CAPITOLO II Lo sviluppo della categoria degli obblighi di protezione
2.4 Responsabilità precontrattuale e obblighi di protezione
Un altro aspetto, sul quale si ritiene necessario indagare brevemente, attiene il momento a partire dal quale si possa ritenere che gli obblighi di protezione sorgano a tutela delle sfere giuridiche dei soggetti coinvolti dal rapporto obbligatorio.
Se, infatti, alla luce di quanto considerato, dal momento della conclusione del contratto in poi, è possibile affermare l’esistenza di detti obblighi è ora necessario accertarne l’operatività nella fase delle trattative e della formazione del contratto. Sotto tale profilo, l’identificazione del regime di responsabilità che contraddistingue questa fase della vicenda contrattuale, risulta strettamente collegato alla possibilità di affermare, o meno, l’esistenza degli obblighi ulteriori e autonomi qualificati come protettivi. Come noto, il tema della responsabilità precontrattuale251 viene ricondotto a Jhering252, il
quale253 con la teoria della culpa in contrahendo cercò di dare risposta al
quesito «se un soggetto è stato colpevolmente causa della nullità del contratto, deve risarcire il danno che l’altra parte ha sofferto per aver confidato nella validità del contratto?»254.
Ferma l’importanza dell’opera dello Jhering, la questione della responsabilità precontrattuale si è poi distinta in modi specifici per ognuno degli ordinamenti che hanno subito l’influsso della teoria della culpa in
(251) Si segnalano, con respiro di sintesi, sul tema BENATTI, La responsabilità
precontrattuale, Milano, 1963; MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, in Riv. Dir. Comm., 1956, II, 360 ss.; STOLFI, In tema di responsabilità precontrattuale, in Foro it., 1954, I, 1110 ss.; SCOGNAMIGLIO, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Noviss. Dig. It., XV, Torino, 1968, 674 ss; CASTRONOVO, La responsabilità precontrattuale, in CASTRONOVO - MAZZAMUTO, Manuale di diritto privato europeo, II, Milano 2007, 325- 345; TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990; CUFFARO, Responsabilità precontrattuale, in Enciclopedia del diritto, XXXIX, Milano, 1988, 1270; nonchèGALLO, Contratto e buona fede, Milano 2014, 215 e gli ulteriori riferimenti ivi indicati alla nota 2.
(252) Per una sintetica ricostruzione storica del tema della responsabilità precontrattuale e
delle sue vicende sin dall’epoca romanistica, cfr. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 1 ss. Sempre sotto il medesimo profilo, cfr. GALLO, Contratto e buona fede, cit., 215 ss.
(253) JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur
Perfection gelangten Verträgen, da ultimo in Gesammelte Aufsätze, I, Jena, 1881, 327; ID., Della colpa in contrahendo, ossia del risarcimento del danno nei contratti nulli o non giunti a perfezione, traduzione italiana a cura di PROCCHI, Napoli, 2005.
79 contrahendo255. In particolare, per quanto di interesse nel presente lavoro256, il
punto dal quale prendere le mosse è l’introduzione nel codice del 1942 dell’art. 1337 sulla responsabilità precontrattuale, con il quale venne sancita una responsabilità a carico delle parti, derivante da comportamenti contrari alla buona fede, nella fase delle trattative e nella conclusione del contratto.
La nuova norma ha portato con sé un dibattito sulla natura della responsabilità precontrattuale, che non accenna ancora a sopirsi.
Se la giurisprudenza è risultata, per un lunghissimo periodo, granitica nell’attribuire natura extracontrattuale all’ipotesi di cui all’art. 1337257, non
uguale uniformità, come detto, si riscontra in ambito dottrinario.
In particolare, gli Autori che hanno approfondito il tema si sono divisi tra tre diversi orientamenti: un primo che postula la qualificazione di detta responsabilità come contrattuale; un secondo che la qualifica come extracontrattuale ed un ultimo orientamento dottrinario che rinvenendo nella responsabilità precontrattuale elementi sia della responsabilità da fatto illecito che di quella contrattuale, ne sostiene, a diverso titolo, una natura mista258. Senza addentrarsi in aspetti eccessivamente specifici sul tema, che
esulerebbero dallo scopo della presente trattazione, si vuole in questa sede sottolineare come si ritenga condivisibile la posizione di quella dottrina259 che
(255) Per un sintetico quadro delle ripercussioni della teoria dello Jhering sulle codificazioni
moderne, cfr. BENINCASA, Gli accordi di riservatezza, Milano, 2008, 237, nota 5.
(256) Il tema della responsabilità precontrattuale verrà, infatti, trattato nel presente lavoro
limitatamente al rapporto tra questa e l’insorgenza degli obblighi di protezione.
(257) Concordi sul tema tutti gli Autori indicati alle note precedenti. Tuttavia, deve
segnalarsi la novità ricostruttiva in materia compiutasi con Cass. civ., 20 dicembre 2011, n. 27648, in Europa e diritto privato, 4, 2012, 1227 che utilizza la costruzione dell’obbligazione senza prestazione, per la quale si rimanda ai parr. 2.2 e 2.3 della seconda parte del presente lavoro. Si veda, altresì, in commento alla sentenza richiamata CASTRONOVO, La Cassazione supera se stessa e rivede la responsabilità precontrattuale, in Europa e diritto privato, 4, 2012, 1233 ss e NIVARRA, Alcune precisazioni in tema di responsabilità contrattuale, in Europa e diritto privato, 1, 2014, 58 definisce «alquanto sconcertante» l’operazione ermeneutica proposta dai giudici della Suprema Corte di Cassazione nella pronuncia appena richiamata. Si veda altresì, FRANZONI, La responsabilità precontrattuale è, dunque, … “contrattuale”?, in Contratto e impresa, 2013, 287 ss.; ed ancora, PIRAINO, La buona fede in senso oggettivo, 191 ss.
(258) Per un’indicazione dei diversi autori in base alla loro collocazione rispetto alle diverse
correnti dottrinarie cfr. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 118 alla note 6 e 7, 119 note 9 e 10, 126 alla nota 28. Sempre per la collocazione dei diversi contributi, in base alla suddivisione sulla natura della responsabilità precontrattuale, cfr. BENINCASA, Gli accordi di riservatezza, cit., 241 alle note 10, 11 e 12 nonché, in merito, alla dottrina formatasi in vigenza del precedente Codice, alla pagina 242 nota 13.
(259) A titolo esemplificativo MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale,
80 attribuisce natura contrattuale alla responsabilità derivante dalla violazione della clausola generale di buona fede, nella fase delle trattative e di conclusione del contratto giacché, solo in tale ipotesi, in accordo con quanto sin qui sostenuto in materia di correttezza e buona fede, si potrebbe teorizzare l’insorgenza di obblighi di protezioni a carico delle parti sin da questo momento.
Sinteticamente, queste le ragioni a supporto di tale orientamento.
Innanzitutto, è bene muovere dalle premesse che hanno portato all’introduzione dell’art. 1337 ed alla sua collocazione topografica che, se anche non ritenute dirimenti260, dovranno essere, in ogni caso, considerate.
Sotto il primo profilo, nella Relazione al codice civile261, a proposito dei
soggetti destinatari della previsione di cui all’art. 1337, si impiegano le espressioni «parti» e «soggetti di un rapporto contrattuale» e si afferma come gli obblighi di correttezza e buona fede presiedano alle fasi delle trattative e della formazione del contratto, e come le stesse debbano considerarsi rientranti nella sfera del contratto stesso262.
La scelta topografica263, del legislatore del 1942, non sembra una scelta
neutra ed, anzi, sembra accordarsi perfettamente con ricostruzione che ritiene di qualificare la responsabilità precontrattuale come contrattuale264.
precontrattuale, cit., 1110 ss.; SCOGNAMIGLIO, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 674 ss. e CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, 503 ss.
(260) BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 126, che alla nota 29, richiama
COLAGROSSO, Teoria Generale delle obbligazioni e dei contratti, Roma, 1946.
(261) Cfr. Relazione al Codice civile, cit., 132, n. 612.
(262) Cfr. Relazione, cit., n. 612: «è dominata dall’obbligo di correttezza e da quello di buona
fede (in senso oggettivo) la materia delle trattative contrattuali e quella concernente i contratti c.d. per adesione. L’obbligo predetto è richiamato in via generale dall’art. 1337 come base del comportamento delle parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. Questo obbligo esige dai soggetti di un rapporto contrattuale, nella sfera del rapporto stesso, un comportamento ispirato dal senso della probità, sia nella rappresentazione leale e non cavillosa dei diritti e degli obblighi che ne derivano, sia nel modo di farli valere o di osservarli, con riguardo in ogni caso allo scopo che il contratto vuol soddisfare, all’armonia degli interessi delle parti e di quelli superiori della Nazione, i quali richiedono una pacifica collaborazione produttiva».
(263) di collocare la disposizione de qua nel Titolo II del Libro quarto, rubricato Dei
contratti, al Capo II, Sezione I relativa all’Accordo delle parti.
(264)Contra, BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 127 che non ritiene il criterio
topografico rilevante sotto tale profilo. Contrariamente sulla rilevanza della collocazione topografica delle norme, si veda il pensiero di DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, cit., 35 ss. Si veda anche, a proposito dell’introduzione delle disposizioni di cui agli artt. 1337 e 1338 del codice civile, STOLFI, Il principio di buona fede, cit., 164, il quale rileva, non senza, sembra, una punta di ironia, come «siccome nel vigore del codice abrogato si ammetteva che taluno fosse responsabile per la rottura ingiustificata delle trattative o per aver dato causa alla formazione di
81 Appare persuasiva la riflessione secondo la quale ove la disposizione di cui all’art. 1337 fosse interpretata come specificazione della responsabilità aquiliana, «la statuizione dell’art. 1337 si ridurrebbe ad una banale ripetizione del dovere di non ledere l’altrui diritto assoluto»265. Ed appare chiaro come
un’interpretazione che di fatto renda inutile, abrogando implicitamente, il dettato della disposizione in oggetto non possa essere condivisa.
Valutato, poi, il tenore letterale della norma, si può rilevare come il legislatore abbia identificato come parti i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi derivanti dalla buona fede e correttezza e come, appunto, tali obblighi, proprio perché tali, siano obblighi relativi266 e, pertanto, di diversa
natura rispetto a quei doveri assoluti, la cui violazione comporta la responsabilità di cui all’art. 2043 c.c.267.
Inoltre, spostare il campo d’azione della norma relativa alla responsabilità precontrattuale, nell’ambito della responsabilità aquiliana avrebbe un’ulteriore conseguenza per nulla trascurabile.
Considerato come l’elemento portante, in grado di strutturare la responsabilità nella fase delle trattative e della conclusione del contratto, sia la buona fede268, questa assumerebbe significato e portata difformi a seconda
del regime al quale si ritiene di dover ricondurre la responsabilità di cui all’art. 1337.
Ed infatti, per poter parlare di buona fede all’interno della responsabilità extracontrattuale, la stessa non potrebbe essere considerata nella sua variante oggettiva, quale «norma obiettiva di condotta assunta come criterio di specificazione di una serie di obblighi reciproci, imposti alle parti delle trattative
un contratto invalido, e si discuteva soltanto se la responsabilità dipendesse da colpa contrattuale o colpa aquiliana, dopo l’entrata in vigore degli odierni artt. 1337 e 1338, a qualcuno è sembrato che non fosse cambiato nulla, tant’è che si continua a discutere sull’indole della responsabilità, se la colpa in contrahendo sia aquiliana o meno».
(265)MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit., 362 ss.; contra, fra i
tanti, BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 127.
(266) ROVELLI, Correttezza, cit., 426.
(267) BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 128 e gli Autori ivi richiamati alla
nota 35. Si veda, nello stesso senso, MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit., 369 alla nota 16. Cfr. anche, ROMANO, Buona fede (dir. priv.), cit., 682 il quale sostiene come il fatto che nella fase vi sia vigenza della normativa sulla correttezza sia un chiaro indice che ci si trovi al di fuori dell’ambito dell’art. 2043 del codice civile.
82 indipendentemente dall’esito della conclusione di un valido contratto»269, ma
dovrebbe essere intesa in senso soggettivo e, dunque, quale atteggiamento psicologico che un consociato avrebbe rispetto alla violazione dei doveri di condotta, che ciascuno ha nei confronti degli altri, in quanto titolari di diritti assoluti270.
In altre parole, in tale ricostruzione, la buona fede non sarebbe idonea ad ingenerare obblighi a carico delle parti nella fase delle trattative e della conclusione del contratto, ma avrebbe solo la funzione «di fissare un elemento soggettivo necessario per il risarcimento del danno derivato dalla violazione di doveri già esistenti indipendentemente dall’art. 1337»271.
Sotto tale profilo, dunque, l’interpretazione della responsabilità precontrattuale quale specificazione di quella aquiliana, oltre a trovare una propria smentita nell’art. 1338272, viene sconfessata già solo dalla portata
testuale della Relazione al Codice Civile su tale punto273.
E perfettamente coerente con i principi del codice civile, oltre che difficilmente contestabile, appare la qualificazione della buona fede di cui
(269)MENGONI Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit.,362. (270)MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit., 362.
(271)MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit., 362; ancora l’Autore
rileva come «precisamente, il significato della disposizione sarebbe questo: il danno ingiusto cagionato a una parte delle trattative da un comportamento dell’altra parte causalmente connesso alla specifica relazione instaurata al fine della formazione di un contratto, è risarcibile solo in quanto il torto sia stato compiuto in mala fede. L’art. 1337 prospetterebbe una figura speciale di fatto illecito, dove la misura della responsabilità dell’autore non sarebbe data dal canone della culpa-diligentia sancito dall’art. 2043, bensì dalla mala fede […]. L’art. 1337 segnerebbe così una singolare involuzione del nostro ordinamento verso l’originaria impostazione del diritto classico, che concepiva la responsabilità precontrattuale come responsabilità «ex delicto» sanzionata dall’actio doli, e perciò l’ammetteva solo nei limiti del dolus in contrahendo».
(272)Cfr.MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit., 363; l’Autore, a
proposito della buona fede che, ove si ritenesse la responsabilità precontrattuale quale specificazione di quella extracontrattuale, dovrebbe essere intesa nella sua accezione soggettiva, rileva: «una simile interpretazione è evidentemente arbitraria. Dal punto di vista esegetico, essa è smentita già dall’art. 1338, che dell’art. 1337 costituisce una indiscutibile applicazione. La mala fede può sussistere soltanto nell’ipotesi della conoscenza della causa di nullità del contratto, mentre l’art. 1338 ammette la responsabilità anche nell’ipotesi di ignoranza inescusabile. […] Comunque la concezione della responsabilità precontrattuale come responsabilità fondata sull’elemento soggettivo della mala fede incontra un ostacolo definitivo nell’art. 1398, che applica il principio dell’art. 1337 al «falsus procurator» fondando la responsabilità sul fatto oggettivo della mancata comunicazione del difetto di procura all’altro contraente».
83 all’art. 1337 come oggettiva274. Infatti, la buona fede c.d. oggettiva è nata e
si è sviluppata all’interno dei rapporti obbligatori, come direttiva in base alla quale ogni parte deve orientare il proprio comportamento275; che l’ambito di
operatività proprio della buona fede oggettiva sia il rapporto obbligatorio è così vero che «quando una norma giuridica assoggetta lo svolgimento di una relazione sociale all’imperativo della buona fede, ciò è un indice sicuro che questa relazione sociale si è trasformata, sul piano giuridico, in un rapporto obbligatorio, il cui contenuto si tratta appunto di specificare a stregua di una valutazione di buona fede»276.
Dunque, con la norma di cui all’art. 1337, il legislatore del codice del 1942 ha sancito l’estensione dell’operatività della clausola di buona fede oggettiva al momento delle trattative e della formazione del contratto e, dunque, sin da questa fase della vicenda contrattuale, a carico di entrambe le parti, insorgerebbero quegli di quegli obblighi specifici di correttezza di cui all’art. 1175277, in ragione del verificarsi di un contatto, tra le sfere giuridiche delle
parti, potenzialmente pericoloso per l’incolumità o il patrimonio delle stesse278.
È proprio con la fase delle trattative che le parti hanno una prima possibilità di ingerenza nella sfera giuridica altrui che, in difetto di quel contatto specificamente volto alla conclusione di un contratto, non avrebbero279.
(274) Cfr. SAPONE, La responsabilità precontrattuale, cit., 81; l’Autore pur propendendo per
la tesi che vuole aquiliana la responsabilità di cui all’art. 1337, qualifica come oggettiva la buona fede in questione.
(275) MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit., 364, che aggiunge
«perciò il contrario della buona fede (in senso oggettivo) si risolve nel concetto (oggettivo) di inadempimento, tant’è che, sotto questo profilo, nel linguaggio romano l’espressione «fidem praestare» designa l’adempimento di una obbligazione; ancora, poco dopo, l’Autore afferma che «l’applicazione del principio di buona fede (oggettiva) presuppone dunque uno specifico vincolo obbligatorio, presuppone che ci siano un debitore e un creditore (arg. ex art. 1175 cod. civ.)».
(276) MENGONI, Sulla natura delle responsabilità precontrattuale, cit.,364.
(277)Giacché, a ragionar diversamente, sfuggirebbe la necessità di prevedere una
responsabilità già ricompresa in quella formula generale di cui all’art. 2043.
(278) MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, cit., 364. Nello stesso
senso cfr. CARUSI, Correttezza (Obblighi di), cit., 712 e ROVELLI, Correttezza, cit., 427.
(279) Relativamente a questo profilo, cfr. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit.
133 ss. che afferma «che il principio dell’art. 1337 derivi da quello sancito nell’art. 1175, è provato non solo dai precedenti storici cui si è poc’anzi accennato, ma anche dalla parziale identità di contenuto delle due norme (entrambe, infatti, impongono doveri di comunicazione, di segreto e di custodia e, in special modo, dalla identità di ratio: entrambe le disposizioni presuppongono un
84 Ciò che rileva, dunque, in tale ipotesi è un «affidamento oggettivamente valutabile»280 che una parte riponga nel regolare, leale e corretto
comportamento dell'altra parte. Gli obblighi di protezione, dunque, sorgono già nella fase delle trattative e della conclusione del contratto e proprio perché le parti entrano in rapporto a tal fine fra di loro, integrerebbero essi stessi «un rapporto obbligatorio autonomo, da classificarsi tra i rapporti ex lege»281.
Un ulteriore argomento, a supporto della teoria che riconduce l’ipotesi dell’art. 1337 nell’alveo della responsabilità contrattuale, si basa sulla considerazione della tipologia di comportamenti che dalla stessa previsione normativa derivano. Non possono ricondursi a questa, infatti, solo obblighi aventi contenuto negativo, inteso come «facere necessario alla conservazione e al mantenimento dello stato passivo che nulla innova circa la direzione di quei doveri»282, bensì di obblighi che tendano anche «al promuovimento e al
soddisfacimento dell’aspettativa di un determinato soggetto»283.
In altre parole, tutti quegli obblighi comportamentali che derivano dalla buona fede e correttezza all’interno del rapporto contrattuale, coincidono con quelli che derivano a carico di entrambe le parti in forza della disposizione di cui all’art. 1337. Ed allora, appare quanto mai difficile sostenere che si possa attribuire una diversa natura alla responsabilità susseguente alla violazione degli obblighi derivanti dall’art. 1337, rispetto a quelli derivanti dall’art. 1175; a maggior ragione, ove si consideri, come già accenna sopra, che l’art. 1337 si concretizza anche in una estensione della portata della norma di cui all’art. 1175 anche alla fase delle trattative284. Né avrebbe senso, sotto tale
«contatto» tra due sfere di interessi, il quale esige dalle parti un atteggiamento particolarmente riguardoso e corretto volto ad evitare eventi dannosi, nonché un impegno di collaborazione per raggiungere lo scopo cui esse tendono: scopo che nell’art. 1337 è dato dalla conclusione del contratto, e nell’art. 1175 da una migliore realizzazione del risultato che esse si propongono di conseguire attraverso il rapporto contrattuale».
(280) MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, cit., 364; alla nota 16
l’Autore aggiunge che «l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, è stabilito dall’art. 1337 come obbligo inter partes, vale a dire che è un obbligo relativo e, dunque, la sua violazione determina una responsabilità contrattuale».
(281) MENGONI, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzo, cit., 369. (282) Così BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 130.
(283) BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 130.
(284) In tal senso cfr. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., 134: «ne consegue che
85 profilo, obiettare che gli obblighi derivanti dall’art. 1175 sarebbero accessori rispetto ad un rapporto obbligatorio già instauratosi, mentre lo stesso non potrebbe dirsi rispetto a quelli derivanti dall’art. 1337285.
Ulteriori conferme, in questo senso, possono rinvenirsi attraverso una sistematica interpretazione di quelle norme che costituiscono specificazione della generale previsione contenuta nell’art. 1337.
Innanzitutto, è necessario rilevare come la conclusione o meno del contratto, in vista del quale vengono svolte le trattative, non rileva ai fini della determinazione della responsabilità precontrattuale286; nessuna
previsione in tal senso è dato rinvenire all’interno della norma dell’art. 1337. Proprio perché norma generale, a questa possono essere ricondotte le fattispecie regolate da altre disposizioni nel codice civile, fra le quali, è possibile indicare, ad esempio, l’art. 1494, comma 2°, e l’art. 1718 nei quali rispettivamente l’obbligo di comunicazione sorge nella fase anteriore alla conclusione del contratto e l’obbligo di provvedere alla custodia sorge in capo al mandatario, sulle cose che gli sono state spedite dal mandante, anche ove non intenda accettare la proposta287.
Se nelle ipotesi indicate (solo alcune di quelle rinvenibili nel codice civile), la responsabilità derivante dalla lesione degli obblighi di buona fede e