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CAPITOLO TERZO: I RIMEDI CIVILISTIC

2. INQUADRAMENTO DELLA PROBLEMATICA

Preso atto che il comportamento scorretto da parte degli intermediari configura un illecito civile, e quindi comporta delle conseguenze in materia di responsabilità civile, possiamo individuare quali siano state le forme di comportamento scorretto più frequenti.

Le tipologie di regole di condotta violate sono 5: know your costumer rule; know your merchandise rule, l’operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati, ed infine quanto disposto in riferimento alla valutazione di adeguatezza nonché in materia di conflitto d’interesse. I primi tre comportano veri e propri obblighi informativi, i secondi obblighi d’astensione al verificarsi di determinate valutazioni e situazioni.

Dalla disamina del capitolo precedente abbiamo visto come il quadro normativo si sia evoluto e sia destinato ad evolversi ulteriormente nel 2017, a seguito dell’emanazione della direttiva MiFID II e del regolamento MiFIR. Tuttavia, come fa notare la dottrina212, seppur in riferimento al passaggio da ante a post MiFID, ma sulla base di argomenti a mio parere estendibili anche alla futura evoluzione della normativa, l’evoluzione della disciplina nel tempo è stata atta a “modificare la disposizione e non la norma”; quindi vi sarebbe stata una modifica del testo normativo e non del contenuto. In tale ottica le 5 regole sopra richiamate sono rimaste ferme nelle loro funzioni. L’evolversi della disciplina ha portato delle specificazioni e degli adattamenti volti a migliorarne l’efficacia.

212 A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti d’intermediazione dopo le Sezioni Unite; I contratti, n. 4/2008 p.

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La stessa dottrina, pur ricordando come il principio ubi tacuit noluit faccia propendere per la variazione del contenuto, afferma, a mio parere a ragione, non siano variati i doveri imposti all’intermediario dalla normativa per due ragioni.

In primis il rispetto delle 5 regole generali sopra indicate sarebbe l’unico modo che ha l’intermediario per adempiere ai principi generali enunciati dall’art. 21 comma 1 lett. a) del TUF. In secondo luogo, è vero che l’evoluzione della normativa ha portato ad una specificazione dei doveri posti in capo agli intermediari, soprattutto in riferimento a quanto disposto dalla disciplina secondaria. Tuttavia si ritiene siano state mantenute ferme le regole generali sopra indicate.

Ciò ci permette di valutare i rimedi esperibili a prescindere dal periodo storico e prescindendo dagli aspetti evolutivi che si sono susseguiti nella disciplina dell’intermediazione finanziaria.

In merito ai rimedi esprimibili al verificarsi di un comportamento scorretto da parte degli intermediari, la disciplina non offre alcun riscontro in espresse disposizioni normative. Infatti la disciplina in esame, come fa notare gran parte della dottrina213, è volta a regolare l’attività dell’intermediario ed il rapporto tra questi e l’investitore. Non disciplina però, ad eccezione dell’art. 23 del TUF relativo alla disciplina dei contratti, quali sono le sanzioni prospettabili in relazione al comportamento scorretto dell’intermediario.

La mancata disposizione normativa di una fattispecie univoca aveva generato nella giurisprudenza il proliferare di provvedimenti giudiziari che ricollegavano ad una stessa violazione dell’intermediario effetti diversi, o che comunque seguivano linee argomentative differenti.

Come vedremo, andarono a delinearsi nella giurisprudenza, come nella dottrina, due correnti contrapposte. Infatti le primissime sentenze dei giudici di merito, in riferimento ai casi sopra citati, si pronunciarono a favore dell’istituto della nullità virtuale ai sensi dell’art. 1418 cc.

Diversamente sentenziarono altri giudici che vedevano come conseguenza alla condotta scorretta dell’intermediario una responsabilità per inadempimento facendo così riferimento ai c.d. rimedi risarcitori. Questa poteva configurarsi come responsabilità precontrattuale o contrattuale, a seconda del momento in cui avveniva la violazione rispetto alla stipula del contratto. Qualora fosse riscontrata una certa gravità nell’inadempimento alla responsabilità contrattuale poteva far seguito la risoluzione del contratto. Una minoranza della giurisprudenza optò per la declaratoria dell’annullamento.

213 A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti d’intermediazione dopo le Sezioni Unite; I contratti, n. 4/2008 p.

394; B. Inzitari,V. Piccinin La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Cedam, 2008, Milano, p. 140; V. Sangiovanni, La violazione delle regole di condotta dell’intermediario finanziario fra responsabilità

precontrattuale e contrattuale, I contratti n. 12/2006 p. 1134; A. Bertolini, Risparmio tradito: una riflessione tra teoria generale del contratto e disciplina dei mercati, p. 339; anche Guerinoni, Contratti d’investimento e responsabilità degli intermediari, Il Corriere Giuridico, Ipsoa, p. 255

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Come vedremo, un ruolo determinante in riguardo ai rimedi esperibili è dato alle sentenze della Cassazione. L’orientamento giurisprudenziale favorevole alla nullità poggiava sull’istituto della nullità virtuale, richiamato dalla sentenza della Cassazione n. 3072 del 2001214 la quale elevava l’art. 1418 comma 1 a principio di carattere generale.

La querelle giurisprudenziale relativa ai rimedi esperibili in caso di violazione degli obblighi di comportamento gravanti sull’intermediario finanziario fu affrontata per la prima volta dalla Cassazione con sentenza n. 19024 del 29 settembre 2005.215 Questa limitò l’ambito di applicazione dell’istituto della nullità virtuale e affermò come, il comportamento scorretto dell’intermediario, configurasse un inadempimento di natura precontrattuale o contrattuale.

La giurisprudenza non si allineò alla sentenza della cassazione del 2005. Tant’è che la medesima Cassazione il 16 febbraio 2007216 si dichiarò favorevole all’applicazione dell’istituto della nullità virtuale nell’ordinanza n. 3683. Tramite tale ordinanza si rimise alle Sezioni Unite il compito di trovare una soluzione al rilevato contrasto giurisdizionale interno alla Corte, sollecitandone l’intervento in chiave “nomofilattica”. Si giunse così alle c.d. sentenze Rordorf217

del 2007 che, confermando quanto già sostanzialmente sancito dalla Cassazione nel 2005, affermarono come la violazione delle regole di comportamento degli intermediari potesse comportare una responsabilità precontrattuale o contrattuale per inadempimento, escludendo così l’uso dell’istituto della nullità virtuale.