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Il tipo è una figura capace di riunire caratteristiche generali in modo esemplare come uno strumento che individua i vizi e le virtù del suo tempo, come le dinamiche psicologiche e dei comportamenti di figure sociali, antiche e nuove, mettendo in evidenza i suoi aspetti essenziali352.

L'autore sintetizza la nascita del personaggio complesso con il titolo «il personaggio diventa un individuo e l'eroe tragico apre la porta di casa» e questo fa pensare ai termini proposti dal sociologo Goffman su ribalta e retroscena. Come se prima gli eroi fossero visti soltanto nella loro rappresentazione di facciata e, dalla fine del 700 e durante tutto l'Ottocento la costruzione del personaggio fosse diventata ogni volta più complessa e lo spettatore potesse guardare, accedere, il suo finto vero retroscena.

Qui il concetto di facciata e di molteplici self può aiutare a capire quello che Vicentini spiega come un personaggio complesso, rappresentato da una mescolanza

351 C. Vicentini, op. cit., p. 45. 352 Ivi, p. 57.

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espressiva, del riunire dei diversi toni stilistici, il che era difficile, per esempio, secondo relati dell'autore dei Tre moschettieri che gli attori non riuscissero a passare dalle cadenze tragiche a delle cadenze comiche. Il segreto per costruire una rappresentazione più complessa si trovò nei dettagli delle azioni quotidiane, in un tentativo ogni volta più evidente di scappare dai cliché, così che i tratti più generali diventassero dei tratti individuali di caratterizzazione.

[...] per rendere il personaggio come un concreto individuo umano non si trattava più di imitare dall'esterno gesti e movimenti particolari, da infilare nella recitazione. Ma di riuscire a evocare in sé, nel modo più articolato e penetrante, il preciso stato d'animo del personaggio. La sua individualità sarebbe allora emersa spontaneamente, in ogni gesto e in ogni espressione dell'attore353.

L'unico modo per riuscire a costruire un personaggio in un modo complesso era trattarlo come una persona reale, come qualcuno a cui l'attore è stato vicino e conosce tutto il suo passato, le esperienze felici e traumatiche che hanno prodotto il suo carattere, e che potrebbero influenzare i suoi stati d'animo, le sue azioni e reazioni. Quanto più informazioni reali l'attore riesce a mettere nella storia del personaggio, più originale sarà la sua creazione354.

Grandi attori dell'Ottocento come Tommaso Salvini ed Eleonora Duse sono stati grandi esponenti di questo tipo particolare di recitazione, al quale Konstantin Stanislavkij ha sviluppato come un Metodo e, facendola molto breve, Lee Strasberg ha adattato e diffuso negli Stati Uniti, dalla Broadway al cinema hollywoodiano, attraverso l'Actors Studio di New York.

Se Stanislaviskij cercava di scappare dai cliché gestuali, posturali e di spostamento, per esempio, quali sarebbero i cliché vocali e come si caratterizza la vocalità di un

353 Ivi, p. 67. 354 Ivi, p. 68.

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personaggio più complesso, rispetto alle tecniche di base mimetiche o immedesimate? Faccio queste domande, ora, per cercare di osservare, di tracciare un parallelo fra corpo e voce nelle analisi più avanti in questo studio, nel tentativo di identificare dei comportamenti vocali che caratterizzano tratti generici o individuali, delle dinamiche psicologiche e sociali che l'attore mette in atto tramite la vocalità.

Fra le tecniche di immedesimazione si trova un vero e proprio esercizio mentale mnemonico, che consiste nel ricordare in modo dettagliato delle esperienze vissute nella storia dell'attore, che possono essere date in prestito alla costruzione del personaggio, in tre fasi: «ricordo minuzioso delle circostanze ambientali, ricupero delle sensazioni fisiche, definito tecnicamente memoria dei sensi, e rievocazione dello stato d'animo, memoria emotiva»355.

Vicentini spiega il concetto di intelaiatura, di linea di base della costruzione del personaggio, delle sfumature possibili alla sua caratterizzazione. La rappresentazione di emozioni generali, di sentimenti complessi. L'attore in questione può rappresentare le emozioni in modo molto marcato, oppure riuscire a mescolare emozioni diverse, come può trascinare le sue espressioni da uno stato emotivo a un altro, passare da uno all'altro con o senza l'eco emotiva, quando la condizione precedente si prolunga nelle sfumature di quella successiva356.

Così come Goffman si riferisce alle maniere, all'atteggiamento di un individuo quando arriva sulla ribalta, ovvero, quando viene visto da un altro individuo per la prima volta, e costituiscono già di per sé una promessa della sua messa in scena, alla quale il pubblico, basandosi in altri personaggi conosciuti previamente e simili, si aspetterà da esso determinati comportamenti, valori, esperienze, come un venditore che promette un determinato prodotto a un cliente, che lo comprerà o no, se convinto o no. Vicentini parla dell'entrare in scena, quello che Stanislavskij chiamò immedesimazione

355 Ivi, p. 75. 356 Ivi, p. 81.

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preventiva, del riscaldamento che dovrebbe anticipare lo spettacolo, cosa che faceva Tommaso Salvini prima di comparire in scena, per far credere al pubblico di una continuità di qualcosa che c'era prima di loro, di un eco emotiva che precede l'atteggiamento iniziale e caratterizza un personaggio già costruito, più reale, che viene catturato da questo pubblico in un momento della sua vita357.

Questa è la ragione sulla quale si basa la scelta della prima scena come parte del campione d'analisi fra i film scelti in questo studio, perché costituisce la promessa del personaggio, è il momento in cui esso viene presentato al pubblico e magari su di questo sarà basata la promessa della sua performance, di chi è, di cosa li accadrà.

Nella recitazione che tenta di essere più complessa – sempre considerando la possibilità di una recitazione che semplifica le sensazioni fisiche, come il caldo, il freddo, la fame, volutamente nascoste per mettere a fuoco la situazione drammatica del personaggio, in determinati stili o generi cinematografici – l'attore può ricorrere alla rappresentazione di sensazioni fisiche e di emozione inconsce del personaggio, attraverso sotto-gesti e micro-espressioni che possono essere sostenute, alternate, mescolate.

È la tipica situazione in cui l'attore deve esprimere più sentimenti simultanei: frustrazione per l'ingiustizia delle accuse, rabbia repressa, antiche difficoltà dei rapporti con il padre, umiliazione, determinazione nel tenere fede a un segreto358.

Tutto questo mentre è all'aperto e deve dimostrare di soffrire l'effetto del freddo che amplifica la tempesta interiore del personaggio. Inoltre, Vicentini fa notare i diversi livelli di coscienza e dello spostamento dell'attenzione che il personaggio può fare a diversi stimoli dell'ambiente, la musica che suona, il caldo della tisana, l'odore della torta uscita appena uscita dal forno, mescolando o alternando alle emozioni e

357 Ivi, p. 83. 358 Ivi, p. 94.

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l'attenzione al dialogo con il suo interlocutore, ma anche ai dialoghi interni, i pensieri che lo spettatore cercherà di indovinare359.

Rispetto alla recitazione predominantemente mimetica, un'idea fondamentale proposta da Vicentini per capire il suo concetto è la differenza fra fingere e imitare. Una persona qualsiasi può fingere di essere arrabbiata, allegra, triste, ma imitare vuol dire essere momentaneamente un altro, fare come farebbe l'altro e non se stessi. Così, l'abilità per recitare, nel caso della recitazione non immedesimata, non è quella di fingere, ma di imitare. Si fonda sull'imitazione e non sulla finzione360.

A partire da questo, l'attore può immaginare come sarebbe il suo personaggio, creando una rete di segni forti, fondamentali per caratterizzarlo e altri segni anonimi o insignificanti. Vicentini spiega che nella commedia, per esempio, è molto comune che gli attori selezionino dei tratti fondamentali, caricandoli e sottolineandoli, per generare così l'effetto comico361.

La combinazione di questo insieme fra la parte visibile, fisiognomica, il figurino, il trucco, la pettinatura, gli innesti, e delle azioni, come il modo di camminare, le posture, i gesti, le manie, le espressioni del viso, che marcano in maniera inequivocabile il personaggio davanti al pubblico costituisce la sua intelaiatura di sostegno362.

Questo fa pensare alla definizione dei setting vocali, come gli aspetti quasi permanenti e quelli più dinamici proposti nella classificazione fonetica della qualità vocale e della prosodia, da John Laver363, come una intelaiatura vocale fra gli aspetti più permanenti della sua qualità, includendo le caratteristiche della sua vibrazione, il pitch e il loudness più abituali, come la tipologia di risonanza, basandosi nel

359 Ivi, pp. 94-102.

360 Ivi, p. 114. 361 Ivi, p. 127. 362 Ivi, p. 117.

363 Alla sua volta J. Laver, Principles of… utilizza il termine “setting” proposto da B. Honikman (1964),

Articulatory settings, in D. Abercrombie, D.B. Fry, P.A.D. MacCarthy, N.C. Scott, J.L.M. Trim (a cura

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posizionamento e nel modo di muoversi più caratteristico della laringe, delle corde vocali e degli articolatori oronasali, che rappresenta la voce di questa persona o personaggio.

In questo senso, fra la possibilità di creare delle intelaiature diverse e adeguate ai personaggi, oppure di osare un po' di meno, recitando dei ruoli molto simili, recitando intelaiature come se restasse sempre se stesso, Vicentini si appoggia nei due termini francesi per distinguere queste due tipologie d'attore, corrispettivamente il comedién e acteur364.

Ci sono anche degli attori che hanno uno stile proprio di recitazione, che riescono a creare delle intelaiature di sostegno originali, diverse, anche se conservano qualcosa di proprio, che li caratterizzano, come è il caso di Anna Magnani, Marcello Mastroianni, Eduardo di Filippo e altri, che il proprio stile «emerge in tutte le loro creazioni e si può notare per esempio nella maggior morbidezza o secchezza dei movimenti, nella gamma di inflessioni vocali che utilizzano, nell'uso dei tempi e delle pause, nella scansione dei ritmi, dei toni e dei movimenti»365.

Che l'attore reciti ogni volta dei personaggi diversissimi fra loro, facendo scomparire totalmente se stesso, o che riescano a interpretare dei ruoli diversi mantenendo qualcosa di proprio, l'importante è il risultato finale.

La grandezza di un attore nell'impiego delle tecniche dell'imitazione non consiste insomma nella capacità di rendersi personalmente irriconoscibile in una miriade di personaggi diversissimi. Consiste nell'abilità di mettere a punto, tutte le volte che deve interpretare una parte, simile o dissimile che sia, un'intelaiatura di sostegno solida, originale e illuminante, e di saperla

364 C. Vicentini, L’arte di guardare…, p. 130. 365 Ivi, p. 131.

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manovrare attraverso situazioni comiche o drammatiche complesse con la maggior precisione ed efficacia possibile366.