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Criticità e prospettive del sistema agricolo molisano

Nel documento L'agricoltura del Molise : rapporto 2010 (pagine 183-198)

6. Le prospettive per i principali comparti produttivi molisani

6.2 Il futuro delle politiche e la definizione delle strategie

6.2.2 Criticità e prospettive del sistema agricolo molisano

Il sistema agricolo regionale evidenzia una diffusa “dipendenza” da varie componenti esogene (politiche di settore, mercato, innovazione, imprenditorialità, capitali, …); nel contempo, tuttavia, esso denota la presenza di un consistente potenziale endogeno, che attende di essere attentamente individuato e adeguatamente valorizzato. Alcuni esempi di tale potenziale possono essere sommariamente ricondotti sia alla conservazione di un

183 ambiente naturale a cui l’agricoltura, già ben integrata, continua ad essere funzionale, che all’ampia diffusione di tradizioni e competenze nella produzione e trasformazione agroalimentare di prodotti di qualità riconosciuta.

Assumere tale consapevolezza implica, quindi, la necessità di invertire le modalità di approccio al governo del settore agricolo, ovvero, di ricercare soluzioni che consentano la sostituzione di atteggiamenti passivi, sottesi al mero recepimento degli indirizzi politici imposti dall’esterno, con nuovi modelli di organizzazione territoriale della governance, capaci di stimolare atteggiamenti pro-attivi degli attori più tradizionali, nonché l’integrazione e la cooperazione di questi con i vari stakeholders (Gal, distretti rurali e distretti agroalimentari di qualità, parchi agricoli e/o alimentari, contratti di filiera e/o consorzi di tutela, ecc.).

Il territorio, dunque, costituisce l’elemento chiave per l’individuazione dei nuclei di risorse, di attività e di interessi (privati e pubblici), più adatti ad un progetto di sviluppo condiviso e partecipato, su cui stabilire l’ordine prioritario dei bisogni e degli obiettivi, che possono differire anche in modo marcato nell’ambito dei medesimi confini amministrativi (regionali o provinciali). Porre al centro del processo di programmazione il territorio non è (non dovrebbe essere) un’esperienza nuova. Tuttavia, tale impostazione è apparsa, sovente, condizionata da scelte politiche che non hanno tenuto conto, nel modo dovuto, di criteri basati sulle omogeneità naturali e socio-economiche nella delimitazione dei territori oggetto delle politiche di sviluppo. Tale modalità di individuazione del target ha finito, quindi, per depotenziare il vantaggio competitivo su cui, e in ragione del quale, dovrebbe, invece, fondarsi la politica di consolidamento e di valorizzazione di un sistema locale. Tale politica di sviluppo locale, infatti, non è riuscita sinora a invertire le dinamiche negative delle componenti demografiche (punto di debolezza identificato nel quadro sinottico, riportato alla fine del paragrafo, con D1) o la riduzione della base produttiva agricola, specie nelle aree più marginali (D3, D12 e D15), né ha sostenuto sufficientemente lo sviluppo di nuovi modelli produttivi (D5, D17 e D18).

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, risulta fondamentale riconoscere i fattori di dipendenza del sistema agricolo molisano, al fine di individuare le

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modalità o le strategie attraverso cui progettare l’emancipazione dagli stessi (riducendo gli effetti derivanti dalle minacce M1, M3, M4 e M5). Il presente lavoro, nei vari capitoli, ha mostrato innanzitutto l’esistenza di una forte dipendenza nei confronti dei trasferimenti finanziari assicurati dall’attuale regime di aiuti pubblici (dal FEAGA, dal FEASR e anche dal FESR), affidandosi per lo più ad interventi basati su sostegni automatici (D6), che ha ritardato la ricerca di nuovi posizionamenti commerciali delle aziende, nell’ambito di uno scenario sempre più competitivo, in continuo e profondo mutamento. Tale condizione è particolarmente allarmante se osservata nella prospettiva delle (sicure) trasformazioni dei regimi di pagamento, che l’avvio del nuovo processo di riforma della PAC ha appena annunciato.

La dipendenza esogena del sistema agricolo molisano si manifesta, oltre che nelle diverse modalità di sostegno del settore attraverso risorse pubbliche, anche nella prevalenza di filiere in cui emergono comportamenti opportunistici e nelle quali il controllo è prevalentemente extra-regionale. Tale struttura – presente soprattutto nei comparti orticolo, cerealicolo, vitivinicolo e avicolo – oltre a penalizzare gli elementi più deboli della filiera (le aziende agricole), impedisce di innescare ulteriori processi di sviluppo del territorio. In tale contesto, la fase produttiva, generalmente poco specializzata e quindi “facilmente rimpiazzabile” da altri mercati, in assenza di investimenti specifici, finisce con l’assumere un ruolo secondario, con un potere di decisione ridotto e asimmetrico e con la conseguente ridotta partecipazione alla redistribuzione del valore aggiunto.

Altre forme di dipendenza del sistema agricolo molisano sono state osservate, inoltre, nella diffusa subalternità del settore primario nei confronti dell’industria e della distribuzione, settori responsabili di una progressiva riduzione della libertà delle scelte produttive e della compressione dei redditi delle aziende agricole (debolezze indicate nei punti D7, D8, D9, D10, D11 e D13). Tale dipendenza ha reso le stesse molto più vulnerabili rispetto al passato, in quanto ha ridimensionato lo stock di risorse proprie (riduzione dei livelli di capitalizzazione, D4), necessario per progettare e implementare una qualunque strategia di emancipazione.

I principali elementi di forza del sistema agricolo molisano emersi dallo studio sono riconducibili, invece, alla permanenza di un ecosistema poco alterato e

185 alla perpetuazione delle tradizioni contadine dimostrate dallo stesso. La prima, consentendo il facile ripristino dei sistemi ecologici preesistenti alla “modernizzazione” dell’agricoltura (favorita dalla prima fase della PAC, mediante il meccanismo di garanzia automatico dei prezzi), offre la concreta possibilità di diversificare le attività, quindi i redditi delle aziende, attraverso le varie declinazioni della green economy, dei prodotti di qualità e del turismo (opportunità identificate in O2 o punti di forza F5 e F15). La seconda, invece, può rappresentare un discreto vantaggio competitivo nei riguardi delle altre regioni. A tal fine, è necessario spostare l’attenzione sulle opportunità progettuali offerte dal II Pilastro, cercando di coniugare in maniera efficiente i vincoli previsti dalla futura riforma della PAC (subordinazione di una parte degli aiuti diretti a comportamenti “virtuosi”) con le decisioni di investimento e/o di organizzazione aziendale (O1, O4, O5 e O6). Un ruolo fondamentale, in tal senso, potrà essere svolto dai policy makers, chiamati, rispetto al passato, ad un ruolo più attivo (o pro-attivo), determinato dalla possibilità di indirizzare parzialmente le risorse del I Pilastro (aiuti accoppiati) verso alcuni settori o sistemi di produzione ritenuti strategici.

Le prospettive di riforma della politica comunitaria, pur proponendo strumenti di intervento consolidati, introducono delle ipotesi di redistribuzione dei plafond finanziari che potrebbero modificare significativamente l’assetto attuale dell’intervento pubblico, influenzando i diversi interessi specifici in gioco.

Tale scenario obbligherebbe il decisore pubblico alla definizione di un quadro di scelte che tenga conto delle possibili destinazioni alternative delle risorse finanziarie attivabili (più limitate?) e che inseriscano compiutamente il settore agricolo nel quadro delle scelte relative allo sviluppo economico complessivo della regione, senza ridimensionare il ruolo e le funzioni degli strumenti settoriali di programmazione.

Va osservato che il nuovo scenario di riforma della PAC, individuato sia dalla Commissione che dal Parlamento Europeo, tende a privilegiare: a) la flessibilità degli strumenti di attuazione delle politiche, in particolare nel I Pilastro (aiuto parzialmente accoppiato); b) la diversificazione degli obiettivi in funzione delle differenze economico-geografiche del territorio amministrato; c) il riequilibrio del potere contrattuale all’interno delle filiere.

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In considerazione di ciò, una prima linea di intervento a disposizione del decisore pubblico è quella di promuovere l’individuazione condivisa e partecipata degli obiettivi produttivi nell’ambito di ogni settore, al fine di favorire lo sviluppo integrato del sistema agricolo. In tal modo, potrebbero ridimensionarsi gli elementi di debolezza che caratterizzano diversi comparti, da quello cerealicolo a quello orticolo, consolidando e rafforzando nel contempo elementi di forza rappresentati da quelle produzioni che da sempre rappresentano il Molise e che già trovano riconoscimento oltre i confini regionali (F2, F5, F6, F7 e F9). Le garanzie sulla collocazione delle produzioni, inoltre, possono rilanciare facilmente comparti già “attrezzati”, come quello delle colture orticole e industriali.

Una ulteriore leva è costituita da tutti quei meccanismi, previsti specialmente nell’ambito delle politiche strutturali, che favoriscono la partecipazione della fase produttiva alla trasformazione (e valorizzazione) delle produzioni primarie aziendali. È questa la possibile strada per valorizzare gli investimenti fatti nel settore vitivinicolo - come la ristrutturazione del potenziale produttivo e la promozione di vitigni autoctoni - come pure nel campo dei prodotti lattiero-caseari o della lavorazione delle carni (F8, F10, F11 e F12) Anche l’attivazione dei fattori della produzione nelle aree maggiormente vocate e lo sfruttamento delle infrastrutture e delle competenza esistenti possono rappresentare un formidabile strumento di indirizzo (F1, F3, F4, F14 e F16), che si può concretizzare mediante il potenziamento dell’offerta dei servizi di formazione e di finanziamento, nonché di consulenza tecnica, economica e finanziaria.

Un quadro di insieme delle minacce/opportunità e dei punti di forza/debolezza del sistema agricolo molisano è proposto nel prospetto successivo, secondo il noto schema dell’analisi SWOT.

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Quadro sinottico dell’analisi SWOT

Minacce Opportunità

M1. Ridimensionamento finanziario PAC M2. Perdita di specificità del II pilastro M3. Riduzione aiuti disaccoppiati

M4. Ulteriore riduzione degli interventi di mercato M5. Massimali per grandi aziende

M6. Ulteriori spinte verso mega impianti eolici e fotovoltaici

O1. Aiuti accoppiati “ecologici” e per esternalità O2. Interventi in green economy

O3. Interventi per riequilibrio potere mercato nelle filiere

O4. Coordinamento interventi sviluppo rurale con altre politiche

O5. Focalizzazione territoriale degli interventi di sviluppo rurale

O6. Flessibilità degli strumenti

Punti di debolezza Punti di forza

D1. Dinamica demografica aree marginali e implicazioni sul tessuto sociale

D2. Minor incidenza dell’export alimentare D3. Riduzione base produttiva agricola specie aree

marginali

D4. Riduzione dei livelli di capitalizzazione D5. Sottoutilizzazione irrigazione

D6. Prevalenza di interventi basati su sostegni “automatici” (pagamento unico aziendale, indennità compensative, ecc.)

D7. Scarsa integrazione della filiera cerealicola D8. Elevata incertezza della filiera delle industriali D9. Dipendenza della filiera orticola da input,

imprenditorialità e circuiti commercializzazione esterni e limiti irrigazione

D10. Parziale (e ridotto) riconoscimento di valore per buona parte delle produzioni vitivinicole D11. Scarsa capacità di valorizzazione commerciale

delle produzioni olivicole regionali

D12. Difficoltà degli allevamenti bovini nelle aree marginali legati al contesto ed alla manodopera D13. Approvvigionamenti extraregionali di latte D14. Scarse prospettive dell’allevamento suino legate

alle difficoltà di diffusione di modelli sostenibili D15. Difficoltà degli allevamenti ovini nelle aree

marginali legati al contesto ed alla manodopera D16. Dipendenza delle attività avicole da input, regia

industriale e circuiti commercializzazione esterni

D17. Non sufficiente sviluppo delle attività connesse nel campo dei servizi del verde e del territorio D18. Limitato sviluppo di micro filiere bioenergetiche

F1. Relativa mobilità delle risorse fondiarie delle aree marginali e aree pascolo

F2. “Solidità” export derivati cereali ed enologici F3. Allineamento modelli aziendali al quadro

nazionale

F4. Buona rete di contoterzismo

F5. Diffusione e adattamento di processi produttivi a basso impatto

F6. Tradizione e competenze nella trasformazione cereali

F7. Buona produttività orticoltura, specificità produttive, e qualità dei prodotti

F8. Recupero vitigni autoctoni, buon livello impianti

F9. Diffusione dell’olivicoltura e tradizioni familiari; buona qualità e specificità produzioni, rete frantoi

F10. Tenuta degli allevamenti da carne bovina locali a bassa intensità e dei circuiti locali di utilizzazione

F11. Crescita della zootecnia da latte a supporto di una rete di aziende di trasformazione F12. Diffusione piccoli allevamenti suini e buona

qualità dei trasformati

F13. Tenuta allevamenti ovini e loro consistenza F14. Sviluppo di imprenditorialità e competenze

locali in campo avicolo

F15. Consistenza e ruolo importante di alcune attività connesse (agriturismo, etc.) F16. Tradizione e diffusione dell’uso di derivati

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Appendice

Indicatori strutturali ed economici e indici di efficienza delle aziende RICA in Molise, per gli anni dal 2003 al 2009.

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Finito di stampare nel mese di ottobre 2011

Presso la tipolitografia Fotolampo – Tel 0874.65276 – Campobasso -763/11-

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