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Durante il primo focus realizzato con i giovani tunisini e italo-tunisini, le loro considerazioni iniziali, evocate dal tema della cittadinanza, vertevano attorno alla distinzione tra lo status normativo che lega l’individuo allo Stato e al suo ordinamento giuridico e la dimensione più sociale, più vicina a una accettazione del termine cittadinanza in termini identitari e nazionali. Questa distinzione rimanda al classico tema della differenziazione tra etnos/demos ovvero tra le identità nazionali e i diritti della cittadinanza che sono stati mantenuti nell’ambito degli Stati-nazioni (cfr.Cittadinanza e Nazionalità).

A partire dai dati raccolti durante la nostra ricerca, traspare che il modo in cui la questione dell’accesso alla cittadinanza italiana sia percepito diversamente in funzione essenzialmente del percorso migratorio. In un gruppo omogeneo dal punto di vista generazionale, la rappresentazione della cittadinanza cambia sensibilmente a seconda dell’età nel momento della migrazione e del tempo passato in Italia. Nel nostro campione, abbiamo individuato due profili distinti :

- i giovani migranti, giunti in Italia insieme ai loro genitori in età adolescenziale (più di 12 anni) e i migranti che hanno intrapreso una migrazione individuale per motivi di studio (a pratire dell’età di 18 anni)

- i giovani nati in Italia o giunti in Italia in seguito al ricongiungimento famigliare nell’età dell’infanzia.

Per il primo gruppo, l’accesso allo status di cittadino italiano e di conseguenza al complesso delle condizioni politiche, economiche e culturali che sono garantite a chi sia a pieno titolo membro della

110 comunità politica rappresenta per i giovani intervistati una tappa decisiva del loro progetto migratorio, la conclusione riuscita di un percorso individuale e familiare di inserimento economico, culturale e sociale nella società italiana.

Perché se ti senti parte di questa società e fai del tuo meglio, prima o poi acquisisci il tuo posto, e agisci dentro questa società invece se aspetti gli altri questo non ti capiterà mai.

[Part. 20, 30 anni, in italia da 10 anni, informatico] Secondo Neil diventare cittadino italiano dipende essenzialmente dal migrante ed è il frutto di uno sforzo di inserimento che permette quindi ai più meritevoli, coloro che “hanno fatto del loro meglio” e che hanno contribuito alla crescita del paese in cui risiedono di accedere alla piena appartenenza alla comunità del paese di residenza e di usufruire dei privilegi conseguenti allo status di cittadino.

Paghi le tasse, fai tutto come si deve e quindi avrai i tuoi diritti e non ti possono più dire che non puoi fare i concorsi… non è così immediato, devi comunque provare di essere capace di inserirti in modo corretto nel sistema italiano… è normale.

[Part. 20, 30 anni, in italia da 10 anni, informatico] Secondo questa lettura la cittadinanza formale è uno scopo da raggiungere che corrisponde a un’adequazione con il tuo impegno nella società, un adattamento a un insieme di regole, attitudini e normative sociali e politiche, non è quindi un diritto di per se. Pure per coloro che la migrazione l’hanno subita, giungendo in Italia in età adolescenziale la cittadinanza italiana appare come il risultato di un loro sforzo di “integrazione” che dovrebbe naturalmente concludersi in una equiparazione dei diritti e dei privilegi rispetto agli autoctoni.

Avere la cittadinanza italiana, per tanto tempo non ci avevo proprio pensato però quando mi capita di soffrire gli svantaggi

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della mia appartenenza, ci penso. Per esempio dopo il mio diploma. Ho sempre avuto amici italiani mantenendo anche la mia realtà tunisina musulmana, avevo raggiunto quasi un certo equilibrio. Nonostante questa integrazione che è avvenuta nell’adolescenza, già con le sue problematiche, ero sottratta ad una realtà completamente diversa, piantata in occidente, eppure raggiungo un certo equilibrio, mi diplomo, tutto normale, non ho mai sofferto discriminazione, e poi mi scontro con la realtà perché magari vado a fare un concorso e magari non lo posso fare, non sono sullo stesso gradino con i miei coetanei. La mia realtà è questa.

[Part. 36, 24 anni, in Italia da 12 anni, studentessa in Farmacia] Tale visione della cittadinanza come il compimento di un percorso di incorporazione nella società italiana e l’esito di un percorso di integrazione riuscito corrisponde anche a una visione condivisa da giovani italiani (Colombo, 2009), una lettura meritocratica della cittadinanza. Dall’analisi delle interviste realizzate ai figli di migranti nati e cresciuti in Italia, emerge un modo di intendere e di valutare la cittadinanza italiana che corrisponde a una lettura della cittadinanza in termini di diritto, il diritto a godere degli stessi diritti e di rispondere degli stessi doveri di chi è italiano di nascita. Secondo Salima, il mancato accesso alla cittadinanza italiana metterebbe a repentaglio tutti i tentativi di inserimento nel tessuto sociale. L’integrazione sociale in questo senso non può essere completa se non è comprovata da un riconoscimento formale che garantisce l’uguaglianza tra i membri di una stessa società.

Non è stata una scelta mia quella di essere italiana, ci sono nata come qualsiasi italiano, ci sono cresciuta e ci vivo ancora uguale a qualsiasi italiano. Che i miei genitori siano di origine straniera questo io non ci posso fare niente. Ma nessuno mi può negare il mio essere italiana, è un mio diritto. Almeno io lo concepisco così.

112 Dalle parole di Salima e dei giovani intervistati nati in Italia appare chiaro il peso e l’importanza del possesso della cittadinanza per un giovane nato in Italia. Un primo aspetto da notare è che, al di là di ogni dimensione identificativa o partecipativa attribuita alla cittadinanza, la cittadinanza è innanzitutto interpretata come una questione egualitaria, che dipende da un documento che sancisce l’avvenuto riconoscimento dell’appartenenza a una determinata comunità politica.

La piena appartenenza alla comunità nazionale è inoltre l’unico modo di accedere ad un insieme di privilegi riservati ai soli nazionali e in una dimensione europea ai comunitari. Tra i quali spicca il diritto alla libera circolazione nello spazio Europeo e oltre spesso richiamato dai giovani come esempio immediato del cambiamento di status.

È tutta la differenza tra il passaporto rosso e il passaporto verde. Avere il rosso cambia tante cose, ti si apre il mondo e non hai più bisogno di visto e viaggi più liberamente, non esiste più il permesso di soggiorno e la fatica della questura… è proprio il traguardo da raggiungere per ogni immigrato. Finalmente un diritto che non ti toglie più nessuno.

[Part. 8, 25 anni, in italia dall’età di 10 anni, studente in Design] A questo proposito la questione del gate dell’aeroporto e la distinzione tra nazionali e stranieri che si opera alle frontiere degli stati è una tematica che solleva tra i giovani un risentimento forte e che molti vivono come una discriminazione, una differenziazione e un esclusione in funzione della nazionalità.

Mi ricordo benissimo il giorno in cui ho attraversato la frontiera solo con mio padre, abbiamo dovuto attraversare una fila diversa, subire un trattamento completamento diverso…mi sono reso conto per la prima volta nella mia vita il significato della frontiera e della differenza. Io sono cresciuto in una famiglia interculturale nella quale, si mangiava polacco, tunisino ma soprattutto pasta e pizza, non avevo mai notato prima di allora la differenza dello

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status di mio padre. Lui non ha la doppia cittadinanza, lui è tunisino e poco importa la sua storia, non importava la nostra famiglia…lui era straniero e in più proveniente da un paese musulmano il massimo della diffidenza. È stata una brutta esperienza.

[Part. 31, 19 anni, nato in Italia, studente – liceo tecnico] Il diritto di risiedere sul suolo nazionale in modo indeterminato e svincolato da ogni controllo e l’accesso alla “mobilità globale” (Bauman, 1999, p.98) sono entrambe aspetti centrali dell’acquisizione formale di una cittadinanza comunitaria e oramai consolidati come punti fermi della concezione contemporanea della cittadinanza in un contesto di mobilità (Colombo, 2009, Besozzi et al., 2009).

La cittadinanza alla prova della stratificazione