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Capitolo 3 Customer Relationship Management e Marketing esperienziale quali strumenti evoluti per coinvolgimento e fidelizzazione del cliente.

3.1 Il Customer Relationship Management

Abbiamo fin qui compreso come le banche retail abbiano progressivamente sviluppa- to una logica di relazione con il mercato basata sull'idea che la domanda del cliente vada interpretata e soddisfatta non come occasionale espressione di uno specifico bi- sogno di un altrettanto specifico servizio finanziario, ma come manifestazione di una serie di momenti diversi della vita individuale o di impresa che si snodano nel tempo nell'ambito di progetti volti al conseguimento di un vantaggio di ordine economico. In conseguenza di ciò il cliente di una banca non assume di regola la veste di un acqui- rente ma si configura come la controparte di un'intesa le cui finalità e i cui contenuti variano in funzione di quelli che sono i bisogni e le attese di tale soggetto. Di qui la necessità di una soluzione commerciale non soltanto incentrata sull'instaurazione di un forte clima relazionale, ma anche dotata di strumenti idonei a dar vita a circuiti bidire- zionali di informazioni che rendano la proposta sempre coerente con le specifiche ca- ratteristiche del singolo cliente, con le sue aspettative e la sua propensione al rischio. Uno degli strumenti per gestire in tale ottica la relazione con il mercato è il Customer Relationship Management che:

consente di sostenere il momento commerciale attraverso strumenti innovativi ri- spetto alle logiche proprie della tradizione bancaria;

ridefinisce i criteri di approccio ai bisogni della clientela attraverso una fase preli- minare di conoscenza del cliente seguita da più avanzati momenti di interpretazio- ne di risposta. Ciò al fine di creare valore per il cliente secondo un progetto che il cliente stesso esprime e rispetto al quale la banca è chiamata a fornire le soluzioni in termini di adeguatezza30.

Secondo un’accezione ristretta, il CRM è un sistema di interazione con i clienti che in- tegra i dati provenienti dai diversi canali di contatto in un’unica base dati condivisa da

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ogni area dell’azienda preposta al contatto con il cliente: marketing, vendite, customer service.

Secondo una visione più ampia, il CRM è l’insieme di strategia, processi, cultura e tecnologia, che consente alle organizzazioni di incrementare le performance ed aumen- tare il valore attraverso una migliore comprensione dei bisogni dei clienti.

Trattasi dunque di un approccio integrato che permette all’azienda di mirare e diffe- renziare gli sforzi e gli investimenti finalizzati ad identificare, acquisire, sviluppare, fi- delizzare i clienti in modo profittevole, facendo leva sulla conoscenza approfondita ed integrata delle loro caratteristiche, motivazioni e comportamenti, modulando le azioni di Marketing, Vendita e Servizio rispetto alla diversità di specifici segmenti di cliente- la e microzone geografiche.

La presenza di molteplici definizioni di CRM trova giustificazione, come rilevato da esperti sul tema, nel fatto che, nel momento in cui ci si trova ad affrontare la sfida di un progetto CRM, le variegate dinamiche in esame rendono estremamente difficile formulare un’esatta definizione dello stesso.

Possiamo tuttavia affermare che il CRM non è solo tecnologia, benché essa rappre- senti un importante fattore abilitante; non è solo attività di marketing, poiché coinvol- ge tutta l’organizzazione in un cambiamento che è innanzitutto di tipo culturale, spo- stando il focus da una concezione del mercato trainata dal prodotto/servizio ad una guidata dal cliente.

Il CRM in definitiva riguarda l’azienda e la sua vision nel complesso: è un concetto strettamente legato alla strategia, all’integrazione tra processi aziendali, alla comuni- cazione, alle persone e alla cultura. L'obiettivo è in sintesi quello di abbracciare, in un ambito unitario, l’intera catena del valore della relazione di clientela:

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I. la fase di acquisizione dei clienti, per massimizzarne i risultati (at- trazione);

II. la fase di gestione del cliente appena acquisito, per “condurlo a bordo” nel modo più efficace (soddisfazione);

III. la fase di gestione del rapporto con i clienti, per massimizzare la durata del loro ciclo di vita con l’azienda e la loro “share of wal- let” ( cioè la quota degli acquisti che il cliente effettua dal mede- simo istituto, in relazione alla sua spesa totale in una specifica categoria di prodotto/servizio - fidelizzazione);

IV. la fase di retention dei clienti, per ridurre al minimo il flusso di uscita dei clienti(personalizzazione);

V. la fase di de-marketing, per rendere efficace l’azione di distacco dai clienti che hanno ormai concluso il ciclo di vita con l’azienda e il cui apporto reddituale è ormai azzerato o persino negativo.

Per sostenere la descritta catena del valore, il CRM conduce alla costruzione di una se- rie di processi operativi tra i quali i principali sono:

a. La gestione dei dati (data management), per gestire nel modo migliore il patri- monio informativo sui clienti: rappresenta il fulcro del CRM;

b. La segmentazione della clientela, per individuare chi sono i clienti, come si ca- ratterizzano, cosa domandano e inserirli in gruppi omogenei;

c. La formulazione di proposizioni di valore: la definizione dei pacchetti di offerta di prodotti/servizi il più possibile adatti ai segmenti di clientela individuati, che consente di ottimizzare l’offerta proponendo ai clienti solo i prodotti più vicini alle loro preferenze e, nello stesso tempo, di ridurre i costi di produzione, dato che i volumi di produzione sono dimensionati rispetto ai corrispondenti seg- menti e non all’intera base dei clienti, evitando sprechi;

d. La gestione dei processi: l’integrazione tra marketing, vendite e customer servi- ce;

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e. La gestione dei canali: il multi-channel management, che permette di individua- re il canale che ottimizza il collocamento del prodotto sul mercato minimizzan- do i costi e, quindi, rendendo concorrenziali i prezzi.

Figura 3.1 I processi operativi del CRM come strumento a supporto della catena del va- lore della gestione del cliente

Fonte: elaborazione da Gemini Consulting

Vediamo nel dettaglio le fasi che compongono la catena del valore della relazione di Clientela ; passeremo poi ad esaminare i processi operativi del CRM.

I. Acquisizione del cliente

Il processo di acquisizione del cliente, come è noto, è piuttosto costoso: occorre quindi cercare di strutturarlo e formalizzarlo nel modo migliore, per renderlo efficace e otti- mizzare così il rapporto costi/benefici. In molti casi è consigliabile iniziare il processo

Processi de

l CRM

La catena del valore della gestione del cliente

Gestione dei dati Segmentazione Proposizioni di valore

Gestione dei processi Gestione dei canali

Acquisizione del cliente

Gestione del nuovo cliente

Gestione del rapporto col cliente

Retention

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di acquisizione con primi contatti di direct marketing (posta, telemarketing, email, promozioni, contatti diretti), a cui fanno seguito, secondo i risultati ottenuti, interventi più strutturati. Per ottenere una buona efficacia è essenziale non limitarsi ad

azioni una tantum; occorre invece dare continuità all’azione e saper investire: una campagna tipica di acquisizione dura parecchi mesi e comporta molti contatti.

Il punto di partenza per un efficace processo di acquisizione è il cosiddetto Prospect

Database (base dati su clienti potenziali), che include dati anagrafici, dati comporta-

mentali, dati di settore, dati microeconomici e territoriali e storia delle promozioni pre- cedenti. Sulla base delle informazioni elaborate con i modelli previsionali, vengono at- tivate le azioni di acquisizione sulle fasce di clienti a più alto potenziale in termini di benefici netti futuri calcolabili.

II. La gestione del nuovo cliente

Avere un processo strutturato di acquisizione del nuovo cliente è fondamentale per “portarlo a bordo” nel modo più efficace e permettere la capitalizzazione del su poten- ziale.

Nei primi mesi della relazione, infatti, il cliente è ancora incerto e più facilmente dirot- tabile sui concorrenti. D’altra parte, risulta che i nuovi clienti sono più ricettivi rispetto alle informazioni sui prodotti proposti dall’azienda, tendono ad aprire e a leggere con maggior probabilità i messaggi postali e sono più attenti alle chiamate telefoniche della banca. In breve, l’impatto delle azioni di marketing è superiore nel periodo immedia- tamente successivo all’inizio della relazione.

Dato che, mediamente, occorrono dagli otto ai dodici mesi per creare una base infor- mativa sufficiente per l’alimentazione dei modelli statistici predittivi, il miglior ap- proccio iniziale sembra essere quello di creare un processo di offerta sistematica stan- dard sulla base delle esperienze aziendali consolidate.

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III. La gestione del rapporto con il cliente

Le banche migliori gestiscono il rapporto con il cliente con un processo strutturato che si basa su analisi predittive. Lo scopo cui si tende è, da un lato, massimizzare la durata del ciclo di vita del cliente, cioè allungare il periodo durante il quale la relazione di clientela è vitale e redditizia; dall’altro, aumentare lo share of wallet del cliente, cer- cando di ampliare la gamma dei servizi per i quali egli ricorre all’azienda, eventual- mente erodendo le quote della concorrenza, ricorrendo a tecniche di cross

selling, up selling e così via31.

IV. La retention del cliente

Il processo di retention tende a ridefinire l’offerta se esiste un concreto rischio di per- dere un cliente, nel caso si tratti di un cliente redditizio. L’importanza di tale fase non va sottovalutata, dato che il costo di acquisizione di un nuovo cliente è stato stimato mediamente cinque volte superiore al corrispondente costo di mantenimento di un cli- ente acquisito, l’evidenza del rischio di abbandono da parte del cliente deriva dalla convergenza delle segnalazioni provenienti dal sistema di monitoraggio del compor- tamento del cliente, che prende in considerazione numerose variabili (ad esempio il numero di acquisti di prodotti nell’unità di tempo, il tempo trascorso dall’ultimo ac- quisto, dall’ultima visita o dall’ultima richiesta di consulenza) e dal sistema di alert, basato su dati di natura qualitativa (ad esempio la segnalazione di lamentele). Occorre poi verificare se la relazione con il cliente che appare a rischio sia una relazione ancora profittevole, oppure se il ciclo di vita sia ormai esaurito. Nel caso in cui valga la pena di trattenere il cliente, dovranno essere avviate una serie di iniziative per ridefinire l’offerta e rivitalizzare il rapporto, (rivedere le condizioni, attuare un programma di in- centivi, avviare sistemi premianti, dedicare un promotore o migliorare le informazio- ni).

31 Il modello di gestione del rapporto col cliente fa leva, generalmente, sulla raccolta e l’analisi delle informazio-

ni. Attraverso modelli statistici, tecniche di data mining e regole di induzione, vengono anticipati i bisogni e le propensioni dei clienti e vengono così definiti i prodotti più adeguati, migliorandole opportunità di contatto. O- gni contatto deve poi essere registrato e archiviato, per permettere l’aggiornamento continuo del data base: la storia dei contatti tra cliente e azienda gioca un ruolo chiave nella capacità di interpretare il comportamento futu- ro del cliente e nell’individuare quindi l’azione più adeguata.

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V. Il de-marketing

Il de-marketing è l’azione di allontanamento dei clienti che, espletata ogni possibile verifica, non appaiono più redditizi, né si ritiene lo saranno in futuro. E’ da considerare in un certo senso fisiologico che il ciclo di vita di un cliente con l’azienda possa, a un certo punto, esaurirsi.

Se, alla fine di un’accurata indagine, il cliente appare caratterizzato da un insufficiente livello di redditività e da un potenziale di evoluzione molto basso, è bene verificare le modalità per interrompere il rapporto di clientela. La prassi più ovvia consiste nel ride- finire i livelli di ricavo relativi alle operazioni condotte con il cliente in esame e i costi di erogazione del servizio. In questo modo il risultato sarà o un recupero di redditività, o l’uscita del cliente.

Emerge dunque, quale punto centrale di un processo CRM , lo sviluppo di una cono- scenza approfondita sul portafoglio clienti. Un’azienda che possiede, insieme, una tale conoscenza e gli strumenti per sfruttarla, ha la possibilità di costruire relazioni di tipo personalizzato misurando il valore e la profittabilità di ciascun segmento lungo tutta la durata del ciclo di vita della relazione stessa.

Stabilito che ad una certa categoria di clienti (“Most Valued Consumers”) va riservato un trattamento particolare (trattamento differenziato della clientela), occorre poi diffe- renziare l’offerta a seconda dei particolari comportamenti e delle specifiche esigenze del singolo cliente (personalizzazione dell’offerta).

In ultima analisi, il CRM dovrebbe consentire di definire una strategia ottimale per o- gni (micro) segmento di clientela individuato (una sorta di schema di proposta di pro- dotti/servizi e di indicazione del canale di distribuzione più appropriato) sulla base del- le informazioni catturate, memorizzate ed elaborate secondo tecniche statistiche.

L'adeguatezza della risposta fornita dalla banca per interpretare e assecondare i bisogni del cliente è il punto di partenza e di arrivo del processo che conduce alla formazione del livello di soddisfazione. Al di là di fattori contingenti, come ad esempio l'andamen- to dei mercati finanziari, che possono influire su tale livello, il cliente è più o meno

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soddisfatto della banca nella misura in cui questa ha risolto un suo problema fornendo le informazioni necessarie e impostando sulla base di queste un progetto credibile con- diviso. Attraverso questo percorso si raggiungono anche altri risultati positivi sotto i profili più diversi, di immagine, di reputazione, di retention e di profittabilità anche proiettata nel tempo.

Tracciamo di seguito le fasi del processo di realizzazione di un sistema di CRM: 1.La gestione dei dati: il fulcro del CRM

Il data management costituisce il fulcro del CRM: punto ideale di inizio e chiusura di un ciclo che si ripete in continuo. L’analisi dei dati, infatti, è il punto di partenza per il processo di segmentazione; su di esso si fonda il processo di formulazione di proposi- zioni di valore; segue la gestione dei processi e dei canali per un’interazione ottimale col cliente; infine, i feedback che si ottengono dall’interazione vanno ad alimentare la base di dati, aggiornando le informazioni a disposizione della banca.

Un tale processo può consentire alla banca di ottenere risultati significativi in termini di efficacia commerciale (acquisire nuovo clienti; conservare i clienti acquisiti; mas- simizzare il loro “lifetime value”), grazie alla possibilità di personalizzare la comuni- cazione, diagnosticare gli atteggiamenti del cliente e predire i suoi comportamenti. A condizione, però, di poter disporre di informazioni puntuali e tempestive e, quindi, di un adeguato sistema informativo che possiamo definire come “una struttura integrata di risorse hardware e di procedure, finalizzata a produrre unflusso sistematico di in- formazioni, tramite l’elaborazione di dati provenienti da fontiinterne ed esterne, idonee a supportare i processi decisionali” 32.

I dati rappresentano la materia prima necessaria per la produzione di informazioni; essi sono di duplice natura: vi sono i dati originati internamente dalla banca, alimentati in maniera continua dall’interazione del cliente con il sistema, e quelli acquisti esterna- mente33.

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CAMUSSONE P. F. (1998), Il sistema informativo aziendale.

33 I dati di origine esterna, che comprendono generalmente dati macroeconomici forniti da istituti di ricerca eco-

nomica, dati di flusso di ritorno forniti da organi ufficiali (Banca d’Italia), sono utili per conoscere le caratteristi- che del mercato acquisito o da acquisire e le tendenze in atto. I dati di origine interna, invece, consentono più propriamente la produzione di informazioni sul comportamento della clientela.

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L’aspetto critico risiede nella gestione dei dati provenienti dalle interazioni ban- ca/cliente: i punti di contatto sono molteplici e ogni singolo contatto genera dati. Per evitare le sovrapposizioni tipiche nella gestione delle relazioni col cliente da più punti di contatto e per permettere ad ogni impiegato di avere accesso immediato al profilo completo del cliente nel momento in cui si stabilisce un contatto è necessario un siste- ma informativo che registri ogni transazione e raccolga i dati in un database comune e condivisibile: il Customer Data Base.

Il Customer Data Base viene così ad essere costituito dai cosiddetti Customer Informa-

tion File, al cui interno sono contenute tutte le informazioni possibili (informazioni di

riconoscimento, descrittive e gestionali34 su ciascun cliente.

La presenza di Customer Information File aggiornati e facilmente accessibili dovrebbe consentire di individuare agevolmente quale prodotto proporre a quale cliente e secon- do quali modalità di vendita, facilitando il processo di direct marketing. Dovrebbe consentire, inoltre, di ottimizzare il contatto (vendita o supporto post-vendita) con il cliente, consentendo a qualsiasi operatore di disporre di un profilo completo del clien- te, nel preciso momento in cui questi si presenta allo sportello, telefona o manda una

email. Infine, dovrebbe permettere di garantire l’univocità della comunicazione e pre-

sentare al cliente un’immagine uniforme dell’organizzazione in ogni possibile punto di contatto e attraverso ogni canale.

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Le informazioni di riconoscimento vengono reperite dall’archivio clienti e depurate dai casi di omonimia. Le informazioni descrittive sono di diversa natura: socio-demografica (sesso; età; grado di istruzione; stato civile; numero di figli; condizione socio-professionale; titolo di possesso e valoredell’abitazione e dell’automobile; area geografica di appartenenza), economico-patrimoniale (reddito;patrimonio; eredità o lasciti), personale (vissuto dei prodotti e della banca, intenzioni e comportamenti di acquisto). Infine le informazioni gestionali sono costi- tuite dalle variabili di rapporto bancario (prodotti bancari e parabancari posseduti e data della loro acquisizione o cessazione; credito richiesto/accordato; unica amica menò non dannata disfacendosi importo rate e debito resi- duo; movimentazione dare/avere; consistenze medie e alla data; sconfinamenti; reclami; redditività del cliente) e dalle variabili elaborate (indicatori sui prodotti posseduti; rapporto tra numero di adesioni e numero di proposte di servizi inviate dalla banca).

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Strumenti di Business Intelligence

Fonti Interne -Data base operativi -EPR -Altri SW gestionali Fonti Esterne Data Warehouse Customer Data Base

Customer Interaction System

Persone: Forza vendita Canali diretti Media Tradizio- nali: Mailing Coupon Telefono: Call Center Cellulari Internet:

Sito Web – e-mail Community E-customer service

Fig. 3.2 Il data warehouse e gli strumenti di business intelligence

Le informazioni che l’attività di marketing strategico richiede, tuttavia, non si esauri- scono a quelle ottenibili tramite l’analisi del customer database: è necessaria, dunque, un’integrazione tra le diverse tipologie di dati.

A questa funzione è deputato il Data Warehouse. Con tale neologismo di origine in- glese si vuole indicare come tutti i dati di interesse direzionale debbano essere imma-

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gazzinati in una specie di deposito, da cui sia poi agevole estrarre quelli necessari a ri- cavare le informazioni desiderate.

2.La segmentazione: le tecniche utilizzate per differenziare la clientela

Il processo di segmentazione della clientela è un processo chiave in quanto, se svolto appropriatamente, consente di raggiungere una conoscenza reale della struttura del portafoglio clienti, conoscenza che costituisce le fondamenta per l’identificazione dei target di clientela, la scelta dei prodotti da mettere sul mercato, l’impostazione del marketing mix: in breve, per l’intera azione commerciale.

Circa le modalità di attuazione della segmentazione facciamo rinvio a quanto esposto nel precedente capitolo del presente lavoro, sottolineando in ogni caso la centralità della segmentazione nell’ambito del CRM.

3.La formulazione di “proposizioni di valore”

Il processo di value proposition permette di identificare l’offerta ottimale per ogni segmento di clientela.

Quando il processo di segmentazione è giunto a individuare gruppi di clienti omogenei tra loro rispetto ai parametri di riferimento (o, al limite, secondo l’approccio di marke- ting personalizzato, è giunto ad individuare le caratteristiche dei singoli clienti), il pro- cesso in esame porta a definire quale insieme di prodotti, con quali caratteristiche e quali canali distributivi meglio si adattino ad ogni singolo segmento.

Questo permette, da un lato, di massimizzare l’efficacia commerciale, consentendo in- terventi mirati sui singoli segmenti con appropriate combinazioni segmen- ti/prodotti/canali secondo le loro preferenze, dall’altro, di minimizzare i costi di pro- duzione e distribuzione, dimensionando la costruzione dei prodotti ed i connessi canali di vendita alle dimensioni dei singoli segmenti di clientela e non all’intero portafoglio

retail35.

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Il processo di value proposition è il risultato di un approccio dinamico di ipotesi, feedback e rettifiche. Si defi- niscono in via preliminare per ogni segmento di clientela delle “proposizioni di valore”, definite da più dimen- sioni: il prodotto e le sue caratteristiche; i canali distributivi; il posizionamento rispetto ad altri prodotti. Ogni