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Dalla città all'area metropolitana

4.4 Welfare state e forma territoriale

Nei paragrafi precedenti si è visto come la costruzione urbanistica della città di Helsinki sia debitrice delle figure sperimentate dalla disciplina nella prima metà del Novecento e che, come abbiamo visto, sono servite in molti casi per misurare, quan-tificare e gestire l’espansione della città moderna. Tuttavia, va sottolineato meglio tra politiche di welfare state e progetto per la città, che in particolare nei Paesi nordici sono due fenomeni che che si sviluppano assieme e di cui il secondo è espressione del primo (Hilson, 2008). Gli orientamenti delle politiche di welfare state possono quindi avere un riflesso diretto sull’organizzazione della città e sulla costruzione (o ricos-truzione) degli spazi per l’abitare. Tom Nielsen, in occasione della mostra New Nordic.

Architecture&Identity (Louisiana Museum di Copenhagen, 2012), ha efficacemente

detto che il progetto delle attrezzature e degli spazi pubblici nei Paesi nordici non era teso a dimostrare una forza politica quanto piuttosto a dare ai cittadini i mezzi fisici per essere liberi e con pari opportunità:

“The urban spaces of the welfare city were seen as necessary for realizing the democratic vision of the welfare state but played no direct role as spaces for political expression. The project was about creating a frame-work for the activity of free and equal people” (Nielsen, 2012).

Oggi, l’evoluzione e la trasformazione del quadro nazionale pone in Finlandia delle domande in merito alla distribuzione degli insediamenti a livello territoriale e dell’attrezzatura degli spazi della città.

Suburbs — Come già stato accennato sopra, in Scandinavia, alla fine della seconda

guerra mondiale, l’idea della “città giardino” (Howard, 1898) sembra essere

parti-17 “In Finnish usage the term ‘neighbourhood unit’ or ‘housing development’ (fi. lähiö) came to mean a housing area built apart from the rest of the city, and dependent upon the city, its jobs and mass transport. It acquired a different meaning than Clarence Perry’s or Patrick Abercrombie’s ‘neighborhood unit’.” (Hurme, op. cit., p. 182)

colarmente adatta per conciliare la ricerca di efficienza urbana e di equilibrio sociale promossa dalle politiche di welfare state con il desiderio condiviso di vivere a contatto con la natura caratteristico dei popoli nordici. La costruzione dei quartieri per l’espansione diventa l’espressione fisica della volontà di miglioramento della società, non solo in Finlandia, ma anche in Svezia e Danimarca: “The legacy of the modern suburb is closely related to the building of the modern Danish Welfare State” (Nielsen, 2013, pp.96-102). Nel secondo dopoguerra, la ricerca di concretizzazione del welfare state in termini urbanistici si esprime nei piani come ricerca di equilibrio territoriale, cercando di distribuire equamente buone condizioni di vita, accessibili a tutti:

“After the Second World War, welfare urbanism strived to establish equal access to public institutions and welfare as well as equal distribution of economic growth […]. Territorial equity, in the sense of equal living conditions evrywhere, was both the aim and the norm for urban planning and design [in Danemark]” (Tietjen, 2011, p. 37).

Tra le immagini più forti che guidano la ricerca per l’organizzazione di nuove parti di città è, come visto, la “garden city” howardiana che, con un modello di equilibrio territoriale come quello “dei tre magneti” permette infatti di bilanciare le pressioni della produzione urbana con la vivibilità della vita suburbana, tanto più desiderata in Paesi tradizionalmente caratterizzati da una concentrazione abitativa trascurabile. Esempi noti come i piani per il quartiere Välligby a Stoccolma, o la “garden city” di Tapiola a Helsinki dimostrano la “nordicizzazione” del modello inglese. I nuclei di espansione combinano l’offerta di servizi propria della “welfare city”, organizzati spesso in un “service core” facilmente raggiungibile, a degli spazi di prossimità della residenza da usare in maniera condivisa, che lasciano entrare “la foresta in città” (Executive Committee of Finland-Japan, 1997), mentre gli spazi della residenza interpretano le lezioni tipologiche del Movimento Moderno, dalla “città parco” di Le Corbusier alla “città foresta” di Alvar Aalto (Secchi, 2005, p. 84).

L’attenzione nei confronti di azioni concrete sulla fisicità della città ha ovviamente

Dipartimento di Pianificazione di Helsinki, Piano Regolatore Generale, 1960. Carta della rete degli spazi aperti (“greenbelts”) e degli attrattori urbani

subito una trasformazione negli ultimi sessant’anni ma di certo non una diminuz-ione di intensità, mentre oggi il patrimonio modernista e welfarista delle attrezza-ture ad uso pubblico nel dopoguerra finlandese deve essere rivisto per adattarsi ad una diversa domanda che la società pone all’abitare e alle pratiche nel quotidiano. Progetti recenti, sia per nuove parti di città che per interventi sulla città esistente (vd. parte III), dimostrano il continuo impegno della scrittura “pubblica” della città a favore dei suoi cittadini, cercando di mantenere non solo un livello alto delle attrezzature tradizionalmente individuate ma anche un buon livello di permeabilità e raggiungibilità delle stesse attraverso il disegno dello spazio aperto di connessione. A Helsinki, così come in altre città finlandesi in espansione, i nuovi strumenti di pianificazione (vd. cap. 5) identificano nella densità abitativa uno strumento fonda-mentale sia per avere “massa critica” per una buona accessibilità e per un buon “effetto città” sia per evitare che un centro, trainante, possa essere circondato da aree eccessivamente residenziali e poco attrattive, a scapito di una buona abitabilità del quotidiano.

“A key challenge in city planning is to ensure that the city structure is dense enough to avoid large distances between different parts of the cities. Most large Finnish municipalities have an active, growing and vibrant city centre. They acknowledge the need to ‘expand inwards’ by having policy measures in place that support the construction of new buildings in the vicinity of the urban centres.” (Nordic Built Cities, 2015).

Policentrismo — La ricerca del benessere “individuale e collettivo” e la

democraticiz-zazione dello spazio in Finlandia hanno sviluppato le forme dei piani urbanistici in due direzioni. Da un lato, l’abitudine a ricercare un rapporto con la natura ha nutrito sogno di suburbanizzazione che si incarna nel decentramento informale (cottages) o pianificato, negli insediamenti che assicurano l’espansione dopo il 1945. Dall’altro, c’è il problema della densità per cui i piani spesso lavorano sugli “ingredienti” per creare un effetto-città, come nel caso dei piani più recenti per Helsinki o di Tampere, ma anche di città più piccole come Vaasa. Il tema del policentrismo, quindi, è ricor-rente in tutto il secolo scorso, attraverso evoluzioni e trasformazioni, da Saarinen, ai piani di espansione dei nuovi quartieri, ai “suburbs” ecologici degli anni ’90, fino poi alla struttura del nuovissimo piano regolatore per Helsinki (vd. par. 5.4 e schede relative), perché permette in un certo senso di coordinare le due direzioni sopra individuate.

D’altra parte, il tema della distribuzione ed equità a livello territoriale è stato letto come una delle politiche essenziali del welfare state: “State intervention has tradi-tionally been crucial in forming the geographical basis for social equality in the Nordic welfare states” (Moisio e Leppanen, 2007, p. 64). In sostanza, dagli anni ’30 lo Stato ha supportato, attraverso politiche e incentivi, una distribuzione equa di abitanti, siti produttivi, infrastrutture e servizi nel territorio nazionale, con una struttura decentrata e multipolare. Negli ultimi vent’anni invece la Finlandia ha assistito ad un progressivo passaggio da questa visione territoriale “keynesiana” e policentrica verso una concezione più neo-liberale, globalizzata in cui la competi-tività territoriale è basata su valori legati al mercato e in cui lo stato assume un ruolo più marginale (ivi, p. 64-65).

Oggi infatti, si legge una tendenza alla concentrazione territoriale delle strutture di servizi, che tendono ad essere aggregati in grandi attrezzature di scala regionale. Questo atteggiamento è stato recentemente incentivato anche dalla riforma per i servizi di welfare del governo Sipilä, che, come visto nel cap. 3, è tesa ad un risparmio dell’investimento statale per l’assistenza. Quindi se da un lato oggi nuove forme di assistenza cercano di proporre un modello di assistenziale multiforme e policentrico, che meglio risponde al moltiplicarsi dei bisogni sociali, dall’altro la

competitività regionale ed internazionale preferisce un modello basato territoriale sull’accentramento sul potenziamento di centri multi-funzionali. Tali aspetti sono stati discussi con Juulia Kauste, del Museum of Finnish Architecture di Helsinki, intervistata per il presente lavoro. Mentre Helsinki lavora su politiche territoriali che attireranno nuovi residenti nei prossimi anni, cosa succede nel resto della Finlandia? Non solo molte città rimangono ancorate a modelli insediativi basati sulla dispersione e sulla bassa densità, ma anche emerge un forte problema legato all’abbandono. Si sta creando una Finlandia a doppia velocità, dove alcuni grandi centri attrattivi si alternano ad amplissime porzioni di territorio in contrazione, dove lo spopolamento mette a rischio l’esistenza delle popolazioni locali (Kauste, intervista, 2016). Una politica statale che propone la dismissione dei servizi locali a favore del potenzia-mento di centri regionali più forti mette quindi a rischio le popolazioni già geogra-ficamente più periferiche e meno “servite” di quelle dell’area della capitale. E tale tendenza mette in discussione i principi del modello nordico di distribuzione terri-toriale equa e bilanciata.

“A new chapter has opened in the evolution of Finnish cities. Some have turned into regional growth centres, attracting business, jobs and new residents. In these, there is a lot of construction going on and the city develops. Others, by contrast, are declining, retiring and even being deserted in places. Finland no longer develops as a whole” (Mukala, 2016, p. 6.).

Diseguaglianze territoriali — Tale lettura mostra come in Finlandia, nonostante gli

sforzi ridistribuiti del welfare state a livello spaziale, le condizioni attuali pongano nuove sfide rispetto alla questione dell’equità territoriale che vanno lette non tanto a livello locale, metropolitano, quanto a livello nazionale. Questa situazione è il risul-tato del passaggio da quello che era lo sviluppo territoriale sostenuto dalle politiche di welfare state nella “golden age” finlandese, in cui la costruzione di una rete di centri bilanciata a livello nazionale e il sostegno dei piccoli centri erano supportati e coordinati dallo Stato, verso una concezione più neo-liberale / globalizzata in cui la competitività territoriale è basata su valori legati al mercato e in cui lo stato assume un ruolo più marginale (Moisio e Leppänen, 2007). La questione di come questa Finlandia a “doppia velocità” si evolverà è ancora aperta. Se crolla la densità (a livello statale) perché lo stato non sostiene più l’economia dei centri piccoli, cosa succede? Se non c’è più la volontà di sostenere i servizi nella periferia poco popolata del Paese, inizieranno a crearsi squilibri enormi. Come si potrà a quel punto garantire quell’equità di servizi e quell’equità di attrezzature che era stata alla base del Nordic model? Discuto anche questo aspetto con Kauste, che esprime come questo acuisca questo processo di diversificazione territoriale:

“The new austerity reforms are significantly changing the structure of how the care for wellbeing is being offered. It is a regional question, so it’s not just a local question at the scale of the single building, but it’s a broader regional question of how we manage this reality of the low density. How to maintain this idea of equality and manage it while we don’t have the same density everywhere? The regions, local densities and structural backgrounds are not the same everywhere in Finland; so the ideal target that each of us gets the same is even more complicated in real terms.” (Kauste, intervista, 2016).