la dimensione metodologica del Sistema preventivo non può essere se-parata da quella antropologica e teleologica. Afferma ancora Braido:
«La peculiarità del processo educativo comporta l’indissolubile nesso tra i fini e i contenuti, da una parte, i metodi e i mezzi, dall’altra. Si ha attività propriamente educativa solo quando il termine al quale si approda, l’educazione realizzata costitutiva della personalità compiuta dell’educando, è presente fin dall’inizio nelle intenzioni dell’educato-re (persone e comunità) e nella qualità dei mezzi e dei metodi usati per raggiungerlo. La comunicazione educativa è insieme metodologia e contenuto. Il mezzo diventa messaggio, contenuto, valore; stili e forme degli educatori e delle istituzioni diventano stili e forme di vita dei
gio-16 L. cit.
17 Braido, La prassi di Don Bosco e il Sistema preventivo. L’orizzonte storico, in Mar
-tineLLi antonio - cheruBin giuseppe (a cura di), Il Sistema preventivo verso il terzo millennio, Roma, LAS 1995, 119.
18 Cf istituto fMa, Perché abbiano vita n. 43.
vani. Ragione, religione, amorevolezza permeano, insieme, dinamica-mente intenzioni, fini, obiettivi, contenuti e programmi, mezzi e metodi.
Esse esprimono quindi le dimensioni fondamentali di quell’umanesimo pedagogico tendenzialmente integrale che don Bosco persegue e che il giovane assimila».19
È a partire da questa acquisizione che la ragione, la religione e l’amorevolezza cessano di essere identificati tout court come elementi di metodo per essere considerati dimensioni costitutive della persona dotata di ragione, affettività, apertura alla trascendenza e orientata al potenziamento e alla crescita di tali aspetti secondo una visione antro-pologica integrale.20
Queste coordinate, così concepite, sono riespresse nelle Linee orien-tative della missione educativa attraverso l’utilizzo di quattro prospet-tive pedagogiche di riferimento: culturale, evangelizzatrice, sociale, comunicativa. Esse costituiscono quel punto di sintesi del Sistema pre-ventivo in grado di offrire l’orizzonte generale nel quale le comunità educanti possono ritrovarsi e da cui devono partire per elaborare il loro progetto. Si tratta di percorsi di umanizzazione che, in modo sistemico, pongono al centro i destinatari protagonisti del processo, interpellano e provocano la comunità educante, ispirano la formulazione del pro-getto educativo e orientano alla sua attuazione, offrono le prospettive pedagogiche e culturali per mettersi in dialogo con le altre istituzioni e presentarsi con una proposta qualificata e precisa nel territorio in cui si opera.
In particolare, la dimensione metodologica della ragione, espressa nella prospettiva culturale, orienta all’elaborazione di categorie concet-tuali che consentano di interpretare e dare significato alla realtà in ordi-ne alla promozioordi-ne di una cultura della vita. Nello stesso tempo questa permette agli educatori ed educatrici di affinare la loro intuizione nella scoperta dei bisogni profondi delle/dei giovani e delle loro domande in modo da risvegliare il loro consenso e rispondere maturando nella ricerca della verità e del pensiero critico.21
Per bambine/i, adolescenti e giovani in situazione di disagio la prospettiva si declina in un itinerario educativo che orienta alla
cono-19 Braido, La prassi di don Bosco, in MartineLLi - cheruBin (a cura di), Il Sistema preventivo 137.
20 Cf istituto fMa, Perché abbiano vita n. 31.
21 Cf ivi n. 44.
scenza e al rispetto di se stessi, allo sviluppo dell’autonomia personale e del senso critico, all’acquisizione della capacità di scelta di fronte alla propria storia, assumendosi gradualmente le proprie responsa-bilità.22
La prospettiva evangelizzatrice si configura come azione ed “annun-cio esplicito” del Vangelo che apre le giovani generazioni all’esperienza dell’amore di Cristo perché possano giungere gradualmente a cono-scerlo come il senso della vita. La religione per don Bosco è anzitutto via alla felicità, per questo la proposta di fede si esprime soprattutto come opportunità per far nascere o maturare la domanda sul senso dell’esistenza e per giungere a scoprire il proprio progetto di vita.23
Nella prospettiva sociale e comunicativa confluiscono i diversi per-corsi educativi realizzati attraverso le relazioni interpersonali. Nel cri-terio metodologico dell’amorevolezza, termine che assume molteplici e pregnanti significati, è sintetizzato il percorso che favorisce la matu-razione delle giovani e dei giovani come cittadini responsabili. Infatti, attraverso relazioni educative ricche di amorevolezza, mediate da edu-catrici ed educatori che conoscono l’arte del prendersi cura, si contri-buisce alla crescita dei giovani e se ne favorisce l’apertura all’amore solidale.24 La scelta di metodo che qualifica tale processo è quella della educomunicazione.25
A livello di comunità educanti si riconosce il lavoro in rete come la modalità più adatta ed utile ad incidere nelle situazioni sociali perché permette il coordinamento delle forze, lo scambio dei valori e la ma-turazione della mentalità di comunione, il cambiamento della realtà,
22 Cf ivi n. 45.
23 Cf ivi nn. 47-48.
24 Cf ivi n. 50.
25 Cf ivi n. 55. L’educomunicazione è una teoria che sostiene l’interrelazione tra comunicazione ed educazione. Questa interrelazione viene intesa come un campo di dialogo tra le due discipline, uno spazio per la conoscenza critica e creativa, un luogo in cui vivere ed esprimere la cittadinanza e la solidarietà. È uno spazio interdisciplinare e transdisciplinare, un processo comunicativo ed educativo che si basa su nuove con-cezioni di soggetto, spazio, tempo; su una nuova costruzione del pensiero e dell’azione.
È l’insieme delle scelte, delle politiche e delle azioni che una comunità educante pia-nifica, pone in atto e, infine, verifica perché i processi progettati, le strategie scelte e le produzioni organizzate tendano a creare e rinforzare ecosistemi comunicativi in tutti gli ambienti, siano essi “in presenza” o “ virtuali” (cf equiPode coMunicación sociaL deLas hijasde María auxiLiadoraen aMérica, Propuesta de Educomunicación para la Familia Salesiana, Caracas, Publicaciones Monfort 2002, 39-41).
partendo dai ceti più svantaggiati, attraverso una maggiore visibilità e un più incisivo impatto sociale.26
5. la comunità educante: luogo della elaborazione vitale del Sistema