SISTEMA PREVENTIVO E SITUAZIONI DI DISAGIO:
2. Criteri e percorsi per l’intervento educativo con la famiglia
Il punto di partenza dell’intervento educativo con e per le famiglie è l’accoglienza e l’accettazione della loro situazione con comprensione e realismo, evitando «modelli stereotipati e pregiudiziali che oscurano l’unicità della famiglia, che spesso è vista solo come portatrice di ca-renze e di problemi».8 Si dovrebbe quindi partire dall’identificare la situazione della famiglia, focalizzandone dinamiche interne, problemi e risorse.9 In questo caso, gli educatori e le educatrici sono chiama-ti a collaborare in sinergia coinvolgendo tutchiama-ti gli attori del processo educativo con ferma speranza che le situazioni possono sempre essere migliorate.10
5 Per famiglie “disfunzionali” si intendono quelle che non possono contare su di un ambiente favorevole al pieno sviluppo dei suoi componenti.
6 Cf seMinario di verifica deL Processo, in aPge/Famiglia-Scheda 2/Dossier Roma.
7 Cf id., in aPge/Sintesi dei contenuti/Dossier Roma 3.
8 PoLLo, Note intorno ai progetti, in aPge/Interventi/Dossier Roma 9.
9 Cf aMBito PastoraLe giovaniLe, Amore e progettualità 55.
10 Cf seMinariodi verificadeL Processo, in aPge/Sintesi dei contenuti/Dossier Roma 3.
Un’esperienza significativa a questo riguardo è quella vissuta dall’é-quipe degli educatori della Casa Mamá Margarita di Medellín (Colom-bia). Essi realizzano un lavoro paziente e continuo che, attraverso un itinerario graduale, permette ai soggetti di ritrovare o ristabilire i propri vincoli familiari. Il processo comincia col prendere i primi contatti con l’ambiente familiare delle bambine/i ospiti della casa-famiglia, in segui-to, si tesse pazientemente un lavoro educativo che punta a trasformare gradualmente le relazioni familiari per giungere, dove è possibile, ad ottenere il reinserimento nella famiglia di origine. La finalità dell’istitu-zione, infatti, non è quella di allontanare definitivamente le bambine/i dalle loro famiglie, bensì quella di stimolarne lo sviluppo personale po-nendo la massima attenzione a non lasciare ai margini del processo le persone significative che hanno inciso, anche se non sempre in forma educativa, sulla loro crescita. Tra queste, evidentemente, la famiglia ha una rilevanza fondamentale.11
La famiglia quindi deve essere sempre coinvolta e valorizzata, anche se fragile e bisognosa di supporto, perché ogni bambino ha “diritto”
alla sua famiglia. È quindi importante rafforzare «la capacità di dia-logare con essa in modo aperto e collaborativo, vincendo le eventuali resistenze dei suoi membri che spesso sono il frutto di meccanismi di difesa finalizzati a proteggerli da valutazioni negative, dall’insorgere di sensi di colpa, di impotenza e di inadeguatezza».12
Condizione previa a tale percorso, come si è già affermato, è quella di poter identificare con chiarezza la situazione di ogni famiglia, cono-scerne, per quanto è possibile, le dinamiche interne, i problemi e valu-tarne le risorse. Per fare questo è importante raccogliere le informazio-ni che il bambino o la bambina è in grado di offrire, ascoltare gli adulti presenti nella cerchia familiare e i servizi sociali del territorio. Con-temporaneamente, è necessario «favorire nei soggetti la valorizzazione realistica delle figure genitoriali, che spesso subiscono idealizzazioni o iper-svalutazioni che non aiutano una sana elaborazione del proprio vissuto familiare e della propria storia».13 Ciò comporta un notevole impegno dal punto di vista organizzativo, interdisciplinare e formativo in quanto l’azione educativa rivolta alle famiglie richiede una costante
11 Cf id., in aPge/Famiglia-Scheda 1/Dossier Roma.
12 PoLLo, Note intorno ai progetti, in aPge/Interventi/Dossier Roma 8.
13 seMinariodi verificadeL Processo, in aPge/Famiglia-Risposte questionario/
Dossier Roma.
capacità di discernere le reali possibilità che questa possiede per poter accogliere, tutelare e curare il bambino, la bambina, il ragazzo o la ra-gazza momento per momento. Il lavoro in quest’ambito è complesso e si presenta come una costante sfida che condiziona fortemente il recu-pero della persona in crescita.14
La relazione con la famiglia è particolarmente delicata quando bambine/i, adolescenti, giovani sono stati vittime di abuso sessuale. Il loro percorso educativo di recupero, specie a livello psicologico-affet-tivo-relazionale, risulta più delicato e deve, comunque, coinvolgere le famiglie in modo adeguato anche se sotto il monitoraggio e la guida di uno o più esperti.
Il reinserimento familiare è una delle sfide più grandi che gli educa-tori e le educatrici si trovano ad affrontare. Esso va attuato solo nel caso in cui l’ambiente familiare sia favorevole e non ponga più rischi per la persona in crescita, altrimenti si deve prevedere un’alternativa come la home placement o le famiglie affidatarie. Ora, non sempre la comunità educante è preparata a gestire la conflittualità e la problematicità delle relazioni che coinvolgono la persona in crescita, il tribunale, i servizi sociali, la famiglia d’origine e quella affidataria.15 Tuttavia, alcune espe-rienze in atto confermano che, quando si lavora sulle cause della man-cata protezione familiare, la reintegrazione familiare diventa possibile.
Quando invece non è possibile fare questo tipo di lavoro, sono previste esperienze di accoglienza nella cerchia ampia della parentela. Altri, se di età inferiore, vengono preparati ad essere adottati. Con alcuni non è possibile realizzare nessuna di queste esperienze; allora si promuove un itinerario educativo che utilizza prevalentemente gli strumenti del dialogo e della comprensione.16
Alcuni progetti attuano un vero e proprio percorso formativo con le famiglie affidatarie; ciò comporta la concertazione di criteri educativi, di modalità d’intervento e di eventuali sanzioni nei confronti dei bam-bini e dei ragazzi quando esse si rendano necessarie.17 Con le famiglie
14 Cf ceLats (Centro Latinoamericano de Trabajo Social), Capacitación a educadores de niños de la calle. Modulo IV. Técnicas y estrategias para el proceso de trabajo con niños y niñas de la calle, Curso de Educación a distancia, Lima - Perù, 153-186.
15 Cf seMinariodi verificadeL Processo, in aPge/Famiglia-Risposte questionario/
Dossier Roma.
16 Cf id., in aPge/Famiglia-Scheda 2/Dossier Roma.
17 Cf Casa-famiglia “Don Bosco”, Scheda informativa, Roma - Italia; Istituto A. Cerru-ti “Villa Russiz” - Capriva del Friuli - Italia, in aPge/Europa/Progetti.
si dovrebbe anche giungere a costruire una “rete” che favorisca il con-fronto e la formazione in itinere, realtà che permette anche di rendersi visibili di fronte alla comunità civile. Tuttavia, il ruolo, la formazione e le modalità di coinvolgimento in rete di queste famiglie sono aspetti che richiedono ancora di essere approfonditi per giungere a creare una vera e propria comunità di famiglie “amiche” e/o di “appoggio” e/o
“affidatarie”.18
Durante il seminario di verifica si è affermato che la famiglia attiva la rete nel senso che, «se già il lavoro sulla giovane in carico richiede una costante collaborazione con i Servizi che le ruotano intorno (Ser-vizio sociale, Tribunale dei Minori, Scuola, Assistenza sanitaria o altro presidio medico), a maggior ragione anche la famiglia chiama in causa il lavoro in rete».19 Un progetto educativo a favore della famiglia richie-de perciò di richie-definire gli obiettivi perseguibili, le azioni e i soggetti che intervengono. E affinché ciascuna agenzia non rimanga isolata nel suo iter formativo, è necessario favorire un dialogo continuo tra gli atto-ri dell’intervento educativo. Il coordinamento e l’accordo tra i servizi, dunque, permetteranno un lavoro di valutazione rispetto al recupero della famiglia attraverso un’analisi attenta dei fattori di rischio e di abu-so, delle risorse e delle risposte ai tentativi di cambiamento.
Nel corso del processo su Sistema preventivo e situazioni di disagio è notevolmente cresciuta nelle FMA la consapevolezza dell’importanza di risvegliare la coscienza della comunità civile perché si possano attua-re politiche di sostegno della famiglia che le permettano di svolgeattua-re il ruolo sociale che le è proprio.
Nei seminari continentali e nelle risposte al questionario previo al seminario di verifica è inoltre emersa l’esigenza di sostenere la famiglia dal punto di vista economico. Si tratta in alcuni Paesi, come l’America Latina, di privilegiare la formazione delle madri all’autonomia
econo-18 Afferma Lola Cendales: «Non si tratta di lavorare con tutte le famiglie di un rio-ne o una zona, strategia che non solo supera le possibilità e che è responsabilità dello Stato, quanto di sviluppare delle attività su diversi fronti: quello della formazione ai valori, all’affettività e al lavoro. Infatti, tutto quello che si riesce a fare con la famiglia implica risparmio significativo di denaro e di tempo per ciò che riguarda l’attenzione alle bambine» (cendaLes Lola, Prospettiva di lavoro con bambine adolescenti e giovani in situazione di rischio, a partire dalla ricerca realizzata in tre Paesi dell’America Latina, in aPge/Interventi/Dossier Roma 10).
19 seMinariodi verificadeL Processo, in aPge/Famiglia-Risposte questionario/
Dossier Roma.
mica e di stabilire accordi di collaborazione tra i genitori e l’Istituzio-ne.In altri, come ad esempio l’Asia, si tratta di potenziare le famiglie attraverso progetti di microimprenditorialità e microcredito. A que-sto riguardo sono illuminanti le considerazioni offerte dalla dottoressa Lola Cendales durante il seminario di verifica del processo: «Si dovreb-be anche pensare con maggior serietà al rapporto delle opere con il tipo di attività economica realizzata per le famiglie. Questo lavoro non deve essere considerato marginale o complementare all’azione educa-tiva. Infatti, la promozione della capacità di autonomia della famiglia è uno dei fattori che determinano spesso il suo riscatto. Al riguardo c’è ancora scarsa esperienza; tuttavia, da essa si può trarre la lezione che è necessario orientare detta formazione più nella linea di ottimizzare e qualificare il lavoro che mamme e papà già stanno svolgendo che non nella ricerca di nuovi mestieri. Esemplificando, non si tratta di conver-tire una venditrice di stoffa in una stilista, ma di qualificare il lavoro di vendere stoffa».20