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L’evoluzione dello scenario produttivo

Nel documento L'agricoltura del Molise : rapporto 2010 (pagine 177-181)

6. Le prospettive per i principali comparti produttivi molisani

6.1 Le principali evidenze emerse

6.1.2. L’evoluzione dello scenario produttivo

Negli ultimi decenni si sono realizzati, dunque, importanti cambiamenti nella composizione in valore delle produzioni agricole regionali, tra le quali cresce l’incidenza di quelle zootecniche a scapito delle coltivazioni. L’assetto risultante – che si differenzia marcatamente da quello delle altre regioni meridionali, ed in buona misura anche da quello nazionale – si caratterizza per il peso contenuto delle ortive e delle legnose, per la significativa incidenza delle attività connesse e per il ruolo centrale assunto dai prodotti della zootecnia, in particolar modo quelli carnei.

Come ampiamente sottolineato nei capitoli precedenti tali cambiamenti sono in buona misura il frutto di diverse sollecitazioni, tra le quali va ribadito il ruolo centrale delle politiche di intervento più recenti che, pur garantendo il sostegno, hanno lasciato ampi margini di riorganizzazione a livello aziendale. Naturalmente, tali cambiamenti sono la risultante delle diverse dinamiche dei comparti che costituiscono i macro aggregati ai quali si è fatto riferimento. La diminuzione del peso dei prodotti delle coltivazioni, ad esempio, è fortemente legata alla dinamica recessiva - a parte una lieve ripresa alla fine del decennio scorso connessa alla nota “bolla speculativa” – della produzione cerealicola, così come al ridimensionamento delle colture industriali, nel quadro di un andamento non particolarmente “entusiasmante” delle rimanenti produzioni vegetali, specie quelle legnose. La crescita del peso delle produzioni animali va invece ascritta in misura significativa allo sviluppo del

177 comparto avicolo, avvenuto però in maniera del tutto indipendente dalle politiche di settore.

Nel caso della cerealicoltura la dinamica richiamata è in gran parte spiegata dalla riduzione delle superfici a grano duro - che si erano in passato fortemente estese al di fuori delle aree vocate grazie al “vecchio” sistema di aiuto - anche in considerazione della riduzione della redditività legata alle dinamiche differenti che hanno caratterizzato i prezzi dei prodotti e quelli degli input necessari alla coltivazione. Per quanto le aziende meglio strutturate abbiano attuato positive strategie di riduzione dei costi, i problemi in questione permangono, anche in connessione alle difficoltà di raccordo tra la base produttiva agricola e gli utilizzatori industriali di tali materie prime presenti sul territorio.

Anche nel caso delle colture industriali, il ridimensionamento della produzione è connesso sostanzialmente alla riduzione delle superfici, a sua volta riconducibile ai cambiamenti intervenuti nei regimi di aiuto delle colture maggiormente rappresentative del comparto (girasole e barbabietola da zucchero). Pure in questo caso le aziende coinvolte sembrerebbero essere riuscite, attraverso una opportuna razionalizzazione dell’impiego dei fattori produttivi, a riportare la redditività a livelli accettabili.

Nonostante il buon livello di infrastrutturazione irrigua, il comparto orticolo ha mostrato una crescita limitata delle superfici investite. Nel contempo, tuttavia, lo stesso comparto ha manifestato un significativo incremento di produttività, associato a considerevoli processi di cambiamento, sia sul versante della specializzazione produttiva (con l’emergere di alcune colture quali finocchio e insalate), sia su quello dell’organizzazione aziendale. A quest’ultimo riguardo si è osservato l’affermarsi, da un lato, di processi di selezione delle imprese in base alla dimensione produttiva e, dall’altro, di modelli organizzativi coordinati da imprenditorialità esterne, basati sull’affitto temporaneo e collegati a circuiti extraregionali di lavorazione e commercializzazione.

Per quanto concerne il comparto vitivinicolo – sul quale si è indubbiamente molto puntato anche attraverso il recupero dei vitigni autoctoni – si rilevano processi di diminuzione, soprattutto delle aziende coinvolte; più contenuta è

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invece la riduzione delle superfici. Ancora limitata appare la trasformazione realizzata presso le aziende agricole, che, nonostante i significativi livelli di produttività raggiunti, sperimentano problemi di redditività (legati anche alle quotazioni stagnanti dei prodotti) rispetto ai quali non è semplice praticare strategie di riduzione dei costi, data la complessità e le esigenze della coltura ai fini della realizzazione di produzioni di qualità. Va segnalato l’affermarsi di una doppia fisionomia assunta dalla fase produttiva: una parte consistente di essa rimane ancora strettamente legata alle strutture di trasformazione (cooperative e private); una restante parte, che si va sempre più affermando anche grazie agli interventi pubblici a sostegno dell’ammodernamento aziendale, procede direttamente a valorizzare le proprie produzioni, beneficiando delle ricadute economiche.

Anche per quello che concerne il comparto olivicolo si registra una qualche diminuzione delle aziende interessate, nel quadro di una sostanziale stabilità delle superfici. In termini quantitativi la produzione – pur interessata dai ben noti fenomeni di alternanza – ha mostrato un certo incremento, anche se il valore di tale produzione, in relazione allo sfavorevole corso dei prezzi, non è risultato in crescita. L’olivicoltura molisana rimane comunque sempre imperniata su un vasto tessuto di piccoli appezzamenti, la cui coltivazione è in gran parte orientata verso i consumi familiari. Per tale ragione – pur potendosi avvalere di una buona rete di impianti di estrazione – il sistema olivoleicolo regionale riesce a valorizzare solo in parte la buona qualità degli oli prodotti, in gran parte venduti sfusi. In questo quadro per le aziende agricole specializzate un minimo di redditività è possibile solo grazie al limitato grado di intensità dei processi di coltivazione.

Il “sorpasso” delle produzioni animali sulle coltivazioni deve molto alla tenuta del comparto bovino, in primo luogo in termini di capi allevati. Anche in questo settore si sono verificati significativi processi di cambiamento, che hanno portato ad un incremento della concentrazione e della dimensione degli allevamenti. Prevale l’attitudine produttiva da latte, anche se non è possibile individuare un modello organizzativo prevalente: accanto all’allevamento da latte intensivo convive quello a ciclo chiuso a “bassa” intensità, con duplice attitudine (latte e carne), che trova un importante supporto nelle possibilità di pascolo, presenti nelle aree marginali, dove si

179 trova localizzata una gran parte delle aziende coinvolte e dove è stato possibile operare strategie di riduzione del carico per superficie, in sintonia con gli indirizzi della regolamentazione. Negli ultimi anni - a seguito dell’evoluzione della Organizzazione di Mercato - hanno riacquisito un ruolo significativo gli allevamenti da latte, la cui produzione viene prevalentemente trasformata da una rete di caseifici presenti sul territorio e che trova nei circuiti locali lo sbocco principale delle proprie produzioni. Occorre tuttavia segnalare come per la realizzazione delle produzioni lattiero casearie risulti necessaria una quantità significativa di materia prima di origine extraregionale.

Oltre alle dinamiche del comparto bovino le performance delle produzioni animali vanno connesse anche alla sostanziale tenuta dell’allevamento ovino, che assume un rilievo consistente commisurato alla dimensione regionale e di quello suino legato soprattutto alle tradizioni familiari. Come evidenziato più volte, però, la crescita del peso delle produzioni animali trova la sua spiegazione principale nella espansione della produzione avicola, soprattutto polli da carne, che viene realizzata in capannoni di tipo industriale. Il Molise si caratterizza oramai in questo campo per una elevata dimensione (e specializzazione) produttiva, anche se il numero di aziende coinvolte è ovviamente abbastanza limitato. A parte una parentesi legata alla “emergenza” aviaria, il comparto appare in espansione, in relazione all’andamento dei consumi ed ai buoni risultati economici conseguiti dalle aziende interessate. Tuttavia, nel quadro delle relazioni molto articolate che sottendono la produzione dei broilers, il Molise rappresenta piuttosto una localizzazione preferenziale per determinati segmenti del ciclo produttivo, che un nodo strategico di governo del know how del sistema complessivo. Di significativo rilievo, infine, è oramai il ruolo giocato nell’agricoltura regionale dai servizi connessi (soprattutto contoterzismo) e dalle attività secondarie agricole (agriturismo e trasformazione), in particolare come “ammortizzatori” dei rischi della specializzazione produttiva e come elemento di diversificazione del reddito delle aziende localizzate nelle aree in ritardo.

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Nel documento L'agricoltura del Molise : rapporto 2010 (pagine 177-181)