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Come si è precedentemente accennato, il panorama filosofico, dalla fine degli anni 90, ha decisamente cambiato orientamento attestandosi su posizioni in contrasto con quelle che erano state tipiche della filosofia postmoderna. In molti hanno parlato di “nuovo” realismo anche se, alcuni, hanno affermato che ci sia ben poco di nuovo in queste posizioni205. Io credo

che elementi di novità ci siano, nella misura in cui questo realismo non è solo tornato alle origini ma è nato dalla reazione al pensiero postmoderno e ha innovato metodi e strumenti di ricerca accogliendo molte delle critiche che la riflessione anti-realista gli aveva rivolto. Il nuovo realismo sarebbe, quindi, riuscito ad accogliere le istanze emancipative del postmodernismo senza cadere nei suoi effetti distorsivi206.

La new realism wave207 ha riguardato (e riguarda) sia la letteratura statunitense sia

quella europea208. Nel panorama filosofico italiano uno degli autori che si è fatto portavoce di

201 Rorty 1998, pp. 86-87 e 90, Rorty 1994, 57. Cfr. Boghossian 2006b, pp.62-65. 202 Rorty 1998, pp. 86-87 e 90, Rorty 1994, 57. Cfr. Boghossian 2006b, pp.62-65. 203 Elemento presente sia in Rorty 1994, 57, sia in Rorty 1998, pp. 86.

204 Rorty 1998, pp. 86. 205 Eco 2012.

206 De Caro, Ferraris 2012. Ne parleremo successivamente in modo più diffuso.

207 Con questa locuzione indico, appunto, la nuova tendenza realista di cui sto trattando.

208 Si pensi alle opere di Lynch 2004 e Boghossian 2006, Michael Devitt 1984 e Alston 1996, Putnam 1975,

tale corrente è stato senz’altro Maurizio Ferraris209. Egli ha, infatti, cercato di riunire le voci

degli attori principali di questo indirizzo, essenzialmente per dar conto di questo cambiamento di tendenza nel dibattito filosofico generale. Nonostante i suoi toni programmatici e forse esageratamente ottimisti egli ha avuto il merito di offrire un resoconto degli obiettivi e delle caratteristiche principali che questi autori condividono.

Nel suo Manifesto del nuovo realismo210, l’autore critica fortemente l’indole della decostruzione fine a se stessa che aveva caratterizzato la filosofia contemporanea e afferma che il ruolo critico della filosofia va affiancato alla ricostruzione, pena una filosofia completamente vacua e de-responsabilizzata. Afferma che, sebbene siamo stati portati a pensare che la realtà (come la verità) sia infinitamente manipolabile essa, di fatto, ci oppone resistenza sotto molteplici punti di vista e, proprio per questo, dovrebbe essere presa in considerazione seriamente nelle riflessioni filosofiche.

In molti hanno detto che il ritorno della filosofia al realismo sia stato altamente influenzato da alcuni tragici avvenimenti storici e fatti di politica internazionale come, ad esempio, l’attentato alle torri gemelle del 2001 o la crisi economica del 2007. Tutti eventi che avrebbero messo il dibattito filosofico di fronte a fatti drammatici, non semplici

interpretazioni.

Così, se fino a non molto tempo fa il realismo era considerato qualcosa di esotico211,

oggi il dibattito sembra, almeno in parte, cambiato. Molti degli stessi filosofi che in passato erano stati forti difensori dell’anti-realismo, infatti, hanno poi modificato o smussato la perentorietà delle loro affermazioni212.

Ferraris e De Caro in Bentornata Realtà, sottolineano i quattro caratteri principali di questo nuovo realismo, affermando che:

1. tiene ferma l’istanza critica e decostruttiva ribadendo che essa non deve essere prerogativa solamente delle concezioni anti-realistiche, ma che anzi è segno di una riflessione filosofica in buono stato di salute. Proprio per questo, i realisti puntano a recuperare gli strumenti essenziali per una critica efficace: la verità, la razionalità e l’oggettività. Ciò che il realismo sembra rivendicare è la costruzione di un pensiero

209 Ferraris 2012; De Caro, Ferraris 2012. 210 Ferraris 2012.

211 Era infatti diffuso, tra i filosofi analitici, solamente in Australia.

critico ma sotto forme differenti rispetto a quelle dell’anti-realismo. Anche l’interpretazione può essere a difesa del più debole e antiautoritaria, ma solo se mantiene qualche connessione con verità e realtà;

2. non tutto è socialmente costruito. Si deve riconoscere una sostanziale gradualità di stati “costruttivi” dei fatti;

3. il nuovo realismo non è anti-ermeneutico, la sfera sociale, infatti, non può darsi senza interpretazione. I realisti, a questo proposito, affermano che l’interpretazione può essere, comunque (in qualche modo da specificare) ricerca della verità e non solo immaginazione;

4. il nuovo realismo non condivide l’antiscientismo postmoderno. Ci sarebbe, infatti, un nesso costitutivo tra filosofia e scienza ma la filosofia non deve a annullarsi nella scienza (questa era, infatti, l’idea di filosofia parassitaria e deferente tipica del postmoderno). La filosofia è una disciplina dotata di autonomia costituiva ma deve aprirsi in maniera consapevole e responsabile a quanto affermato dagli specifici ambiti del sapere. Il progresso, in filosofia, non solo è possibile ma inevitabile e frutto di un lavoro collettivo;

5. Un elemento che merita non meno attenzione riguarda il ruolo affidato da questi autori alla filosofia realista. Essa sarebbe, infatti, caratterizzata da una pertinenza pubblica e sociale, cioè dalla capacità di rivolgersi al più ampio spazio pubblico tramite, soprattutto, una spiccata accessibilità linguistica

De Caro e Ferraris delineano due direttrici principali secondo le quali il realismo si starebbe sviluppando: la prima intende il realismo come concezione in cui si coniugano rispetto per istanze naturalistiche, riconoscimento dell’autonomia e irriducibilità della sfera normativa (come ad esempio la proposta del realismo naturalista di Searle213); la seconda,

invece, concepisce il realismo come istanza soprattutto ontologica, come freno al proliferare indiscriminato delle interpretazioni. Un esempio di questo secondo indirizzo è il “realismo negativo” di Eco214 secondo cui la nostra ontologia e quella della realtà con la quale ci

213 Una posizione simile viene attribuita da Leiter 2007, pp. 137 e ss. spec. pp. 158-159 a Quine. La posizione di

Quine è infatti peculiare coerentista rispetto alla conoscenza scientifica ma corrispondentista in senso “decitazionista” rispetto alla verità.

confrontiamo pongono una serie di “freni” alle nostre possibilità interpretative e di azione. La sua posizione viene efficacemente condensata in questo brano:

È vero che quando si cita lo slogan per cui non esistono fatti ma solo interpretazioni anche il più assatanato tra i postmodernisti è pronto ad asserire che lui o lei non hanno mai negato la presenza fisica […] del tavolo di cui sto parlando. Il postmodernista dirà semplicemente che questo tavolo diventa oggetto di conoscenza e di discorso solo se lo si interpreta come supporto per un’operazione chirurgica, come tavolo da cucina, come cattedra, come oggetto ligneo a quattro gambe, come insieme di atomi, come forma geometrica imposta a una materia informe, persino come tavola galleggiante per salvarmi durante un naufragio. Sono sicuro che anche il postmodernista a tempo pieno la pensi così, salvo che quello che stenta ad ammettere è che non può usare questo tavolo come veicolo per viaggiare a pedali tra Torino e Agognate lungo l’autostrada per Milano. Eppure, questa forte limitazione alle interpretazioni possibili del tavolo era prevista dal suo costruttore, che seguiva il progetto di qualcosa interpretabile in molti modi ma non in tutti. L’argomento, che non è paradossale, bensì di assoluto buon senso, dipende dal problema delle cosiddette affordances teorizzate da Gibson215 (e che Luis Prieto216

avrebbe chiamato pertinenze), ovvero dalle proprietà che un oggetto esibisce e che lo rendono più adatto a un uso piuttosto che a un altro. […] Un cacciavite può servire […] per aprire un pacco (visto che è strumento con una punta tagliente, facilmente manovrabile per far forza contro qualcosa di resistente); ma non è consigliabile per frugarsi d’entro l’orecchio, perché è appunto tagliente, e troppo lungo perché la mano possa controllarne l’azione per una operazione così delicata; per cui sarà meglio usare un bastoncino leggero che rechi in cima un batuffolo di cotone. C’è dunque qualcosa sia nella conformazione del mio corpo che in quella del cacciavite che non mi permette di interpretare quest’ultimo a capriccio217.

Il nuovo realismo proposto da Ferraris e De Caro, allora, dice soprattutto ciò che il realismo non è, ciò che esso intende rifiutare. Questa posizione di “opposizione” è nuova per il realismo che invece, storicamente, ha sempre detenuto una posizione di “maggioranza” ed è interessante chiedersi se e in che modo questa nuova posizione – per certi versi più scomoda di quella storicamente detenuta – influenzerà le tesi e lo sviluppo delle tesi del nuovo realismo.

Ad ogni modo, ciò che appare chiaro è che la proposta del nuovo realismo non vorrebbe dare solamente conto di un rinnovato interesse (o una moda) nel panorama filosofico ma costituire un vero e proprio «piano di lavoro»218 per gli anni a venire. L’ambito che appare

più promettente è allora, senz’altro, quello di un arricchimento e una complicità nuova da cercare e sviluppare con l’anti-realismo contemporaneo dato che sembra ormai che le

215 Gibson 1979. 216 Prieto 1976.

217 Eco 2012, pp. 97-99. 218 De Caro, Ferraris 2012.

reciproche posizioni, da sole, siano insufficienti a dar conto correttamente della complessità del rapporto tra individuo, mondo e rappresentazioni coinvolte in tale relazione.

La svolta realista, però, è stata un processo graduale e certo non privo di ostacoli che si è espletato, principalmente, in tentativi “nuovi” di descrivere, spiegare e giustificare le intuizioni realiste in modo filosoficamente adeguato. A questo proposito si è parlato, in particolare, di “riabilitazione” del realismo e con questo termine si è inteso, variabilmente, un complesso di misure volte al raggiungimento di una pluralità di fini: 1) ripristinare (o migliorare) l’adeguatezza e la funzionalità delle descrizioni, giustificazioni e mezzi di analisi utilizzati della concezione realista 2) restituire fruibilità a tale concezione e 3) reintegrarla nel prestigio e nella stima della comunità scientifica, entrambi perduti a causa di mezzi divenuti, nel tempo, sempre più inadeguati219.

Nel secondo capitolo si cercherà di mettere in luce il percorso che ha interessato la riabilitazione del realismo aletico in ambito giuridico, attraverso l’analisi delle riflessioni di alcuni giusfilosofi e processualisti contemporanei. Il processo di riabilitazione del realismo riveste un particolare interesse in ambito giuridico in quanto: 1) mette in condizione i giuristi di lavorare con nozioni maggiormente adeguate da un punto di vista filosofico (e quindi epistemologico, con ricadute plausibili in termini di efficienza e giustificazione razionale); 2) permette una collaborazione più stretta tra giuristi positivi e filosofi elemento che, in passato, è stato particolarmente carente.

Nei prossimi capitoli si proseguirà, idealmente, il percorso iniziato in questo primo capitolo. Si cercherà, quindi, di abbandonare il tipo di analisi molto generale220 tenuta in

questo capitolo per analizzare questioni e problemi più specifici e giuridicamente caratterizzati con l’intenzione di mostrare, tra le altre cose, l’influenza che i temi, le intuizioni e problemi sollevati in questo capitolo, hanno avuto e hanno sulla riflessione giusfilosofica e giuridica attuale.

219 Vedi voce “Rehabilitation” in Oxford English Dictionary:

https://www.oed.com/view/Entry/161448?redirectedFrom=rehabilitation#eid e “Riabilitazione” in Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/riabilitazione/ .

220 Siamo anche passati da un livello argomentativo molto basso (il senso comune) ad uno caratterizzato da

CAPITOLO 2