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Dall’Ufficio Belle Arti alla Regia Soprintendenza alle Opere d’Antichità e d’Arte

Nonostante gli sforzi che intellettuali e studiosi profusero per il destino del patrimonio artistico e monumentale istriano, Cirilli incontrò, dopo la messa in congedo dal suo incarico militare, le prime effettive difficoltà nella gestione e direzione di un ufficio così decentrato e lontano dalla sua cattedra di Venezia. Lo stesso Cirilli farà più volte notare la natura del suo incarico di Capo Ufficio Belle Arti, ovvero il continuo bisogno di spostamenti; non facilitati, per di più, dagli scarsi mezzi di trasporto a disposizione dello stesso Cirilli e dei suoi funzionari sul territorio dell‟Istria:

«Debbo, mio malgrado, far presente un altro fatto. Per il carattere stesso della missione a me affidata, sono costretto, molto spesso, ad assentarmi da Trieste per vari sopraluoghi nella Venezia Giulia. Quando si poteva usufruire dei mezzi di locomozione rapida era facile il ritorno nello stesso giorno ma da tempo necessita valersi dei mezzi ordinari e di conseguenza viene imposto un maggiore soggiorno fuori dall‟ufficio»103.

Un tenore e uno stile di vita, questo, possibile da sopportare, come dice Cirilli, solo da chi risiedeva stabilmente in città.

L‟architetto disapprovava la mancanza di coordinamento fra gli organismi cui era affidata la ricostruzione del patrimonio monumentale della regione, in particolar modo del Dipartimento Tecnico che aveva estromesso, seppur informalmente, l‟Ufficio Belle Arti dalle decisioni in merito agli interventi di riedificazione104:

«Quest‟ufficio cominciò a rivolgersi per i restauri che, in seguito agli accertamenti compiuti sul posto durante le ispezioni effettuate per la compilazione dell‟inventario dei monumenti, apparvero di maggior urgenza e necessità sotto tutti i riguardi: artistici, tecnici, religiosi, politici. [...] Per nessuna lettera si è ricevuto un cenno qualsiasi di risposta. [...] Quando infatti in qualche caso si è ritornati in luoghi ove sono edifici di cui urge il restauro, si è dovuto constare con dolore che nulla era stato fatto, neppure quel pochissimo che molte volte può bastare ad evitare in un edificio pericolante, o quasi, danni maggiori, irrimediabili, e ad

103 ADSBSAEFVG, Personale, b. 22.

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eliminare il pericolo di sottrazioni del materiale, che in questi tempi eccezionali ha valore ingente»105.

Malgrado i problemi di ordine organizzativo e finanziario, i documenti dell‟Archivio Storico della Soprintendenza di Trieste forniscono una vivida testimonianza del duro lavoro svolto da Cirilli e dai funzionari dell‟Ufficio Belle Arti. Di questi conosciamo gli architetti Alberto Riccoboni106 e Alessandro Rimini107, lo storico dell‟arte Antonio Morassi e l'archeologa Bruna Tamaro; si sa inoltre della presenza di un segretario e di una dattilografa108. Vi era poi la collaborazione esterna con il dott. Giovanni Brusin109.

Gli stessi Modigliani e Paribeni ci forniscono notizie sull‟operato dell‟Ufficio Belle Arti sottolineando come essi avessero «provveduto a redigere molte schede descrittive di monumenti e di oggetti d‟arte e a preparare molte fotografie e disegni che potranno servire a un catalogo delle cose d‟arte della regione, esercitato una notevole vigilanza sull‟attività edilizia della regione stessa, eseguito e studiato restauri e consolidamenti di vari monumenti»110. In una minuta presente nel fascicolo relativo alla chiesa parrocchiale di Gimino conservato presso il medesimo archivio, si trova la conferma di questa catalogazione, sia descrittiva che fotografica, effettuata dall‟Ufficio Belle Arti. Il soprintendente De Nicola111, nel febbraio del 1925, scrisse al parroco di Gimino richiedendo notizie sullo stato di conservazione in cui versavano le statue lignee della cappella della Ss. Trinità «elencate e fotografate dall‟U.B.A [Ufficio Belle Arti n.d.a.] nel 1922»112.

Come si evince dalla fitta corrispondenza tra Guido Cirilli e la Direzione Generale Antichità e Belle Arti, ritrovata nei documenti d‟archivio, i malumori del Capo Ufficio continuarono ad aumentare per colpa del senso di abbandono che egli sentiva da parte dell‟amministrazione centrale; amministrazione tacciata di non sorreggere, nemmeno moralmente, il delicato

105 La lettera, già citata e riportata da PAVAN, 2011, e SANTOBONI, 2012, fornisce ulteriore conferma della redazione di un inventario dei monumenti e degli accertamenti “compiuti sul posto” dall‟ufficio triestino.

106 Per la figura di Riccoboni si veda CAMMARATA, 1994; 2008 e il cap. II.

107 Per la figura di Alessandro Rimini si veda VACIRCA, 2008-2009 e D‟AMIA, 2011.

108 ACS, Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. II, 1925-28, b. 52.

109 Per la figura di Brusin si veda MARIN, 1976; BURTOLO, FOGOLARI, 1977; MIRABELLA ROBERTI, 1977; STUCCHI, 1978; BOSIO, 1984; ARGENTON, 1990, SCRINARI, 1993; TAVANO, 2011.

110 ACS, Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. II, 1925-28, b. 52. Se ne tratterà in maniera più estesa nel cap. III.

111 Soprintendente a Trieste dal 1924 al 1926. Si vedano pagine seguenti e PAOLINI, 1990, pp. 772-723.

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compito lui affidato nella regione orientale d‟Italia. Un impegno, quello a Trieste, che lo costrinse persino «a non portarsi più a Venezia», arrivando a sostenere una spesa ben diversa da quella dei suoi colleghi del Regno113.

La mancanza di fondi e di sostegno concreto con cui si trovò costretto a operare, lo portarono, nell‟agosto del 1922, a un ultimo disperato gesto, ossia a chiedere ufficiali dimissioni al Direttore Generale Antichità e Belle Arti Arduino Colasanti, nel frattempo succeduto a Corrado Ricci:

«Non posso in alcun modo permettere che l‟opera di quest‟Ufficio, la quale si sta svolgendo sin dall‟inizio dell‟armistizio, in mezzo a difficoltà di tutti i generi, sia coinvolta nelle conseguenze di una falsa economia imposta da coloro che primi dovrebbero sentirne ed apprezzarne tutto il valore ideale e politico. Né d‟altra parte trova giustificazione il fatto che seguiti ancora, con sacrificio di tutti i miei interessi, a proseguire un fine non raggiungibile appunto per effetto di mentalità chiuse a quanto vi può essere di più sacro per la nostra storia e la nostra arte»114.

Le tensioni tra Cirilli e il Commissariato Generale Civile diretto da Mosconi toccarono così il culmine, nonostante il tentativo fallito il mese precedente di trovare un giusto compromesso fra i due contendenti per quanto riguardava gli stanziamenti al Regio Ufficio Belle Arti. Il Commissario esigeva una richiesta scritta per ogni spostamento al di fuori dell‟ufficio triestino e si arrogava il diritto di poter, eventualmente, porre un veto a quest‟ultimi. I fondi per l‟Ufficio Belle Arti, inoltre, erano decisi dallo stesso Commissariato che li profondeva di volta in volta, a seconda delle richieste scritte inviate da Cirilli.

Lo stesso Capo Ufficio volle più volte precisare l‟estrema economia in cui già si muovevano e l‟impossibilità di ridurre ancora gli spostamenti:

«[...] ho sempre cercato di ridurre le missioni del personale di quest‟ufficio ai casi strettamente necessari, e però non mi sarebbe possibile un‟ulteriore riduzione dal momento che le esigenze del servizio impongono frequenti assenze da Trieste. É bene tenere presente che la giurisdizione di quest‟ufficio va dai pressi di Pontebba all‟Isola di Cherso e comprende anche la zona di Zara115. L‟Ufficio Belle Arti non può essere considerato alla stessa stregua degli altri

113 ADSBSAEFVG, Personale, b. 22.

114Ibidem.

115 Come si vedrà nel paragrafo 4 del presente studio Zara passerà nel 1923 sotto la giurisdizione della Soprintendenza delle Marche, degli Abruzzi, del Molise e di Zara, con sede ad Ancona.

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Uffici; ha, per quanto differenti nel carattere, mansioni consimili a quelle del Dipartimento Tecnico. E mentre questo si vale delle sue sezioni distaccate, fornite tra l‟altro anche di mezzi di trasporto, questo ufficio deve esplicare la sua attività non troppo favorito, è pur necessario dirlo, dagli uffici di codesto Commissariato Generale, in mezzo a difficoltà di tutti i generi, solo confortato dal volenteroso contributo degli organi tecnici Comunali e di quello che gli può venir dato dai Consulenti Artistici. Gli uni e gli altri non gravanti affatto sul bilancio di codesto Commissariato Generale»116.

Già nel febbraio del 1919 il precedente direttore generale Antichità e Belle Arti Corrado Ricci dichiarò le difficoltà di una sistemazione dei servizi nella Venezia Giulia; questione, a detta del Direttore Generale, purtroppo ancora subordinata al «fatto della futura sistemazione dei territori nelle circoscrizioni amministrative e politiche»117.

L‟amministrazione delle belle arti non era ancora, al 1921, passata alle dipendenze della Direzione Generale del Ministero della Pubblica Istruzione; si trovava ancora nelle mani dell‟Ufficio Centrale delle Nuove Provincie, creando non pochi disagi e, come nel caso della Venezia Giulia, notevoli ritardi nell‟attuazione delle vigenti leggi in materia.

In un documento datato 27 agosto 1919 concernente la consegna del chiostro e della chiesa di San Francesco di Pola al Municipio della città stessa, si trovano espressamente dichiarati i principi espressi nell‟ordinanza Cadorna del 31 agosto 1915118. La stessa ordinanza fu citata da Cirilli a proposito dell‟urgente bisogno dell‟estensione delle leggi vigenti in materia al nuovo territorio italiano. Nella lettera, inviata per ordine del Commissario Generale Civile del Governatorato della Venezia Giulia al Sindaco di Pola, si legge: «si stima opportuno richiamare sin da questo momento l‟attenzione della S. V. On. sull‟ordinanza del Comando Supremo in data 31 agosto 1915, per la quale è vietato recare modificazioni o restauri alle cose esistenti nei territori occupati dal R. Esercito, aventi interesse artistico»119. Nella stessa

116 ADSBSAEFVG, Personale, b. 22.

117 ASSBSAEFVG, III Ispettori onorari, b. 40.

118 Provvedimenti del Comando Supremo per la tutela delle opere d‟arte nei territori occupati. Scrive NEZZO, 2010, p. 90: «Si tratta della cosiddetta ordinanza Cadorna, del 31 agosto1915, che estende ai territori riconquistati, sintetizzata in cinque articoli, la sostanza del modello conservativo nostrano, fissato dalla citata legge Rosadi. Il documento, prodotto dall‟Ufficio Affari civili del Comando supremo, mira a congelare la situazione esistente, vietando gli scavi, le vendite, le asportazioni, le manomissioni e, in definitiva, qualsiasi tipo di intervento su oggetti, di proprietà pubblica o privata, che “abbiano interesse artistico, storico, archeologico o paletnologico”; per i ritrovamenti fortuiti impone la segnalazione immediata». Si veda anche NEZZO, 2008.

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si ricorda inoltre il dovere di interpellare, in ogni caso, il Commissariato Generale Civile: «Pertanto nessun lavoro sarà [effettuato n.d.a.] attorno al predetto Monumento, senza esplicito avviso di questo Commissariato Generale Civile»120.

Dalle numerose missive spedite a Roma, si può constatare come Cirilli non fosse per nulla contento dello scarso interesse dimostrato dagli organi centrali del Regno nei suoi confronti. Così si espresse nell‟agosto del 1922:

«Mi sia permesso dirlo, se lo Stato avesse sin dal principio compreso nella giusta e reale misura la importanza morale e politica contenuta nelle opere atte a salvare il patrimonio monumentale delle Regioni Redente, molto di più sarebbe stato fatto ed anche molto di più sarebbe giusto pretendere. [...] Mi addolora grandemente dovermi esprimere in tal modo con l‟E.V.121, ma non mi è possibile ammettere ed accettare più questa non giusta comprensione del programma imposto a questo Ufficio sin dal suo nascere, come non mi è possibile ammettere ed accettare questo non giusto apprezzamento di un‟opera che da circa quattro anni vado svolgendo in questa Regione con sacrificio non lieve»122.

Sentimento, quello di sentirsi abbandonati dall‟Amministrazione centrale e da «coloro che più dovrebbero interessarsi alle sorti del suo ufficio», che accomunerà anche altri Soprintendenti che si succederanno alla guida di Trieste123, e che porterà Cirilli a rassegnare nuovamente le sue dimissioni.

Uno dei maggiori problemi incontrati dal Capo Ufficio Belle Arti fu la totale mancanza di considerazione e soprattutto d‟indipendenza in cui fu costretto a muoversi. Al contrario fu subordinato a un assoluto controllo da parte del Commissario Generale Civile su tutto ciò che succedeva nell‟ufficio e che finiva per sorvegliare ogni aspetto della loro attività. Una delle attività maggiormente poste sotto sorveglianza era la possibilità di compiere missioni nel territorio; aspetto, come già dimostrato, necessario e insostituibile con un controllo da Trieste. Dalle note d‟indennità ben si comprende anche la difficoltà di recuperare gli stessi mezzi di trasporto per potersi portare in Istria, arrivando a essere costretti ad affiancare ai trasporti pubblici l‟uso di piroscafi e rimorchiatori della Regia Marina.

120Ibidem.

121 Guido Cirilli sta scrivendo al Commissario Generale Civile della Venezia Giulia.

122 ADSBSAEFVG, Personale, b. 22.

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Il Direttore Generale Arduino Colasanti cercò di arginare momentaneamente il problema in attesa dell‟eventuale sostituzione di Guido Cirilli. Chiese al Commissario Generale di poter stanziare un fondo per missioni lasciando piena e assoluta libertà all‟Ufficio Belle Arti di disporre delle missioni che esso riteneva necessarie, rimanendo ad ogni modo nei limiti del fondo suddetto.

Le restrizioni economiche in cui erano costretti a operare denotavano, per l‟architetto, un vero e proprio atto d‟abbandono da parte dello Stato italiano che lasciava i funzionari in una situazione ormai ingestibile: «Nelle condizioni in cui trovasi quest‟Ufficio non è possibile restringere comunque l‟attività. Né io sentirei di mantenere il mio personale in una passività dannosa sotto ogni aspetto, che in tal caso troverei molto più logico sopprimerlo del tutto in attesa che si possa provvedere da parte dello Stato alla costituzione delle regolari Soprintendenze»124.

Nella stessa relazione Modigliani- Paribeni, richiesta proprio nello stesso anno in cui Cirilli sollevò questi dubbi, i due funzionari si erano preoccupati del futuro dell‟Ufficio Belle Arti, sottolineando il bisogno di costituire una regolare Soprintendenza anche nella nuova Regione italiana. Secondo il loro parere non sarebbe stato «utile mostrare ai nuovi cittadini d‟Italia, che il nostro Governo fa così esiguo conto di tutto il loro patrimonio artistico e storico da non creder necessario istituire alcun nuovo ufficio per reggerlo e conservarlo»125. Così si espressero:

«Sarà innanzitutto da considerare se debbasi la regione annettere alla circoscrizione di Soprintendenze artistiche già presenti nel Regno, o se debbasi creare una nuova

124 ADSBSAEFVG, Personale, b. 22.

Esempio dei disguidi in cui si incorreva si ritrova nella seduta del Verbale del XIX Congresso generale della Società Istriana di archeologia e storia patria. Scrive TAVANO, 1987, a p. 31: «La burocrazia italiana dichiara presto i suoi limiti e le sue lentezze, proprio a proposito di scavi archeologici: [...] venne denunciata la mancata utilizzazione d‟un contributo di diecimila lire, stanziato nel 1919, di modo che un anno dopo se erano perdute seimila, a causa della lungaggini e soprattutto della sfiducia consueta (o nell‟onestà) degli studiosi locali e nell‟autonomia della Società; erano sotto accusa i funzionari dell‟Ufficio delle Belle Arti e dei Monumenti guidato dall‟arch. Guido Cirilli e dal dott. Bertini Calosso. Una giustificazione e anzi una protesta venne espressa contro queste lamentele immediatamente dalla dott. Bruna Tamaro ch‟era assistente (poi sarebbe stata ispettrice) all‟Ufficio e che fece così il suo ingresso ufficiale nella storia dell‟archeologia istriana, dove la sua presenza e la sua attività avrebbe contato parecchio».

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Soprintendenza o più d‟una. Non ci sembra consigliabile aggiungere alla zona già così vasta ed opulenta cui deve provvedere la R. Soprintendenza di Venezia, un‟ampia regione ampia e ricca quale la Venezia Giulia [...] Ma anche a parte le ragioni tecniche e forse anche soltanto per considerazioni politiche (e non ci stancheremo mai di ripetere quanto strettamente collegati con le questioni politiche siano questi nostri problemi di alta cultura) [...] Ci sembra pertanto indispensabile che si addivenga alla istituzione di una nuova Soprintendenza; e, sufficiente, d‟altra parte, ci sembra intuire, almeno per ora, sempre meno che l‟eletto all‟onorevole incarico sia uno che non manchi non solo di preparazione, ma anche di notevole energia e di attività»126.

La questione non era solo tecnica, lo stesso Guido Cirilli sottolineò più volte le implicazioni politiche che questo trattamento nei suoi confronti poteva comportare: «Se è vero che era negli intendimenti di codesta Direzione Generale di istituire l‟Ufficio Belle Arti perché vivesse attivamente è duopo sostenerlo oltre che per la tutela di questo patrimonio monumentale anche per il nome del nostro Paese»127.

Non si sa se fu proprio l‟accorato appello di Cirilli a spingere il Ministero a inviare Ettore Modigliani e Roberto Paribeni in Istria, ma di certo l‟appello fu accolto l‟anno successivo quando, a seguito del R. D. 31 dicembre 1923, n. 3164, Nuovo ordinamento delle Soprintendenze alle opere d’antichità e d’arte, si creò la Soprintendenza alle Opere d‟Antichità e d‟Arte della Venezia Giulia con sede a Trieste.