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La Sala del Nessuno e la Casa dei Santi di Parenzo

I musei in Istria nei primi del Novecento

V. 1 La Sala del Nessuno e la Casa dei Santi di Parenzo

Una fra le cittadine istriane che maggiormente apparve sensibile al bisogno di luoghi di cultura, quali i musei, è sicuramente Parenzo.

La forte volontà cittadina di trovare una sede degna per la conservazione dei cimeli cittadini «raccolti nella città e nei suoi dintorni e donati dagli stessi parentini»632 sfociò, nel 1925, nella creazione di un «Comitato per l‟istituendo Civico Museo d‟Arte e Storia di Parenzo».

630 MIRABELLA ROBERTI, 1938, p. 236. Nella relazione riassuntiva delle questioni che il Soprintendente avrebbe sottoposto all‟esame del Direttore Generale Antichità e Belle Arti vi era tra i lavori in corso il Museo Civico d‟arte moderna di Fiume: «Si sta lavorando, secondo le direttive di S.E. il Ministro, per l‟istituzione di un museo d‟arte dell‟800 e moderna nella città di Fiume. Il Comune sta già procedendo a proprie spese alla sistemazione dei locali. Necessita il maggior appoggio per l‟incremento della raccolta di opere d‟arte», in ASSBSAE, IV Affari generali, b. 57.

631 FORLATI TAMARO, 1926, pp. 148-149.

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Al vertice del Comitato, in qualità di Presidente, vi era il Grande Ufficiale della Corona d‟Italia Marchese Benedetto Polesini633, ed era formato da «persone che per la loro ineccepibile condotta morale e politica, per la posizione sociale che ricoprono, e per la generale estimazione che godono, danno piena ed incondizionata fiducia nella serietà e sul buon esito dell‟iniziativa in parola»634.

La volontà del costituito Comitato mirava all‟istituzione di un Museo Civico che avrebbe visto la sua sede nella storica Sala del Nessuno della soppressa Chiesa di San Francesco a Parenzo. In data 25 marzo 1925 Benedetto Polesini scrisse alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti per perorare la causa dei suoi concittadini con l‟intento di ottenere un sussidio ministeriale che consentisse di effettuare quei lavori indispensabili per adibire la sala a museo635.

La chiesa, soppressa a seguito dell‟editto napoleonico del 1806636, fu acquistata dall‟allora marchese Polesini, il quale divise la navata in due piani. Mentre la parte inferiore fu adibita a cantina, quella superiore fu destinata a sede della Dieta Provinciale Istriana637. Prima di arrivare alla richiesta di aiuto finanziario il Marchese, con molta astuzia, ripercorse sapientemente la storia «dell‟antica aula», ponendo più volte l‟accento sull‟italianità della provincia d‟Istria e dei cittadini stessi di Parenzo, che proprio in quel luogo negarono a gran voce il riconoscimento dell‟appartenenza alla «federazione Germanica»:

«Per l‟Istria, provincia italiana, già romana e veneta, sarebbe stato un assurdo il riconoscere la propria appartenenza ad una federazione dal nome così esotico, ma che era per sé stessa una mostruosità [...]. I rappresentanti della dieta istriana, undici fra quelli di tutte le altre diete, al momento della elezione deposero unanimi nell‟urna la scheda colla parola “NESSUNO”. Sciolta la prima dieta per quell‟atto di ribellione (in realtà di consapevolezza e coraggio) ed

633 In data 3 maggio 1924 fu nominato Presidente della Commissione conservatrice provinciale di Pola, al posto del deceduto Antonio Pogatschnig. In ASSBSAEFVG, III Ispettori onorari, b. 40.

634 Parole, queste, pronunciate dal Prefetto della Provincia d‟Istria e indirizzate, in data 10 marzo 1925, alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione.

635 ACS, Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. II, 1925-28, b. 71.

636 L‟editto portò alla soppressione degli ordini religiosi e all‟incameramento dei loro beni.

637 L‟annesso convento divenne dapprima una scuola e successivamente sede della Giunta Provinciale dell‟Istria. Si veda CRAIEVICH, 2004, p. 199.

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eletta la seconda, uguale alla prima, logicamente essa tornò a votare per il “NESSUNO”. Da allora, l‟aula di San Francesco, si chiamò “la sala del nessuno”» 638.

Polesini rimarcò successivamente come in essa il Re d‟Italia ricevette il 24 maggio 1922 nel suo primo viaggio in Istria, «venuto l‟atteso giorno della Redenzione», i sindaci convenuti dall‟intera provincia:

«L‟aula che aveva incominciato la sua gloriosa funzione con un fiero atto di italianeità in tempo di servaggio, la chiudeva degnissimamente con un altro atto di italianeità nel momento in cui l‟Istria era redenta»639.

La chiesa fu difatti donata dallo stesso marchese Polesini alla Provincia dell‟Istria il 22 maggio 1922. L‟unica condizione posta da Polesini era quella che se fosse cessata la presenza della Deputazione e del relativo Consiglio Provinciale istriano essa dovesse divenire di proprietà del Comune di Parenzo.

Così avvenne; trasferita la Provincia dell‟Istria nel nuovo capoluogo di Pola, la sala, ora vuota, avrebbe dovuto trovare una destinazione degna della sua importanza storica.

S‟informò quindi il Ministero di come, di comune accordo tra i due commissari prefettizi succedutisi nel comune e il comitato cittadino, si decise di destinare l‟aula e alcuni suoi annessi, a sede d‟istruzione e cultura, precisamente nel futuro Museo Civico d‟Arte e Storia e annessa Civica Biblioteca.

Pur intendendo il Comitato di provvedere nelle spese per l‟istituzione «colla massima economia e oculatezza», esso abbisognava di un finanziamento per poter procedere ai lavori di adeguamento. Fra questi vi erano i lavori di restauro da eseguire all‟interno dell‟aula e nel vano destinato alla biblioteca, oltre ai lavori per l‟adattamento dei locali d‟accesso, per il riattamento di tutti i pavimenti, per la dipintura dei locali, compresa «l‟aula grandissima», e il trasporto della Biblioteca dal locale in cui si trovava al momento - definito inadatto -, e di quello «gelosissimo» di tutti gli oggetti «fragili e minuti», oltre che dei «voluminosi e pesanti» del Museo, già collocati in ambienti «umidi e tetri» del pianoterra; infine per

638 La Dieta si riunì il 6 aprile 1861. Per conoscerne la storia si vedano i lavori di Giovanni Quarantotti. Tra questi il primo: QUARANTOTTI, 1938. ACS, Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. II, 1925-28, b. 71.

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l‟acquisto di una suppellettile più comoda e adatta «pel collocamento degli oggetti che il Museo già possiede, oltre che di quelli che le famiglie si offersero dare in custodia»640. Per portare a compimento tutti questi lavori la Commissione Conservatrice del museo, non potendosi appoggiare al Comune, che a loro dire aveva già accumulato milioni di debiti, pensò quindi di rivolgersi oltre che ai pochi cittadini agiati e alle istituzioni collegate alla loro provincia, quali il Comune di Trieste e «altre città simpatizzanti», direttamente alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma.

Il Museo cittadino era formato dagli oggetti preistorici provenienti dalle necropoli di Vermo e dai tre Colli Pizzughi presso Parenzo, da frammenti di lapidi romane rinvenute nella zona, da mosaici, pezzi di sculture, calchi di decorazioni paleocristiane, monete romane e venete, medaglie e «oggetti di pregio artistico di provenienza varia, donati dai cittadini»641.

Ultima nota, che negli intendimenti di Polesini avrebbe potuto giocare un ruolo importante nell‟esito della richiesta di sussidio, l‟intendimento del Commissione Conservatrice di dare al Museo il massimo incremento «coll‟aggiungervi tutti i cimeli artistici, libri, carte antiche, che sarà possibile mettere insieme, e che molti cittadini promisero di dare in custodia. Non dovrà mancare nemmeno la sezione del “Risorgimento”»642.

Il Prefetto per la provincia d‟Istria che fece da tramite tra il Comitato e il Ministero spese parole di stima per l‟iniziativa, definita utile e patriottica, sottolineando come la stessa avesse già ottenuto molte adesioni, non solo a Parenzo, ma anche in altri importanti centri quali, tra gli altri, Venezia, Biella e Trieste e ricevuto sottoscrizioni superiori alle mille lire. Ritenendo l‟opera davvero meritevole dichiarò di sentirsi in obbligo di suggerire al Ministero di stanziare, a titolo d‟incoraggiamento, un aiuto economico di duemila lire.

Il Direttore Generale Arduino Colasanti richiese il parere della Soprintendenza di Trieste, al fine di poter prendere una decisione in merito. A Trieste, alla direzione dell‟Ufficio, si trovava Giacomo De Nicola, già direttore del Museo del Bargello di Firenze dal 1913 al 1924.

Secondo il parere del soprintendente De Nicola la Sala del Nessuno, pur non rivestendo un alto interesse dal punto di vista artistico, possedeva una particolare importanza storica. La preoccupazione maggiore era, per il Soprintendente, che la sala potesse venir adibita ad altri scopi, meno meritevoli. A Parenzo esistevano già un piccolo Museo cristiano nel Battistero e

640Ibidem.

641Ibidem.

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un lapidario nella Villa Polesini che, a parere dell‟ufficio triestino, indipendentemente dall‟esito della richiesta, non si sarebbero dovuti toccare. Il contributo sarebbe in ogni caso apparso opportuno, sempre che ciò non fosse andato a gravare sul bilancio della Soprintendenza, già di per sé insufficiente alle necessità più urgenti di tutela.

De Nicola tenne inoltre a precisare come, se si fossero iniziati i lavori per il nuovo Museo Civico parentino, la Direzione Generale avrebbe dovuto far presente al Comitato la necessità che al suo ordinamento collaborasse anche la Soprintendenza stessa, così «da evitare eventuali mutamenti nell‟aspetto presente della sala»643.

Nel luglio dello stesso 1925 il Ministero accolse la proposta di sussidio richiesto dal Comitato, concedendo mille lire per la sistemazione a museo della Sala del Nessuno; accogliendo e sostenendo fortemente la volontà di De Nicola di partecipazione della Soprintendenza.

Il 29 novembre il marchese Polesini ringraziò sentitamente la Direzione Generale, esprimendo la speranza che anche in avvenire non sarebbe mancata alla loro istituzione «l‟efficace aiuto e la protezione ministeriale»644.

A pochi giorni dalla lettera di ringraziamento, dopo aver raggiunto il faticoso traguardo, in data 13 dicembre 1925, pervenne al Ministero della Pubblica Istruzione una lettera indirizzata dalla Direzione Generale della Pubblica Sicurtà con oggetto «incendio al museo». Nella notte del 5 dicembre il custode delle scuole magistrali di Parenzo, che dormiva al piano terra sottostante al Museo Civico «avvertì degli strani rumori che provenivano dai locali adibiti per il Museo suddetto»645. Si affrettò quindi a chiamare i pompieri, il direttore del museo il prof. Ranieri Mario Cossar646, il podestà e le forze dell‟ordine, quest‟ultime, portandosi sul posto, poterono constatare come nella storica Sala del Nessuno si fosse sviluppato un incendio che aveva già portato al crollo di parte della volta dell‟edificio.

643Ibidem.

644 Ibidem.

645Ibidem.

646Dizionario biografico dei Giuliani, Fiumani..., 2009, p. 61. Ranieri Mario Cossar (Capodistria 1884-Trieste 1963); già Direttore del Museo Civico di Capodistria (di cui fu promotore insieme a Ugo Pellis e altri). Ispettore onorario di Capodistria, faceva parte della Commissione provinciale ai monumenti di Pola. MANZINI, 1962-63; FRAULINI, 1966; SPANGHER, 1979; TAVANO, 1981; MASAU DAN, 1998; GARDINA, 2002; ULJANĈIĆ VEKIĈ E, 2003 e QUINZI, 2011. In ASSBSAEFVG, III Ispettori onorari, b. 40.

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Si procedette immediatamente alla messa in salvo dei quadri e degli oggetti artistici già presenti nella sala da poco adibita a Museo Civico; condizione necessaria dato lo stato di avanzamento dell‟incendio:

«L‟opera di spegnimento operata dai pompieri di Parenzo si svolse con pericolo continuo, poiché il fuoco, che evidentemente covava da molto tempo, aveva distrutto le travi maestre, nonché quelle minori, e si era propagato fino al tetto del fabbricato, nonché al piano superiore dell‟adiacente caserma CC.RR.»647.

L‟incendio doloso si era sviluppato per cause puramente accidentali. Il Museo confinava con la caserma dei Carabinieri. La cappa del camino presente nella caserma era posizionata in uno dei muri condivisi con la stessa sala museale. La rottura della canna del camino era risultata, dagli accertamenti condotti, la responsabile dell‟incendio. Le scintille, uscite dallo stessa, avevano «fatto facile presa con il legno vecchio delle travi della storica sala»648.

Attilio Degrassi, nella sua Istria Archeologica649, annota come il nuovo museo di Parenzo esponesse, oltre a oggetti romani e medioevali, un‟ampia raccolta preistorica e fornisce la data della sua inaugurazione, ossia il 6 giugno 1926650.Nuova menzione del Museo Civico di Parenzo si riscontra nel 1932. Il soprintendente di Trieste Ferdinando Forlati scrisse alla Direzione Generale per ottenere un permesso di trasferimento di un bene archeologico istriano. Il desiderio di Forlati era quello di poter inviare parte di un frammento di ara votiva in pietra d‟Istria conservato nelle sale dell‟appena inaugurato Regio Museo dell‟Istria di Pola e lì regolarmente inventariato, al Museo Civico di Parenzo. Lo stesso Forlati fornisce tutti i dettagli della particolare istanza651.

Nel 1928 un rigattiere di Trieste, tale Angelo Belleli, mise in vendita un frammento d‟iscrizione romana che lo stesso affermava provenire dalla campagna di Parenzo. Il frammento, che riportava l‟inizio di un‟iscrizione votiva a Minerva Flanatica, fu offerto in vendita al direttore del Museo di Storia e Arte di Trieste, Pietro Sticotti, che avvertì subito la

647 ACS, Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. II, 1925-28, b. 71.

648Ibidem. Purtroppo la documentazione presente non ci fornisce notizie su ciò che avvenne dopo l‟incendio.

649 DEGRASSI, 1933, p.326.

650Ibidem. Rimanda inoltre alle notizie da lui già fornite nel Notiziario Archeologico del 1925 (pp. 153-158) e 1926 (pp. 153-161). Per il periodo che va dal 1926 fino al 1945 si veda ULJANĈIĆ VEKIĈ E, 2003.

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Soprintendenza di Trieste. Quest‟ultima comprò il frammento e la inviò al Museo di Pola652. Attilio Degrassi, profondo conoscitore delle antichità istriane, mentre si trovava nel 1930 a Pola per studiare le iscrizioni romane di Parenzo per conto dell‟Unione Accademica Nazionale653, vide il frammento dell‟ara votiva e cercò subito di procurarsi notizie più precise sul luogo del rinvenimento, sperando di poter recuperare il resto dell‟iscrizione, riconoscendola di fondamentale importanza per la conoscenza dei culti antichi istriani. Il villaggio indicato dal rigattiere era Monsalice, a circa quattro chilometri da Parenzo. Degrassi, presi contatti con l‟amico e Ispettore onorario della Soprintendenza, Andrea Danelon, gli chiese se in paese era giunta voce del ritrovamento. Il contadino che aveva veduto la pietra, tale Antonio Belaz, confermò la ricchezza di antichi oggetti che affioravano dalla terra ch‟egli coltivava e la presenza di un‟altra pietra scritta che era stata donata al concittadino Giovanni Dumovich perché la usasse per la costruzione di una banchina davanti alla sua casa. Demolito il «rozzo sedile», presto apparve in luce il frammento di pietra scritta, che Degrassi riconobbe subito come la parte inferiore dell‟aretta di Minerva654. Questo secondo frammento fu acquistato dal Museo Civico di Parenzo.

Forlati voleva che i due pezzi, facenti parte della stessa ara votiva, fossero riuniti, proponendone la conservazione presso il Museo Civico di Parenzo, che, com‟era giusto che fosse, conservava già tutte le altre lapidi parentine. Questo, a titolo di deposito, «in attesa che si possa provvedere un giorno anche a quel lapidario parentino che è nei desideri dell‟Ufficio»655. Il lapidario, secondo gli intenti della Soprintendenza, doveva sorgere nella cosiddetta Casa dei Santi656.

652 DEGRASSI, 1928, p. 400. DEGRASSI, 1932, pp. 1-2.

653 L'Unione Accademica Nazionale (U.A.N.) fu istituita «con lo scopo di offrire la collaborazione italiana - anche attraverso un coordinamento di varie attività accademiche - alle ricerche e pubblicazioni promosse dall'Union Académique Internationale (U.A.I.), nell'ordine delle scienze filologiche, archeologiche, storiche, morali, politiche e sociali, in conformità agli statuti della predetta U.A.I.» (Cfr. R. D. 11 settembre 1924 [Statuto dell'U.A.N., art. 1], e L. 8 giugno 1949, n. 428, art. 2). Si veda: http://www.uan.it/ [20 aprile 2014].

654 Si veda foto [F77733] Inv. 3692d CMSA F NV 3 – 2346, conservata presso i Civici Musei di Trieste. L‟ara di Minerva fu fotografata da Pietro Opiglia; si veda il cap. III. 2.

655 ACS, MPI, Dir. Gen. AA.BB.AA., div. II, 1934-1940, b. 54.