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1.2. La struttura egoico trascendentale della vita interiore dell’animale

1.2.1. Percezione, costituzione, vita cosciente

Per quanto riguarda il sistema degli organi sensoriali, va innanzitutto notato che l’esperienza empatica degli animali ci restituisce uno spettro piuttosto ampio di possibilità percettive: mentre alcuni animali appaiono dotati di sensi decisamente più sviluppati di quelli umani77, molti altri, come la zecca o la medusa78, presentano, invece, una capacità sensoriale piuttosto limitata. In entrambi i casi il sistema percettivo dell’animale si mostra come un sistema che non è necessariamente concorde con il sistema percettivo dell’essere umano. Questa eterogeneità delle funzioni sensoriali di uomini e animali rende ovviamente impossibile individuare a priori un sistema percettivo comune a tutti i corpi vivi. Come, tuttavia, nota lo stesso Husserl,

in ogni caso all’“uomo” dotato di esistenza spirituale appartiene per necessità formale un corpo vivo, un organismo, che ha il proprio sistema di organi percettivi. Lo stesso accade per gli animali, per quanto estesa o limitata possa essere la varietà di questi organi.79

L’eterogeneità degli organi percettivi non tocca, dunque, la necessità formale, che appartiene al corpo vivo in quanto tale, di disporre di un sistema sensoriale in generale. Questo significa che l’esistenza incarnata [leiblich] implica in maniera essenziale il riferimento alla sensibilità e che, come scrive De Palma «che cosa debba essere più precisamente inteso con questa sensibilità o con i diversi organi di senso è, di fatto, una questione empirica»80: una questione che viene messa tra parentesi dal metodo della riduzione e che, conseguentemente, non riveste alcun ruolo sul piano della fenomenologia husserliana.

Se, dunque, è vero che non è possibile stabilire a priori una struttura percettiva comune a tutti gli esseri animali (umani e non umani), a priori si deve comunque assumere che, fin dove si ha apprensione analogizzante del corpo vivo, sussiste un’esistenza dotata di una struttura percettiva concordante, anche se dalla forma del tutto peculiare81. Posso, infatti, avere un’appercezione

77 L’esempio che Husserl riporta a questo proposito è quello del cane da caccia (Husserl, Husserliana, vol. XV, p. 167). 78 L’esempio della medusa è utilizzato proprio da Husserl che, in maniera molto più specifica, parla di “Quallensubjekt”

(Idem, Husserliana, vol. XIV, p. 116).

79 Ivi, p. 136 [traduzione mia].

80 V. De Palma, «Quallen, Menschen, Gestirngeister. Intersubjektivität, Anomalität und Gemeinwelt aus

phänomenologischer Sicht». Studia Phaenomenologica, 11 (2011), pp. 223-241, p. 229 [traduzione mia].

81 Husserl stesso, infatti, ammette: «Jedenfalls muss hier alles sorgsam durchdacht […] werden, dass auch die Tiere, dass

31 analogica del corpo vivo dell’altro animale solo nella misura in cui quest’ultimo dispone di un sistema di percezione che, attraverso l’esperienza empatica mi riesco ad appresentare. Utilizzando una terminologia non fenomenologica, la presenza di un corpo vivo dotato di un sistema percettivo è ratio essendi di un’esperienza empatica che, da parte sua, si costituisce come ratio cognoscendi dello stesso sistema di percezione.

Al di là, dunque, delle differenze empiriche, i sistemi percettivi degli esseri umani e degli animali condividono le stesse determinazioni essenziali: vale a dire, la stessa struttura eidetica della percezione in quanto tale. Questa viene individuata da Husserl già nelle sue lezioni del 1907 sulla costituzione della cosa e dello spazio, dove si legge che «il carattere essenziale della percezione è quello di essere “coscienza” della presenza in carne e ossa dell’oggetto»82. Nella struttura eidetica

della percezione, pertanto, è incluso necessariamente il riferimento a un oggetto: un oggetto che, come precisa Husserl stesso, si dà in se stesso in quanto oggetto attualmente presente83 in riferimento

al corpo vivo del soggetto84. Quando, allora, Husserl scrive che «in ogni caso bisogna attentamente

valutare che anche l’animale […] in quanto tale è qui per noi […] quale un determinato sistema di percezione [Bezugssystem]»85 intende sostanzialmente questo: che anche al corpo vivo dell’animale,

in quanto analogo corpo vivo percettivo [Wahrnehmungsleib]86, appartiene in maniera essenziale, come al corpo vivo del soggetto umano, il riferimento a oggetti del mondo esterno presenti in carne e ossa.

Per quanto riguarda il modo in cui è vissuto, da parte degli esseri umani, questo riferimento percettivo agli oggetti esterni, Husserl nota che essi «come tali, nella loro vita intenzionale, sono in relazione con il mondo sotto forma di mondo circostante» 87: che essi nell’esperienza percettiva si riferiscono a un mondo che si denota, più precisamente, come mondo circostante. Dal momento che quest’ultimo non è altro che «un mondo “per me” [corsivo mio] […] un mondo posto con un suo particolare statuto di senso attraverso i vissuti intenzionali del soggetto stesso»88, ciò implica che il soggetto umano, ha un riferimento percettivo agli oggetti del mondo esterno che è sempre significativamente connotato. Quando, dunque, l’essere umano percepisce (in maniera visiva, tattile, etc.) degli oggetti, essi sono immediatamente presenti dal punto di vista dell’apprensione come

Per l’evidenza che ogni essere vivente abbia una propria normalità percettiva si veda anche: Ivi, p. 129; Idem,

Husserliana, vol. XXXIX, p. 667.

82 E. Husserl, Husserliana, vol. XVI, Ding und Raum. Vorlesungen 1907, trad. it. V. Costa (a cura di), La cosa e lo spazio. Lineamenti fondamentali di fenomenologia e critica della ragione, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009, p. 19.

83 Ivi, p. 18. 84 Ivi, p. 13.

85 Idem, Husserliana, vol XIV, op. cit., p. 132 [traduzione mia]. 86 Ibid.

87 «ich überhaupt verkenne […], dass sie sich als solche in ihrem intentionalen Leben auf die Welt in Form ihrer Umwelt

beziehen» (Idem, Husserliana, vol. IV, op. cit., pp. 190-191).

32 oggetti dotati di un significato, ad esempio, di utilità di un genere qualsiasi: materiali combustibili, alimenti, strumenti, etc.

Un fenomeno analogo si riscontra, in realtà, anche nell’esperienza propria degli esseri animali, nella misura in cui, come sottolinea l’etologo Roberto Marchesini, anche per essi «la percezione non è un fluire passivo di referti attraverso gli organi sensoriali, ma una organizzazione degli stessi […] per assumere una forma individuo-riferita»89: vale a dire, una forma per il soggetto (animale). In effetti, nella percezione dell’acido butirrico, la zecca organizza immediatamente il contenuto degli organi di senso in una forma oggettuale che per essa ha un significato ben preciso: quello del cibo90. Come commenta Husserl, «ciò significa ancora una volta che l’animale ha il proprio mondo circostante [Umwelt] finito […] a partire dalla propria maniera di appercepire, dalle proprie funzioni costitutive»91: ovvero, che, analogamente a quanto detto per l’essere umano, l’animale ha un’esperienza percettiva del mondo esterno nella forma del mondo circostante.

In linea, dunque, con le innovative ricerche di von Uexküll, che per primo aveva esteso agli animali il termine tedesco “Umwelt” generalmente utilizzato in chiave sociologica per riferirsi ai contesti storico- culturali umani92, anche Husserl sostiene che la costituzione di un mondo circostante

– una Umwelt, appunto – è una caratteristica che non può essere limitata agli esseri umani. Letto in prospettiva fenomenologica, questo significa riconoscere che anche l’animale dispone, nella propria vita interiore incarnata, di un sistema di riferimenti percettivi agli oggetti del mondo esterno che costituisce questo stesso mondo come un sistema dotato di significati peculiari: significa, in altre parole, ammettere che l’analogia con il corpo vivo del soggetto (umano) conduce a riconoscere la presenza, nella vita interiore dell’animale, di funzioni costitutive analoghe a quelle che il soggetto (umano) riconosce per se stesso e che fanno in modo che esso sia posto in una correlazione essenziale con un mondo significativamente orientato – con un mondo circostante.

89 R. Marchesini, Modelli cognitivi e comportamento animale. Coordinate d’interpretazione e protocolli applicativi,

Edizioni Eva, Venafro 2001, p. 37.

90 Qui si è ripreso l’esempio della zecca per ragioni di continuità con il paragrafo precedente. Osservazioni di un

investimento di senso dell’esperienza percettiva dell’animale trovano conferma e ulteriore esemplificazione anche nelle ricerche etologiche contemporanee. Nel contesto scientifico italiano, in particolare, è possibile far riferimento a: Marchesini, Modelli cognitivi e comportamento animale, op. cit., p. 20.

91 Idem, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 626, trad. it. M. Vergani, Metodo fenomenologico statico e genetico, Il

Saggiatore, Milano 2003, p. 100. [traduzione con modifiche]. Altrove si legge anche: «Hier die Fundamentalprobleme. Tierische[s] […] Leben […] lebend in ihrer “Umwelt”, jede Spezies in ihrer spezifischen Umwelt. Jedes […] hat seine Entwicklung von embryonalem Anfang bis zur Reife, und in dieser baut es sich die für es bewusstseinsmässige, für es „daseinende“ Umwelt auf» (Ivi, p. 180). Inoltre, in un manoscritto del cosiddetto periodo genetico troviamo scritto: «Das animalische Sein (in der Einheit einer Ichlichkeit Sein) […] auf die Umwelt Bezogenseins » (E. Husserl, Husserliana, vol. XLII, Grenzprobleme der Phänomenologie. Analysen des Unbewusstseins und der Instinkte. Metaphysik. Späte Ethik

(Texte aus dem Nachlass 1908 – 1937), Springer, New York 2014, p. 100).

92 M. Mazzeo, «Il biologo degli ambienti. Uexküll, il cane guida e la crisi dello Stato», in von Uexküll, Ambienti animali e ambienti umani, op. cit., pp. 7-33, p. 8.

33 Più precisamente, il soggetto che si pone in correlazione essenziale con il mondo circostante si qualifica, per Husserl, nei termini di un soggetto dotato di una propria ipseità ontologica di soggetto egoico93: dotato, cioè, di una propria Ich-Struktur. Conseguentemente, l’evidenza fenomenologica in base alla quale anche gli animali vivono in un loro mondo circostante – ovvero, l’evidenza per cui anche essi vivono in un mondo significativamente orientato – come rileva giustamente Di Martino, ha per Husserl il senso di sottolineare che, conformemente al loro modo di darsi, anche gli animali richiamino la struttura egoica del soggetto dell’esperienza94. È questo il senso dell’affermazione di Husserl per cui «per ogni specie animale [c’è] [N.d.A.] un tipo modificato della [struttura] [N.d.A.] “io- mondo circostante”»95: l’animale ha una propria maniera di appercepire, una propria modalità di

costituzione di un mondo circostante e, in correlazione essenziale con questa, una propria soggettività o, per meglio dire, una propria struttura egoica [Ich-Struktur]96. Sebbene la natura di quest’ultima vada indagata in maniera più precisa, l’evidenza per cui la vita animale si svolge in relazione a un mondo circostante restituisce l’evidenza correlativa per cui, come Husserl dichiara in maniera ancora più esplicita ne La crisi delle scienze europee, «nell’ambito degli esseri viventi, gli esseri animali […] vivono anche attraverso atti egologici»97: gli esseri animali presentano dei caratteristici vissuti

egoici.

Nello specifico, la vita egoica che si riconosce all’animale a partire dal suo riferimento percettivo a un mondo circostante fa in modo che, come scrive Husserl, l’animale si rivela essere «un analogo […] per l’ego umano delle sue cogitationes di questo e quel cogitata»98: l’animale si rivela dotato di

una vita interiore che, in analogia a quella dell’essere umano, può essere compresa secondo lo schema “ego- cogito- cogitatum” 99. Il senso di questa analogia è, in realtà, duplice. Da un lato, infatti, come

riporta Toulemont, essa indica che i vissuti della vita interiore dell’animale, in quanto vissuti cogitativi [cogitationes], si organizzano in riferimento a un centro100: che, come si legge esplicitamente in Husserl, «la vita puramente animale è centrata»101. Dall’altro lato, nota Bailey, l’analogia con la struttura egoica del soggetto umano comporta che anche per gli animali sia possibile

93 «sie selbst-eigenes Sein als Ichsubjekte haben und […] als solche in ihrem intentionalen Leben auf die Welt in Form

ihrer Umwelt beziehen» (Idem, Husserliana, vol. IV, op. cit., p. 191).

94 Di Martino, «Husserl e la questione uomo/animale», op. cit., p. 6. 95 Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 182 [traduzione mia].

96 Come si legge alcune pagine oltre: «Andere Ich, Menschen und Tiere» (Ivi, p. 456): l’altro non è solo l’altro essere

umano ma anche l’altro animale. In questo la proposta fenomenologica di Husserl sembra essere più originale della posizione di chi, come, ad esempio, Levinas, limita il volto dell’alterità al volto dell’altro soggetto umano. Su questo punto si veda: Derrida, L’animale che dunque sono, op.cit., pp. 157 ss.

97 Idem, La crisi delle scienze europee, op. cit., p. 248 [traduzione con modifiche]. 98 Idem, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 177 [traduzione mia].

99 Cfr. Idem, Meditazioni cartesiane, op. cit., p. 78.

100 Toulemont, L'essence de la société selon Husserl, op. cit., p. 194. La caratteristica della centratura della vita egologica

animale è rilevata anche da J. San Martin, «La subjectividad trascendantal animal», Alter. Revue de phénoménologie, n. 3 (1995), pp. 383-406, p. 394.

34 parlare di una vita di coscienza102. Una possibilità che Husserl ammette direttamente, laddove scrive: «Gli uomini nella loro vita interiore come vita egoica, vita intenzionale, la quale è vita cosciente. Anche la vita animale è compresa come vita cosciente»103.

Qui il distacco con la moderna filosofia del soggetto diviene evidente. Descartes che, come detto, si trova all’origine di questa linea di pensiero, nelle lettere destinate al marchese di Newcastle e a Henri More scrive, infatti, esplicitamente che nell’animale «nulla o una voce o dei gesti indicano qualcosa che può essere riferito a un pensiero [cogitationem], piuttosto che a un impeto naturale»104: nell’animale, detto altrimenti, la mancanza di funzioni linguistiche tradisce la mancanza di una vita di coscienza. Descartes avanza, dunque, un’equivalenza tra coscienza e capacità di espressione linguistica che costituisce un pregiudizio portante dell’antropocentrismo moderno105 e che si trova ancora ben radicata nella filosofia del Novecento, specialmente nel pensiero heideggeriano106. Rispetto a questo pregiudizio, allora, Husserl sembra offrire una prospettiva alternativa, nella misura in cui riconosce che

[g]li animali [Tiere], gli esseri animali [animalische Wesen] in generale, sono come noi soggetti di una vita di coscienza, nella quale è dato loro in maniera certa anche un “mondo circostante”, come il loro, sulla base di una certezza d’essere.107

In prospettiva fenomenologica, pertanto, non è il darsi linguistico dell’esistenza che permette di rilevarne lo statuto cosciente; la condizione di possibilità perché si possa rilevare l’esistenza cosciente di un soggetto è l’evidenza che quest’ultimo abbia un riferimento percettivo al mondo esterno come mondo circostante significativamente connotato108. Corrispondentemente, l’analogia del corpo vivo

102 C. Bailey, «Le partage du monde : Husserl et la constitution des animaux comme "autres moi"». Chiasmi international. Trilingual studies concerning Merleau-Ponty’s Thought, vol. 15 (2013), pp. 219- 250, p. 224.

103 «Menschen in ihrem Seelenleben als Ichleben, intentionalen Leben, das Bewusstseinsleben ist. Tierisches Leben auch

als Bewusstseinsleben verstanden [ist] [N.d.A.]» (Ms K III 4, Bl. 31b) [traduzione mia].

104 «aliquid vel voce vel nutibus indicaret, quod ad solam cogitationem, non autem ad impetum naturalem, potest referri»

cit. in De Palma, «Quallen, Menschen, Gestirngeister», op. cit., p. 224 [traduzione mia].

105 Sul legame tra antropocentrismo moderno e visione dell’animale come essere mancante, nello specifico mancante

della funzione linguistica, si veda Derrida, L’animale che dunque sono, op.cit. Interessante, a tal riguardo, è anche il contributo di Dieter Lohmar, il quale mette in luce come l’accostamento tra coscienza e funzioni linguistiche sia alla base non soltanto dell’antropocentrismo moderno ma anche di una comprensione dell’esistenza cosciente dell’essere umano che si rivela parziale e inadeguata, nella misura in cui ne sottostima il ruolo delle funzioni non linguistiche (cfr. D. Lohmar, «How do primates think? Phenomenological analyses of non-language systems of representation in higher primates and humans», Phenomenology and the non-human animal. At the limits of experience, Springer, Dordrecht 2007, pp. 57- 74, pp. 58-62).

106 De Palma, «Quallen, Menschen, Gestirngeister», op. cit., p. 224. Su questa continuità con l‘impostazione

antropocentrica cartesiana di Heidegger si veda anche Derrida L’animale che dunque sono, op. cit., pp. 136, 200 ss. Derrida rileva l’influsso di questo pregiudizio cartesiano – e, forse, come rileva Depraz, già arisotelico (cfr. Depraz, «Liminaire», op. cit., p. 15) – dell’equivalenza tra coscienza e linguaggio anche in altri pensatori contemporanei, tra cui soprattutto Lacan (cfr. Derrida L’animale che dunque sono, op. cit., p. 179).

107 Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 177 [traduzione mia].

108 Sullo statuto di senso della relazione intenzionale dell’animale col mondo esterno si era già espresso Von Uexküll

scrivendo esplicitamente: «le relazioni di significato [Bedeutungsbeziehungen] rappresentano l’unica guida affidabile […] per studiare gli ambienti [Umwelten] animali» (von Uexküll, Ambienti animali e ambienti umani, op. cit. 95).

35 dell’animale con il sistema percettivo proprio del soggetto umano ci permette di prendere posizione a favore di una vita interiore del primo come vita di coscienza dotata di un’analoga struttura egoica.