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PARTE SECONDA: LA TERRA, GLI UOMIN

1.5 MARIASHONI FRA DIVISIONE AMMINISTRATIVA E CULTURALE

Gli Ogiek sono fra le ultime comunità di cacciatori-raccoglitori forestali dell’Africa Orientale. Contano una popolazione totale che si aggira intorno alle 80.000 persone (di cui circa 15.000 solo nell’area di Mariashoni), che sono sparse per la maggior parte nelle aree forestali del Kenya, in particolare nella Foresta Mau e in quella di Elgon. Il complesso forestale di Mau è per definizione il territorio ancestrale del popolo Ogiek, un vero e proprio patrimonio culturale e di sostentamento, ed è occupato da tre sotto- tribù: Tyepkwereg, Morisionig e Kipchorng’woneg. Queste tre sub-tribù sono ulteriormente divise in 21 clan, ma tale numero non è fisso, varia nel tempo come modo per evitare l’unione matrimoniale e risolvere i casi di omicidio all’interno del clan. Le tre sotto-tribù occupano diverse parti della Foresta Mau Orientale. I componenti della Tyepkwereg occupavano le foreste a sud-est della parte orientale della Foresta Mau, verso il Lago Nakuru e nelle aree forestali di Sururu, Likia, Logoman e Teret. La sotto-

tribù Moriosinig risiedeva nelle foreste di Nessuit, Elburgon, Mariashoni e parte di quella di Keringet. Infine, la sotto-tribù di Kipchorng’woneg viveva nelle aree ad ovest e a nord del complesso orientale di Mau, in particolare, nelle foreste di Molo, Bararget e in parte in quella di Keringet. Inoltre, nel corso dei secoli, gli Ogiek hanno diviso il territorio culturalmente in territori di clan detti gonoitweeg. I confini di questi territori sono stati chiaramente definiti attraverso marcatori naturali, topografici ed osservando le diverse caratteristiche della vegetazione. Il territorio del clan e i suoi confini sono considerati patrimonio culturale della comunità e vengono orgogliosamente celebrati all’interno delle tradizioni orali, nelle canzoni, nelle danze, nelle cerimonie nel folklore e negli indovinelli. I confini ancestrali erano conosciuti e rispettati da tutti i membri del clan, ed ereditati lungo il lignaggio, attraverso processi di inculturazione intergenerazionale, per mezzo dell’eredità culturale immateriale (oralità, canzoni, danze, eccetera) e con l’esplorazione del paesaggio. I vari territori dei clan fornivano tutto per la sopravvivenza e costituivano la base dell’occupazione, della proprietà, dell’utilizzazione, della protezione, della conservazione e della governance della foresta e delle risorse ivi contenute (Muchemi, Ehrensperger, 2011, pp.1-2). Oggi, il popolo Ogiek, pur cercando di conservare la tradizione, si è inevitabilmente subordinato alla divisione amministrativa nazionale e locale. Il complesso forestale di Mau, terra ancestrale degli Ogiek, è stato, infatti, suddiviso in 7 grandi blocchi: Mau Narok, Masai Mau, Eastern Mau, Western Mau, Southern Mau, South Mau e Transmara regions. In più, questi blocchi sono divisi al loro interno in varie locations e sub-locations. In ogni location c’è un Administration Office, un ufficio amministrativo che fa capo all’amministrazione di contea e a quella nazionale. Questa istituzione ha più o meno le stesse funzioni di un nostro comune: amministra la cosa pubblica, rilascia certificati e licenze, registra nascite e morti, sorveglia, si occupa della sicurezza e soprattutto ha il compito di attuare sul territorio le politiche del governo. In sostanza un Administration Office rappresenta il governo centrale e le sue leggi a livello locale. Ogni ufficio ha un capo amministratore locale e alcuni assistenti che si occupano delle sub-locations. In uno dei miei primi giorni a Mariashoni, Martin mi portò ad incontrare il capo dell’Administration Office della location di Mariashoni. L’ufficio si

trovava a poche decine di metri dalla mia casa, ed era inserito in un vecchio edificio coloniale britannico degli anni Quaranta. Di quella stanza ricordo il buio pesto, appena appena affievolito dalla fioca luce che passava dalle fessure presenti nelle malridotte pareti, le assi di legno del pavimento che cigolavano ad ogni passo e la grande scrivania che stava in fondo alla stanza e che ispirava un senso di autorità. Ad accoglierci c’era il capo Samson Salimu, un uomo risoluto ma molto ospitale e disponibile. Ci invitò a sederci e dopo aver fatto le presentazioni ha cominciato a spiegarmi il suo ruolo e quello dell’Administration Office lì a Mariashoni. Attraverso la collaborazione di tre assistenti, che operano nelle sub-locations di Mariashoni center, Kiptunga e Kitiro, l’obiettivo principale di Salimu, oltre a quello di attuare le politiche governative, è di fare da intermediario fra le esigenze del governo centrale e quelle della comunità locale nel rispetto della sua cultura e della sua identità. Infatti, le decisioni e le varie normative statali e di contea vengono viste e discusse in modo partecipativo assieme ai rappresentati della comunità Ogiek (soprattutto gli anziani e i membri del MACODEV). Nel corso della mia permanenza, mi capitò più volte di assistere (anche se in modo marginale) ad incontri e riunioni fra l’Administration Office e i membri più importanti della comunità Ogiek, e non erano rare le schermaglie fra le due parti. Ma per l’Administration Office di Mariashoni bisognava lavorare in questo modo. Come mi disse quel giorno Salimu, è di fondamentale importanza coinvolgere la popolazione locale nelle decisioni e nelle questioni riguardanti la legislazione nazionale, perché solo discutendo assieme e confrontandosi, è possibile attuare al meglio tali politiche, garantendo anche la pace e l’armonia.

2 LE MIE GUIDE NEL MICROCOSMO OGIEK

Il mio primo periodo a Mariashoni è stato un momento di ambientamento ad uno stile di vita molto diverso da quello che facevo in Italia. La mancanza di certi confort, il freddo, l’altitudine e soprattutto le piogge incessanti, mettevano a dura prova la mia resistenza sul campo. Tuttavia, la volontà di vivere a pieno questa esperienza, mi ha dato la forza giorno dopo giorno di

andare avanti con gioia, determinazione e desiderio di conoscere. Per questo fatto, però, devo molto alle mie due guide, John Kemoi e Panama Oldaisapa. John era un uomo di 38 anni, di circa un metro e settanta, snello e forte. Credo di non averlo mai visto senza il sorriso stampato sulle labbra, e sempre con la battuta pronta. A questo univa una serietà e una dedizione al lavoro di ricerca che raramente ho visto in una persona, si notava benissimo tutta la sua passione nello spiegarmi le cose e la volontà di farmi vedere il più possibile, affinché anche io potessi imparare il significato di essere Ogiek. Mi diceva spesso: “imparando queste tradizioni anche tu, piano piano, diventerai un Ogiek”. Panama, invece, era un ragazzo di 28 anni, poco più alto di John ma decisamente meno estroverso. Cortese, disponibile, discreto, fu un vero piacere lavorare con lui sul campo. Se la voce di John era squillante, la sua era pacata. Era la sua prima esperienza di ricerca e si notava a tratti qualche piccola lacuna, dovuta all’inesperienza. Però, il suo modo di spiegare, di descrivermi la cultura Ogiek, risentivano di una profonda sensibilità e finezza, che mi ha dato l’opportunità di vivere in modo più intenso questa avventura e di spingermi nelle zone più profonde e segrete dell’universo Ogiek. Fra noi tre, ben presto, si instaurò un rapporto veramente speciale, che andava oltre il semplice rapporto di lavoro nella ricerca. Ci legava un’amicizia fraterna, un legame forte ed empatico, per me sorprendente, di cui tutta la comunità si rese conto e che apprezzò. Questo nostro rapporto mi aiutò molto nella mia ricerca, nonostante le difficoltà climatiche e del terreno tutto veniva naturale e semplice, stare sul campo con loro era un piacere e la qualità del mio lavoro aumentava quotidianamente.