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Le formule per un restauro a regola d’arte: gli interventi di restauro in Istria

IV. 3 «Il fondo oro trecentesco e la predella belliniana di Dignano»

IV. 4 Il restauro dei dipinti di Isola d’Istria

L‟analisi del carteggio contenuto nel fascicolo «Restauro dipinti del Duomo - Isola d‟Istria - provincia di Pola», ha consentito di dare uno sguardo a un altro dei numerosi interventi di restauro eseguiti su opere d‟arte e curati dall‟Ufficio Belle Arti di Trieste in Istria583.

Il presente fascicolo riguarda, in particolare, il restauro di due grandi quadri, S. Elisabetta e l‟elemosina di S. Lorenzo, attribuiti dallo stesso Ufficio a Bernardo Strozzi, e del dipinto raffigurante S. Sebastiano di Irene da Spilimbergo, esistenti nella chiesa di Isola584.

Il carteggio si apre con una lettera del 22 aprile 1924, contenente un sommario preventivo di restauro per «due quadri dello Strozzi dipinti su tela esistenti nel Duomo di Isola della misura di m. 1.80 x 1.80»; preventivo firmato dal restauratore Lorenzo Cecconi Principi. Stessa data per un altro preventivo, ossia per il quadro di Irene da Spilimbergo «della misura di 1.70 x 0.90»585.

Emerge fin da subito uno degli attori principali dell‟intervento di restauro, ossia Cecconi Principi «conservatore della Reale Pinacoteca di S. Luca» che, dal suo studio di restauro per dipinti antichi in via Margutta 51 a Roma, cominciò quella che sarà una fitta corrispondenza con l‟Ufficio Belle Arti triestino, in particolare con l‟ispettore Antonio Morassi586.

Alla direzione dell‟Ufficio vi era l‟architetto Guido Cirilli. Cirilli e Cecconi Prinicipi si erano già incontrati e non appare un caso che il restauratore fosse stato scelto da Cirilli per il restauro dei quadri di Isola d‟Istria.

Con lettera del 17 luglio 1919 l‟amministrazione del Pio Istituto Santa Casa di Loreto scrisse al Governatorato militare della Venezia Giulia, informandolo di come l‟architetto Cirilli fosse il Direttore artistico «per tutto quanto occorre negli insigni edifici monumentali di proprietà di questo pio istituto»587. Da Loreto veniva richiesta la sua presenza per effettuare una visita a un lavoro in corso; richiesero quindi una licenza che permettesse al loro Direttore artistico di assentarsi da Trieste per recarsi a Loreto. Lo stesso Cirilli scrisse alla Direzione generale antichità e belle arti per richiedere la possibilità di effettuare questo viaggio al più presto, al

583 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 190.

584 Si veda l‟apparato iconografico, immagini 29, 30 e 31.

585 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 190.

586 Si veda il cap. I.

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fine di poter tornare quanto prima in città. Sottolineò inoltre la volontà di un ulteriore viaggio verso Roma, per discutere con l‟Amministrazione centrale del suo operato a Trieste588.

Fu proprio in uno dei suoi viaggi nelle Marche che ebbe modo di incontrare Cecconi Principi, il quale era stato proposto per il restauro degli affreschi di Luca Signorelli che decorano la sacrestia della Basilica della Santa Casa di Loreto, sulla scorta della sua esperienza orvietana589.

Cirilli, nell‟intento di favorire gli stessi interessi del Pio Istituto, sollevò obiezioni di tipo economico e metodologico590. Nonostante le rimostranze di Cirilli, che fecero inizialmente allontanare Cecconi Principi dai lavori, il restauratore fu richiamato e i lavori, più volte rimandati per motivi di salute dello stesso, furono felicemente terminati e si chiusero ufficialmente nel settembre del 1924 con l‟accurata relazione stesa dal restauratore591.

Il soprintendente alle Marche, Luigi Serra, ebbe a spendere parole di vero e proprio elogio al suo operato, da molti considerato troppo costoso:

«D‟altra parte il Cecconi è da considerarsi come un chirurgo illustre che ha maggiori esigenze per le sue prestazioni, non solo per le garanzie che offre di saper far fronte degnamente a qualsivoglia eventualità, ma anche per la difficoltà di averlo»592.

Delle sue abilità dovette molto probabilmente ricredersi anche Cirilli se Cecconi, nel luglio del 1924593, si trovava a Capodistria per restaurare i quadri di Isola d‟Istria.

I preventivi per i tre quadri furono approvati già in data 26 maggio di quell‟anno dal Ministero della Pubblica Istruzione e ammontavano a millecinquecento lire l‟uno.

Cirilli, una volta ottenuto il nulla osta da Roma, richiese al parroco Mons. Francesco Mujesan di «voler cortesemente disporre perché i due dipinti siano tolti dal posto in cui si trovano (con le dovute precauzioni) e pertanto conservarli nella Sagrestia della Chiesa»594. Morassi si

588Ibidem.

589 MAZZONI, 2012, p. 163.

590Ivi, p. 164.

591Ivi, p. 169.

592 Minuta della lettera del 31 ottobre 1924 inviata da Serra a Gaetano Falconi (Fermo, 1851-1925) che dal 1919 fino alla sua morte fu regio amministratore del Pio Istituto della Santa Casa. Per la sua figura si veda Cfr. Grimaldi 2006, vol. I, pp. 98-100 e 524 e MAZZONI, 2012, p. 70.

593 Anche in MAZZONI, 2012, p. 166, viene confermato il suo impegno a Capodistria.

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sarebbe successivamente recato a Isola per effettuare un primo esame delle opere in parola. Il lavoro cominciò già nel giugno e fu completato entro il mese successivo presso il Museo Civico di Capodistria, ospitato a Palazzo Tacco, «con piena soddisfazione di quest‟Ufficio e secondo le regole dell‟arte»595.

Cecconi inviò alla Soprintendenza nota dei restauri eseguiti così da ricevere la liquidazione del compenso che gli spettava. Grazie a questa nota si possono conoscere gli interventi eseguiti sui tre quadri; informazioni molto scarne ma che ci permettono di comprendere l‟opera svolta dal restauratore. Per quanto riguardava il quadro attribuito all‟allieva di Tiziano, Irene da Spilimbergo, raffigurante S. Sebastiano, Cecconi scrisse che esso fu «reintelaiato su tela fine sul proprio telaio rafforzato, spianato il colore, tolta la vecchia vernice ingiallita, rimossa una giunta di tela di un‟altra epoca recente posta in basso al dipinto, sostituendola con altra più adatta colorata con una tinta neutra intonata all‟originale, fatti i necessari restauri e verniciato»596.

Altre le operazioni eseguite sui quadri dello Strozzi che «furono reintelaiati cono tela nuova si un sol pezzo e su telai nuovi, spianato e fissato il colore sollevato e cadente, rimosse le vecchie vernici annerite e gli ossidi che avevano completamente alterato i dipinti, stuccate le parti mancanti di colore, fatti i necessari ritocchi e verniciati»597.

Cecconi ebbe spesso a lamentarsi con l‟ispettore Morassi del ritardo di pagamento e, «data la necessità di incassare denaro»598, il restauratore lo sollecitò numerose volte. Il compenso gli fu pagato solamente nel gennaio del 1925.

Da una lettera del maggio del 1925, inviata dal Commissario prefettizio del Municipio di Isola d‟Istria all‟Ufficio Belle Arti, si viene a conoscenza di come, «dopo le occorrenti

595Ibidem.

596Ibidem.

597 ASSBSAEFVG, VII Monumenti, b. 190. Lo stesso ALISI, 1937 [1997], scrisse alle pp. 101-102: «Sull‟altare [...] secondo a destra, vedesi la bellissima pala di S. Sebastiano, tela attribuita a Irene da Spilimbergo. É una pittura d‟aspetto tizianesco ma è impossibile assegnarla alla contessina Irene, morta già a 19 anni. Avendo avuto agio a studiarla tanto nel 1910 all‟Esposizione capodistriana che in seguito, al ritorno dal ristauro felicissimo fatto dalla R. Soprintendenza di Trieste, credo si tratti uno dei tre dipinti palmeschi del Manzuoli, da assegnare anzi, questo S. Sebastiano, a Jacopo Palma il Giovine (riesaminare attentamente!)». Per l‟attribuzione WALCHER, 1997, in nota si rifà a quanto affermato da BREJC, 1983, p. 108, in cui sostiene che «la soluzione data dal dipinto di Isola al portamento del santo si avvicina molto di più alle figure manieristiche del tardo Cinquecento o del primo Seicento». Tesi accettata anche da BERGAMINI, 1984.

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riparazioni»599, i quadri di Strozzi da Capodistria furono inviati a Trieste per l‟Esposizione d‟arte che l‟ispettore Alberto Riccoboni indicherà più propriamente come la II Esposizione di arte antica che si tenne al Circolo artistico di Trieste.

«Poiché questa città è gelosa custode di dette opere»600, previo assenso della R. Sottoprefettura di Capodistria, il Commissario pregò caldamente che, a esposizione finita, essi fossero «convenientemente imballati e spediti direttamente al legale depositario» mons. Francesco Mujesan. Il quadro di Irene da Spilimbergo si trovava al contrario ancora depositato, nel luglio del 1925, presso il Museo Civico di Capodistria.

Ma se quest‟ultima pala poteva essere ricollocata senz‟altro nel luogo in cui stava in origine, scrisse Riccoboni in risposta, per i quadri dello Strozzi si sarebbe reso necessario un sopralluogo per stabilire il posto più conveniente alla loro collocazione.

Ritornate a Isola le opere restaurate, nel settembre del 1925, il parroco dichiarò di essere disponibile a impegnare tutta la propria attività per la rigorosa conservazione di quest‟ultimi, rivolgendo i suoi più sentiti ringraziamenti e perpetua riconoscenza al Governo che «colla Sua celebrata generosità provvede al ristauro dei pregevoli oggetti artistici»601.

Lo stesso parroco, che in questo ringraziamento si dichiarò così collaborativo nei confronti dell‟impegno di tutela, solamente pochi anni prima era stato più volte ripreso per la sua condotta e deplorato per un agire considerato poco «riguardoso» sia in merito alla decorazione «irreligiosa» della Cappella del Carmine della stessa chiesa, sia per colpa di vendite irregolari di antichi oggetti d‟arte.

Già prima del restauro del 1924, l‟importante tela di S. Sebastiano era considerata dai cultori d‟arte locali il «più bel capolavoro che abbiamo nel nostro Duomo». Proprio su segnalazione di quest‟ultimi, Cirilli aveva richiesto all‟Ordinariato vescovile di rimuovere la moderna statua colorata della Madonna che «invero di dubbissimo gusto» era stata collocata dinanzi alla pregevole tela cinquecentesca. L‟Ufficio si era premurato di avvertire il parroco che la collocazione della statua non solo era una stonatura e una mancanza di rispetto verso la bellissima opera ma andava soprattutto a toglierla alla vista e all‟ammirazione dei fedeli. Cirilli, non ricevendo risposta, si vide costretto a informare i suoi superiori:

599Ibidem.

600Ibidem.

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«Monsignor Mujesan nulla ha risposto alla comunicazione dell‟Ufficio, ed ha lasciato la statua al suo posto. Evidentemente, ha l‟intenzione di lasciarla ancora. Prego quindi venga rimossa per non costringere l‟UBA [Ufficio Belle Arti n.d.a.] a dover procedere per altra via per far rispettare le leggi di tutela agli oggetti d‟arte»602.

In seguito a questa discussione pervennero all‟Ufficio Belle Arti numerose segnalazioni, tra cui una lettera del Professor Attilio Degrassi603 che condannava l‟operato del parroco Mujesan nei confronti del prezioso quadro e del suo approccio alle opere d‟arte in genere. Le sue poche parole toccavano dei tasti molto delicati che rivelano le difficoltà riscontrate dell‟Ufficio in Istria, in primis il problema di far seguire e applicare le leggi vigenti sul nuovo territorio italiano:

«Illustrissimo Signor Commendatore. Lei venendo a Isola aveva ordinato di non nascondere la famosa pala di S. Sebastiano di Irene da Spilimbergo [...] Per qualche mese restò scoperto. Oggi un‟altra volta se lo vede coperto con drappi ed altro da questo Parroco capriccioso e oscurantista. Per lui non brilla l‟arte ma solo l‟oro e l‟argento»604.