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2.I CRITERI GENERALI DI COMPORTAMENTO 1.1 L’ ARTICOLO 21 DEL TUF

3. LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO

Tra le norme di portata generale disciplinanti il mercato finanziario, oltre al sopra esaminato articolo 21 del TUF, vi rientra anche l’articolo 23, il quale è interamente dedicato alla disciplina dei contratti. Dalla lettura dell’attuale articolo 23 del TUF comma 1emerge la regola di carattere generale che prevede il requisito della forma scritta. Come già visto nel primo capitolo, il requisito della forma scritta fu introdotto con la c.d. legge SIM all’articolo 6 comma 1 let. c), in quanto prima i contratti venivano conclusi per facta concludentia, ovvero bastava vi fosse il comportamento concludente delle parti.

Tuttavia la legge SIM non faceva alcun riferimento alle conseguenza comportanti l’inosservanza di tale obbligo, mentre l’attuale articolo 23 de TUF richiede la forma scritta a pena di nullità.

L’articolo 23 comma 1 dispone inoltre l’obbligo di consegnare un “esemplare” del contratto ai clienti. In merito a ciò possono sorgere due elementi rilevanti; il primo avente carattere quasi formale mentre l’altro che comporta rilevanze a livello di responsabilità contrattuale dell’intermediario.

Il primo attiene al fatto se sia sufficiente consegnare una fotocopia del contratto firmato oppure se sia necessario predisporre due originali, anche se l’uso del termine “esemplare” fa propendere, secondo la dottrina105, per la seconda soluzione in quanto il riferimento sarebbe volto al testo su cui si è già raggiunto il consenso delle parti. Il Reg. Intermediari all’articolo 37 utilizza il termine “copia”.

Viene poi da chiedersi quali siano le eventuali conseguenze inerenti alla mancata consegna di un esemplare del contratto. Tale comportamento a parere sia della giurisprudenza106 che della

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Capriglione F. e Alpa G., Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Cedam, Padova 1998, p 258

106Tribunale di Milano, sez. VI 15 giugno 2005, www.ilcaso.it afferma che la mancata consegna al cliente di copia del

contratto non configura una ipotesi di nullità del contratto stesso ma semmai di inadempimento, la cui gravità deve essere valutata alla stregua delle conseguenze pregiudizievoli che ne sono eventualmente derivate.

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dottrina107 costituisce inosservanza di uno degli obblighi che fanno capo all’intermediario finanziario e, dunque, configura un inadempimento e non la nullità in quanto non viene ritenuta la consegna un elemento essenziale nel procedimento di formazione del contratto rispetto al quale l’intermediario potrà optare tra l’adempiere tardivamente o risarcire il danno.

La nullità secondo tale dottrina non troverebbe applicazione in virtù del fatto che le manifestazioni di volontà delle parti si siano già concretizzate in un contratto scritto.

Dal punto di vista oggettivo la prescrizione si applica a tutti i contratti relativi alle prestazioni dei servizi d’investimento e se previsto anche ai servizi accessori. L’unica eccezione in tal senso risiede nei contratti aventi ad oggetto il servizio di consulenza in materia d’investimento in riferimento all’art 1, comma 5, lett. f) del TUF.

La dottrina sul punto riporta opinioni contrastanti. Una parte108 ritiene sia opportuno comunque stipulare il contratto in forma scritta, in quanto questa favorisce la trasmissione delle informazioni e permette alle parti di acquisire maggiore consapevolezza sulle condizioni del contratto. Inoltre, la forma scritta potrebbe prevenire eventuali controversie giudiziarie in quanto fissa il comportamento dovuto dalle parti. In ultima analisi, il contratto in forma scritta potrebbe risultare utile ai fini probatori. Per tali motivi la mancanza di forma scritta potrebbe far propendere per un affievolimento della tutela dell’investitore. Tuttavia, altra dottrina109

afferma che l’intento voluto dal legislatore comunitario è proprio quello opposto. Ovvero ampliare la tutela del cliente a tutti quei casi in cui l’intermediario svolge un servizio di consulenza orale in via occasionale in assenza di forma scritta.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo. 23 del TUF, l’obbligo della forma scritta può essere sostituito dalla previsione facoltativa o obbligatoria di altra forma nel caso ricorrano delle “motivate ragioni” ovvero “in relazione alla natura professionale dei contraenti”. A tal fine serve un’espressa previsione regolamentare della Consob. Per quanto riguarda le “motivate ragioni”, a parere della dottrina,110 un ulteriore deroga alla forma scritta si potrebbe avere in riferimento a quelle operazioni che, per fattori diversi quali ad esempio la tempestività nell’esecuzione, avvengono secondo forme diverse da quelle scritte quali, ad esempio, l’utilizzo della rete.

107 Sangiovanni V. in Contratto d’intermediazione finanziaria,05.05.2011, Magistra banca e finanza, Rivista di Diritto

Bancario e Finanziario dello Studio fondata nell'anno 1998, www.Tidona.com.In merito si veda anche Capriglione F. e Alpa G., Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Cedam,Padova 1998, p 258 e Zitiello L., La MiFID in Italia, La nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari, Itaedizioni, Torino, 2009, p.306

108 Sangiovanni V., Il contratto d’intermediazione finanziaria, in Obbligazioni e Contratti, novembre 2011, p. 771 e ss. 109 Iudica F., La responsabilità degli intermediari finanziari, Giuffrè, Milano, 2011, p.5 e ss

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L’articolo 23 al comma 2 del TUF afferma che “è nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto”. In merito al “corrispettivo dovuto” questo verrà trattato nel capitolo successivo in riferimento a quanto previsto dall’articolo 32 del Regolamento Intermediari in riferimento al “corrispettivo totale”. Determinare il costo totale per la fruizione dei servizi d’investimento costituisce uno degli elementi centrali di valutazione e di decisione del cliente, incidendo questo sugli eventuali profitti dell’investimento e anche in ottica concorrenziale di comparazione con altri intermediari. È importante che l’investitore sappia fin da subito e in modo chiaro quali saranno i costi risultanti dall’attività d’intermediazione.

L’articolo 23 del TUF nel comma 3 stabilisce che le nullità previste ai commi 1e 2 rappresentano ipotesi di nullità relativa e non assoluta, in quanto possono essere fatte valere solo dal cliente. In tali termini si esprime anche chi nella dottrina111 afferma che in tale comma si parla di nullità “relativa”, quale opposta alla nullità “assoluta”, ovvero a quella nullità definita dall’articolo 1421 del cc. che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse. La ratio della disposizione risiede nel fatto che il cliente è normalmente la parte debole del rapporto contrattuale mentre l’intermediario, in quanto soggetto forte della relazione contrattuale, non può far valere la nullità. La nullità relativa consentirebbe all’investitore di decidere tra l’esecuzione integrale del contratto, come se fosse valido, e la declaratoria di invalidità di questo, privandolo di ogni effetto.

In conclusione, è importante soffermarci sul comma 6 dell’articolo 23 del TUF. Tale comma nella dottrina ha suscitato delle discussioni in merito a due punti. In primis in riferimento all’ambito applicativo di tale comma, in quanto dalla lettura del testo normativo dell’articolo 23 comma 6 del TUF, si potrebbe essere portati ad affermare che l’inversione dell’onere della prova trovi applicazione solo con riguardo a quei giudizi mossi al fine di ottenere un risarcimento dei danni subiti. In tal modo si escluderebbe così l’applicazione di tale regola nei giudizi di nullità e annullabilità. Tuttavia in tale ottica la dottrina112 appare unanime nell’affermare che l’articolo 23 comma 6 del TUF debba trovare applicazione esclusivamente in riferimento ai rimedi risarcitori e non i rimedi invalidanti. Tale regola non trova quindi applicazione per la generalità dei possibili rimedi civilistici esperibili dal cliente danneggiato.

111 Sangiovanni V. in Contratto d’intermediazione finanziaria,05.05.2011, Magistra banca e finanza, Rivista di Diritto

Bancario e Finanziario dello Studio fondata nell'anno 1998, www.Tidona.com. Si veda in merito anche Capriglione F. e Alpa G., Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Cedam, Padova 1998, p 260.

112 Durante F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano 2009, p. 370; B. Inzitari,V. Piccinin La

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In seconda battuta, la dottrina113 riporta come l’articolo 23 comma 6 abbia aperto un dibattito in merito ai possibili risvolti innovativi di tale comma rispetto al regime ordinario. Così, mentre una parte della dottrina vede in tale comma una mera riproduzione dei principi generali in tema di responsabilità contrattuale, altra dottrina si spinse oltre, affermando che con tale comma il legislatore volesse sgravare l’investitore dalla dimostrazione del nesso causale tra l’inadempimento dell’intermediario ed il danno subito.

Il fatto che l’articolo 23 comma 6 del TUF affermi che l’onere della prova è a carico dell’intermediario, il quale deve dimostrare d’aver agito in modo diligente, spinse parte della dottrina114 ad affermare che tale comma rappresentasse una vera e propria inversione dell’onere della prova in deroga al principio generale sancito dall’articolo 2697 cc. Questa, come riportato dalla dottrina,115 sarebbe stata anche la volontà del legislatore italiano, nell’intento di favorire l’investitore quale parte debole del rapporto rispetto all’intermediario. Tuttavia, nella dottrina116

come nella giurisprudenza117 si affermò come tale comma, rispetto al regime ordinario della responsabilità contrattuale, non apporti alcun elemento innovativo per quel che concerne la distribuzione degli oneri probatori. Infatti l’articolo 1218 cc. comporterebbe già una diversa distribuzione degli oneri probatori rispetto a quanto statuito dall’articolo 2697 cc.. Viceversa, nelle ipotesi di responsabilità di tipo extracontrattuale da fatto illecito, la dottrina118 afferma che l’articolo 23 comma 6 del TUF avrebbe apportato una vera e propria inversione dell’onere della prova. Tuttavia, la medesima dottrina, riporta come si sia ormai appurato che l’articolo 23 comma 6 debba trovare applicazione esclusivamente in riferimento alla responsabilità contrattuale.

Per tali motivi è orientamento maggioritario nella dottrina affermare che l’articolo 23 comma 6 del TUF consista in una “presunzione legale relativa”119 e non in una inversione dell’onere della prova.

113

Durante F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano 2009, p. 370;

114 B. Inzitari,V. Piccinin La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Cedam, 2008, Milano, p. 171 115

Sulla natura storica dell’articolo 23 comma 6 del TUF e sulla volontà affermata espressamente da parte del

legislatore italiano di stabilire un’inversione dell’onere della prova si veda Michelangela S., in Servizi d’investimento e responsabilità civile, Giuffrè, Milano, 2004, p. 394

116

Durante F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano 2009, p. 370

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Michelangela S., in Servizi d’investimento e responsabilità civile, Giuffrè, Milano, 2004, p. 394 in merito parla di un consolidato indirizzo giurisprudenziale. In merito si veda il Tribunale di Palermo, 24.11.06, ww.ilcaso.it Sez. Giur. Doc. 76 il quale afferma che l’articolo 23 comma 6 del TUF è “norma che può ritenersi specificazione, in questo particolare settore, di quella desumibile dall'art. 1218 c.c.”

118

Durante F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano 2009, p. 380

119 Cedon P., in Trattato dei nuovi danni, Vol. IV, Danni da inadempimento responsabilità del professionista lavoro

subordinato, Cedam, Torino, 2011, p. 215; Giordano R., in L’istruzione probatoria nel processo civile, Giuffrè, Milano, 2013, p. 51; B. Inzitari,V. Piccinin La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Cedam, 2008, Milano, p. 171

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La presunzione consisterebbe nel fatto che il giudice assuma in via preventiva che la condotta dell’intermediario non sia stata conforme al grado di diligenza richiestogli dal legislatore in virtù dell’attività svolta. Come riporta la giurisprudenza,120

sarà l’intermediario a dover fornire la prova liberatoria di aver agito con la specifica diligenza richiesta. Si capisce così come la ratio della norma considerata sia volta a favorire l’investitore quale parte debole in ragione dell’asimmetria informativa esistente. Infatti la normativa esonera il cliente dell’intermediario dal dimostrarne il comportamento negligente, ed impone all’intermediario di provare il contrario.121 La dottrina122 afferma che in tal modo il legislatore abbia voluto applicare il principio di vicinanza della prova. Tale principio troverebbe applicazione in quanto esonera l’investitore dal dimostrare circostanze verso le quali non può avere una cognizione diretta e completa in quanto attinenti alla sfera dell’intermediario.

Se è pacifico spetti all’investitore l’onere di provare la condotta scorretta tenuta dall’intermediario ed il danno subito,123 alcune problematiche sono sorte in merito alla dimostrazione del nesso di casualità tra il danno subito dal cliente e l’inadempimento dell’intermediario. Nel dimostrare la sussistenza del nesso causale, il cliente deve dimostrare che il danno è conseguenza “diretta” della violazione dell’intermediario. La dottrina124

afferma così che, vista l’alea di incertezza che riguarda i prodotti finanziari, la domanda dell’investitore deve avere fondamento in una “anomalia” della perdita. La causalità sarebbe così rinvenibile nel fatto che il cliente è stato esposto a rischi intrinseci al prodotto suggerito, e quindi inappropriati al proprio profilo di rischio. Rileverebbe così una sconvenienza dell’operazione suggerita la quale è direttamente connessa ad una responsabilità diretta dell’intermediario, scongiurando così eventuali richieste di risarcimento infondate da parte dei clienti. Per l’investitore potrebbe non essere affatto facile dimostrare che il danno subito sia conseguenza diretta dell’inadempimento dell’intermediario. Fu così che parte della dottrina,125

nel tentativo di attribuire all’articolo 23 comma 6 del TUF una vera e propria inversione dell’onere della prova, affermava che tale norma fosse atta ad esonerare il risparmiatore dalla dimostrazione

120 Tribunale di Palermo, 17.01.56, ww.ilcaso.it Sez. Giur. Doc. 76

121 Cedon P., in Trattato dei nuovi danni, Vol. IV, Danni da inadempimento responsabilità del professionista lavoro

subordinato, Cedam, Torino, 2011, p. 214; Giordano R., in L’istruzione probatoria nel processo civile, Giuffrè, Milano, 2013, p. 51

122 B. Inzitari,V. Piccinin La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Cedam, 2008, Milano, p. 171 123

Tribunale di Mantova, 15.03.2005, in www.ilcaso.it, Sez. Giur. Doc. 57

124

Barcellona M., Mercato mobiliare e tutela del risparmio, l’intermediazione finanziaria e la responsabilità di banche e Consob, Giuffrè, Milano, 2009, p.60

125 Cedon P., in Trattato dei nuovi danni, Vol. IV, Danni da inadempimento responsabilità del professionista lavoro

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della sussistenza del nesso di causalità. Tale tesi era sostenuta anche dalla giurisprudenza,126 la quale affermava spettasse all’intermediario dimostrare che non vi è alcuna relazione di causalità tra il danno e l’inadempimento. L’investitore verrebbe così ampliamente facilitato, in quanto dovrebbe limitarsi a dimostrare il danno subito e la condotta scorretta dell’intermediario. In merito vi era una seconda corrente dottrinale, la quale distingueva il caso in cui l’intermediario non si fosse astenuto dal compiere un’operazione da tutte le altre possibili ipotesi di condotta scorretta. Secondo tale dottrina,127 la quale trova sostegno anche nella giurisprudenza128, solo nelle ipotesi specifiche di violazione degli obblighi d’astensione da parte dell’intermediario, il cliente sarebbe esonerato dalla dimostrazione del nesso causale. Detto di tali tesi, vi è a dire che la dottrina129 riporta come la maggioranza della giurisprudenza affermi che l’inversione debba operare in via esclusiva sul piano probatorio, “mentre non introduce alcuna inversione o facilitazione dell’onere”,130 il quale deve restare a carico di chi agisce in giudizio. Concludendo quindi, si può affermare che nel giudizio di risarcimento danni promosso nei confronti dell’intermediario spetti al cliente provare il danno subito ed il nesso eziologico131 tra il pregiudizio subito e la condotta scorretta dell’intermediario. Viceversa, all’intermediario non basterà dimostrare l’inesistenza del nesso casuale, ma dovrà dimostrare di aver osservato una condotta conforme agli standard di diligenza ai sensi dell’articolo 21 lettera a) del TUF nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori prestati al cliente. 132

Va in fine rilevato che l’articolo 23 comma 6 del TUF è ritenuto norma inderogabile,133 quindi eventuali clausole contrattuali, concordate dalle parti, volte a farla venir meno comporterebbero l’invalidità dell’atto stipulato tra le parti.

126 Tribunale di Rimini, 06.05.07, ww.ilcaso.it Sez. Giur. Doc. 604

127 Cedon P., in Trattato dei nuovi danni, Vol. IV, Danni da inadempimento responsabilità del professionista lavoro

subordinato, Cedam, Torino, 2011, p. 216

128 Tribunale di Venezia, 28.02.08, ww.ilcaso.it Sez

129 Cedon P., in Trattato dei nuovi danni, Vol. IV, Danni da inadempimento responsabilità del professionista lavoro

subordinato, Cedam, Torino, 2011, p. 215. E Durante F., Intermediari finanziari e tutela dei risparmiatori, Giuffrè, Milano 2009, p. 384

130 Tribunale di Roma, 17.11.05, ww.ilcaso.it Sez. I, Giur. Doc. 298/2005

131 Tribunale di Milano, 25.06.05, www.ilcaso.it Sez. I, Giur. n. 429 Doc. 349/2006 il quale afferma che a rilevare

sarebbe anche l’eventuale concorso di colpa del creditore ai sensi dell’articolo 1227 cc.

132 Tribunale di Palermo, 17.02.06, ww.ilcaso.it Sez. I

133 Sangiovanni V. in Contratto d’intermediazione finanziaria,05.05.2011, Magistra banca e finanza, Rivista di Diritto

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