1.3. I cavalli di Gulliver: ovvero sulle differenze eidetiche tra uomini e animali
1.3.1. Il darsi di una differenza
Si è detto che nell’esperienza l’animale si costituisce come un altro che è “come me”: che condivide un’analoga vita psichica cosciente e, di conseguenza, un’analoga struttura trascendentale. Eppure, come testimonia Derrida, «niente mi ha mai fatto pensare tanto alla alterità assoluta del vicino o del prossimo quanto i momenti in cui mi vedo visto nudo sotto lo sguardo del gatto»154. Nella stessa esperienza che ci suggerisce l’esistenza di un’analogia carnale con l’animale e, quindi, di una dimensione egoico-trascendentale in comune con esso si annuncia, contestualmente, la radicalità delle differenze che ci distinguono dall’animale stesso: che ci permettono, appunto, di non confondere
149 Il valore trascendentale della vita animale è ripetuto da Husserl in più circostanze. In particolare: Husserl, La crisi delle scienze europee, op. cit., pp. 213-214; Idem, Husserliana, vol. XXIX, Die Krisis der europaischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie. Ergänzungsband. Texte aus dem Nachlass 1934-1937, Kluwer Academic
Publishers, The Hague 1992, p. 87; Idem, Husserliana, vol. XXXIX, op. cit., p. 485. In merito si veda anche: San Martin J., «La subjectividad trascendantal animal», op. cit.
150 Di Martino, «Soggettività animali?», op. cit., p. 28. Analogamente Toadvine: «la soggettività della medusa deve essere
caratterizzata come trascendentale, dal momento che è attiva nella costituzione di un proprio mondo di senso» (Toadvine, «How not to be a jellyfish. Human Exceptionalism and the Ontology of Reflection», op. cit., p. 42 [traduzione mia]).
151 Scrive Husserl: «Osservando queste regole pratiche [quelle la riduzione fenomenologica] [N.d.A.] ci mettiamo
metodologicamente al riparo da quelle confusioni, così profondamente radicate in noi, dogmatici nati, da non poter essere altrimenti evitate» (Husserl, Idee…, I, op. cit., p. 152).
152 De Palma, «Quallen, Menschen, Gestirngeister», op. cit., pp. 223-241, p. 241 [traduzione mia]. Su questo punto si
veda anche E. Alloa, « Le monde existe-t-il sans nous ? Le perspectivisme selon Husserl. Présentation », Philosophie, n. 131 (2016), vol. 4, p. 3-19, p. 16. Sembra pensarla diversamente Di Martino, il quale scrive: «la riduzione eidetica mostrerà che quel tipo di coscienza [la coscienza animale] [N.d.A.]appartiene a una regione ontologica distinta da quella a cui appartiene la coscienza umana» (Di Martino, «Husserl e la questione uomo/animale», op. cit., p. 2).
153 Derrida, L’animale che dunque sono, op. cit., p. 137. 154 Ivi, p. 47.
43 l’esperienza di un altro essere umano con l’esperienza di un altro animale. Più precisamente, Husserl scrive: «noi comprendiamo gli animali […] come una variazione che è, invece, tutt’altra rispetto a quella che si realizza con gli uomini, sempre diversi, ma per l’appunto uomini»155. Nonostante, dunque, anche tra gli uomini si registrino differenze nella realizzazione concreta della comune struttura egologica, anche per Husserl la differenza che separa l’essere umano dall’alterità animale risulta avere una natura diversa: più radicale. Quale sia la natura e la via d’accesso a questa differenza sono questioni che, chiaramente, dal punto di vista della nostra ricerca rivestono una decisiva importanza, in quanto si tratta di valutare criticamente, oltre il superamento dell’esclusione dell’animale dalla sfera dell’esistenza soggettiva cosciente, quale nuovo motivo di distinzione tra di essi venga a proporsi. Si tratta, ad ogni modo, di questioni che, per ammissione dello stesso Husserl, trovano un’illustrazione incisiva nell’episodio dell’incontro con i cosiddetti “houyhnhnms” tratto dal romanzo I viaggi di Gulliver, che Swift descrive nel modo seguente:
Voltandomi a destra, vidi un cavallo che s'avanzava con aspetto maestoso attraverso i campi […]. Il cavallo mi s'avvicinò, si fermò, dette indietro, poi si mise a guardarmi fisso con aria meravigliata, e mi girò intorno scrutandomi in ogni parte. Frattanto ecco arrivare un altro cavallo, dall'aspetto serio e distinto; le due bestie si toccarono con garbo lo zoccolo della zampa destra davanti; quindi cominciarono entrambi a nitrire in varie guise, sì da far intendere dei veri suoni articolati. Fecero anche qualche passo insieme, come per intrattenersi privatamente, e andavano e venivano con molta gravità l'uno accanto all'altro, come persone che si consultassero sopra qualche importante affare. […] [Uno] [N.d.A] Mi prese col piede la mano destra, di cui parve ammirare il colore e la finezza, ma nello stringerla fra lo zoccolo e il garretto mi fece tanto male che dovetti cacciare alte grida; allora mi accarezzò con tutta la tenerezza possibile. […] Nell'insieme, il contegno e gli atti di quei due animali mi parvero tanto ragionevoli, da farmi concludere che fossero due maghi, mutatisi apposta in cavalli per qualche loro scopo […]. Pure essi sembravano dei veri cavalli156.
Abbiamo qui uno stesso corpo somatico che nell’apprensione analogizzante si offre come corpo vivo che l’atteggiamento empatico interpreta prima come corpo vivo di un cavallo e, poi, di un essere umano anomalo (consideriamo il mago come tale). Questo slittamento è evidentemente motivato dal comportamento che assume questo stesso corpo vivo: i cavalli si muovono in modo che sembra
155 Ms K III 18, Bl. 20a [traduzione mia].
156 J. Swift, Gulliver’s travels, trad. it A. Valori, I viaggi di Gulliver, A.F. Formiggini, Roma 1921, pp. 335-341
[disponibile online:
https://www.liberliber.it/mediateca/libri/s/swift/i_viaggi_di_gulliver/pdf/swift_i_viaggi_di_gulliver.pdf ] [data consultazione: 24/08/2017].
44 discutano, si confrontino, ammirino, etc. secondo modalità che Gulliver, prima di allora, ha visto adottare soltanto agli esseri umani.
Commentando proprio l’episodio appena riportato Husserl scrive:
perché chiamo questi corpi vivi “animali” e li distinguo dagli uomini? Forse a causa della loro somaticità tipica e del tutto differente? Ma gli esseri con le caratteristiche dei cavalli in Gulliver non sono propriamente uomini? E i nostri cavalli non sono essenzialmente diversi da quegli “esseri razionali” che [in Gulliver] [N.d.A.] hanno il corpo da cavallo?157
Nella prospettiva husserliana, pertanto, non sono tanto le caratteristiche somatiche a distinguere le formazioni intenzionali “uomo” e “animale”. Noi possiamo anche pensare, infatti, che esistano, a seguito di una mutazione, uomini con strutture somatiche del tutto tipiche degli animali – uomini con antenne al posto di mani, con occhi del tutto simili a quelli delle mosche, etc. – ma si continuerebbe comunque ad appresentarseli nella loro vita interiore di esseri umani, poiché «tutte queste [differenze] [N.d.A.] – sottolinea ancora Husserl – sono eventualmente differenze subordinate, che dipendono da una tipica certa, nella coordinazione degli organi di movimento, tipica determinata attraverso le funzioni psichiche e un loro gioco combinato»158. Se, dunque, gli animali si costituiscono sulla base di un’appresentazione che, rispetto a quella che si realizza quando ci rivolgiamo ad altri esseri umani, risulta essere modificata, fenomenologicamente va rilevato che tale variazione insiste non tanto sulla dimensione somatica, quanto piuttosto, innanzitutto, su quella psichica: sulla manifestazione di diversi tratti eidetici della vita psichica dell’animale. Per questo Husserl definisce esplicitamente la formazione intenzionale dell’animale nei termini di un’anomalia psichica159, prima ancora che
un’anomalia dei sistemi senso-motori del corpo vivo: in quanto è primariamente la non-concordanza della vita psichica che permette di apprendere la vita interiore del soggetto estraneo come vita animale.
157 Husserl, Metodo fenomenologico statico e genetico, op. cit., p. 94. 158 Ivi, p. 99.
159 Idem, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 159. Il fatto che Husserl caratterizzi la vita psichica dell’animale come anomala
lascia trasparire un presupposto implicito, ovvero che la vita psichica dell’essere umano sia da esso considerata la vita psichica normale. Come vedremo nell’ultimo capitolo, il concetto di normalità in Husserl è internamente complesso e articolato e conosce stratificazioni di significato diverso a seconda degli ambiti in cui viene utilizzato. Rispetto al contesto della comprensione empatica, in particolare, la normalità dell’essere umano indica l’ineludibile costituzione di ogni soggetto come punto- zero dell’orientazione, inclusa l’orientazione dell’esperienza empatica (cfr. Ivi, p. 35). L’anomalia, da questo punto di vista, indica, pertanto, una semplice non concordanza tra il contenuto della vita psichica dell’altro soggetto appresentato empaticamente e la tipica della propria esperienza. In questo senso, come vedremo, è anomala non soltanto la vita interiore dell’animale, ma anche quella di chi soffre di disturbi psichici o sensoriali (Ivi, p. 159; Idem,
Husserliana, vol. XIV, op. cit., p. 121). Inoltre, da questo punto di vista, è anche possibile, secondo Husserl, che anche
l’esperienza solipsistica del soggetto conosca delle anomalie, ad esempio quando un organo fisico si ammala, così come pure che anche gli animali abbiano una propria normalità e le rispettive anomalie che si manifestano laddove un altro soggetto si comporta in maniera non concorde con l’esperienza tipica della specie (Ivi, p. 120). L’anomalia, almeno per quel che riguarda il contesto empatico, pertanto, non introduce alcuna connotazione antropocentrica nel framework categoriale husserliano.
45 Analogamente a quanto si era rilevato circa le variegate strutture senso-motorie dell’animale, pertanto, la non-concordanza tra la vita interiore dell’uomo e dell’animale deve essere letta nei termini di una manifestazione anomala di un’analoga vita psichica o, detto altrimenti, un modo anomalo di strutturazione di una stessa centratura egoica dei vissuti soggettivi.
Tale non concordanza, come abbiamo visto nell’episodio dell’incontro con gli “houyhnhnms” non viene colta mai in maniera diretta. Il passaggio dal momento passivo al momento attivo dell’empatia – del passaggio dall’apprensione analogizzante, dall’empatia impropria, all’empatia propriamente detta160 che permette, come suggerisce Makkreel di “guadagnare accesso” ai contenuti particolari che la comune vita psichico-coscienziale assume nell’altro estraneo, nello specifico nell’altro animale161 – avviene, infatti, inevitabilmente attraverso la ricostruzione «della reale,
vivente, costitutiva connessione motivazionale»162, come precisa Husserl stesso. Detto in altri termini, poiché l’unica vita psichica che mi si offra nell’immanenza è la mia propria vita psichica, la comprensione dei tratti eidetici della vita psichica dell’altro in generale e, nello specifico, dell’altro soggetto animale, mi è possibile solo a partire dal modo in cui la tipica psichica dell’animale si manifesta nella realtà mondana. Come precisa Angela Ales- Bello, Husserl non si ripropone, come gli etologi e gli studiosi di psicologia animale, di penetrare “all’interno” delle vite psichiche degli animali, ma di cogliere la struttura psichica che sottostà la configurazione peculiare del mondo circostante costituito dall’animale163. L’unica via d’accesso alla vita psichica dell’animale è, pertanto,
indiretta. Essa richiede di partire dal comportamento che l’animale assume nel suo mondo circostante per risalire da lì ai tratti essenziali della psiche animale che si trova alla base di tale comportamento.