• Non ci sono risultati.

LA CRITICHE ALLA TESI DELLA NULLITÁ

CAPITOLO TERZO: I RIMEDI CIVILISTIC

4. LA CRITICHE ALLA TESI DELLA NULLITÁ

Abbiamo visto come nella giurisprudenza, almeno inizialmente, prevalse la declaratoria di nullità, che si fondava sul fatto che le regole violate da parte dell’intermediario avevano natura imperativa. Queste incidevano direttamente sul contenuto e sulla struttura del contratto, per cui la loro violazione ne viziava l’atto invalidandolo. A tale orientamento fondato sull’istituto della nullità virtuale si contrappose successivamente una corrente giurisprudenziale e dottrinale. Questa vedeva

242 Cit. Sangiovanni V., La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del

risparmio, I contratti n. 7/2006, p. 701

243

D’Alfonso G., Violazione degli obblighi informativi da parte degli intermediari finanziari: la tutela del

risparmiatore tra rimedi restitutori e risarcitori, La Responsabilità civile; dicembre 2008; p. 968

244 Cit. Sangiovanni V., La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del

105

nella violazione delle regole di condotta dell’intermediario una responsabilità contrattuale per inadempimento, la quale portava all’utilizzo245 dei conseguenti rimedi risarcitori.

La dottrina246 riporta alcune critiche che venivano mosse al filone giurisprudenziale della nullità virtuale dalle tante sentenze dell’epoca. In alcuni casi le pronunce della giurisprudenza respinsero la richiesta della nullità (virtuale) richiamando il principio “ubi voluit, dixit, ubi noluit, tacuit”, ovvero nel silenzio del legislatore la nullità non poteva essere comminata.247 Secondo tale giurisprudenza non si poteva avere una generale qualificazione della disciplina dell’intermediazione come di ordine pubblico in quanto il legislatore aveva volontariamente distinto le violazioni dell’intermediario che portavano alla nullità da quelle che comportano all’applicazione dei generali principi di inadempimento. Ciò contrasterebbe con quanto sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 3272 del 2001, la quale affermava che l’istituto della nullità virtuale sancito dall’articolo 1418 comma 1 cc. era volto a prevedere proprio quei casi ove il legislatore non si era espresso in relazione alla sanzione da applicare in caso di violazione di precetti imperativi.

Altre sentenze affermarono che se la violazione atteneva a regole dal contenuto sufficientemente specifico, preciso ed individuato, allora poteva aversi la declaratoria di nullità del contratto, mentre se la violazione atteneva a regole generali quali “prudenza e diligenza professionale”, era prospettabile l’azione di risarcimento del danno248

. Tuttavia, tale impostazione potrebbe venir meno, in quanto le disposizioni in materia d’intermediazione finanziaria devono intendersi alla stregua di un corpo normativo unico.

Infine rilevano alcune sentenze249 che, pur ammettendo di non voler mettere in dubbio la nullità sancita dalla Cassazione nel 2001, ponevano alcune precisazioni in merito a tale sentenza. Infatti, la

245 Si veda Barcellona M., Mercato mobiliare e tutela del risparmio, l’intermediazione finanziaria e la responsabilità di

banche e Consob, Giuffrè, Milano, 2009, p.34 e ss. e D’Alfonso G., Violazione degli obblighi informativi da parte degli intermediari finanziari: la tutela del risparmiatore tra rimedi restitutori e risarcitori, La Responsabilità Civile, dicembre 2008, p. 980 i quali si chiedevano se l’attività d’intermediazione poteva essere ricondotta nell’ambito di applicazione dell’articolo 2050 cc. e quindi ad una responsabilità di natura contrattuale. Se così fosse l’investitore sarebbe esonerato dalla prova del nesso di causalità. A sostegno di tale tesi, D’Alfonso faceva riferimento ai prodotti speculativi negoziati nei mercati OTC definendoli “armi di distruzione di massa”. Tuttavia entrambi gli autori concludono con l’affermare, a mio avviso a ragione, sia difficile ammettere vi sia responsabilità ai sensi dell’art. 2050 cc per qualsiasi tipo di

operazione d’investimento, in quanto il carattere della pericolosità non può considerarsi insito in ogni operazione. Ciò comporterebbe un’eccessiva, ed ingiusta, responsabilizzazione degli intermediari che potrebbe limitarne l’operatività.

246

Inzitari B.,PiccininiV. La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Cedam, 2008, Milano, p. 151 e ss. G. Bersani, La responsabilità degli intermediari finanziari, UTET Giuridica, Milano, 2008, p. 205 ss.

247 Tribunale di Milano, 25.06.05, www.ilcaso.it Sez. I, Giur. n. 429 Doc. 349/2006

248 Tribunale di Parma, 16.06.05, ww.ilcaso.it Sez. I, Giur. n. 78 Doc. 78; Tribunale di Vicenza 16.11.06, Sez. I, Giur.

Doc. 529/2006

249 Tribunale di Rovereto, 18.01.2006, Doc. 31/06 in www.ilcaso.it, Sez. I, Giur., Doc. 274/2006; Tribunale di Vasto,

106

Corte di Cassazione nel 2001 affermava l’uso dell’istituto della nullità virtuale quale strumento utile “a non ammettere alla tutela giuridica interessi in contrasto con valori fondamentali del sistema”. La nullità era dunque da intendersi quale strumento di controllo normativo utile ai fini della tutela dell’interesse pubblico. La giurisprudenza richiamata faceva notare che l’investitore non era interessato ad ottenere la nullità del contratto d’investimento stipulato con l’intermediario in quanto invoca una “nullità della negoziazione dei titoli per inadempimento” da parte dell’intermediario delle regole di comportamento, a prescindere dal fatto che la violazione riguardasse obblighi o dei divieti sanciti dalla disciplina. Quello che l’investitore lamentava era una doglianza dell’intermediario nell’esecuzione del contratto stipulato relativo alle prestazioni dei servizi d’investimento. Per tal motivo non poteva trovare applicazione l’istituto della nullità virtuale in quanto dal comportamento scorretto dell’intermediario discendeva una responsabilità per inadempimento contrattuale. L’istituto della responsabilità per inadempimento contrattuale era più coerente con le motivazioni che portavano i risparmiatori ad agire in giudizio nei confronti dell’intermediario.

La giurisprudenza250 evidenziava come l’attore fosse propenso a richiedere la sanzione della nullità in virtù del “ricco filone giurisprudenziale” che aveva dichiarato la nullità virtuale in fattispecie simili alla sua, ma che questi in realtà lamentava un danno per inadempimento degli obblighi di comportamento dell’intermediario.

Ciò trovò riscontro anche nella dottrina,251 la quale sosteneva che in genere la maggioranza delle contestazioni mosse dagli investitori poggiavano sul mancato rispetto degli obblighi imposti all’intermediario dalla disciplina, e non sulla stipula di un contratto invalido. La violazione delle regole da parte degli intermediari doveva dunque trovar soluzione nei rimedi risarcitori.

La dottrina252 fondava le proprie critiche sull’uso del rimedio della nullità affermando che nullo poteva definirsi solo un accordo tra le parti. Non si poteva dichiarare nullo un contratto per il singolo comportamento scorretto di un contraente. Questa, pur affermando la natura imperativa delle normativa considerata, affermava che l’articolo 1418 comma 1 cc. era volto a punire con la nullità un contratto e non una condotta unilaterale. Solo la violazione bilaterale, e quindi frutto di un accordo tra le parti, di una norma imperativa, poteva dar luogo alla nullità del contatto, in quanto portava alla stipula di un contratto invalido.

250

Tribunale di Rovereto, 18.01.2006,n. 31/06 in www.ilcaso.it, Sez. I, Giur., Doc. 274/2006

251 Inzitari B.,Piccinini V., La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Cedam, Milano, 2008, p. 155 252 Sangiovanni V.; La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, I

107

Viceversa, una violazione unilaterale degli obblighi da parte dell’intermediario non determina nullità del contratto, bensì una responsabilità per inadempimento contrattuale, in quanto non concerne alcun accordo. La nullità riguarda un accordo e non un comportamento unilaterale. Così, se le parti si fossero accordate inserendo una clausola nel contratto contraria a norme imperative, si potrebbe avere la nullità del contratto. Nella dottrina253 si ritiene che anche in tal caso la nullità di una singola clausola potrebbe portare alla c.d. nullità parziale. Si affermò così che i comportamenti scorretti dell’intermediario non entrando a far parte della fattispecie contrattuale, per cui non dovrebbero conseguire alla declaratoria di nullità del contratto in quanto non ne inficiano la validità.