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Thomaidis e Macpherson81 cercano di definire, o di formalizzare, un campo di studio emergente, ricco di discorsi freschi e concetti teorici astratti. Anche se gli studi sulla vocalità esistono da tanto, in che cosa consistono allora gli studi vocali? Per coloro che lavorano in pratica o in formazione, lo studio della voce è tradizionalmente incentrato sulle prestazioni e sulla tecnica. Il libro raccoglie dei saggi interdisciplinari sulla voce, i quali chiedono di pensarla come un insieme organizzato che sia in qualche modo «più della somma delle sue parti costituenti e comunque sempre inserita nei contesti teorico, filosofico e culturale»82.

Il rapporto tra voce, identità e cultura resta spesso incosciente alle persone. Thomaidis e Macpherson presentano la voce come uno spazio liminale, interiore, o un ponte tra persone, culture e tempi. Secondo Mcnish, ognuno degli autori presenti nel libro ha prodotto affascinanti e diversi contributi agli studi vocali chiarendo un modo di studiare la voce, che trascende qualsiasi genere specifico.

79 Ivi, p.

80 Ivi, p. 184.

81 K. Thomaidis, B. Macpherson, (a cura di), Voice Studies: Critical Approaches to Process, Performance

and Experience. Routledge, Abingdon 2015.

82 D. Mcnish, Theatre Topics, Johns Hopkins University Press, vol. 26, n. 1, Baltimore 2016, pp. 151- 152.

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Una domanda comune che si presenta in tutta questa raccolta di saggi riguarda la relazione della voce con il corpo vocalizzatore, con la mente della persona vocalizzatrice e la società in cui questa viene ascoltata.

Per Macpherson83 – teorico arrivato allo studio della voce attraverso gli studi sulla

performance e la sua esperienza come compositore/scrittore per teatri musicali – i Voice Studies sono una disciplina più centrata nella pedagogia e nella significazione dei registri, degli intervalli e delle qualità vocali a servizio del personaggio e della narrativa e rappresentano l'intersezione di due concetti, uno materiale e l'altro metaforico o metodologico, essendo la voce spesso inestricabilmente legata alle azioni performative o d'illocuzione. L'idea di studiarla offre l'opportunità di estendere i nostri pensieri attraverso concetti pratici e pedagogici, in un regno teoretico e filosofico.

Macpherson pensa la voce, e in generale il suono, come multisensoriale84, perché oltre a essere ascoltabile, può toccare e può essere visibile, o persino odorabile mentalmente. Perciò, definisce come la ‘ragione d’essere’ della performance cantata, nel suo contesto del teatro musicale, l'abilità di toccare il pubblico e di essere toccato85. E su questa multisensorialità della voce, torna al concetto d’esperienza vocale.

Questo non c'entra con la melodia o con il pitch, oppure con il modo «corretto» di «performare» il personaggio. Forse c'entra con il timbro e con la testura, cose che mi affascinano di più - probabilmente perché io le esperimento più di quanto le studio.86

L'unicità della voce di un individuo rende lo studio scientifico empirico, nella migliori delle ipotesi problematico, poiché l'ascoltatore è parte fondamentale dell'equazione, sebbene modificabile87.

83 K. Thomaidis, B. Macpherson, op. cit., p. 204.

84 L. Colaianni, The Joy of Phonetics and Accents, Drama Publishers, New York 1994, p. 5. 85 K. Thomaidis, B. Konstantinos, op. cit., p. 204.

86 Ibidem.

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Il libro è diviso in tre parti: processo, performance ed esperienza. Processo esplora la preparazione, i presupposti e le pratiche creative. Päivi Järviö indaga l’in-mezzo del tempo, come i cantanti attuali cantano le opere dei musicisti anteriori. Tim Kjeldsen utilizza le tecniche di Alexander per esplorare il paradosso tra controllo e libertà vocale. Tara McAllister-Viel si basa sul lavoro di Kristin Linklater per insegnare voce in un'università sudcoreana, sfidando le ipotesi culturali sulla pratica vocale. E Jan Mrazek analizza il complesso rapporto tra la voce parlata, il burattinaio, il fantoccio e il pubblico in Javanese wayang kulit.

Performance coinvolge le pratiche in cui la voce è il principale mezzo dell’espressività oppure viene considerata come un agente della performance in sé all'interno del proprio contesto socio-politico. Mikhail Karikis scrive sulla creazione acustica delle performance specifiche di un sito88 e il potenziale dei suoni assurdi.

Piersandra Di Matteo analizza le performance e le installazioni che esplorano come la voce possa essere presente e allo stesso tempo disincarnata, rivelando la materialità della voce anche dopo aver lasciato il parlante. Anche Nina Sun Eidsheim esplora la materialità della voce, ma in questo caso in un esperimento performativo di canto subacqueo. Marios Chatziprokopiou esplora il rituale di lamento e l'espressione vocale della perdita. Norie Neumark intervista artisti di suoni australiani innovativi sulle qualità affettive della voce.

L'esperienza mette insieme il processo, la pratica e le prestazioni. Macpherson rievoca la musicalità del corpo, identificando una connessione tra la qualità viscerale di una voce e le rappresentazioni visive della musica vocale e del suono. Pamela Karantonis espone pregiudizi culturali nel canto classico. Ella Finer sfida il dominio della pratica visiva e artistica esaminando la politica della visibilità e dell'udibilità

88 La denominazione in inglese “site-specific”, specifico di un sito, è generalmente usata nell'ambito dell'arte e della creatività contemporanee per indicare un intervento che è pensato e si inserisce in un preciso luogo.

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femminile, «illustrando i modi in cui i corpi invisibili possono vocalizzare la loro presenza e rendere visibili la loro invisibilità»89. Infine, come conclusione di questa

sessione, Johanna Linsley suggerisce «l'orecchiare» come una strategia di ricerca o una metodologia per esaminare le performance, che sembra essere un ascolto attivo e interessato, rivolto a capire ed esperimentare la voce nella sua fruizione performativa.

Secondo Mcnish, l'interpretazione di questo libro sul rapporto tra voce e identità è un'inchiesta preziosa per gli attori, i cantanti e gli insegnanti impegnati nella formazione pratica. Come scrive Jaroslaw Fret: «Nel lavoro di un attore, spesso si dimentica che la voce non è soltanto uno strumento, un mezzo di espressione, ma che attraverso l’essere una voce in se stessi si vive, si amplia la propria presenza e si estende il campo delle proprie azioni»90. La differenza tra i pensieri avere una voce ed essere una voce è qualcosa che può servire nella costruzione di personaggi completamente incarnati, immedesimati. Piuttosto che pensare alla voce in termini puramente tecnici, Thomaidis esplora la sua relazione con l'identità: la voce è «performativa, trasformando e generando l'identità del suo vocalizzatore»91. Secondo Mcnish92, questa collezione rompe un divario artificiale e dimostra che la scienza ha molto più da guadagnare attraverso le collaborazioni.