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María del Carmen canaLes, consigliera generale per la Pastorale Gio-vanile (Roma, 17 maggio 2007)

In questa giornata siamo chiamate a condividere e riflettere sulle op-portunità che offriamo per assicurare la crescita integrale di bambine/i, adolescenti, giovani in situazioni di disagio. Tale confronto ci permet-terà di focalizzare la ricchezza di una metodologia – quella preventiva – che accompagna e fa crescere la vita.

In diversi contesti bambine/i, adolescenti e giovani sono vittime del-la violenza, dello sfruttamento, dell’abbandono e deldel-la povertà come denuncia il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa: «La situazio-ne di una larga parte dei bambini situazio-nel mondo è lungi dall’essere soddi-sfacente, per la mancanza di condizioni che favoriscono il loro sviluppo integrale, malgrado l’esistenza di uno specifico strumento giuridico in-ternazionale a tutela dei diritti del fanciullo, che impegna quasi tutti i membri della comunità internazionale».1

Di fronte a tale condizione c’è chi ancora oggi si domanda: dove ci dobbiamo situare? A chi dobbiamo dare risposta?

Per affrontare seriamente questi interrogativi è importante riprende-re l’intenzionalità educativa delle origini del carisma salesiano. Don Bo-sco offre educazione ai giovani “poveri e abbandonati”, alla “gioventù povera e derelitta”, cerca nelle strade di Torino “i giovanetti più poveri e abbandonati”, raduna “i fanciulli più bisognosi e pericolanti”.2

1 Pontifico consigLiodeLLa giustiziaedeLLa Pace, Compendio n. 245.

2 Cf Braido, Prevenire non reprimere 188.

Maria Domenica Mazzarello, a Mornese, con la ricchezza della sua femminilità coinvolge le giovani e insegna nel piccolo laboratorio ad affrontare la vita con dignità.3

La domanda, perciò, non è tanto come applicare o adeguare il Si-stema preventivo a bambine/i, adolescenti, giovani in difficoltà, poiché esso è nato propriamente per loro, ma come attualizzarlo cercando le strategie migliori per rispondere alla loro domanda di educazione den-tro le sfide della globalizzazione.

Come rilanciare quindi la preventività in una società sempre più vio-lenta? Oggi non sono solo i giovani ad essere violenti, lo sono sempre di più gli adolescenti, i preadolescenti, persino i bambini.

Quali ragioni la provocano? La società con i suoi meccanismi? Gli adulti in genere? La situazione familiare? La crisi degli ambienti educa-tivi? La strada? I mezzi della comunicazione sociale? Forse un po’ tutte queste realtà. Per questo, come educatrici ci rendiamo conto che è la società nel suo insieme ad aver bisogno di essere rigenerata. Ripartire dalla rigenerazione delle giovani generazioni è garantire la crescita e il futuro della società; questa consapevolezza sostiene la perseveranza nell’impegno dell’educazione.

Le gioie, le speranze e le angosce dei giovani con cui viviamo ci orientano continuamente a riandare alle origini, a fare riferimento all’amore che mosse don Bosco e Maria Domenica a rispondere ai biso-gni educativi, alle aspirazioni dei ragazzi e delle ragazze più poveri.

1. Un metodo per la vita dei giovani

Chi con sollecitudine sa ritornare alle origini e si lascia illuminare dalla ricchezza del carisma si rinforza nella convinzione che il Sistema preventivo, «nostra specifica spiritualità e metodo di azione pastorale»,4 ha in sé risorse tali che permettono non solo di dare risposte efficaci alle attese e alle povertà dei giovani, ma anche di renderli soggetti attivi, protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale.

Oggi si parla molto di educazione preventiva: essa è utilizzata come metodologia di lavoro sia nelle istituzioni pubbliche che in quelle pri-vate.

3 Cf Maccono ferdinando, Santa Maria Domenica Mazzarello, Confondatrice e pri-ma Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice 1° vol., Torino, Istituto FMA 1960, 92-99.

4 Costituzioni FMA art. 7.

Don Bosco era considerato dai suoi contemporanei come un edu-catore geniale. L’ammirazione era anche motivata dalla facilità che egli possedeva nel realizzare le sue intuizioni.

Giovanni Paolo II nella lettera Iuvenum patris afferma: «La parola

‘preventivo’, che egli usa, va presa più che nella sua accezione lingui-stica, nella ricchezza delle caratteristiche tipiche dell’arte educativa del santo. Va innanzitutto ricordata la volontà di prevenire il sorgere di esperienze negative, che potrebbero compromettere le energie del gio-vane oppure obbligarlo a lunghi e penosi sforzi di ricupero. Ma nel ter-mine ci sono anche, vissute con peculiare intensità, profonde intuizioni, precise opzioni e criteri metodologici quali: l’arte di educare in positivo, proponendo il bene in esperienze adeguate e coinvolgenti […], l’arte di far crescere i giovani dall’interno, facendo leva sulla libertà interiore, contrastando i condizionamenti e i formalismi; l’arte di conquistare il cuore dei giovani per invogliarli con gioia e con soddisfazione verso il bene, correggendo deviazioni e preparandoli al domani attraverso una solida formazione del carattere».5

Se ci domandiamo qual è il punto di partenza del metodo educativo salesiano possiamo rispondere senza dubbio che comincia con il dono della predilezione per la gioventù povera e abbandonata. Senza questo dono non si comprende e non si realizza il Sistema preventivo.

I criteri educativi sono radicati nella persona stessa di don Bosco, così impastata di carità amorevole e sollecita, così capace di aprire effi-caci canali comunicativi, di suscitare affetto e disponibilità nei confron-ti dei giovani.

Egli, tuttavia, era consapevole di essere solo il punto d’inizio di qualcosa di più grande: «Voi porterete a termine l’opera che io inizio:

io abbozzo, voi stenderete i colori. Adesso è solo in germe».6

Il suo è un vero e proprio sistema aperto, capace di radicarsi nei diversi contesti e di restituire vita e dignità a coloro che vivono mal-trattamento fisico e/o morale, violenza, sfruttamento sessuale, lavoro minorile con la convinzione che in ogni giovane, per quanto emargi-nato o deviato, ci sono energie di bene che, opportunamente stimola-te, possono venire alla luce, essere potenziate e crescere attraverso un cammino di maturazione costante. La povertà è carenza, rende

diffici-5 giovanni PaoLo ii, Iuvenum Patris n. 8.

6 ceria eugenio, Memorie Biografiche del Beato Giovanni Bosco XI, Torino, Società Editrice Internazionale 1930, 309.

le l’accesso alla vita sociale. Per questo don Bosco e Maria Domenica Mazzarello hanno orientato i loro cuori ai giovani e alle giovani toccati dalla povertà. Oggi il non poter accedere alla vita sociale ha un nome:

esclusione. Essere escluso socialmente suppone di non poter accedere all’educazione, alla cultura, al lavoro, ad una casa dignitosa, all’eserci-zio della cittadinanza.

2. Una metodologia che interpella l’educatrice e l’educatore

Il messaggio che ci lascia l’esperienza educativa dei Fondatori è il profondo amore per la gioventù. Don Bosco e Maria Domenica Maz-zarello invitano a vivere in mezzo ai giovani, a porre attenzione al loro esserci, a rispettarli, ad accoglierli come figli di Dio, a trovare tempo per un’attenzione, una tenerezza, a comprenderli nei loro modi di esse-re e di agiesse-re, nelle loro aspirazioni e nei loro sentimenti, nei loro affetti e nei loro gusti.

Sappiamo bene che per i nostri Fondatori educare è una missione, una questione di amore. Chi non ama abbastanza i giovani non può aiutarli a crescere e a divenire uomini e donne liberi e responsabili.

Quella che don Bosco definiva ‘la difficile arte della giovanile educa-zione’ è una scommessa che interpella gli adulti in quanto educatori.

L’efficacia del Sistema preventivo, ieri come oggi, risiede nella capacità degli educatori di tenere sempre presente l’intenzionalità e la finali-tà educativa, vale a dire, la crescita integrale dei giovani. Per questo vorrei ora soffermarmi sull’importanza di stare con e tra le/i giovani, di accompagnarli amorevolmente nella crescita e di coinvolgerli nel processo educativo.

– Stare con e tra le/i giovani perché siano riconosciuti e accolti con il loro modo di essere, le loro aspirazioni. Stare con i giovani creando un ambiente di accoglienza cordiale e di interesse per la vita di ciascuno.

L’accoglienza dell’adulto aiuta la persona in crescita a capire la sua condizione, le inquietudini e i desideri, il senso del vivere.

Si tratta di mettersi in sintonia con le/i giovani, perché vedano e sentano che “si è per loro”. Stare con e tra i giovani come un amico/a che non solo si preoccupa di loro ma è capace di donare in pienezza la propria vita per la loro crescita.

Nelle pagine delle Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales scorgiamo in don Bosco un educatore che dà tutto se stesso. Egli