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I dipinti della Chiesa della Consolazione di Pirano

Le formule per un restauro a regola d’arte: gli interventi di restauro in Istria

IV. 2 I dipinti della Chiesa della Consolazione di Pirano

«Nella chiesetta della “Madonna della Cintura” detta della Consolazione in Pirano, esiste nell‟altar maggiore una pala d‟altare settecentesca di non comune valore artistico, la qual, malamente restaurata e in parte ridipinta parecchi lustri or sono, ed ora completamente negletta, si trova in condizioni tali da richiedere urgente pulitura, rinsaldamento e restauro. Quest‟Ufficio si rivolge pertanto a codesta Ecc. Curia Vescovile, affinché voglia cortesemente autorizzare la rimozione di detta pala e il suo trasporto a Trieste, dove per cura dello stesso ed a sue spese, dovrà essere posto mano ai lavori necessari per la sua conservazione»538.

Con queste parole, firmate dal capo Ufficio Belle Arti Guido Cirilli nel settembre del 1921, si apre il fascicolo riguardante i lavori di restauro eseguiti a diversi dipinti appartenenti alla chiesa di Santa Maria della Consolazione a Pirano, conservato presso l‟archivio storico della Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia. Il dipinto in parola è il quadro raffigurante la Madonna, variamente definita della Consolazione o della Cintola, e Santi, opera attribuita a Giambattista Tiepolo539.

Nel gennaio del 1922 Cirilli richiese nuovamente l‟autorizzazione al Vescovo di Trieste per il trasporto della suddetta pala da Pirano a Trieste, dove sarebbe stata attentamente curata e restaurata nei locali del Museo Revoltella. Dalla lettera in questione si viene a conoscenza di come, nel frattempo, il Comune di Firenze avesse richiesto all‟Ufficio Belle Arti il prestito dell‟opera, così da poterla esporre in occasione della mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento che si sarebbe tenuta nella primavera successiva; mostra che effettivamente si tenne quell‟anno a Palazzo Pitti540.

537 Il Regio Museo dell‟Istria di Pola mutò il suo nome in Museo archeologico dell‟Istria (MAI) nel 1947. La sede rimase la stessa. Il frammento, insieme ad altri mosaici e a parti di arredo architettonico provenienti da altre chiese di Pola e della Bassa Istria, è collocato nelle sale meridionali del pianoterra.

538 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 191.

539 Pittore (Venezia 1696 - Madrid 1770). La figura di Giambattista Tiepolo fu studiata con particolare interesse da Antonio Morassi. Si veda MORASSI, 1955. Si vedano inoltre BOREAN, BARCHAM, 2012 e BERGAMINI, CRAIEVICH, PEDROCCO, 2012. Si veda l‟apparato iconografico, immagine 27.

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Il Capo Ufficio triestino ritenne doveroso caldeggiare sin da subito la proposta avanzata dal Comune di Firenze, stando a cuore «il buon successo della Venezia Giulia all‟esposizione di cui sopra»541.

Il preventivo dei lavori, pervenuto qualche tempo dopo, fornisce il nominativo del restauratore prescelto per eseguire l‟intervento sulla preziosa tela, ossia Giuseppe Cherubini di Venezia «che ha già in precedenza eseguito altri lavori del genere»542. Il costo concordato era di duemila lire e consisteva nella «foderatura lavatura stuccatura e ristauratura giuste le disposizioni avute da codesto Ufficio B. Arti»543.

Importante appare sottolineare come, dal marzo del 1922 in poi, la generica pala d‟altare cominciò a venir denominata «pala del Tiepolo». Fu proprio l‟ispettore dell‟Ufficio Belle Arti, Alberto Riccoboni544, ancor prima della fine del restauro, ad attribuire l‟opera al grande maestro veneto545.

Cirilli, come d‟uso dell‟Ufficio Belle Arti, ancora assoggettato al Commissariato Generale Civile con sede a Trieste, richiese a quest‟ultimo di poter stanziare le duemila lire previste per i lavori di restauro all‟importante opera. Proprio per il suo importante pregio si rendeva indispensabile e urgente procedere ad essi. Il dipinto era già arrivato ed era stato convenientemente collocato al Museo Revoltella.

Nel carteggio non si è purtroppo trovato riscontro dei lavori eseguiti dal restauratore veneziano. Unica nota una fattura intestata a tale Giovanni Carlovatti per il pagamento di centocinquanta lire per un telaio di abete utilizzato per il dipinto del Tiepolo. I lavori eseguiti

541 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 191.

542Ibidem.

543Ibidem.

544 Si veda il cap. I. 3.

545 Scrive SANTANGELO, 1935, p. 157: «L‟attribuzione al Tiepolo fu proposta ancor prima del restauro dal prof. Riccoboni. Si scatenò in quella occasione nel Piccolo della Sera di Trieste una lunghissima polemica che ebbe il suo valore di pettegolezzo di provincia. La qualità del dipinto è eccellente e l‟attribuzione allo stesso Tiepolo sicura. Il S. Tommaso riproduce con certezza i tratti del Tiepolo ed è, senza dubbio, un suo autoritratto». Per molto tempo fu considerata irreperibile (si veda ENRICO LUCCHESE, scheda 426 in PAVANELLO, WALCHER, 2001, p. 229). L‟opera, ancor oggi attribuita a Giambattista Tiepolo, si trova attualmente collocata al Museo Sartorio di Trieste. La sua storia è infatti legata alle sorti di quelle casse contenenti le opere d‟arte istriane che, trasportate a Villa Manin nel 1940, finirono poi per essere dimenticate e lasciate in deposito presso i magazzini di Palazzo Venezia a Roma. Per approfondire si veda CASTELLANI, CASADIO, 2005, pp. 176 – 181.

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non furono però giudicati all‟altezza dell‟importanza del quadro e, nel 1935, nel citato catalogo a stampa degli oggetti d‟arte dell‟Istria dell‟ispettore Antonino Santangelo546, furono spese parole non troppo lusinghiere:

«Il quadro è stato restaurato a cura della R. Soprintendenza di Trieste in maniera abbastanza soddisfacente. Tuttavia non s‟è potuto evitare che alcune parti, come il demonio atterrato, rimangano affogate nell‟ombra ed altre, come la figura della Vergine, siano sfigurate da grossolani segni di ridipintura: i bianchi della veste di S. Teresa aggallano troppo. S‟è invece ottimamente conservato il valore d‟insieme dei singoli colori e l‟equilibrio cromatico»547.

Di sicuro si sa, però, che, nell‟aprile del 1922, il restauro era già stato portato a termine e Cirilli consigliò all‟Amministrazione della Chiesa della Consolazione, data l‟importanza del dipinto, di intensificare la vigilanza su di esso una volta ritornato a Pirano. Sarebbe stato inoltre gradito da parte del Capo Ufficio che esso fosse esposto in modo tale da «farne risaltare più che nel passato gli innumerevoli pregi»548.

Il quadro ritornò a Pirano accompagnato dall‟ispettore Ignazio Domino, per cura dell‟Ufficio Belle Arti.

Da una lettera spedita ad Alfredo Tominz549, direttore del Museo Revoltella, si viene a conoscenza di come il quadro non fu solamente restaurato presso i loro locali; Cirilli infatti ringraziò sentitamente per aver gentilmente consentito all‟esposizione del dipinto in pubblico nelle sale del Museo «che la V.S. Ill. con tanto amore dirige»550.

Non solo la pala del Tiepolo fu oggetto delle cure dell‟Ufficio di Trieste.

Nel gennaio del 1925 l‟ispettore Antonio Morassi551 indirizzò una lettera al parroco di Pirano in cui sosteneva il bisogno di un urgente opera di restauro ai dipinti che si trovavano nella stessa chiesa della Consolazione di Pirano. La Soprintendenza, scrisse, aveva pertanto deciso di sottoporre due di essi alla necessaria operazione, e precisamente i due centrali alle pareti laterali, raffiguranti scene bibliche.

546 Si veda quanto riportato nel cap. III. 3.

547 SANTANGELO, 1935, p. 157.

548 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 191.

549 Alfredo Tominz (1883 – 1926), figlio del primo direttore del museo e pittore Augusto (1872-1883).

550 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 191.

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Solamente il mese prima arrivò una lettera di Augusto Vermehren, restauratore di Firenze, indirizzata all‟ispettore Antonio Morassi, dal suo studio in via Toselli.

L‟insigne restauratore aveva fissato un viaggio a Trieste per poter prendere visione dei quadri in questione. Dato che l‟affollamento di lavori negli ultimi tempi non gli aveva permesso di disporre sicuramente del suo tempo, richiese a Morassi di fissare un appuntamento in cui potersi incontrare, raggiungendolo a Trieste. Le intenzioni di Vermehren erano quelle di rimanere fuori Firenze il meno possibile, solamente per il tempo necessario avendo «come egli sa, gli Altdorfer e i Martini di Berenson nello studio»552:

«Come le avevo già detto a voce per il momento non posso accettare che lavori che mi possono essere spediti a Firenze; io verrei quindi a vedere quadri solo sotto questa condizione di poterli cioè curare al mio studio a Firenze. Appena dopo terminati i lavori cui attendo presentemente e che dureranno ancora per al meno un anno, potrò assentarmi da Firenze per più lungo tempo, benché anche questo malvolentieri, e solo in casi speciali, come d‟altronde spiegherò meglio a voce»553.

L‟intenzione della Soprintendenza, espressa nella lettera del gennaio del 1925, era quella di ottenere l‟autorizzare alla rimozione dei quadri, così da poterli inviare prima possibile a Firenze.

La documentazione a questo punto si interrompe fino al marzo del 1930 quando si tornerà a parlare nuovamente del restauro di quattro dipinti appartenenti alla Chiesa della Consolazione:

«Questa Soprintendenza ha preso in consegna i 4 dipinti appartenenti a cod. Chiesa di S.M. della Consolazione, ma, con grande sorpresa e disappunto, ha constatato che le 4 tele erano state senza scopo alcuno levate dai rispettivi telai e arrotolate. Ciò contrariamente agli accordi pressi. Purtroppo, tale procedimento ha complicato la possibilità di provvedere al restauro che questa Soprintendenza aveva in programma di fare al più presto, dovendosi ora foderare i dipinti con una nuova tela e costruire nuovi telai. Inoltre, con l‟arrotolamento delle tele, la pittura, già molto secca, si è screpolata in vari punti e se ne sono andati in polvere, alcuni tratti, richiedendo perciò maggiore e più difficile restauro, senza contare la menomazione del punto

552 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 191.

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di vista artistico delle opere d‟arte, che avrebbero meritato invero, dato il loro valore, una maggiore cautela nel trattamento»554.

Il restauro costò più di quanto preventivato e la differenza non si poteva assolutamente far ricadere sui fondi, già ristretti, di quell‟ufficio; tanto più che i danni non dipendevano da quest‟ultimo. L‟ispettore Alberto Riccoboni, responsabile della lettera di rimprovero alla parrocchia di Pirano, richiese che, almeno, fossero consegnati alla Soprintendenza i telai dei quattro dipinti che, se non «guastati», avrebbero ancora potuto essere utilizzati.

Il parroco, evidentemente infastidito, rispose come l‟ordine di arrotolare «a due a due dopo averli levati dai relativi telai»555 fu impartito dal pittore che accompagnava il prof. Riccoboni. I telai invece, se inizialmente parevano pronti per la spedizione alla volta di Trieste, non furono più trovati. Il parroco informò di come, nei magazzini in cui erano stati depositati, fosse appena avvenuto un trasloco «e potrebbe anche darsi che credendoli dei pezzi di legno inutili siano stati trascurati o gettati chissà dove»556. Per quanto riguardava la maggiore spesa il parroco, sostenendo di non poter in alcun modo concorrervi, consigliò di restaurare solo due dei quadri, rimettendo i rimanenti quindi al loro posto così com‟erano.

Il restauro però fu, a detta del soprintendente Ferdinando Forlati, eseguiti su tutte e quattro le «grandi tele settecentesche raffiguranti scene bibliche»557.

Nel già citato Inventario di Santangelo, sono però solo due le opere che recano la descrizione «restaurato nel 1931 a cura della R. Soprintendenza di Trieste» e sono il dipinto raffigurante la Storia della vita di Sant’Agostino, inserito in un ampio paesaggio pastorale, e Madonna e Santa Monica, entrambi attribuiti dall‟Ispettore a Francesco Fontebasso558. Quest‟ultimi, a detta di Santangelo, facevano coppia «per stile» con altre due opere «della vita di Sant‟Agostino», dal titolo Storia della vita di S. Agostino e Madonna e S. Agostino, presenti nella chiesa ed anch‟esse attribuite dall‟Ispettore a Fontebasso. Tutte e quattro appaiono, nel 1935, collocate su pareti laterali, e fanno così credere di essere queste le opere considerate per

554Ibidem.

555Ibidem.

556Ibidem.

557 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 191.

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il restauro, poi eseguito, della Soprintendenza. Oggi le tele sono attribuite a pittore veneto del XVIII secolo559.