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Ferdinando Forlati

II. 3 Dal ritorno a Venezia al collocamento a riposo

Gli anni che seguirono la lunga parentesi triestina furono dedicati intensamente al territorio veneto. Assegnato quale titolare di prima classe alla Soprintendenza di Venezia vi rimase fino al 1952, anno in cui, con suo sommo dispiacere, arrivò il momento del collocamento a riposo. La carriera di Forlati a Venezia continuò la sua ascesa. Molte furono le soddisfazioni che si susseguirono a ritmo serrato sia nelle onorificenze – nominato membro corrispondente del Consiglio dell‟Istituto di studi adriatici di Venezia287 fu insignito dell‟onorificenza dell‟ordine di San Maurizio e Lazzaro288 - che nelle partecipazioni a progetti importanti che videro Forlati continuare il suo impegno nella collaborazione del comitato direttivo di I Monumenti d’Italia e alla neonata rivista Palladio289.

Ascesa che non fu però senza intoppi. Nel 1940 il professor Wart Arslan290 denunciò al Ministero dell‟Educazione Nazionale come, specialmente in occasione dei restauri agli affreschi romanici della chiesa di Sommacampagna291 e alla Cappella Dotto agli Eremitani di Padova, l‟opera del Forlati risultasse meritevole di riprovazione.

Presso l‟Archivio Centrale dello Stato, nel già citato fascicolo del personale cessato al 1952, relativo a Ferdinando Forlati, si trova un intero carteggio riguardante la denuncia del professor Arslan; materiale, questo, contente tutte le lettere inerenti alle indagini perpetrate a seguito della denuncia e svolte da incaricati del Ministero che gettano luce sui riflessi che questa ebbe sulla carriera del soprintendente Forlati.

In una lettera, del 19 ottobre 1940, lo storico dell‟arte Wart Arslan scrisse al critico d‟arte e amico Giulio Carlo Argan292. I contenuti di questa lettera furono la premessa a tutti i problemi

287 Firmato Gr. Amm. Paolo Thaon di Revel. In ADSBSAEFVG, personale, b. 32.

288 Nomina a Cavaliere dell‟Ordine di San Maurizio e Lazzaro pubblicata nella G.U. del Regno d‟Italia, n. 221 del 22 settembre 1937, p. 20.

289 Rivista di storia dell‟architettura fondata da Gustavo Giovannoni. Il primo numero uscì nel 1937 e Forlati partecipò attivamente al progetto. Si veda il cap. IV. Si veda l‟apparato iconografico, immagine 12.

290 Si veda GALLO, 2008. Si veda RUSCIO, 2005; GALLO, 2008, pp. 404-405. Per la bibliografia completa di Wart Arslan si consulti http://prosopografia.unipv.it/docenti/docente/119/bibliografia/ [20 aprile 2014].

291 Si veda l‟apparato iconografico, immagine 13.

292 Per la bibliografia si rimanda a http://www.giuliocarloargan.org/argan_profilo.htm [12 gennaio 2014] che ripercorre, seppur brevemente, la vita di Giulio Carlo Argan. Di seguito si riporta un estratto: «Giulio Carlo Argan (Torino 17-05-1909 – Roma 12-11-1992) è stato uno dei maggiori critici d‟arte del Novecento. Negli anni

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che caratterizzarono la fase degli anni Quaranta della carriera di Forlati e che lo perseguiterarono senza tregua fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, e oltre. L‟inchiesta che seguì alla denuncia lo penalizzò, secondo il parere del Soprintendente, persino nel 1948 in occasione della tanto sperata promozione.

La spinosa questione vide Forlati in grave difficoltà. Inizialmente, infatti, il Ministero e la Direzione Generale tennero Forlati completamente all‟oscuro della denuncia e quindi dei motivi che portarono il Ministero dell‟Educazione Nazionale a decidere per un suo trasferimento di sede.

I nomi che si scorgono all‟interno del materiale archivistico consultato presso l‟Archivio Centrale sono riconducibili a personalità del settore artistico e della vita intellettuale e culturale dell‟Italia del periodo e rivelano un intricato rapporto fra queste stesse personalità. Nella lettera indirizzata ad Argan293, Arslan criticherà aspramente i lavori diretti dal soprintendente Forlati, in special modo si soffermerà sui restauri della chiesetta di Sommacampagna. Lo storico dell‟arte si era recato colà per un sopralluogo in vista di una pubblicazione che trattava della pittura romanica veronese294. Nella sua visita, disse, constatò

Venti vive a Torino dove si dedica dapprima alla pratica della pittura (frequenta la scuola di Casorati e lo studio del futurista Fillia), entra a far parte dell‟ambiente culturale gobettiano e si forma all‟Università con Lionello Venturi, ricevendone l‟esempio di una critica di impostazione crociana, ma estesa anche all‟arte contemporanea. Si interessa soprattutto di architettura e di storia della critica d‟arte: nel 1930 esordisce con gli articoli Palladio e la critica neoclassica e Il pensiero critico di Antonio da Sant’Elia; nel 1931 si laurea con una tesi su Sebastiano Serlio. Pubblica articoli e recensioni su La Cultura, L’Arte, Casabella, e scrive numerose voci per l‟Enciclopedia Italiana e il Grande Dizionario Enciclopedico UTET.

A Roma frequenta la Scuola di Perfezionamento, conosce Adolfo Venturi, è assistente di Pietro Toesca, e nel 1933 entra nell‟Amministrazione Antichità e Belle Arti, diventando ispettore prima a Torino, poi a Modena (dove dirige la Galleria Estense) e infine a Roma alla Direzione Generale sotto i ministri De Vecchi e Bottai. A Roma elabora il progetto dell‟Istituto Centrale del Restauro (presentato durante il Convegno dei Soprintendenti del luglio 1938)».

293 La biblioteca d‟arte del Comune di Milano conserva tra gli altri il fondo Wart Arslan donato dagli eredi nel 2005. Molti i nomi di importanti studiosi ed artisti tra cui Mario Broglio, Giuseppe Capogrossi, Ferruccio Ferrazzi, Renato Guttuso, Renato Marino Mazzacurati, Antonio Morato, Giorgio Morandi, Giulio Carlo Argan, Mario Salmi, Giuseppe Fiocco, Pietro Toesca, Rodolfo Pallucchini, Adolfo Venturi, Cesare Brandi, Roberto Longhi, Ernst Gombrich, Otto Kurz, Ernst Kris, Nikolaus Pevsner, Lionello Puppi, Piero Sampaolesi e Federico Zeri. Corrispondenza quella presente nel fondo milanese, e rivolta ad Argan, che ribadisce e conferma il legame tra i due studiosi. SI veda RUSCIO, 2005.

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come, oltre al consolidamento della struttura della chiesa, anche tutti i dipinti furono sottoposti a restauro. Direttore dei lavori era Ferdinando Forlati e i restauratori erano stati fatti venire da Venezia:

«Questi, purtroppo non si sono limitati al consolidamento, ma hanno voluto anche integrare gli affreschi con una libertà incompatibile col rispetto dovuto all‟elevata e rara qualità di queste opere d‟arte. Le lacune sono state riempite senza alcuna accuratezza, non curando che il colore non andasse oltre il limite delle stesse. Sono stati effettuati vastissimi ritocchi. A tutto lo affresco si è dato poi una mano di sporco che rende impossibile giudicare dove cominci l‟antico e dove il moderno. Sono state rifatte teste, braccia, vesti, con una inaudita volgarità. [...] Mi apparve sfigurato, completamente alterato di colore, senza più un‟ombra della antica delicatezza. [...] In conclusione un massacro, un vero massacro, cha mi ha riempito di sdegno e desolazione»295.

Arslan appare incredulo di come i lavori che portarono alla situazione che egli aveva appena descritto potessero esser stati sovvenzionati dal Ministero.

«Ora io chiedo: è vero che il Ministero, come alcune voci mi hanno riferito, ha sovvenzionato questi lavori? è possibile che un Soprintendente arrivi a permettersi con tanta elementare mancanza di cautela interventi così delicati su un monumento così importante, senza che nessuno intervenga? Chi ha sorvegliato il lavoro?»296.

Scempio, come lo definì più volte, che agli occhi dello storico dell‟arte non poteva apparire meno grave perché commesso su di una chiesa di campagna. Lo stato in cui la ritrovò, sostenne, sarebbe andato sicuramente a condizionare evidentemente il suo giudizio critico tanto che non avrebbe potuto quindi, nella pubblicazione, tacere circa il suo parere.

La rabbia che traspare dalle sue parole pare invero avere radici ben più profonde rispetto alla constatazione dello stato degli affreschi di Sommacampagna.

«Da quindici anni assistiamo nel Veneto a questo vergognoso andazzo. Si sono sciupati bellissimi monumenti con decorazioni riprese da frammenti antichi che sono poi scomparsi, confusi con le più volgari imitazioni moderne, ora è il caso di dir basta, poiché si tratta di un

295 ACS, Dir. Gen. AA.BB.AA., b.35.

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guasto imposto a un complesso di prim‟ordine che ha il torto di essere poco conosciuto. Per conto mio ti assicuro che non mi fermerò a questa lettera [...]»297.

La critica al lavoro di Forlati non si limitò, difatti, a semplice sfogo tra confidenti. L‟anno successivo Giuseppe Fiocco298 inviò un resoconto al Ministero che lo aveva incaricato di controllare la situazione in merito alla denuncia del professor Wart Arslan per i restauri degli affreschi romanici della chiesa cimiteriale di Sommacampagna e della Cappella Dotto agli Eremitani di Padova. In questa relazione Fiocco non si fermerà alla semplice constatazione della situazione da lui riscontrata nei due edifici ma si lancerà in un feroce attacco verso l‟intera attività di conservatore di Forlati, tirando in ballo anche «la compiacenza di certi ambienti artistici» e un vero e proprio abuso da parte del funzionario dei diritti di tutela statale in campo artistico. Il lavoro di Forlati fu descritto da Fiocco non solo come basato su di una «falsa scienza» ma addirittura condotto e spinto da «loschi fini». Furono presi ad esempio anche lavori condotti nel suo precedente incarico a Trieste e chiamati in causa gli stessi collaboratori di Forlati:

«Tutto ciò Eccellenza, non è il risultato di errori casuali, che non mancano mai anche a chi lavora bene, ma è purtroppo l‟indice di un metodo e direi di una moralità. La dimenticanza della scienza, persino della più agevole, quella offerta dal citato libro del Toesca, se poteva essere casuale per chi, come il Fogolari, giudicava a cose fatte, abbagliato da un restauro che fa galleggiare le non molte parti originali, o soffoca le affievolite, in un orribile, unico, generico condimento, rappresenta, per l‟esecutore dei restauri, un‟ignoranza voluta. A lui non potevano essere sfuggite le tracce ricordate e illustrate dal Toesca299; vi fu quindi compiacente connivenza con l‟errore del Fogolari300, che aveva parlato di scoperta e di resurrezione. Ma questa ignoranza è abituale, nonostante la compiacenza di “Palladio”301 e di qualche altra pubblicazione nell‟ospitare i cosiddetti saggi scientifici del Forlati, ove alla mancanza più pietosa di ogni orientamento e di ogni vera cognizione si unisce una sufficienza metodica e una tendenziosità costante, che infirmano gli stessi risultati archeologici offerti. Non vi possono

297Ibidem.

298 Per una biografia esaustiva sull‟opera di Fiocco si veda LONGHI, 1926; SEMENZATO, 1954, 1984-85; BARBANTINI, 1964, 1971; PALLUCCHINI, 1971; PALLUCCHINI, 1971; BETTINI, 1972; FRIZZIERO, 2005; MORETTI, 2005; Il magistero di Giuseppe Fiocco, 2005 e FURLAN, 2011.

299 TOESCA, 1913-27.

300 FOGOLARI, 1932, pp. 81-89.

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essere scritti, per quanto audaci, capaci di giustificare cosiffatti integramenti pittorici, corrispondenti a quelli costruttivi figurativi famigeratissimi del Castello di Gorizia, risorto per incanto sopra i pochi ruderi che ne restavano, come ha deplorato a suo tempo Panfilo nel Corriere della Sera.

Tutto questo è frutto di un sistema, basato sul più assoluto disprezzo della vera ricerca e della vera cognizione, ostentata falsamente, quasi fosse propria, nel caso dei restauri di Santa Sofia a Padova (si Cfr. l‟ultimo numero di Palladio)302, senza nemmeno citare la scoperta dell‟Arslan (cfr. rivista Padova)303, riguardante gli affreschi romanici dell‟arco trionfale, e la ricognizione di una chiesa postesarcale, anteriore all‟attuale, fatta dal Bettini (cfr. Atti dell‟Istituto veneto di SLA)304 [...] contributi scientificamente importanti. [...] Tutta questa falsa scienza è poi l‟orpello di una pratica fruttuosa, basata sul più simoniaco abuso dei diritti di tutela dello Stato nel campo artistico.

Io, che ho visto nascere il Forlati impiegato, giacché gli fui accanto sino dal 1919, quando muoveva i primi passi col povero Ongaro a Venezia, non avrei che la pena e la noia di indicare le stazioni di questo, che per lui è un metodo. Metodo stranamente sopportato finora, e quel ch‟è più, spesso lodato e apprezzato, tanto che il “Palladio” si fregia del suo nome nel Comitato stesso direttivo della Rivista. Potrei così citare spolveri colti da un affresco di Treviso, passati a Oderzo, Belluno etc, per opera di un certo Nardo, solenne, incauto e inabile falsificatore, che rappresentò, sin dall‟inizio, la “longa manus” e il cattivo genio del Forlati in ogni lavoro d‟importanza e in ogni malefatto redditizio. [...] sono note le colleganze d‟affari dell‟Ing. Forlati con l‟ing Berlese di Padova»305.

Bisogna ricordare, al di là del tono accusatorio di Fiocco, il contributo che tecnici come Antonio Nardo diedero al lavoro del soprintendente Forlati. Il «tecnico» Antonio Nardo sarà una delle figure ricorrenti nella sua intera carriera, cui si legherà in un sentimento di sincera amicizia e che lo vedrà quindi collaborare a gran parte delle opere di restauro dirette dal Soprintendente. Altri saranno i tecnici/assistenti che coadiuveranno l‟intervento di Forlati e che giocheranno un ruolo fondamentale nel suo lavoro sia in Veneto che nel territorio soggetto alla giurisdizione triestina. I più importanti sono Romano Bastianello, il quale operò sia a Treviso che in Istria, ad esempio nei lavori alla Basilica Eufrasiana di Parenzo e al lapidario di Dignano d‟Istria, Davide De Faveri per Vicenza e Romano Senigallia che operò sia a Padova che in Istria insieme al collega Bastianello, ad esempio alla sistemazione del

302 Cfr. FORLATI, Il restauro della chiesa di Santa Sofia..., Roma 1941.

303 Cfr. ARSLAN, 1931.

304 Cfr. BETTINI, 1936/37.

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Duomo di Pisino e a quello di Dignano, ma anche, questa volta da solo, alla chiesa del Carmine a Fasana e al Palazzo comunale di Montona. Si nomina inoltre, nei carteggi presenti presso l‟Archivio Storico della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, un «assistente Pozzar del Museo di Aquileia», ossia Giacomo Pozzar, che lavorò ai frammenti di mosaico della chiesa di Santa Maria del Canneto a Pola e ad altri restauri in Istria306. Lo stesso Nardo collaborò in diverse occasioni nel territorio istriano, ad esempio al restauro della chiesa di S. Cosma e Damiano a Fasana. Si deve altresì evidenziare come Arslan e Forlati, in realtà, si conoscessero di persona ed ebbero negli anni modo di collaborare. Di questa collaborazione si è ritrovato un interessante scambio epistolare307. Negli anni immediatamente precedenti al 1940 Arslan fu per alcuni anni Direttore del Museo Civico di Bolzano308. Dell‟aprile del 1934 è una lettera in cui il Direttore ringrazia il Soprintendente per «le fotografie che Ella volle far eseguire con tanta generosità», assicurando che gli avrebbe spedito in visione una copia della rivista Art in America, in cui lo storico dell‟arte aveva appena pubblicato l‟articolo A Series of Thirteenth Century Frescoes at Sanvincenti309. Le fotografie che il Soprintendente procurò ad Arslan erano quelle degli affreschi della cittadina istriana di Sanvincenti. Dopo alcuni consigli rivolti a una richiesta di Forlati su una «principessa di casa Savoia la cui figura interessa la Regione», Arslan chiederà nuovamente l‟aiuto del soprintendente Forlati per l‟invio di ulteriori fotografie, oltre a ricordargli altre già richieste:

«Mi permetto di ricordarLe il Pittoni della Chiesa della Madonna a Buie che desidererei vivamente pubblicare. Esistono anche fotografie degli affreschi della Parrocchiale (non di quell‟altra chiesa fuori mano) di Vermo e di Santa Caterina a Sanvincenti?»310.

In un appunto, steso nel 1944, che ripercorre a grandi passi la carriera di Forlati nell‟amministrazione delle belle arti, viene riproposta la questione sollevata da Arslan per

306 Si veda il cap. IV. 3.

307 ADSBSAEFVG, personale, b. 32.

308 Incarico che manterrà dal 1933 al 1939.

309 ARSLAN, 1934.

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mezzo della sua denuncia. Fu inoltre riportato nuovamente e integralmente il pensiero espresso da Fiocco a seguito della sua indagine311.

I giudizi espressi da Fiocco, dichiarati in questo «memoriale», furono confermati in ufficiose dichiarazioni al Ministero da personalità come il professor Anti312, dallo stesso Prefetto di Venezia e dal Conte Volpi313, i quali ebbero a dichiarare al ministro dell‟Educazione Nazionale Giuseppe Bottai314 – tale dal 1936 - di non gradire più la presenza di Forlati a Venezia. A questi si aggiungeva la conferma di «antichi collaboratori», quale il professor Bruno Molajoli «stimato Soprintendente» che assunse la guida di Trieste dopo la breve parentesi di reggenza di Giovanni Brusin, che ebbe, a loro dire, ad affermare l‟incompatibilità assoluta della sua presenza nella stessa sede del «Commendator Forlati»315.

Ragioni, queste, che portarono nel luglio del 1941 alla comunicazione di trasferimento, all‟apparenza per ragioni di servizio, alla Soprintendenza ai monumenti di Napoli.

Forlati, ricevuta dolorosamente la comunicazione, chiese una proroga per motivi famigliari. La stessa moglie Bruna Tamaro avrebbe infatti dovuto chiedere la possibilità di un trasferimento per poter rimanere accanto al marito. Molte furono le lettere pervenute al Ministero, piene d‟incredulità di fronte all‟imminente trasferimento di Forlati. Tra queste, degne di nota sono quella del Patriarca di Venezia che elogiava il lavoro del Soprintendente, sostenendo che «a differenza di altri, ha sempre dimostrato viva comprensione dei problemi artistici», venendo incontro alle molteplici necessità della conservazione del patrimonio artistico della Chiesa di Venezia. Il podestà di Padova rispose alla notizia del trasferimento con viva preoccupazione, sostenendo come esso avrebbe determinato un danno non lieve per

311 ADSBSAEFVG, personale, b. 32.

312 Si tratta con tutta probabilità del professor Carlo Anti. Cfr. ZAMPIERI, 2011.

313 Giuseppe Volpi conte di Misurata, cfr. SERGIO, 1997. BONA, 2005, scrive: «A Venezia, il fascismo aveva trovato luogo d'elezione nell'ambiente gravitante attorno a Giuseppe Volpi, conte di Misurata, espressione della classe borghese e dirigente veneziana, fondatore a inizio secolo della Società Adriatica di Elettricità (SADE), grande imprenditore idroelettrico del paese, uno degli artefici della Compagnia di Antivari, creatore nel 1917 del Porto industriale di Marghera». Il conte Volpi lavorò a stretto contatto con Forlati nel Consiglio dell‟Istituto di Studi Adriatici, insieme a personalità quali il senatore Riccardo Gigante, il senatore conte Pietro Orsi, il senatore Giorgio Pitacco, il senatore Francesco Salata, il prof. Gustavo Brunelli, il prof. Mario Brunetti, il contrammiraglio Paolo Cattani e il dott. Vincenzo Azzolin.

314 Giuseppe Bottai (Roma 1895-1959) fu Ministro dell‟Educazione Nazionale dal 1936 al 1943. Per approfondire si veda CASSESE, 1971, pp. 389-404.

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la città di Padova, conoscendo, Forlati, non solo il patrimonio artistico e monumentale della città ma anche i molteplici bisogni attinenti alla conservazione e difesa del medesimo,

dimostrando «sempre viva comprensione cercando di contemperare la tutela delle opere d‟arte e dei monumenti storici con le ineluttabili necessità della vita moderna»316.

L‟avvocato Giovanni Milani, appartenente alla Camera dei fasci e delle corporazioni di Padova, scrisse direttamente al ministro Bottai pregandolo di riesaminare la questione così da lasciare Forlati «nel posto che tanto degnamente occupava»:

«credo che nessuno meglio del Forlati conosca, anche nelle più riposte pieghe, il patrimonio monumentale della regione veneta e nessuno sia in grado di curarne la conservazione con maggiore avvedutezza. Egli si adoprò non semplicemente a difenderlo da distruzioni o manomissioni, ma [...] a preservarlo dalle ingiurie del tempo, oltre che degli uomini, provvedendo alle manutenzioni statiche con particolare capacità tecnica, eliminando molte sovrapposizioni deturpatrici e ponendo quanto più possibile in onorata evidenza tutto ciò che ne è degno. [...] trascinando col suo ardore enti pubblici e privati, riuscì a trovare i mezzi necessari per importanti restauri di monumenti che sembravano condannati a rovina [...] e con una parsimonia di spesa neppure immaginabile ottenne risultati magnifici. [...] pregandoti di esaminare la possibilità che il Forlati rimanesse nel posto che occupa. E ciò anche perchè egli non è cieco feticista d‟ogni orma antica, ma sa pure comprendere le necessità presenti e conciliare esigenze talvolta contrastanti. [...]»317.

Il Ministero decise quindi, a solo un mese di distanza dalla precedente comunicazione, di revocare il trasferimento a Napoli, riassegnandolo questa volta alla Soprintendenza di Bologna al posto del soprintendente Armando Venè che sarebbe quindi arrivato nella città lagunare al suo posto318.

Nel settembre dello stesso anno, Ezio Maria Grey319, all‟epoca Vice Presidente della camera dei fasci e delle corporazioni, scrisse a un amico - definito «caro Peppino» - chiedendogli di riferire le sue parole al Ministro dell‟Educazione Nazionale:

«è venuta fino a me da Venezia la eco di un forte onesto turbamento locale per il temuto trasferimento di Forlati da quella Soprintendenza. Spiacerebbe il suo partirsene perché colà egli

316Ibidem.

317Ibidem.

318 CARUGHI, 2007, parla di un «mancato trasferimento a Venezia» nel 1941.

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fa bene - e tu lo sai – perché con animosa tenacia ne difende il patrimonio d‟arte. Spiacerebbe anche più che il suo trasferimento potesse trarre origine precisamente da questo suo modo ottimo di assolvere le sue funzioni protettive; coraggiosamente ponendosi contro spietati e sbagliati concetti mercantili che vorrebbero lanciare attraverso Venezia un “ponte d‟oro”. [...]