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Dalla sceneggiatura alle immagini: la Produzione 99

3.   L’ESPERIENZA DI POPEYE – ETHNOVISUAL ASSOCIATION: RIVERSIDE

3.2   il progetto “Riverside Rendezvous” 87

3.2.2   Dalla sceneggiatura alle immagini: la Produzione 99

Prima della partenza sono stati definiti i compiti che ognuno dei partecipanti avrebbe dovuto svolgere in loco. Così come spiegato nel corso del capitolo secondo, si sono individuati i seguenti ruoli:

• Regista

• Direttore della fotografia • Operatori di camera • Fonici

• Produzione

• Antropologi/addetti alle interviste

Immaginate, in un luogo dove ogni giorno migliaia di Sadhu svolgono i loro riti e pratiche religiose e milioni di pellegrini indiani affollano le rive del Gange alla ricerca della purificazione, delle persone occidentali che si aggirano armate di strumentazione tecnica audio e video. Ovunque le troupe andassero si trovavano mille occhi addosso. In India l’atteggiamento delle persone locali nei confronti dello straniero e dell’ospite è dei migliori: premura, gentilezza e curiosità vengono prima d’ogni cosa. Tutto questo costruisce un ambiente fantastico da vivere e respirare ogni giorno ma può diventare un problema quando si hanno dei tempi operativi precisi da rispettare.

Per questi motivi è stato necessario adottare un metodo di lavoro che potesse consentire il raggiungimento degli scopi prefissati dall’associazione.

La prima mossa (come già riportato nel corso di questa trattazione) è stata quella di anticipare la partenza del reparto Antropologia. Quest’ultimo è arrivato ad Allahabad, sede del Kumbh Mela, con due settimane di anticipo rispetto al resto della compagine. Nel corso di quei giorni è stata svolta una ricerca di campo con il preciso obiettivo di individuare contatti utili, conoscere il sito, capire le date e gli

orari dei principali avvenimenti all’interno della manifestazione. Questo lavoro preparatorio ha subito mostrato i suoi risultati: sono stati, infatti, stretti importanti legami con un sadhu di origini italiane che ha introdotto il gruppo in posti altrimenti inaccessibili. La sua funzione di guida è stata talmente importante da farne uno dei protagonisti del documentario, stravolgendo dunque l’intera sceneggiatura.

Inizialmente si prevedeva di avere due personaggi principali narranti: un pellegrino indiano di Varanasi, con il quale erano già stati fissati i giorni di ripresa, ed un turista occidentale in viaggio con Kel12, Tour Operator leader nel mercato italiano per i viaggi avventura.

L’idea iniziale era dunque quella di far immergere lo spettatore al Kumbh Mela attraverso lo sguardo di due personaggi molto diversi fra loro. La realtà ha riservato però delle sorprese.

3.2.2.1 Le riprese fra cento milioni di persone

Il Kumbh Mela è enorme, si estende per kilometri. Spostarsi tra i suoi quattordici settori alla ricerca di un preciso luogo è stato davvero complicato: nonostante le forze dell’ordine fossero presenti in maniera massiccia, nessuna di queste sapeva mai dare un’indicazione corretta.

Ogni sera, dopo una lunghissima giornata di ricerca e riprese, si teneva un briefing per definire l’organizzazione della giornata successiva:

• Definizione numero di troupe da impiegare • Compiti e obiettivi per ciascuna troupe

• Assegnazione del materiale tecnico ai membri delle troupe

Come detto, l’enormità della manifestazione ha causato parecchi problemi a livello logistico. Per questa ragione di giorno in giorno la composizione delle varie troupe cambiava. Vi poteva essere una troupe unica solo nei momenti più tranquilli, ossia quando si riprendeva in posti sicuri e conosciuti. Ciò avveniva

soprattutto in occasione delle riprese dei tre protagonisti per i quali l’uso della doppia camera da presa, camera backstage, GoPro, set audio e luci erano la regola.

Di norma, invece, l’associazione cercava di sfruttare al meglio il tempo a disposizione, suddividendo il gruppo in tre troupe.

La giornata, spesso, prevedeva riprese di paesaggi o interviste in luoghi che ancora dovevano essere scoperti e dei quali si era solo sentito parlare. Era necessario un sopralluogo preventivo, il quale non consisteva semplicemente nel ritrovamento del luogo (attività questa di per sé già molto complicata) ma in una vera e propria immersione a contatto con le persone. Quest’attività poteva richiedere anche intere giornate, dunque a una a troupe di due o al massimo tre persone, era affidato questo compito.

Le altre due troupe, quelle operative, erano attrezzate con: • Camera da presa

• Cavalletti

• Registratori audio • Set di luci

• Camera da backstage o GoPro

Spesso si suddividevano i turni in maniera tale che una potesse essere operativa di giorno e l’altra durante la notte. Erano sempre presenti e allo stesso tempo interscambiabili:

• Il regista o l’operatore di camera • Un fonico

• Un direttore della fotografia

• Un addetto al backstage o alle riprese con GoPro • Un antropologo addetto alle interviste

Oltre al fatto, già menzionato, di essere facilmente individuabili, enormi difficoltà si sono riscontrate nel riprendere le giornate più affollate; giornate in cui, sulle rive del Gange si riversavano anche quaranta milioni di persone.

per ritrovarsi all’ora di pranzo del giorno dopo.

Altri casi estremi erano rappresentati dalle celebrazioni di riti intimi e privati. Grazie ai buoni rapporti instaurati con i membri di una delle famiglie monastiche più importanti all’interno del Kumbh Mela (Juna akhara), un unico membro dell’associazione (spesso il regista) era abilitato, per così dire, alle riprese di queste celebrazioni mitiche. Accadeva, dunque, che una singola persona si trovasse all’interno di situazioni al limite del surreale, con la possibilità di riprendere solo dopo l’espresso consenso delle personalità più importanti all’interno dell’ambiente. Per entrare in questi contesti, è stato necessario abbandonare gli abiti occidentali per vestire quelli della tradizione indiana, vale a dire: lungi, kurta e turbante.

3.2.3 Le attività al rientro in Italia  

3.2.3.1 La post-produzione  

Al rientro in Italia, la prima attività cui si è dedicata l’associazione è stata la cernita del materiale ripreso durante la permanenza in India.

HardDisk da terabyte riempiti fino all’ultima cella di memoria, ore e ore di materiale video organizzati solo per data di ripresa possono significare un’enorme mole di lavoro.

Si è dunque resa necessaria una visione complessiva del materiale in maniera tale da organizzarlo per scene (es. interviste, momenti di preghiera, mense collettive, riprese delle abduzioni nel Gange…).

Tale operazione è stata fatta per due ragioni. La prima riguarda la sceneggiatura, infatti, questa, era già stata sconvolta durante la produzione a causa del manifestarsi di eventi eccezionali. Necessitava dunque di un aggiustamento finale prima di poter procedere con il primo rough cut delle immagini.

In secondo luogo, si è scelto di affidare il montaggio a un collaboratore esterno che avrebbe visto le riprese per la prima volta all’atto del montaggio stesso. Sarebbe stato impensabile svolgere queste due attività senza creare dell’ordine all’interno dei vari supporti magnetici.

Una volta completata definitivamente la sceneggiatura, si è proceduto con il primo montaggio delle immagini e con la realizzazione del trailer ufficiale del documentario. Tutto il materiale classificato è stato trasferito alla figura del montatore.

La delicatezza dell’attività è facilmente intuibile; da questa dipende, infatti, il successo di mesi di lavoro.

Unitamente alla costruzione del video, in questa fase di post- produzione, si è lavorato molto alla colonna sonora e al settaggio ed equalizzazione di tutti gli audio presenti nel documentario. PopEye ha avuto la fortuna di collaborare con un talento della provincia di Venezia, il quale ha deciso di mettere a disposizione le sue conoscenze e le sue opere musicali (libere da qualsiasi diritto d’autore) per Riverside Rendezvous.