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Nonostante la determinazione degli aggreganti contabili sin qui delineati rappresenti un passaggio fondamentale nel processo di monitoraggio e controllo dei costi nelle aziende ristorative, la loro valutazione solo in termini di aggregazione per fattore produttivo impiegato, non è in grado di sostenere accuratamente i processi decisionali, motivo per cui essa va integrata mediante lo sviluppo di ulteriori analisi articolate su oggetti contabili diversi, nonché su altre configurazioni di costo166.

In considerazione di ciò, l’apporto teorico e la pratica aziendale, hanno da sempre posto particolare attenzione al prodotto come oggetto contabile e ciò perché “comprendere, sia a livello di programmazione che in termini consuntivi, a quanto ammonta e come è strutturato il costo di ciò che l’azienda propone al mercato identifica (…) uno step fondamentale nell’ambito della creazione/ottimizzazione di un sistema a supporto delle decisioni manageriali”167.

Tale comprensione, una volta individuato l’oggetto di calcolo, si fonda sulla possibilità contabile di ottenere diverse configurazioni di costo, in relazione all’impossibilità di definire una configurazione ottimale, in quanto “sono sempre le esigenze conoscitive da soddisfare a indirizzare la scelta verso una o più configurazioni”168.

Per tale motivo, nell’esposizione delle varianti di costo di prodotto, calcolate in ambito ristorativo, si adotterà nel corso della trattazione un approccio incrementale, descrivendo configurazioni di costo via via più complesse; il costo di prodotto si colloca, infatti, in un

continuum che va dal costo variabile riferito al singolo oggetto sino al costo pieno, “in alcuni

casi (…) addirittura (…) comprensivo di oneri finanziari e tributari”169.

166 D

OPSON L.R.eHAYES D.K., “Food and beverage cost control”, p. 210. In merito AVI M.S., in “Management

Accounting. Volume II. Cost Analysis”, pp. 11 e 32, evidenzia come, ad esempio, la necessità di individuare un

costo di prodotto rappresenti spesso la primaria giustificazione alla base dell’adozione di un sistema di contabilità analitica.

167

AVI M.S., in “Management Accounting. Volume II. Cost Analysis”, p. 11.

168

NATI A., “Costi di produzione e decisioni aziendali”, p. 42. Tale concetto ampiamente ribadito in letteratura, viene presentato con un’espressione particolarmente incisiva da BERGAMIN BARBATO M., “Programmazione e

controllo in un’ottica strategica”, p. 3, la quale categoricamente afferma: “Non esiste (…) il dato contabile

«multiuso» così come nessuna costruzione di dati quantitativo-monetari può dirsi neutrale e quindi progettabile e utilizzabile in modo avulso dagli indirizzi direzionali di breve, medio e lungo periodo”.

169 A

116 Così come avviene anche per le imprese che sviluppano un processo produttivo industriale, anche le aziende della ristorazione, al fine di calcolare i costi dei prodotti componenti il loro menu, devono disporre, nel sub-sistema informativo del controllo, di specifiche informazioni relative all’attività di produzione intrapresa.

Nello specifico, la determinazione del costo di ogni singola portata presuppone la conoscenza, oltreché, ovviamente, dei prezzi d’acquisto di ciascun fattore produttivo, anche della ricetta su cui si basa il piatto o il drink confezionato e delle rese di trasformazione dei prodotti utilizzati170.

Innanzitutto la prima configurazione di costo di cui si prevede il calcolo nelle aziende della ristorazione è rappresentata dal food o dal beverage cost del singolo prodotto servito. Solitamente, in sede di programmazione, tale figura di costo viene definita “food [o

beverage] cost attivo”, in contrapposizione al “food [o beverage] cost passivo”, che al

contrario rappresenta un costo di prodotto consuntivo, anche se di non apprezzabile precisione, essendo solitamente rappresentato da una media, seppur calcolata generalmente per classi di prodotto, ottenuta dal rapporto tra costi sostenuti in prodotti alimentari o alcolici171 e numero di relative consumazioni vendute172 in un determinato periodo di tempo.

Si tratta, quindi, di un costo variabile – essendo, come già visto il food e beverge cost una tipologia di componente di reddito strettamente correlata al volume delle vendite – alla cui determinazione in termini monetari segue, ordinariamente, la determinazione dell’incidenza percentuale sul prezzo di vendita del bene, ottenendo così il food o beverege cost percentuale del singolo prodotto commercializzato.

Per alcuni prodotti, come ad esempio i cosiddetti ready food, ossia quei prodotti già pronti al consumo al momento dell’acquisto senza la necessità di un’ulteriore lavorazione da parte del personale ristorativo173, la determinazione del costo, sia consuntivo che

170

PAVESIC D.V.eMAGNANT P.F., “Fundamental principles of restaurant cost control”, p. 104.

171

ossia il food oppure beverage cost precedentemente considerato.

172

Per un approfondimento sul calcolo del food cost attivo e passivo si veda LICCARDI V., “Restaurant

management: competenze e metodi per una ristorazione di successo”, pp. 42 e seguenti. 173

Sull’argomento si veda, ad esempio, DEL DUCA M., “Manager dei processi ristorativi. Il mercato ristorativo:

tipologie organizzative, sistemi e tecnologie produttive”, pp. 76 e seguenti. Qui, al momento, basti ricordare,

117 programmatico, non richiede particolari considerazioni, basandosi essenzialmente sulla formula174:

costo unitario prodo o read food Costo prodo o read food n di porzioni o enibili

oppure, qualora il prodotto ready food non rappresentasse un bene finito già pre- confezionato in porzioni, bensì richiedesse da parte dell’addetto in cucina il dosaggio da parte dell’alimento:

costo per porzione prodo o read food Costo per Kg alimento read food n di porzioni o enibili da un Kg di alimento La determinazione del costo delle materie impiegate per ogni singola porzione nella produzione di prodotti realizzati a partire dalle materie prime grezze o semilavorate presenta, invece, un grado di difficoltà più elevato, soprattutto a livello consuntivo, poiché richiede la considerazione e, quindi, la registrazione del prezzo e delle grammatura di tutti gli ingredienti utilizzati, del numero di porzioni ottenibili dalla singola preparazione – nel caso quest’ultima, per ottenere benefici in termini di tempi di preparazione, consenta contemporaneamente la fornitura di più consumazioni –, del valore monetario attribuito agli scarti di produzione qualora possano essere utilizzati per altre preparazioni, nonché, in alcuni casi, delle rese di trasformazione degli alimenti. Tali difficoltà, quindi, nella maggior parte dei casi, conduce ad una rinuncia da parte del management a procedere con il calcolo consuntivo per singola portata, mantenendo però la considerazione analitica delle varie componenti di ogni portata nel processo di pre-costing di ogni ricetta175.

processi di produzione e somministrazione, non sono costituite solo da materiali grezzi, bensì possono essere rappresentate anche da ingredienti semilavorati o addirittura, giustappunto, pronti al consumo da parte della clientela. Similmente si vedano i concetti di “ready to cook” e “ready to eat” food presentati da KEISTER D.C., in “Food and beverage control”, p. 179.

174

Si veda a riguardo PAVESIC D.V.eMAGNANT P.F., ultima opera citata, p. 106, da cui le formule sono tratte previa un loro adattamento al sistema internazionale di misurazione. In merito, poi, al costo di prodotto dei fattori convenience e, in particolare, alla loro programmazione ed analisi consuntiva, si noti la seguente precisazione degli Autori: “however, even with convenience foods, an allowance for normal waste due to portioning must be factored in the cost of each portion. (…) It is always a good idea to calculate portion cost on less than 100 percent yield, even with convenience food. Doing so, you build a in a cuschion for error and quality control”. Posizione, quella degli Autori, che consente di comprendere come a livello di costo totale non vi sia una relazione uno-a-uno tra prodotti consumati e prodotti venduti e che quindi possa essere possibile il verificarsi di uno scostamento di volume in sede di analisi dei risultati aziendali. Tale argomento verrà, tuttavia, ripreso nel corso del Capitolo V del presente lavoro.

175

Si veda, fra gli Altri, NINEMEIER J. D., “Management of food and beverage operations”, pp. 146, (testo tradotto) il quale ribadisce, in maniera indiscussa, come il “food cost consuntivo non” sia “calcolato sulla base delle singole voci di menu”. Similmente COLTMAN M.M., in “Food and beverage cost control”, p. 109, (testo

118 La procedura di determinazione del costo di ogni singolo prodotto consiste, dunque, nella sommatoria del valore dei vari elementi che compongono la ricetta e nella successiva determinazione del costo unitario di prodotto – ottenuto attraverso la divisione del costo totale della ricetta per il numero di porzioni ottenibili da essa – e del food o beverage cost percentuale della singola porzione176.

Il computo di tale voce di costo unitaria per pietanza servita può, quindi, essere eseguito nel caso di un prodotto food177 nel seguente modo (Tabella 3.3)178:

tradotto), sostiene: “l’impossibilità fisica di tracciare ogni elemento del cibo, attraverso le aree di ricevimento, stoccaggio e produzione, verificando [inoltre] la sua vendita, è evidente. Per questa ragione [l’indicatore] percentuale di food cost è stato sviluppato nel corso degli anni come parametro utile”.

Di fatto, quindi, come precedentemente segnalato, molto spesso l’analisi consuntiva del singolo costo di prodotto diviene, semplicemente, la determinazione di una media tra i costi di produzione della stessa categoria alimentare. Nonostante, date le circostanze, il calcolo consuntivo della singola voce di menu rappresenti un’operazione non strettamente correlata alla contabilizzazione dei singoli costi effettivi, i metodi analitici del calcolo di prodotto verranno, comunque, approfonditi nel presente paragrafo, essendo ad ogni modo un importante processo contabile di determinazione, sia esso programmatico o consuntivo. L’assunto precedentemente presentato dei due Autori, inoltre, a parere di chi scrive, non determina l’effettiva impossibilità – come invece sostenuto da COLTMAN M.M.– di determinare “l’esatto” valore consuntivo per pietanza, semplicemente dimostra un giudizio costi-benefici a sfavore della valutazione puntuale del prezzo effettivo per voce di menu.

176

Ottenuto, come ricorda, fra gli Altri, KEISTER D.C., ultima opera citata, p. 185, tramite la formula:

177

Similmente si potrebbe pervenire alla determinazione del prezzo di uno specifico drink composto da più ingredienti.

178

Per un approfondimento, oltre all’opera da cui è tratto tale schema di calcolo, si rinvia a NINEMEIER J.D., ultima opera citata, pp. 143 – 144; PAVESIC D.V.eMAGNANT P.F., ultima opera citata, pp. 110 – 113; KEISTER D.C., ultima opera citata, pp. 184 e seguenti. Al contrario dell’Autore preso a riferimento per lo schema qui presentato, NINEMEIER J.D.evidenzia la pratica diffusa del non inserimento nella scheda di produzione e nel relativo calcolo del prodotto del “ridotto ammontare dei prodotti a basso costo” come, ad esempio, sale e pepe.

119

FILETTO DI MANZO CON FUNGHI PORCINI E CODE DI GAMBERI

Prodotto Prezzo unitario (Kg/l) Quantità utilizzata non pulita

Scarto Costo per

quantità Filetto di manzo € 18,00 1.125 gr 125 gr € 20,25 Funghi porcini € 15,00 375 gr 125 gr € 5,625 Olio di Oliva € 5,00 250 gr € 1,25 Farina € 1,00 50 gr € 0,05 Burro € 5,00 250 gr € 1,25 Sale € 1,00 20 gr € 0,02 Pepe € 8,00 5 gr € 0,04 Demi-glace € 5,00 400 gr € 2,00 Panna liquida € 3,00 100 gr € 0,30 Gamberetti freschi € 18,00 350 gr 225 gr € 6,30 Totale. gr. 2.925 Totale gr. 475

Tot. Food Cost € 37,09

Porzioni ottenibili: 5

Costo per porzione = Tot. Food ost

Porzioni o enibili

€3 ,0

5 ,42

Prezzo di vendita per porzione = € 16,80

Food Cost % per porzione = Food ost per porzione

Ricavo di vendita per porzione 7,42

16,80 44,17 %

Tabella 3.3: Scheda di calcolo del costo della ricetta179

FONTE:Adattamento da LICCARDI V., “Restaurant management: competenze e metodi per una ristorazione di

successo”, p. 47.

L’impostazione delle ricette, tuttavia, non sempre rende così agevole il calcolo a porzione delle principali figure di analisi del costo dei materiale. Nella pratica ristorativa, infatti, a causa delle diverse rese di trasformazione che il medesimo ingrediente può avere in periodo diversi – in base, ad esempio, al grado di gamma prescelto per l’acquisto degli ingredienti o

179

Si noti in particolare come a causa della variabilità del prezzo di vendita, quest’ultimo vada periodicamente rivisto, motivo per cui nello schema di calcolo presentato i valori scritti in corsivo si riferiscono a dati suscettibili di variazione nel corso dell’anno, perciò prima di procedere alla determinazione delle varie voci di costo è necessario accertarsi della loro validità e, se del caso, aggiornarli. A riguardo si veda, infatti, la considerazione di COLTMAN M.M., in “Food and beverage cost control”, p. 117, (testo tradotto): “come cambia il costo degli

ingredienti, allo stesso modo (ovviamente) cambia anche il costo della porzione”. Come ricordano vari Autori, comunque, i moderni sistemi informativi rendono agevole e non particolarmente oneroso tale continuo aggiornamento delle ricette.

120 alla loro fase di finitura180, alla stagione di riferimento, al fornitore prescelto, oppure alla partita di merce trattata – si è soliti indicare nella ricetta le quantità degli ingredienti necessari, non al loro peso lordo, bensì al relativo peso netto successivo alle principali procedure di pre-preparazione – tra le quali, ad esempio la mondatura dei vegetali, la rifilatura delle carni, ecc. –, rendendo così sempre valide le indicazioni quantitative in essa contenute.

Ne consegue, però, che al momento della determinazione del food cost totale della ricetta non è possibile utilizzare il prezzo d’acquisto così come da fattura ricevuta, poiché quest’ultimo si riferisce alla quantità lorda di merce, mentre nella distinta di produzione la quantità utilizzata è indicata al suo peso netto di utilizzo.

Per procedere, pertanto, al computo del costo totale degli ingredienti così come indicati in ricetta, è necessario convertire il prezzo della merce per unità lorda in un prezzo per unità netta e questo attraverso l’applicazione della resa di trasformazione181 dell’ingrediente considerato182.

Il calcolo da impostare per determinare il prezzo riferito ai quantitativi netti, (ossia alla parte edibile), di utilizzo è quindi183:

Prezzo unitario

dell’ingrediente netto utilizzato

Prezzo unitario d'acquisto percentuale di rendimento

In tali casi dunque, lo schema di calcolo della ricetta precedentemente presentata, considerando una percentuale di rendimento dell’88,89% per il filetto di manzo, del 66, 67% per i funghi e del 35,71% per i gamberi184, risulterebbe, (Tabella 3.4.)185:

180

Nel settore foodservice sono, infatti, presenti varie classificazioni per indicare lo stato d’acquisto delle materie prime; DEL DUCA M., nell’ultima opera citata, pp. 76 e seguenti, ad esempio, riporta tre tipologie di

classificazione: la prima si basa sulla tripartizione tra prodotti convenience freschi, semilavorati e pronti; la seconda “suddivide i prodotti food in cinque “gamme” a seconda del grado di finitura, della tecnica di conservazione e soprattutto del grado di servizio in essi contenuto”; la terza, infine, p. 80, “individua quattro fasi di preparazione e di conseguenza altrettanti gradi di finitura dei prodotti”. Per un approfondimento sul tema si rimanda all’opera citata.

181 Il calcolo per la determinazione di tale indicatore di rendimento sarà illustrato nel corso del Capitolo V,

qualora si svilupperà la tematica degli standard di gestione.

182

DOPSON L. R.e HAYES D.K., “Food and beverage cost control”, p. 214 e seguenti. Per un’ulteriore lettura preliminare del significato del rendimento dei prodotti nella ristorazione si veda, fra gli altri, PAVESIC D.V.e MAGNANT P.F., ultima opera citata, pp. 107 – 109.

183

La formula presentata è tratta dalla rielaborazione delle formule di “Edible Portion cost (per Pound)” e di “Cost per servable Pound”, presentate rispettivamente da DOPSON L.R.eHAYES D.K., ultima opera citata, p. 217 e PAVESIC D.V.eMAGNANT P.F., ultima opera citata, p. 116.

184

Come già segnalato, le formule di determinazione della percentuale di rendimento saranno approfondite nel corso del capitolo V, pertanto nel seguente paragrafo si prendano per date tali informazioni, anche se, di fatto, esse rappresentano il risultato dell’applicazione delle formule che saranno successivamente presentate.

121 Prezzo le o ne o al Kg 18,00 88,89% 20,25 Prezzo funghi ne al Kg 15,00 66,67% 22,50 Prezzo gambere ne al Kg 18,00 35,71% 50,41

FILETTO DI MANZO CON FUNGHI PORCINI E CODE DI GAMBERI

Prodotto Prezzo unitario applicabile(Kg/l) Quantità utilizzata Netta Costo per quantità Filetto di manzo € 20,25 1.000 gr € 20,25 Funghi porcini € 22,50 250 gr € 5,625 Olio di Oliva € 5,00 250 gr € 1,25 Farina € 1,00 50 gr € 0,05 Burro € 5,00 250 gr € 1,25 Sale € 1,00 20 gr € 0,02 Pepe € 8,00 5 gr € 0,04 Demi-glace € 5,00 400 gr € 2,00 Panna liquida € 3,00 100 gr € 0,30 Gamberetti freschi € 50,41 125 gr € 6,30 Totale. gr. 2.925

Tot. Food Cost € 37,09

Porzioni ottenibili: 5

Costo per porzione = Tot. Food ost

Porzioni o enibili

€ 3 ,0

5 ,42

Prezzo di vendita per porzione = € 16,80

Food Cost % per porzione = Food ost per porzione

Ricavo di vendita per porzione 7,42

16,80 44,17 %

Tabella 3.4: Scheda di calcolo del costo della ricetta con ingredienti espressi al peso netto

FONTE: Adattamento degli schemi presentati da LICCARDI V., “Restaurant management: competenze e metodi

per una ristorazione di successo”, p. 47 e da DOPSON L.R. E HAYES D.K., “Food and beverage cost

control”, p. 215.

185 Per ovvia derivazione matematica, il costo totale e, conseguentemente, i relativi indicatori di costo per

porzione non variano rispetto alla schema precedente. Tuttavia, in alcune circostanze, la necessità di apportare arrotondamenti ai “nuovi prezzi” individuati potrebbe comportare piccole variazioni del food cost tra i due schemi proposti.

122 Infine, un ulteriore caso in cui l’addetto alla rilevazione dei costi deve porre particolare attenzione è rappresentato da quelle situazioni produttive in cui lo scarto di un ingrediente per una determinata preparazione diviene l’ingrediente principale, o comunque un componente necessario, di un altro prodotto finito dell’azienda.

Solitamente, la pratica contabile prevede in queste situazioni di assegnare al materiale secondario recuperato il suo valore attuale di mercato, ossia il costo che l’azienda avrebbe dovuto sostenere qualora avesse reperito tale bene attraverso fornitori esterni186.

Ovviamente tale metodo richiede, poi, un ulteriore accorgimento contabile, poiché se tramite l’acquisto del materiale per così dire primario l’azienda ha potuto beneficiare di un ulteriore sottoprodotto, il costo sostenuto dall’azienda non può essere imputato solamente ed interamente al piatto che utilizza l’ingrediente principale, poiché parte di esso ha contribuito alla produzione di un ulteriore prodotto generante ricavi187; se la contabilità non tenesse conto di tale fatto verrebbe, infatti, a mancare la più volte richiamata correlazione costi-ricavi, postulato fondamentale di un sistema di contabilità per destinazione.

Ne consegue, dunque, che al costo del materiale principale è necessario sottrarre il valore del sottoprodotto e quest’ultimo deve essere attribuito esclusivamente al prodotto finale ottenuto mediante il suo utilizzo188.

186

PAVESIC D.V.eMAGNANT P.F., ultima opera citata, p. 121.

187 P

AVESIC D.V.eMAGNANT P.F., ultima opera citata, pp. 121 – 122. Si rinvia al medesimo testo e alle medesime pagine anche per l’approfondimento, con relativo esempio numerico, sull’accorgimento contabile che verrà di seguito illustrato. Allo stesso modo si veda quanto riportato da KEISTER D.C., ultima opera citata, p. 181.

188

Sull’argomento si veda anche COLTMAN M.M., ultima opera citata, pp. 121 – 125. Si noti, inoltre, come quest’ultimo Autore, oltre a proporre il metodo suesposto, espone un sistema di calcolo alternativo, a suo dire, p. 125 (testo tradotto), “altrettanto accurato dal punto di vista aritmetico e in un certo qual senso più logico”. COLTMAN M.M.propone, infatti, di considerare innanzitutto il costo totale che si sarebbe sostenuto acquistando separatamente il quantitativo utile rimasto di bene primario e il quantitativo ottenuto di sottoprodotto; di rapportare il costo realmente sostenuto dall’azienda al costo ipotetico così calcolato e successivamente di attribuire tale rapporto al prezzo unitario di mercato dei beni principali e secondari, ottenendo così il nuovo prezzo da attribuire ai vari prodotti per la loro valorizzazione.

Ad esempio, posto l’acquisto di un 1 Kg di carne di manzo a 13 /Kg, da cui la cucina è in grado di ottenere 0,8 Kg di arrosto (prezzo di mercato 16,50 /Kg) e 0,3 Kg di macinato (prezzo di mercato 8 /Kg), il calcolo secondo il metodo alternativo di COLTMAN M.M. sarebbe:

Arrosto 0,8 Kg x 16,50 /Kg 13,20 → Rapporto di conversione 13 14,80 →

Prezzo aggiornato arrosto = 16,50 13

14,80 18,78 /Kg Macinato

0,2 Kg x 8 /Kg 1,60 Prezzo aggiornato macinato = 8 13

14,80 7,07 /Kg Totale 14,80

123 È da notare, tuttavia, che tale artificio contabile rende inutilizzabile la forma di determinazione del “prezzo unitario dell’ingrediente netto utilizzato”, poiché la relativa formula non prende in considerazione il possibile utilizzo del materiale di scarto189.

La rilevanza del food e del beverage cost nella gestione ristorativa, unita spesso alla difficoltà manageriale di manovrare nel breve e nel brevissimo periodo la variabilità degli altri elementi di costo, ha condotto nel corso degli anni ad un evidente predominio nella pratica gestionale di tale configurazione di costo – divenuta spesso l’unica componente vagliata nella determinazione del costo di prodotto – subordinando, quando non addirittura omettendo, la considerazione nel processo decisionale degli altri elementi di costo, salvo poi valutarli, in misura aggregata, nelle analisi del bilancio consuntivo e nel confronto di questo con il budget programmato190.

Negli ultimi decenni, tuttavia, la sempre più variegata offerta di proposte convenience

food da parte dei fornitori, nonché il crescente costo del lavoro, ha posto anche ai manager

della ristorazione un problema relativo all’utilizzo e alla determinazione, al fine di adottare soluzioni gestionali coerenti con l’ottimizzazione dei risultati aziendali, di configurazioni di costo aggiuntive, in grado di rilevare la criticità di aspetti di costo diversi, tra i quali, ad