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2.8.4.1 Le funzioni dell’espressività orale nell’interazione

Dopo aver discusso ed esplorato la comunicazione dell'identità, degli affetti, e dell'attitudine, Pittam ha messo in evidenza un set estensivo di possibili funzioni della voce, che ha infine sistematizzato con la proposta di un quadro schematico per la tassonomia per le funzioni della voce nell'interazione sociale. Un quadro teoretico è stato proposto anche per indicare le tre dimensioni dell’analisi della voce nell’interazione: la fonetica descritiva; la percezione preditiva; e gli scambi sociali.

Come ricorda Robinson503, la vivacità delle lingue, soggette ai cambiamenti lungo il

tempo, rende la proposta di una tassonomia obsoleta sin dall'inizio, il che può anche dirsi di altri sistemi comunicativi. Pittam, tuttavia, nelle sue conclusioni sottolinea l'importanza di utilizzare dei termini comuni per facilitare lo studio tra le diverse discipline, citando gli studi di Laver504.

Secondo Pittam, la voce avrà un ruolo più o meno importante per la comunicazione verbale in base a una serie di fattori, dal momento che i comportamenti nonvocalici appartengono alle interazioni sociali e fanno parte dei comportamenti comunicativi.

Quale canale comunicativo sarà enfatizato o messo più in evidenza dipenderà dall'intenzione del parlante, dall'intensità dei sentimenti espressi, dagli aspetti dell'identità sociale del parlante e dell'interlocutore, come anche del genere e dell'età.

Creare una tassonomia per le funzioni della voce non significa che la voce avrà una funzione isolata e independente ogni volta. La multifunzionalità della voce sarà la norma.

503 W.P. Robinson, Language and social behavior, Penguin, Harmondsworth 1972. 504 J. Laver, The phonetic description...

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Le funzioni della voce nelle interazioni sociali sono dinamiche e complesse, richiedendo un monitoramento costante per il suo uso e comprensione da parte di tutti i partecipanti.

Basandosi sugli studi di Jakobson505, Laver506, Scherer507 e tanti altri che hanno

partecipato al dibattito, Pittam è arrivato alla sua elaborazione di un quadro delle funzioni della voce nell'interazione sociale, composta di quattro dimensioni: dimensione fonetica descrittiva, percettiva predittiva, delle interazioni sociali e funzioni della vocalità, che considera la relazione tra l’individuale, l’interazione sociale e le gerarchie istituzionali delle strutture sociali508.

Secondo Pittam, l'analisi della voce individuale può essere descritta con precisione dalla proposta di Laver509, ma per analizzare la voce in dialogo richiedeva uno istrumento più adattato a tali proposte.

La voce come portatrice delle emozioni, delle attitudini e dell’identità, è uno dei maggiori canali che marcano la natura umana delle interazioni, con le sue dimensioni cognitiva, affettiva e sociale.

Pittam inizia il suo quadro mettendo in chiaro la distinzione della voce con l'interazione e attraverso l'interazione510. Detto questo, il processo comunicativo con l'interlocutore e tra gli interlocutori mostra l'interferenza e gli aggiustamenti durante il

505 Cfr. R. Jakobson, Concluding statement: linguistics and poetics, in T. Sebeok (a cura di), Style in

language, MIT Press, Cambridge 1960, pp. 350-377.

506 Cfr. J. Laver, Communicative functions of phatic communion, in A. Kendon et al. (a cura di), The

organization of face-to-face interaction, The Hague, Mouton 1975, pp. 215-238. Cfr. J. Laver, Linguistic routines and politeness in greeting and parting, in F. Coulmas (a cura di), Conversational routine, The Hague, Mouton 1981, pp. 289-304.

507 Cfr. K.R. Scherer, Personality inference from voice quality: the loud voice of extroversion, in “European Journal of Social Psycology”, vol. 8, pp. 467-487.

Cfr. K.R. Scherer, Personality markers in speech, in K.R. Scherer e H. Giles (a cura di), Social markers in speech, Cambridge University Press, Cambridge 1979, pp. 147-209.

508 J. Pittam, op. cit., p. 153.

509 J. Laver, The phonetic description of voice quality, Cambridge University Press, Cambridge 1980. 510 J. Pittam, op. cit., p. 156.

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monitoramento della comunicazione attraverso l'indirizzamento e l'adattamento creato in risposta ai feedback nonverbali e non vocalici dell'altro.

Tra le funzioni della voce, Pittam descrive sei grandi cattegorie, sudivise in funzioni minori. La prima funzione, roles, o ruoli, in traduzione libera, comprende la voce nella sua funzione di svolgere un ruolo, come il ruolo professionista del medico e quello del paziente, il ruolo dell’insegnante, dell’allievo, ecc.

Sia il modelo proposto da Patterson511,512 secondo cui la teoria dell'accomodamento della comunicazione513 include il ruolo come una variabile che influenza la dinamica dell'interazioni, oltre che un modello adotato con la funzione service-task. I ruoli di solito sono istituzionalizzati, come nelle istituzioni sociali di lavoro o familiari. Il ruolo non è l'identità occupazionale, visto che è possibile cambiare ruolo diverse volte in una stessa interazione - diventare padre, amico, prendersi cura e anche prendere distanza affettiva.

La seconda funzione viene chiamata goals, scopi, mete, e viene seguita da cinque altre funzioni: 1 - accrescere autostima e approvazione, distinzione; 2 - cooperazione; 3 – operativa, fornire e cercare informazione, comandare; 4 - manutenzione della relazione; 5 - l'influenza - controllo, persuazione, inganno.

Il desiderio e il tentativo di accrescere l'autostima è un fenomeno sociale ben stabilito, seguito dall'approvazione e dalla distinzione, messi in relazione alle strategie di convergenza e divergenza della teoria dell'accomodamento della comunicazione. La possibilità di mobilità sociale, oppure la competizione e la creatività sociale, in caso di impossibilità di cambiamenti sociali, portano al desiderio e tentativo dell'approvazione

511 M.L. Patterson, Nonverbal behavior: a functional perspective, Springer, New York 1983.

512 M.L. Patterson, Functions of non-verbal behavior in social interaction, in H. Giles, W.P. Robinson (a cura di), Hanbook of language and social psychology, John Wiley, New York 1990, pp. 101-120.

513 H. Giles, N. Coupland, Language attitudes: discursive, contextual, and gerontological considerations, in A.G. Reynolds (a cura di), Bilingualism, multiculturalism, and second language learning: the McGill

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o distinzione sociale, l'accrescimento dell'autostima, attraverso l'interazione o davanti a un terzo elemento che osserva l'interazione.

Le cinque mete sono di natura conflituale e non-conflituale. Mentre l'accrescimento dell'autostima viene posta come conflituale, la meta cooperativa non lo è.

Riguardo la manutenzione della relazione, Pittam mostra che non ha a che vedere solo con il momento dell'interazione, ma anche con relazioni pre-esistenti514.

L'influenza è basicamente conflittuale, ma è stato scelto questo termine invece di manipolazione perché esiste la possibilità che l'influenza sia di natura non conflituale, senza una connotazione negativa. Questa funzione copre qualsiasi meta nel trasformare l'interattante, nell'attittudine, nell'emozione o nelle credenze, anche un cambiamento nello stato o situazione dell’interattante, come può accadere che una persona sia messa sotto il controllo dell'altro. Coupland et al.515 parla delle strategie di controllo interpersonale. Patterson516,517 chiama controllo sociale, quel che riguarda la manipolazione, il controllo, l'inganno, la persuasione e il potere.

Le mete sono alla fine motivazionali, spesso intenzionali e di solito cognitive, senza dimenticare delle forze sociali che aggiscono dietro di loro.

La terza funzione, l’attittudine, viene collegata alla personalità o alle questioni sociali, e ha a che fare con l'essere solidale con l'altro nell'interazione, mostrando che si è d'accordo con quello che dice, ma anche dimostrando superiorità o caratteristiche sociali attraenti.

La quarta funzione, quella affettiva, si riferisce alle emozioni specifiche o agli stati affettivi propri del parlante, dell'altro, dell'argomento, dell'ambiente o dell'esterno.

514 J. Pittam, op. cit., pp.153-166.

515 Coupland et al, Accomodating the elderly: invoking and extending a theory, in “Language society”, vol. 17, 1988, pp. 1-41.

516 M.L. Patterson, Non-verbal…, 1983.

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Il modo in cui si sente nell'interazione può essere diretto verso qualsiasi aspetto dell'intera situazione. Oltre al modo in cui si sente nell'interazione, sia in risposta allo stato emozionale dell'altro, dell'informazione verbale, che a partire da questioni esteriori all'interazione, come relative a eventi che la preccedono o la seguono, che possono non relazionarsi al dialogo in azione, facendo provare eccitamento, interesse, disgusto o imbarazzo, per esempio.

Nolan518 usa il termine affettivo per riferirsi non solo ai sentimenti, ma all'attittudine che l'interattante può voler trasmettere.

La quinta funzione, chiamata identità, si riferisce all'identità sia personale - caratteristiche della personalità, l'unico individuo, caratteristiche fisiche; che di appartenenza a un gruppo - l'accento, il genere, l'età, l'occupazione.

Pittam si basa su tre grandi teorie per definire l'identità, ma conferisce un grado di importanza maggiore alla teoria dell'accomodazione519 e alla teoria di Scherer520521. Il primo è un modello intergruppo di processi interpersonali, mentre il secondo ha misurato specificamente le caratteristiche di personalità. Robinson522 parla di entrambe come le marche del mittente. Il termine gruppo è preferito al termine sociale, in questo caso, perché si considera anche l'identità personale di un individuo come una costruzione in parte sociale, di modo che parlare di identità sociale risulta più ampio rispetto a identità personale e di gruppo.

518 F. Nolan, The phonetic bases of speaker recognition, Cambridge University Press, Cambridge 1983. 519 H. Giles, N. Coupland, J. Coupland, Accommodation theory: Communication, context, and

consequence, in H. Giles, J. Coupland, & N. Coupland (a cura di), “Studies in emotion and social

interaction. Contexts of accommodation: Developments in applied sociolinguistics”, Cambridge University Press, New York 1991, pp. 1-68.

520 K.R. Scherer, Personality inference from voice quality: the loud voice of extroversion, in “European Journal of Social Psychology”, vol. 8, pp. 467-487.

521 K.R. Scherer, Personality markers in speech, in K.R. Scherer, H. Giles (a cura di), Social markers in

speech, Cambridge University Press, Cambridge 1979, pp. 147-209.

522 W.P. Robinson, Social psychology and discourse, in A.T. van Dijk (a cura di), Handbook of discourse

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Per quanto riguarda l'identità personale, le caratteristiche della personalità si riferiscono sia alle caratteristiche dell'individuo che quelle attribuite dagli interattanti, che si basano, in questo caso, sulla voce. Tra le caratteristiche della personalità, si possono descrivere: competenza, estroversione, maturità, dominanza, percezione d'intelligenza, abilità artistica, sofisticazione, orgoglio, debolezza, calore. Certamente altre qualità possono essere aggiunte, anche quelle di dimensione attitudinale.

L'unico individuo è una delle possibità della voce, siccome spiega Laver523 attraverso parametri acustici della qualità vocale, unica in ogni individuo.

Alla fine, le caratteristiche fisiche riguardano la rappresentazione di caratteristiche del corpo, come l'altezza e il peso, che possono non corrispondere alla realtà, ma avere a che fare con gli stereotipi.

L'identità di gruppo vienne molto studiata fra le fonti sulla comunicazione vocale, come linguaggio e accento di gruppo524, di genere525, d'età526 e di occupazione527.

La sesta funzione, fatica, ha lo scopo di gestire – backchanneling, turn-taking – il rapporto affettivo, la distanza personale (prossemica) e di monitorare attraverso il coordinamento di feedback.

Nella dinamica del dialogo, per esempio, secondo la teoria di Zimmerman & West528 ci sono delle performance di genere e in bae agli standard di interazione tra

523 J. Laver, The phonetic…

524 J. Esling, Voice quality in Edimburgh: a sociolinguistic and phonetic study, [Tesi di dottorato], Edimburgh University, Edimburgh 1978.

525 P.M. Smith, Sex markers in speech, in K.R. Scherer, H. Giles (a cura di), op. cit., pp. 109-146.

526 D.W. Addington, The relationship of selected vocal characteristics to personality perception, in “Speech monographs”, 1968, vol. 35, pp. 492-503.

527 P.J. Fay, W.C. Middleton, Judgement of occupation from the voice as transmitted over a public access system and over a radio, in “Journal of applied psychology”, 1939, vol. 23, pp. 586-601.

528 D.H. Zimmerman, C. West, Sex roles, interruptions and silences in conversation, in B. Thorne, N. Henley (a cura di), Language and sex: difference and dominance, Newbury House, Rowley 1975, pp. 105-129.

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uomini/maschile e donne/femminile, possono riflettere il rapporto di potere e di dominanza fra di loro.

La tassonomia riguardo la funzione fatica, proposta da Jakobson529 e Laver530,531,

contabilizza due funzioni, in gran parte incoscienti: la gestione e il monitoramento delle interazioni. La gestione per controllare e strutturare l'interazione, come diminuire il loudness e abassare la frequenza fondamentale della voce, per esempio, facendo capire che è finito quel turno di conversazione. Un'altro modo molto interessante di gestione riguarda il rapporto fra la voce e lo spazio fra gli interattanti. Hall532, sulla prossemica, collega il loudness alla distanza fisica e interazionale tra i parlanti, considerandola a seconda delle questioni culturali e sociali. Ha definito e misurato quattro zone, distanze, interpersonali, che ha chiamato: distanza intima, personale, sociale e pubblica.

L'espressività della voce, del discorso e anche del corpo, può essere usata per controllare lo spazio fra le persone. Allora Pittam soggerisce di aggiungere alla prossemica, oltre il loudness, anche il pitch e la tassa di elocuzione.

I back-channeling sono le interiezioni vocaliche usate per stimolare e incoraggiare l'altro in suo discorso, ma anche l'opposto è corretto, se una persona non è disponibile a sentire l'altra.

529 R. Jakobson, Linguistics and Poetics, in T. Sebeok (a cura di), Style in Language, M.I.T. Press, Cambridge 1960, pp. 350-377.

530 J. Laver, Individual features in voice quality [Tesi di dottorato], University of Edinburgh, Edinburgh 1975.

531 J. Laver, The Analysis of Voice Quality: from the Classical Period to the Twentieth Century, in R.E. Asher, E.J.A. Henderson (a cura di), Towards a History of Phonetics, Edinburgh University Press, Edinburgh 1981, pp. 79–99.

532 E.T. Hall, A system for the notation of proxemic behavior, in “American anthropologist”, 1963, vol. 65, pp. 1003-1026.

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