stato in sequenza più caldo di qualsiasi decennio precedente dal 1850; in particolare, nell’emisfero settentrionale, il periodo che va dal 1983 al 2012 è stato probabilmente il trentennio più caldo degli ultimi 1400 anni. Secondo il rapporto, a partire dal 1950 anche i fenomeni meteorologici e climatici estremi hanno subito notevoli cambiamenti. Infatti, è assai probabile che a livello mondiale il numero di giorni e notti fredde sia diminuito, mentre quello dei giorni e delle notti calde sia aumentato, provocando così una maggior frequenza di ondate di calore in molte zone dell’Europa, dell’Asia e dell’Australia (IPCC, 2013b, p.3). Come gli esperti fanno notare, le

conseguenze del riscaldamento globale sono maggiormente evidenti nei luoghi più freddi del nostro pianeta, la criosfera (Carraro, Mazzai, 2015, p.35). Nel corso degli ultimi vent’anni, le calotte glaciali di Groenlandia e Antartide hanno perso la loro massa, i ghiaccia hanno continuato a ritirarsi in quasi tutte le aree del pianeta, mentre l’estensione del ghiaccio marino artico e la copertura nevosa primaverile nell’emisfero settentrionale hanno continuato a diminuire in estensione. Arrivati a questo punto c’è da chiedersi: che cosa aspettarci dal futuro? La scienza ha confermato che, se le emissioni di gas serra continueranno con questo regime, o addirittura oltre, causeranno un ulteriore riscaldamento e cambiamenti in tutte le componenti del sistema climatico. Secondo gli scenari dell’IPCC, la temperatura dell’atmosfera è destinata a superare i 2°C già prima della fine del XXI secolo e continuerà a crescere anche dopo il 2100, anche se in modo non omogeneo nelle diverse regioni del mondo, causando regimi pluviometrici irregolari, un incremento dei fenomeni climatici estremi (come ondate di calore, alluvioni, siccità, tifoni), acidificazione degli oceani, scioglimento delle calotte polari e conseguente innalzamento dei livello dei mari (Carraro, Mazzai, 2015, p.37).