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Critica della teoria che considera già coperta dalla responsabilità

CAPITOLO III Critiche alla categoria degli obblighi di protezione fondati sulla

3.3. Critica della teoria che considera già coperta dalla responsabilità

e il non fondato problema della c.d. duplicazione di tutela.

Da ultimo, nel panorama delle diverse posizioni assunte dalla dottrina448,

un’ulteriore critica è stata mossa avverso la categoria degli obblighi di protezione, sostenendosi che la stessa si rivelerebbe inutile una volta considerato che a tutela della persona e dei beni della parte starebbe, in ogni caso, la norma di cui all’art. 2043 e che, dunque, la previsione di autonomi obblighi di protezione basati sulla buona fede, concreterebbe una inutile duplicazione di tutela449. A parte considerazioni di ordine storico e

(448) Sull’impiego degli obblighi di protezione nella giurisprudenza, per quanto di attinenza

all’oggetto del presente lavoro, si rimanda al par. 2.4 della seconda parte.

(449) A tal proposito, si può considerare, a titolo meramente esemplificativo, il contributo

di NATOLI, L’attuazione del rapporto obbligatorio, I, cit., 24., il quale, dopo aver affermato come la previsione di cui all’art. 2087 c.c. non possa concretare una generalizzazione della categoria degli obblighi protettivi fondati sulla correttezza e sulla buona fede, afferma «tanto più, poi, che ad una generica esigenza di tutela della persona del debitore […] sembra soddisfare già il generale divieto del neminem laedere, che, com’è noto, è alla base della responsabilità ex delicto (art. 2043)»; ugualmente, al riguardo di coloro che ipotizzano che i doveri di protezione debbano fondarsi, invece, sulla norma di cui all’art. 1176, rileva che «si tratterebbe, in altri termini, di una sorta di duplicato della norma generale, che presiede all’illecito extracontrattuale (art. 2043), ma che avrebbe la virtù di trasformare in contrattuale, in quanto verificatasi nella fase di esecuzione di un’obbligazione, una responsabilità, altrimenti, tipicamente extracontrattuale». Sotto il medesimo profilo, BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, cit., 34, rileva che «rimane tuttavia da chiedersi se la violazione di altri interessi del creditore per mancanza di cautela sia da riportare all’inadempimento della prestazione oppure alla violazione di un dovere extracontrattuale. Il dovere del debitore di rispettare altri interessi del creditore potrebbe, in effetti, sussistere già sul piano della responsabilità extracontrattuale». Sempre sul medesimo tema, ma da una posizione differente, in quanto a corollario della critica che riconduce gli obblighi di protezione alla norma sulla diligenza di cui all’art. 1176, RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, cit., 159 rileva «che una ricostruzione della diligenza come dovere generico di protezione rischia di tradursi in una inutile duplicazione di quanto è già disposto dall’art. 2043: il che è già dimostrato dal fatto che in tutte le ipotesi consuetamente ricondotte al ricordato dovere di protezione è possibile ottenere il risarcimento in base all’art. 2043; e ancora, «sì che la ricostruzione di quel dovere si risolverebbe unicamente in un aggravamento della posizione processuale dell’autore del danno, non giustificabile secondo il nostro sistema». Per una ulteriore critica alla categoria degli obblighi di protezione è anche BUSNELLI, Itinerari europei nella «terra di nessuno tra contratto e fatto illecito»: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 1991, 565.

128 comparatistico che rendono non condivisibile il punto di partenza delle superiori teorie450, può, sinteticamente, considerarsi quanto segue.

Innanzitutto, si consideri che la tesi criticata sembra muovere dalla seguente, implicita, riflessione: a rilevare sarebbe che la lesione di determinate situazione giuridiche sia tutelata dall’ordinamento, a prescindere che la stessa sia quella generica di cui alla previsione di cui all’art. 2043.

In realtà, il problema si pone in una prospettiva diversa.

La teorica degli obblighi di protezione prevede che una lesione dello status quo integri un’ipotesi di responsabilità contrattuale, postulando, quindi, una tutela specifica e più adeguata rispetto a quella da illecito civile. Ed infatti, bisogna sempre muovere dalla considerazione che il contatto negoziale, derivante dal processo di instaurazione di una relazione obbligatoria, costituisca, come più volte ribadito, occasione di rischio, per la sfera giuridica personale e patrimoniale delle parti, più specifico rispetto all’ipotesi in cui detto rapporto obbligatorio non vi sia.

Ad un maggior rischio, corrisponde una esigenza di tutela più intensa451.

Che, dunque, gli obblighi di protezione fondati sulla correttezza e buona fede abbiano ad oggetto la tutela dello status quo esattamente come la disposizione dell’art. 2043 non pare possa dubitarsi; ma tale circostanza certo non costituisce ragione di duplicazione di tutela452.

(450) Sul punto RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, cit., 159: «si consideri, inoltre,

che una tesi siffatta è esplicitamente fondata sul riferimento alle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali sulle positive Vertragsverletzungen: una concezione che, nell’ambiente giuridico tedesco, si origina e si svolge per attenuare gli inconvenienti della mancata previsione legislativa di una clausola generale di responsabilità, ed alla quale, di conseguenza, non sembra possibile fare ricorso ricostruendo il sistema italiano, che invece conosce tale clausola». Nello stesso senso, LAMBO, Obblighi di protezione, cit., 97. Sulla differenza, tra i due sistemi, per tutti si vedano le sintetiche, ma cristalline, considerazioni di MENGONI, La parte generale delle obbligazioni, cit., 508.

(451) Cfr. MENGONI, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, cit., 369 e DI MAJO,

Delle obbligazioni in generale, cit., 123.

(452) Cfr., per tutti, MENGONI, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, cit., 369 ss.,

il quale rileva che «chi si mette in relazione con un altro soggetto, allo scopo di attuare un dato regolamento di interessi, espone la propria sfera giuridica a rischi che altrimenti non lo toccherebbero, entra in una specifica zona di pericolo determinata dalla possibilità che l’attività dell’altra parte, connessa allo svolgimento del rapporto, sia di tale natura da arrecargli danno. Di fronte a questa specifica cerchia di pericolo, in cui sono coinvolti i beni di una parte che vengono in contatto con l’attività e le cose della controparte, il principio della buona fede negoziale completa e rafforza la tutela del diritto assoluto, espressa nella regola generale dell’art. 2043, creando una serie parallela di obblighi relativi, come tali soggetti alle norme della responsabilità contrattuale».

129 Non può, infatti, non tenersi conto delle peculiarità tipiche di una tutela che si avvalga del regime proprio della responsabilità contrattuale, rispetto a quello previsto per l’illecito civile453.

Non un mero aggravamento di una posizione processuale per la parte, ma una tutela più stringente e specifica, commisurata al rischio ed al rapporto instauratori tra le parti.

Né, potrebbe sostenersi, che la tutela della sfera giuridica personale e patrimoniale delle parti sia esclusiva competenza della norma di cui all’art. 2043 e che, proprio in forza di tale circostanza, debba essere esclusa l’operatività degli obblighi di protezione.

Sono le stesse considerazioni svolte nei paragrafi precedenti a vanificare la portata di una tale affermazione454. Ed infatti, la presenza di disposizioni

quali gli artt. 1681 e 2087, unitamente alle norme sulla locazione di cui sopra si è fornita una chiave interpretativa455, confermano non solo la possibilità,

ma la vera e propria esigenza, sancita dal legislatore, che a fronte del contatto ingeneratosi dalle parti si conferisca alle stesse una tutela del rispettivo status quo più pregnante di quanto alle stesse si possa garantire per il tramite della norma relativa alla responsabilità aquiliana456. Tale ipotesi assume ancor più

peso, soprattutto, ove si tenga conto del mutamento del relativo regime di responsabilità susseguente all’introduzione delle citate disposizioni457.

Nessuna fondatezza appare dunque rinvenirsi nella critica qui brevemente considerata, in merito alla presenza della previsione di cui all’art. 2043 ed alla possibilità di duplicazione di tutela458, attesa la diversità di presupposti e le

differenze qualitativa sottesa all’esigenza di tutela di eventuali danni posti in essere dalla condotta delle parti nel rapporto obbligatorio459.

(453) Cfr. precedente nota 447. (454) Cfr. i precedenti parr. 3.1 e 3.2. (455) Cfr. par. 3.2.

(456) MENGONI, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, cit., 369, e DI MAJO, Delle

obbligazioni in generale, cit., 123.

(457) Vedi LAMBO, Obblighi di protezione, cit., 110.

(458) Sul problema del concorso di azioni, ci si limita a rimandare, stante la cristallina

chiarezza del ragionamento, a MENGONI, La parte generale delle obbligazioni, cit., 513.

(459) A mero titolo esemplificativo, rimandando per i profili rilevanti nel contesto del

presente lavoro al par. 2.4 della seconda parte, si pensi all’evoluzione che il tema della responsabilità medica ha subìto nel corso degli ultimi anni.

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PARTE II – Il contratto con effetti protettivi nei confronti