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Crisi e riscritture

2.2 Tre nodi

Benessere

Indagare lo stato della progettazione delle attrezzature ad uso pubblico deve ovvia-mente considerare l’idea che un certo tipo di materiali spaziali tradizionalovvia-mente legati alle politiche di welfare state costituisca un patrimonio enorme per la costru-zione del benessere urbano. In questo senso, si deve ricordare come il termine inglese “welfare” significa proprio “benessere” e quindi la questione inerisce quegli elementi che permettono di “stare bene” in città. Come ricorda Bellaviti in un numero di “Territorio” dedicato al tema nel 2010, occuparsi di benessere urbano significa affrontare diverse questioni, come quella sanitario - funzionalista (lo spazio urbano permette ai suoi abitanti di stare bene da un punto di vista psico-fisico); la questione della distribuzione e della qualità delle attrezzature e dei servizi; la questione del moltiplicarsi dei bisogni e delle domande sociali a cui la città deve in un qualche modo rispondere; la dibattuta e in certo senso “consumata” questione della qualità urbana e della sua misurazione, progettazione e manutenzione. A questo, aggiun-gerei anche la questione ambientale, per cui il lavoro sui servizi infrastrutturali, sulle reti di mobilità e sulla gestione del territorio diventa qualificante in termini di tenuta dei suoi equilibri geologici e idrogeologici, ambientali, ecc.. L’urbanistica moderna nasce proprio dalla “preoccupazione per le condizioni di salubrità della città, per la qualità dei suoi spazi, per la dotazione di infrastrutture e servizi che rendano la vita urbana sana, confortevole, sicura” (Bellaviti, 2008, p. 12) e il Movimento Moderno sperimenta e codifica la visione funzionalista che oggi viene ripresa da altre forme del progetto (Bianchetti, 2016), L’indagine sulla distribuzione degli elementi e dei materiali per creare condizioni di accessibilità e qualità del vivere quotidiano hanno conosciuto, come si è visto nei paragrafi precedenti, un’intensa fase di sperimen-tazione, codificazione e reinterpretazione; oggi nuove condizioni (Secchi, 1984; Secchi, 2010) pongono un ripensamento degli strumenti tradizionali per intervenire sui territori e sulle popolazioni esistenti, garantendo una buona abitabilità in città. Attualmente si riconosce crescente importanza dei contesti urbani per lo sviluppo dei territori europei, come hanno affermato le ricerche della European Environmental

> Agence Ter, Parc de Cormailles, Ivry sur Seine, Francia, 2004-2006.

Agency (EEA, 2010, 2012) o altri celebri lavori come quello pubblicato dalla Urban Task Force di Rogers nel 200512 (Urban Task Force, 2005). Si concorda sul fatto che tra vent’anni più del 75% della popolazione europea vivrà in contesti urbani. Se proprio grazie alle loro caratteristiche di attrattività, connettività e concentrazione (di persone, di saperi) le città sono fondamentali per lo sviluppo, è anche vero che proprio a causa delle stesse caratteristiche relative alla densità, le città, anche in contesto europeo (Le Galés, 2002, p. 115 e segg.), sono i luoghi dove si concentrano maggiormente disuguaglianze sociali e situazioni ambientali a rischio (European Commission, General Directorate for Regional Policy, 2011, p. 8), conseguentemente situazioni in cui il benessere individuale e collettivo non è garantito o l’abitare si fa “faticoso” (Tosi, 2009), in cui si distingue una “città dei ricchi e una città de poveri” (Secchi, 2013).

Sviluppo e benessere — Nei contesti occidentali il concetto di “benessere” è associato

a valori materiali relativi alla crescita economica. Autori noti (Sen 1985, Nussbaum 2011, Latouche 2008 & 2011) hanno proposto invece una concezione di benessere diversa, in cui lo ‘sviluppo’ è misurato non tanto su valori economici quanto sulla

possibilità di sviluppo personale e collettivo13. La teoria dello “Human Development

Approach” o del “Capabilities Approach” (Sen, 1985; Nussbaum, 2011), tradotto in

italiano come ‘approccio per capacità’, indaga come lo sviluppo di una nazione possa avvenire tramite l’incoraggiamento e il sostegno delle capacità, ovvero un “set combinato di opportunità che danno all’individuo libertà di scelta e di azione”. E ancora: “in other words, they are not just abilities residing insidie a person but also the freedoms or opportunities created by a combination of personal abitities and the political, social and economic environment” (Nussbaum, 2011, p. 20). Nussbaum riprende la cornice analitica di Sen e cerca di tratteggiare una lista di “capabili-ties”, per redigere una “teoria parziale della giustizia attraverso l’individuazione dei principi politici che dovrebbero essere alla base di ogni costituzione e che i governi dovrebbero garantire a tutti i propri cittadini” (Corrado, s.d.). Le “ central capa-bilities” sono quindi target quali l’aspettativa di vita; la salute fisica e mentale; la possibilità di usare i propri sensi, l’immaginazione e il pensiero; le emozioni, ecc. (Nussbaum, 2011, p. 17-44). Il benessere quindi è visto come combinazione di più capacità e soprattutto la possibilità individuale di scegliere quali capacità perseguire.

Capacità nello spazio — Da un punto di vista operativo, la teoria delle capacità ha avuto

una forte influenza sugli orientamenti del welfare attuale e per alcuni quest’ottica può fornire degli spunti per riscrivere strumenti e politiche nuovi mediante cui il welfare può arrivare ai cittadini, facendo fronte a ridotte disponibilità econom-iche, complesse situazioni sociali, crescente differenziazione culturale, attraverso la

prefigurazione di nuovi servizi sociali14 attraverso operazioni di “modernizzazione”

della concezione tradizionale di Stato Sociale (Picketty, 2014, pp. 729-769). Ancora, l’approccio qualitativo delle capacità costituisce la base teorica su cui è impostato il Programme of Human Development delle Nazioni Unite e dei suoi report, pubblicati

12 Il lavoro della Urban Task Force, pubblicato nel 1999 nel white paper “Towards an Urban Reinassance” (Rogers, 1999), viene commissionato dal governo inglese ad un gruppo di lavoro coordinato da Richard Rogers. L’intento è stato quello di elaborare una “visione” teorica e tecnica per il miglioramento delle città del Regno Unito da un punto di vista sia fisico sia sociale, adattandole alle (allora) nuove condizioni ambientali, sociali e culturali, creando degli ambienti urbani più compatti (“compact”), eterogenei (“diverse”) e inter-connessi (“connected”).

13 “The purpose of global development, like the purpose of a good domestic national policy, is to enable people to live full and creative lives, developing their potential and fashioning a meaningful existence commensurate with their equal human dignity. In other words, the real purpose of development is human development” (Nussbaum, 2011, p. 185). 14 si veda: Manifesto per un welfare del XXI secolo, Rivista per le Politiche Sociali, 2011. Janne Saario, Mikropolis Park,

Helsinki, 2004-2006. Helsinki, ottobre 2016.

ogni anno dal 199015, agenzia che appunto interpreta lo sviluppo dei Paesi membri in termini qualitativi e complessi. Nussbaum all’apertura del suo testo sulle capacità, pubblicato vent’anni dopo l’avvio del programma, cita un estratto dal report del 1990:

“The real wealth of a nation is its people. And the purpose of development is to create an enabling environment for people to enjoy long, healthy and creative life” (Nussbaum, 2011, p. 1).

Questa affermazione è importante ai fini della presente ricerca in quanto sposta l’attenzione da condizioni materiali (intese come risorse finanziarie) e immate-riali (quali il sistema di valori e di opportunità) alle condizioni ambientali, su cui evidentemente l’urbanistica e il progetto urbanistico possono concretamente lavorare. Amin e Thrift mettono in luce come da un punto di vista politico la garanzia di eque capacità a tutti i cittadini pone la questione di quali politiche sociali proporre e di come trovare i finanziamenti per farlo. Da un punto di vista spaziale e ambientale invece, sono le città ad avere un ruolo fondamentale per la costruzione delle capacità, per diminuire le disuguaglianze e permettere un migliore benessere individuale:

“Cities bustle with learning in schools and college, but also universities

15 Gli Human Development Reports sono disponibili online sul sito delle Nazioni Unite: http://hdr.undp.org/en, ultimo accesso 22.01.2017. Nel documento del 1990, vengono indi-cate alcune “capabilities” considerate chiave per misurare l’indice di “human development” degli stati membri. In particolare, queste sono: aspettativa di vita, livello di educazione, reddi-to individuale. (United Nations Development Programme, (1990), Human Development Report

1990, Oxford University Press, New York, online: http://hdr.undp.org/sites/default/files/

reports/219/hdr_1990_en_complete_nostats.pdf Gli spazi delle scuole si aprono

a molteplici usi collettivi, in cui coinvolgere la comunità locale. > Behnisch & Partners, Vocational

of the third age, night schools, libraries, extramural courses and so on. Indeed a central aspect of cities is that they provide the infrastructure for these activities” (Amin&Thrift, 2002, pp. 143-146).

E, concludono gli autori, sono proprio questi spazi che permettono di realizzare concretamente le politiche per la promozione e il sostegno delle capacità nonché di un governo pienamente democratico.

Benessere e abitabilità — Tuttavia, è pur vero che la mera “quantità” di strutture,

infrastrutture e attrezzature a supporto del benessere urbano non è sufficiente a garantire un “ben stare” in città. Osservando infatti molte città europee, si nota come “nonostante la quantità e la qualità di infrastrutture e servizi, di spazi e strut-ture pubbliche, spesso la vita quotidiana in città è insalubre, faticosa, generatrice di stress”, nonché difficile per situazioni più o meno gravi di “scarsità” e “carenza”. Infatti, “la qualità della città […] non è fatta solo dalle dotazioni - infrastrutture e servizi - presenti su un territorio e dalla qualità dei progetti e degli ‘oggetti’ local-izzati sul territorio ma anche − e soprattutto − dalle relazioni istituite fra la città materiale e chi vive la città, abitanti e utilizzatori” (Bellaviti, 2008). Oggi, non si può non notare come la frammentazione dei profili di utenza, dovuta a fenomeni sociali imprevedibili e rapidi (crisi economiche, territoriali, ambientali, ecologiche e geo-politiche), moltiplichi i bisogni. Lo “stare bene in città” si è fatto più complicato per nuovi profili di utenza prima sconosciuti, che hanno ridotta capacità di accesso a servizi e dotazioni urbane. Problemi come l’invecchiamento della popolazione; flussi migratori prima impensabili; nuove popolazioni residenti; la precarietà lavorativa dei giovani; instabilità familiari richiedono un aggiornamento non banale e di volta in volta critico di schemi assistenziali e tipologie progettuali tradizionali.

È necessario intervenire sulla città esistente attraverso un intervento di ri-qual-ificazione che deve assumere come principio guida “l’abitabilità”, che definisce e supporta un buon rapporto tra spazio e società. Gabellini ricorda come “progettare nella prospettiva dell’abitabilità” rompe la “consuetudine tecnica” dell’urbanistica rispetto a due direzioni: il poter assumere come spazi dell’abitare tutta la città e non solo gli spazi della residenza, recuperando una dimensione quotidiana, confortevole, in tutti gli spazi urbani; e poter lavorare sulle “specificità delle pratiche sociali che si esplicano nell’uso di spazi differenti” (Gabellini, 2010, p.26). Dato che l’urbanistica

La riprogettazione di spazi semi-pubblici (playground, orti, lavanderie, spazi per associazioni) e delle attrezzature collettive (nursery, scuole, micro-servizi, ...) nei luoghi della residenza permette di migliorare l'abitabilità degli spazi del quotidiano.

Sargfabrick, Vienna (foto:

Sargfabrick) > Gehl Architects, Strategia per

la riqualificazione del quartiere di Rosengård, Malmö, Svezia,

commissionato da Malmö Social Housing Authority, 2009-2011. (foto: Gehl Architects)

“può fare molto, ma non da sola” (Ibid.), il principio dell’abitabilità deve ispirare contemporaneamente politiche e progetti che lavorano insieme sulle componenti ambientali, architettoniche e relazionali di un luogo. Nell’ottica della presente ricerca, queste definizioni sollecitano un ripensamento dei tipi di spazi tradizional-mente destinati alla traduzione delle politiche del welfare: oltre e al di là delle attrez-zature pubbliche.