Le migrazioni contemporanee non raggiungono i numeri e le proporzioni dei movimenti migratori della seconda metà dell’ottocento. La mobilità umana nell’era contemporanea non è quindi un sintomo della mondializzazione, ciò nonostante, il fenomeno Mondiale attuale pone sfide istituzionali e normative ben diverse da quelle verificatasi nel XIX secolo (Benhabib, 2004; Zolberg & Benda, 2001; Bauböck & Randall, 1998; Giddens, 1990). Non vi è dubbio però che la mobilità è un fatto sociale ordinario, che ha accompagnato le evoluzioni della presenza umana sulla terra. Per quanto riguarda la congiuntura attuale, ci preme sottolineare che lo
62 spostamento di persone non è una piaga le cui conseguenze pesano esclusivamente sul ricco Occidente, anzi i dati disponibili15
suggeriscono che il volume delle migrazioni all'interno del Sud supera le migrazioni da Sud verso Nord. Eppure, nei discorsi mediatici e politici, la migrazione è spesso dipinta come una trasgressione, una forzatura dei confini e una sfida del metaconfine. Tanti sono gli autori, che vorrebbero promuovere la migrazione come “bene pubblico
mondiale” (Badie, 2009) la cui gestione a livello globale verterebbe
attorno alla cooperazione tra paesi di partenza e di arrivo e i migranti stessi poiché attori sociali transnazionali. Queste caratteristiche sarebbero garanti di una buona mobilità che risponde agli interessi specifici dei vari attori coinvolti.
Per alcune popolazioni, la storia migratoria fa parte del mito delle origini. Gli Stati Uniti sono stati costruiti da migranti e l’Africa è spesso ritratta nei racconti sia storici16, sia contemporanei come un
continente di persone in movimento (de Bruijn et al., 2001; Bakewell, 2009). La dimensione storico-culturale delle mobilità umane è stata al centro dei lavori sviluppati nel campo degli studi sulle mobilità. Questo recente sviluppo accademico è emerso come una critica alle letture essenzialiste delle mobilità umane che spesso tralasciano le storie passate o attuali del movimento umano e le interconnessioni che ne determinano le strutture e il funzionamento.
Senza voler trascurare la rilevanza di questo parametro strutturale, occorre prendere in considerazione però che ci sono alcune indicazioni che denotano che i modelli globali di migrazione stanno probabilmente diventando sempre più complessi, e coinvolgono una grande varietà di persone, che si trasferiscono verso più destinazioni su distanze sempre più lunghe. La combinazione di vari fattori macro
15
Secondo i dati del UNDP (2007), il volume totale delle mobilità Sud-Sud corrisponde al 45% del totale della mobilità mondiale. La percentuale degli spostamenti da Sud verso Nord è pari al 37%. (Dati citati da Bakewell, 2009).
16
Le grandi migrazioni - come l’'espansione Bantu' dall'Africa centrale, la 'conquista araba' del Nord Africa, il 'mito camitico' di migrazioni da nord a sud, e anche i Voortrekkers 'Grande Trek' in Sud Africa - forma le origini di molti popoli (Bilger & Kraler, 2005).
63 e micro sociologici17, senza essere onnicomprensivi, determinano e
strutturano i fenomeni migratori complessi e multiformi contemporanei. In questo contesto, la cultura è considerata uno dei fattori essenziali che spingono alcuni individui a prendere la decisione di migrare. La cultura è così intesa come frutto dell’interazione interpersonale nelle reti sociali, nelle quali essa è trasmessa attraverso le generazioni e le istituzioni (Ambrosetti & Tattolo, 2008), perpetuando e sostenendo le mobilità.
Il controllo delle mobilità e l’azione di contenimento, orientamento e sfruttamento dei corpi e soggetti in movimento è anch’esso un fatto storico. L'istituzione del colonialismo europeo in Africa e in Asia nell’ottocento e nei primi anni del novecento stabilì modelli pervasivi di migrazione, che permisero alle potenze coloniali di esercitare un controllo sulle mobilità dei popoli colonizzati e incanalare la forza lavoro verso i principali siti delle imprese coloniali. Gli spostamenti forzati, in un certo senso, hanno stimolato il movimento su larga scala di considerevoli numeri di persone in diverse parti dell'Africa. Questi modelli della migrazione Sud-Sud non sono estinti con la fine dell’era coloniale e si sono protratti nel periodo post-coloniale18(Bakewell,
2009). La fine del colonialismo ha sicuramente portato a termine molti dei sistemi coercitivi di controllo delle mobilità, ma le lotte di liberazione e le guerre civili hanno creato in tutto il Sud, in particolare in Africa e in Asia, una nuova forma di migrazione forzata. Tra i migranti moderni, molti sono rifugiati, una categoria particolarmente vulnerabile. Deterritorializzate, le vittime di persecuzioni sono in cerca di un rifugio oltre i confini dei loro paesi di origine laddove i loro diritti fondamentali potrebbero essere finalmente tutelati.
17
Analizzando le principali teorie, si riscontrano due principali prospettive sociologiche : macro-sociologiche o strutturaliste che analizzano in priorità le forze esterne (economiche, culturali e politiche) che condizionano e canalizzano le iniziative degli individui; e micro-sociologiche basate sulle teorie economiche neoclassiche che invece partono proprio dell’individuo in quanto attore razionale in grado di prendere decisioni che tendono a ottimizzare il suo benessere. Alcune interpretazioni recenti, di stampo sistemico, cercano di mettere in correlazione le prospettive macro e micro. Tali approcci analizzano l’effetto delle reti sociali che sostengono le traiettorie migratorie (Ambrosetti & Tattolo, 2008)
18
Per esempio, molti mozambicani continuano a svolgere un ruolo molto significativo nelle miniere del Sud Africa. La Costa d'Avorio, il Ghana e la Nigeria hanno continuato ad essere significativi poli regionali per la migrazione
64
Mobilità, confini e territori
L’evidente paradosso dei discorsi sulla globalizzazione che partono dal presupposto che la mondializzazione per esistere debba cristallizzarsi in flussi, circolazione, libero scambio e connettività, per poi concludersi affermando che la sovranità dei gruppi, il valore del locale e il contenimento degli eccessi di movimento sono essenziali per la buona governance mondiale, getta un velo di perplessità sulla reale direzione che si vuole imporre al cosiddetto libero scambio di sapere, soggetti e oggetti. Di fatto, una inevitabile conseguenza della iper-connettività e come lo asserisce Mezzadra la proliferazione dei confini:
“La tesi che si può sostenere è che la globalizzazione non sia certo contraddistinta dalla fine dei confini, ma piuttosto dalla crisi di quella connessione di Stato e territorio […] Il confine non separa più univocamente lo spazio della “città” dal suo esterno, ma si scompone prismaticamente, da una parte riproducendosi all’interno della città stessa e dall’altra proiettandosi al suo esterno.” (Mezzadra, 2007, p. 107)
L’“altro lato della globalizzazione” (Mezzadra, 2007, p. 103) sarebbe un movimento avverso basato sulle chiusure multiple e la frammentazione dei confini. E di fatto, la politica comune europea in materia di controllo dell’immigrazione si costruisce attorno al doppio binario dell’apertura delle frontiere interne e dell’irrigidimento delle frontiere esterne (Balibar, 1992). Inoltre, dagli anni ‘90 a oggi, le frontiere dell’Unione non hanno smesso di spostarsi sempre più in là fino a raggiungere il Nord del grande Sahara Africano. Parallelamente si prona l’abbattimento delle frontiere tra paesi comunitari e la libera circolazione. Questo fenomeno si riflette nella divisione che si è verificata nel campo degli studi sulla migrazione in cui dal 1990 la migrazione interna è stata generalmente ignorata
65 (King & Skeldon, 2010) mostrando al contempo l’intensità delle tensioni e dei conflitti che sono in gioco in questo doppio movimento di scomposizione e di ricomposizione dei confini.
Le ricerche sulle popolazioni dell’altra parte del globo pongono l’enfasi sulla mobilità come categoria inclusiva. Infatti, la mobilità intensifica le connessioni e creerebbe un sistema integrato, osservabile a livello familiare, comunitario, nazionale e internazionale tra i paesi legati da flussi migratori (King & Skeldon, 2010). Tuttavia, questa tendenza inclusiva si accompagna da una consolidazione dei confini nazionali e dei confini etnici. Tale antinomia risulta più acuta se messa in relazione con gli effetti della crisi economica e politica che rivela fino a che punto il mondo è intrinsecamente interconnesso e gli interessi interdipendenti (Isin, 2012). La sovranità nazionale è anche in questo contesto al centro dei dibattiti politici ed esperti. Percepita come una minaccia alla coesione culturale e all’identità nazionale dei paesi ricettori di migranti venuti dal Sud, la mobilità è oramai considerata con sospetto da demagoghi ed esperti di sicurezza nazionale. La tensione tra nativi ed estranei normalizza la differenziazione etnica della mobilità ed esacerba la crescente criminalizzazione della migrazione internazionale Sud-Nord. Lo slittamento verso una lettura delle mobilità in termini di sicurezza nazionale e salvaguardia della sovranità nazionale è uno dei punti fondamentali della questione delle mobilità contemporanea (Glick Schiller & Salazar, 2013; Turner, 2007).