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Costruttivismo e costruzione sociale della conoscenza

Una tesi spesso confusa con quella relativista è la tesi costruzionista. Le due posizioni possono coesistere e darsi reciproco sostegno ma non sono l’una condizione né necessaria, né sufficiente dell’altra188.

«Un fatto è costruito socialmente se e solo se è necessariamente vero che avrebbe potuto darsi solo attraverso l’azione contingente di un gruppo sociale»189. In linea con questa

definizione, tra gli scopi fondamentali del costruttivismo ci sarebbe proprio quello di mostrare la contingenza dei fatti che abbiamo costruito190 e l’evidenziare che essi non sarebbero

accaduti se avessimo fatto scelte differenti. Le costruzioni sono fatte in modo da riflettere bisogni e interessi contingenti così che, se il gruppo di riferimento non avesse avuto tali bisogni o interessi, essi non sarebbero stati creati191.

187 Boghossian 2006b, p. 116 ma anche p. 93 dove questa tesi è la seconda premessa dell’argomento costruito da

Boghossian a favore del relativismo.

188 Tale affermazione è contrastante con quanto sembrerebbe affermare Boghossian 2006b p. 22 che sembra

legare l’idea dell’uguale validità all’idea che la conoscenza sia una costruzione sociale.

189 Boghossian 2006b, p. 35. 190 Boghossian 2006b, p. 35. 191 Boghossian 2006b, p. 34.

Così sembrano due le caratteristiche fondamentali del costruttivismo sui fatti: 1) la loro contingenza e dipendenza e 2) il loro essere espressione di interessi e bisogni di chi li ha costruiti.

Per quanto attiene alle questioni epistemologiche il costruttivismo può essere applicato ai fatti (in quanto componenti del mondo), alla giustificazione (cioè a ciò che rende una credenza asseribile, capace di formare conoscenza ecc.) e alla spiegazione razionale (cioè a come spiegare il perché intratteniamo una data credenza).

Quanto alle ragioni che hanno portato ad accettare tesi tanto controintuitive e radicali hanno giocato fattori razionali ma anche ideologici192. Dal punto di vista ideologico, si ricordi

quanto affermato da Hacking che sostiene come una delle principali ragioni per l’utilizzo del costruttivismo sia stata una convinzione, parzialmente illusoria, che riguarda il desiderio di emancipazione (che come abbiamo visto è tipico del pensiero postmoderno). Se, infatti, un fatto non appartiene ad un mondo oggettivo e indipendente da noi ma siamo noi a crearlo allora possiamo anche decidere di liberarcene quando vogliamo193. Legandosi di frequente

anche alla dottrina dell’uguale validità, il costruttivismo si è fatto portavoce, soprattutto, della difesa del valore della tolleranza nell’ambito di una “lotta” che, come abbiamo già ricordato, è particolarmente cara all’era post-coloniale194.

Da un punto di vista razionale, invece, l’accettare il costruttivismo si lega all’idea che sia troppo ingenuo da un punto di vista intellettuale un pensiero che si leghi solo a concetti quali l’oggettività, la realtà, la verità e la razionalità. Così che, ovviamente, la conoscenza per i costruttivisti non è più riflesso neutrale e trasparente di una realtà che esiste indipendentemente, stabilita per mezzo di procedure trascendenti di valutazione razionale. Ciò che in quest’ottica sembra più corretto è, piuttosto, accettare che tutta la conoscenza sia influenzata (e limitata) anche da variabili di tipo storico, contestuale e culturale (componenti non strettamente “oggettive”. Tale concezione sembra essere fortemente influenzata da quello che alcuni hanno chiamato un pregiudizio circa la superiorità delle valutazioni caratterizzate

192 Boghossian 2006b, p. 21.

193 Hacking 1999, pp. 2 e ss. Haslanger 1995, p. 131, afferma che c’è un senso per cui anche noi stessi siamo

costruiti socialmente.

194 Il pensiero sviluppatosi in quest’epoca ha spesso puntato a denunciare la leggerezza con cui, in epoca

coloniale, si “esportava” superiorità culturale e l’imposizione che da essa seguiva. Le vicende di politica internazionale avvenute dagli anni ‘90 fino ai giorni nostri, però, ci dimostrano che questa sia un’abitudine ancora viva.

da “prossimità” epistemica195 che attribuisce a componenti localistiche maggior valore che ad

altre di tipo più generale.

Il costruttivismo è stato, quindi, utilizzato per difendere anche la tesi della dipendenza sociale della conoscenza cioè della nozione di “costruzione sociale della conoscenza”. Secondo questa linea di pensiero, la verità di una credenza non dipende da come stanno le cose in una realtà che esiste indipendentemente e la sua razionalità non dipende dal fatto che venga corroborata da procedure trascendenti di valutazione razionale, piuttosto, il fatto che una credenza sia “conoscenza” dipende necessariamente, almeno in parte, dal contesto sociale contingente nel quale tale credenza è prodotta o accettata.

Il costruttivismo relativo alla conoscenza è una concezione basata su tre livelli e formata per opposizione a quella che Boghossian chiama la concezione classica della conoscenza196. Tale contrapposizione si fonda sui cardini di quella classica e più generale tra

realismo e anti-realismo aletico. Con la parola “realismo” intendo riferirmi alla concezione che la maggioranza del panorama filosofico di riferimento è concorde nel definire tramite la congiunzione necessaria (anche se non sufficiente) di queste due tesi: a) che si danno entità, eventi, stati di cose (tesi dell’esistenza) e b) che essi, almeno in parte, sono assolutamente indipendenti dalla nostra sfera volitiva e cognitiva (tesi dell’indipendenza) 197.

La nozione di anti-realismo, invece, è generalmente costruita per contrasto con quella di realismo e il suo tipo dipenderà 1) dal fatto che si rinunci ad una sola o entrambe delle tesi e 2) da quale delle due tesi si sceglierà di non abbracciare.

In questo lavoro si tratterà, soprattutto, di anti-realismo epistemico e dell’anti-realismo costruttivista, varianti che rifiutano entrambe la tesi dell’indipendenza. Ad ogni modo, le caratteristiche che Boghossian attribuisce al costruttivismo epistemico sono tre: 1) i fatti dipendono da noi, in particolare perché sono caratteristicamente costruiti, creati, composti, da un gruppo sociale (o da singoli) in modo da riflettere i propri bisogni e interessi contingenti (dipendenza e costruzione dei fatti); 2) i fatti del tipo “x giustifica y” sono costruiti in modo da riflettere i nostri bisogni e interessi contingenti (dipendenza e costruzione delle giustificazioni); 3) la nostra esposizione a prove rilevanti non è mai sufficiente a spiegare

195 Boghossian 2006b, p. 22 e Lennon 1997, p 37.

196 Boghossian 2006b, pp. 27 e ss: oggettivismo sui fatti (ci sono fatti che sono completamente indipendenti

dagli esseri umani), oggettivismo circa la giustificazione (ciò che rende giustificata una credenza non dipende dagli esseri umani), oggettivismo circa la spiegazione razionale (in certe circostanze intratteniamo credenze in virtù di ciò che ne fornisce una giustificazione).

perché crediamo qualcosa, anche i nostri bisogni e interessi contingenti devono essere considerati per spiegare tale fatto (l’eterogeneità delle cause di credenza) 198.

L’autore afferma che si costruisce un fatto «accettando un modo di parlare o pensare che descrive quel fatto»199, cioè tramite ciò che egli chiama la dottrina della “dipendenza dei

fatti dalle descrizioni” secondo cui, necessariamente, non ci può essere un fatto su come stanno le cose del mondo che sia indipendente dalla nostra propensione a descrivere il mondo in un certo modo. Tale tesi è spesso confusa con quella della “relatività sociale delle descrizioni” secondo cui lo schema che adottiamo per descrivere il mondo dipende da quali schemi riteniamo utili adottare, mentre la scelta degli schemi dipende a sua volta dai nostri bisogni e interessi contingenti. Boghossian attribuisce questa sovrapposizione in particolare a Rorty e afferma che essa, contrariamente a quanto da quest’ultimo affermato, non offrirebbe sostegno né alla tesi della dipendenza dei fatti dalle descrizioni, né, in generale, al costruttivismo sui fatti200.

In ogni caso, secondo Boghossian, un tale costruttivismo risentirebbe di tre problemi fondamentali: 1) il “problema della causazione” secondo cui è difficile giustificare come le nostre descrizioni possano causare l’esistenza di cose la cui esistenza ci ha preceduto nel tempo o che non abbiamo mai né visto né conosciuto, 2) il problema della “competenza concettuale” secondo cui è davvero difficile capire come possiamo coerentemente ritenere che l’esistenza di cose come gli elettroni (o simili) siano dipendenti da noi, dato che parte del concetto di elettroni è che la loro esistenza sia indipendente da noi; 3) il “problema del disaccordo”, secondo cui data la natura contingente dei nostri bisogni sociali, interessi e attività, il costruttivismo sui fatti non può evitare di violare la legge di non contraddizione. È infatti impossibile che, contemporaneamente, si dia il fatto (costruito, ad es., dai c.d. terrapiattisti) che la terra sia piatta e il fatto (costruito da noi) che il mondo sia tendenzialmente sferico.

Rorty ha difeso una tesi costruzionista che, per evitare specificatamente questi tre problemi – ma soprattutto quello del disaccordo (3) – si è appoggiata fortemente al relativismo. Riguardo questo specifico problema Rorty, infatti, afferma che è errato interpretare le rappresentazioni contrastanti come tesi in genuina competizione tra loro. Esse,

198 Boghossian ritiene che queste tre tesi costruttiviste, se vere individualmente, renderebbero plausibile la

dottrina dell’uguale validità. Boghossian 2006b, cap 4.

199 Boghossian 2006b, p. 45 200 Boghossian 2006b, p. 49.

infatti, apparterrebbero a (e dovrebbero essere comprese all’interno di) giochi linguistici differenti e tra loro indipendenti, sviluppati a partire da bisogni e interessi contingenti che, quindi, influiscono sull’asserzione o meno di un enunciato201. Rispetto ai primi due problemi,

invece, Rorty afferma di non contestare che l’esistenza di oggetti fisici sia indipendente da noi ma di sottolineare che non si possa affermare che qualcosa è “semplicemente” vero. Tutto quello che possiamo dire in maniera sensata è che può essere vero solo secondo il dato modo di parlare che è stato proficuo adottare202.

L’idea di fondo, quindi, pare essere il rifiuto di vedere proprietà intrinseche nelle cose o nella realtà203. Questa tesi, però, almeno per quanto pare intendersi dalle parole di Rorty,

sembra essere fondata solo sul fatto che non saremmo di fatto in grado di poter decidere quali descrizioni avrebbero colto gli elementi intrinseci e quali no204.