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1.3. I cavalli di Gulliver: ovvero sulle differenze eidetiche tra uomini e animali

1.3.3. Mondo storico, soggetto mortale

La comprensione del modo in cui l’animale si comporta nel proprio mondo circostante induce Husserl a escludere che esso viva in un mondo culturale e, corrispondentemente, il riempimento dell’analogo Leibkörper attraverso la reale connessione motivazionale delle azioni dell’animale appresenta un soggetto psichico in cui non si trova traccia né dell’autocoscienza né della ragione che normalmente è appresentata nell’esperienza empatica dell’estraneo umano. È possibile, tuttavia, che nell’esperienza ci si appresentino soggetti umani che non hanno la stessa esistenza mondana degli uomini razionali231. Questi sono i cosiddetti “pazzi”, dove Husserl indica con questa categoria tutte le persone sofferenti di disturbi mentali232. In questo senso Husserl sostiene che i soggetti umani con una psiche malata «si comportano in maniera simile agli animali nei loro diversi livelli»233. La condizione psichica in cui si trovano i malati mentali, infatti, comporta che, benché ancora essenzialmente umani, essi abbiano un’esperienza altra dalla nostra234: essi, come pure gli animali, non riescono a costituire un mondo autenticamente culturale235. Accanto, dunque, all’accostamento

del mondo percettivo dell’animale con quello del soggetto che presenta deprivazioni sensoriali, Husserl instaura anche un parallelismo tra le strutture costitutive degli uomini affetti da malattie

228 Altobrando, Husserl e il problema della monade, op. cit., pp. 157- 158. 229 Di Martino, «Husserl e la questione uomo/animale», op. cit., p. 2.

230 Esplicitamente Husserl scrive: «Das Tier vernunftlos [ist]» (Ms K III 7, Bl. 5a). 231 Husserl, Husserliana, vol. XXXIX, op. cit., p. 671.

232 Per vedere come la considerazione fenomenologica del malato di mente offerta da Husserl abbia aiutato a ridefinire le

categorie concettuali della psichiatria, permettendo di riconoscere la sensatezza inscritta nel mondo circostante di questa categoria di soggetti si veda U. Galimberti, Psichiatria e fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1987.

233 Husserl, Husserliana, vol. XXXIX, op. cit., p. 670 [traduzione mia]. Altrove Husserl specifica: «Das Anomale wie die

“Wahnsinnigen” in ihren verschiedenen Ausprägungen, die keine Menschen mehr sind und doch keine Tiere» (Idem,

Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 159). Il malato mentale, dunque, pur comportandosi in maniera simile all‘animale, non

è esattamente un animale in quanto a quest’ultimo la vita nel mondo culturale è interdetta per essenza, mentre al primo solo in virtù di caratteristiche psichiche accidentali.

234 E. Borgna, «Per una psichiatria fenomenologica», in Galimberti, Psichiatria e fenomenologia, op. cit., pp. 11-40, p.

39.

58 mentali e le strutture cognitive degli animali, mostrando come a entrambi manchi un’autocosciente definizione razionale degli orizzonti delle proprie azioni.

C’è, però, anche una terza categoria di soggetti236 che manifesta comportamenti mondani anomali

rispetto alla normale esperienza dell’estraneo. Quando, infatti, Husserl parla dell’anomalia comportamentale dei malati mentali precisa:

Noi e il nostro mondo […]. Sono esclusi da questa [correlazione] [N.d.A] sono esclusi con ciò i bambini, come d’altronde i malati mentali [Geistkranken] e in generale i malati, fintantoché essi vivono nell’anormalità. […] Solo gli adulti [Reifen], in quanto persone umane normali e nel collegamento unitario della loro vita comunicativa con la forma unitaria della loro temporalità personale, sono i soggetti per il mondo, che è il loro.237

Il soggetto del mondo culturale, pertanto, non è soltanto un soggetto senza disturbi mentali, ma anche un soggetto adulto. Per questo Heinämaa sostiene che, oltre al parallelismo con i ciechi e con i malati mentali, nell’ultima fase delle analisi husserliane sia possibile rintracciare anche un terzo parallelismo che connette l’esperienza mondana anomala di animali e bambini238. Questi ultimi, in particolare,

secondo Husserl, «[hanno] fasi passate che non possono acquisire la forma di un passato di ricordi nel senso dell’esperienza»239. In maniera analoga Husserl scrive rispetto all’animale che esso «vive

nel presente – che non è affatto una modalità temporale – esso non ha un tempo dei ricordi “costituito”, alcun passato disponibile»240. Poiché, nella prospettiva husserliana, «il ricordo, in quanto

esperienza, conduce al mondo passato»241, l’affermazione per cui né gli animali né i bambini hanno esperienza di ricordi significa sostanzialmente questo: che nessuno di essi vive, come accade per gli esseri umani, in un mondo passato o, più precisamente, che il mondo di bambini e animali è privo delle unità appresentative del passato.

In realtà, questo non equivale a dire che essi siano privi del passato tout-court. Sia i bambini sia gli animali, infatti, sono soggetti psichici. In quanto tali, pertanto, le loro esperienze e i loro vissuti empirici si sintetizzano unitariamente in quell’intero che è la psiche stessa e che garantisce un’identità costante nel corso di un fluire incessante e in continuo cambiamento. Questo significa che,

236 In realtà, in un manoscritto del 1934 Husserl inserisce tra i soggetti anomali anche una quarta categoria, ovvero gli

anziani (e, in modo particolare, gli anziani in pensione) «in quanto non sono più attivi [tätiger] e non consigliano [ratenden] più» (Ibid.).

237 Ibid. [traduzione mia]. Per l’inclusione del bambino tra i soggetti anomali si veda anche: Idem, Husserliana, vol. VI,

op. cit., p. 191; Idem, Husserliana, vol. XIV op. cit., pp. 114-115; Idem, Husserliana, vol. XXXIX, op. cit., p. 670.

238 Heinämaa S., «The Animal and the Infant», op. cit., p. 137.

239 Husserl, Husserliana, vol. XXXIX, op. cit., p. 670 [traduzione mia].

240 «Das Tier lebt in der Gegenwart – die keine Zeitmodalität ist – es hat nicht „konstituierte“ Erinnerungszeit, - keine

verfügbare Vergangenheit» (Ms K III 4 Bl. 48a [traduzione mia]). Perfettamente in linea con queste osservazioni in un altro manoscritto Husserl scrive: «Das Tier hat aber nur strömende, kategorial geformte Gegenwart – diese Gegenwart hat es nicht als Zeitmodus» (Ms A V 24 Bl 9a).

59 analogamente ai soggetti adulti, sia i bambini sia gli animali hanno in maniera essenziale degli orizzonti di ritenzione dei propri vissuti passati in grado di retroagire e di riattivarsi nel presente. Si pensi, a titolo di esempio, a un cavallo che è in grado di riconoscere il proprio padrone, come racconta Pascoli nei versi de “La cavalla storna” 242. Questo avviene perché l’animale, nel momento in cui

percepisce il volto del proprio padrone, associa al contenuto della percezione attuale quello di esperienze passate e, così, il padrone di presenta al cavallo come una figura nota, familiare, benevola (o meno)243. Come nota, tuttavia, Di Martino, «tale identificazione è passiva. Il cavallo non può244 tornare attivamente sulle situazioni vissute insieme al suo padrone, quasi-ripercependole, identificandole come passate, collocandole cioè in una determinata posizione temporale, e identificando nel ricordo il padrone stesso come passato»245. I vissuti passati, dunque, rimangono nella coscienza animale come orizzonti non tematizzati e non tematizzabili246: essi rappresentano un passato che è presente nella coscienza, senza che né i bambini né gli animali ne abbiano quella consapevolezza che è racchiusa nell’essenza dell’esperienza del ricordo.

Come vedevamo nel paragrafo precedente, infatti, la capacità di mettere a tema i propri vissuti è essenzialmente legata alla struttura intenzionale per così dire “doppia” del soggetto psichico autocosciente. Una vita interiore che sia priva di questa possibilità, pertanto, non è soltanto una vita incapace di operare in senso spirituale, ma, come mette in luce Husserl stesso,

è una vita non storica [unhistorisch], [mentre] [N.d.A.] una vita del secondo livello [del livello psichico autocosciente] [N.d.A.] ha una storia […] ha la sua storia davanti agli occhi, come storia di un suo essere e di un suo mondo circostante “storico”, che fa tutt’uno con essa.247

La natura psichica autocosciente, pertanto, consente all’essere umano non soltanto di riferirsi, operando spiritualmente, a un mondo culturale. Essa gli consente anche di vivere in un mondo con una sua storia, che fa tutt’uno con la storia del soggetto: di disporre, cioè, in maniera consapevole, di

242 «O cavallina, cavallina storna, /che portavi colui che non ritorna;/ tu capivi il suo cenno ed il suo detto» (G. Pascoli, La cavalla storna, Rizzoli, Milano 2012.

243 La stessa cosa si può dire per le esperienze di riconoscimento di un neonato nei confronti della madre che lo ha portato

in grembo. Sul funzionamento dell’esperienza di estraneità che si realizza nel bambino appena nato si veda: J.G. Hart,

The person and the common life. Studies in a Husserlian Social Ethics, Springer, Dordrecht 1992, pp. 192 ss.

244 O, quanto meno, l’esperienza suggerisce (senza possibilità di accedere all’interno della vita interiore dell’animale) che

non possa.

245 Di Martino, «Husserl e la questione uomo/animale», op. cit., p. 21. 246 Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., pp. 181, 184.

247 «ist unhistorisch, ein Leben der zweiten Stufe hat eine Geschichte […] hat seine Geschichte vor Augen, als Geschichte

60 una propria storia personale248. L’animale, così come il bambino249, infatti, non avendo la possibilità di assumere tematicamente su di sé i propri vissuti (né quelli passati né quelli potenziali) vive, come scrive Toulemont, ancorato al proprio presente250: non ha, precisa Husserl stesso, «una visione d’insieme del passato identificato [come] [N.d.A] nuovamente rimemorato, […] non prefigura un futuro come futuro essere così o così»251. Questo significa che la mancanza di autocoscienza e, conseguentemente, di consapevolezza storica del soggetto animale o appena nato, non impedisce all’animale e al bambino la tematizzazione e la presa di posizione soltanto rispetto ai vissuti passati, ma anche rispetto ai vissuti futuri, come si è illustrato più dettagliatamente nel paragrafo precedente. Dal punto di vista husserliano, pertanto, una vita interiore non dotata di autocoscienza è una vita che non ha davanti a sé quello che Husserl chiama “il tempo della propria vita [die Lebenszeit]”252: non

solo il tempo passato e il tempo futuro, ma anche lo stesso presente253, il quale necessita del collegamento con il suo duplice orizzonte temporale per potersi sapere come tale. Per questo l’esclusione degli animali dalla vita storica non indica, come suggerisce Toulemont, che essi vivano in un mondo dalla temporalità più povera o ristretta254; piuttosto essa rivela che, come sostiene

esplicitamente Husserl stesso, «l’animale non vive in un mondo come il [nostro] [N.d.A.] mondo temporale»255: la temporalità è una prerogativa dell’umanità256 o, per meglio dire, del soggetto psichico autocosciente – della persona umana257.

248 Lotz, «Psyche or Person?», op. cit., pp. 196- 197. Toulemont sostiene che sia la povertà della vita temporale animale

a giustificare l’incapacità di quest’ultimo di avere rimpianti e, in generale, di prendere posizione rispetto alla propria vita passata (Toulemont, L’essence de la société selon Husserl, op. cit., p. 195). Tuttavia, dalla citazione appena riportata sembra piuttosto che solo chi ha una vita psichica autocosciente può avere una vita temporale storica, non il contrario.

249 Qui, come sottolinea Di Martino, il problema è capire «come il bambino piccolo passa dalla temporalizzazione istintiva

dei materiali iletici alla temporalizzazione del mondo, ossia alla temporalizzazione dell’essente?» (Di Martino, «Husserl e la questione uomo/animale», op. cit., p. 23).

250 Toulemont, L’essence de la société selon Husserl, op. cit., p. 195.

251 «es überschaut nicht identifizierte wieder vergegenwärtigte Vergangenheit, etc. […] Es entwirft nicht Zukunft als

künftiges Sein und Sosein» (Ms K III 4, Bl. 48a [traduzione mia]). In realtà, Husserl stesso nota come l’esperienza restituisca, rispetto ad alcune precise categorie di animali, l’evidenza empirica di una vita psichica in cui si ritrovano pentimenti e rimpianti. Questi sono, in particolare, gli animali domestici (cfr. Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 183) i quali, dunque, sembrerebbero mettere in discussione la tesi proposta da Husserl stesso di un’assenza di vita autocosciente negli animali e la loro conseguente esclusione dalla vita personale e dal mondo culturale a essa correlato.

252 Ms E III 9, Bl. 88.

253 «Das Tier hat aber nur strömende, kategorial geformte Gegenwart – diese Gegenwart hat es nicht als Zeitmodus» (Ms

A V 24, Bl. 9a [traduzione mia]. Si veda anche: Ivi, Bl. 11a; Ms A V 5 Bl. 12.

254 Toulemont, L’essence de la société selon Husserl, op. cit., p. 194.

255 «das Tier lebt nicht in einer ihm als das bewussten Zeitwelt» (Ma A V 24, Bl. 9b) [traduzione mia].

256 Nello stesso manoscritto immediatamente dopo, infatti, si legge: «Der Mensch hat Zeit, hat zeiträumliche Umwelt

[…], seine Umwelt als Zeitwelt [corsivo mio] [N.d.A.] ist Feld der Vorhaben, der Zwecke, der Besinnungen» (Ms A V 24, Bl. 9b). Sull’evidenza empirica in base alla quale l’uomo risulta essere l‘unico essere vivente dotato di una temporalità piena e autentica si anche Ms K III 4, Bl 50a.

257 Toulemont, esaminando i manoscritti di Husserl dedicati alla comprensione del mondo dei primitivi, sottolinea come,

nella prospettiva husserliana, l’esistenza temporale autentica inerisca al soggetto spirituale, più che al soggetto personale. Gli uomini primitivi, infatti, prendono posizione rispetto ai diversi vissuti di potenzialità e hanno consapevolezza del proprio passato: sono, cioè, soggetti dotati di una struttura egoica autocosciente. Nonostante questa coscienza della durata della propria esistenza, tuttavia, l’esistenza dei primitivi è un’esistenza senza storia perché priva di un ideale verso cui tendere teleologicamente («Das Dasein der primitiven Menschheiten ist geschichtlos, ist “zeitlos”. Sie […] haben keinen

61 L’a-storicità del soggetto psichico non autocosciente, tuttavia, non è limitata all’assenza di riferimento alla propria storia personale: all’assenza di rimorsi, di rimpianti e di progetti per l’avvenire. Oltre a queste, infatti, ci sono tutta un’altra serie di esperienze che fanno riferimento agli orizzonti temporali passato e futuro che né i bambini né gli animali sono in grado di realizzare. Per esempio, noi, soggetti umani adulti, possiamo ascoltare o leggere storie personali che riguardano altri soggetti, alcuni dei quali non più in vita: conosciamo le storie degli antenati della nostra famiglia o dei padri fondatori della nostra nazione e possiamo riferirci a esse nei nostri discorsi o nelle nostre orazioni. Analogamente, possiamo riferirci ai nostri successori: possiamo scrivere lettere ai nostri futuri nipoti o, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, possiamo piantare alberi per le generazioni future258. Tutte queste attività sono estranee alla vita soggettiva sia dell’animale sia del bambino poiché, osserva Heinämaa, «nessuno dei due ha generazioni di altri dietro o davanti a sé dal punto di vista temporale»259: nessuno dei due ha una connessione intenzionale con soggetti che lo

precedono o lo seguono nel corso del tempo obiettivo. Ogni io umano, invece, in quanto persona260,

«si sa – scrive esplicitamente Husserl – in questa connessione, vale a dire come figlio dei propri genitori»261: si sa riferire intenzionalmente alle generazioni che l’hanno preceduto (e che lo

succederanno), sia che queste siano co-presenti o meno.

Gli esseri umani adulti (e senza malattie psichiche particolari) da un lato e i bambini e gli animali da un altro, pertanto, hanno un differente modo di rapportarsi all’incedere temporale delle generazioni nel senso che, come scrive Husserl

[l]’uomo […] vive in un’umanità che è storica, una storia che crea divenire; essa è soggettività a cui fa riferimento il mondo storico. […] L’animale […] non ha l’unità di un tempo che abbraccia le generazioni in quanto tempo storico né l’unità di un mondo che procede attraverso di esso. […] L’animale stesso non ha alcun mondo generativo, in cui viva in maniera cosciente, nessuna esistenza cosciente nell’infinità aperta delle generazioni.262

L’animale – e analogamente il bambino – vive, dunque, in un mondo a-storico in un duplice senso: da un lato in quanto è privo di consapevolezza della propria storia personale; dall’altro lato in quanto

teleologischen Sinn» [Ms K III 7, Bl 7a]): poiché la loro vita interiore non assume i tratti della vita spirituale. Su questo punto si veda Toulemont, L’essence de la société selon Husserl, op. cit., pp. 197-200.

258 Gli esempi sono tratti da Heinämaa, «The animal and the infant», op. cit., p. 138. 259 Ibid.

260 Il bambino ha, per Husserl, un’esistenza pre-personale. In particolare leggiamo: «“Frühkinder”, sozusagen Embryonen,

die als Vorstufen für eigentliche Kinder verstanden sind. Eigentliche Kinder, das sind Vorpersonen in den Stufen von der Reife, die einen Vollendungspunkt im Typus Person bedeutet» (Husserl, Husserliana, vol. 15, op. cit., p. 178).

261 Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 178 [traduzione mia].

262 Ivi, pp. 180- 181 [traduzione mia]. Ma la stessa esclusione dai nessi generativi personali era stata rilevata nei confronti

62 gli è estraneo il tempo storico in cui si connettono tra di loro le generazioni di individui di una stessa specie. Questo, tuttavia, non equivale a escludere l’animale dal nesso filogenetico che collega i diversi esemplari di una specie tra loro. Husserl stesso, infatti, rileva come esseri umani e animali facciano analogamente riferimento a una «concatenazione filogenetica di generazioni che collega tutte le specie animali in unità generativa, l’unità di una discendenza, in definitiva dell’essere organico in generale»263. Nella prospettiva fenomenologica di Husserl, quindi, l’esclusione dell’animale dal mondo storico non è l’esclusione dal tempo della storia fisico- naturale264: non implica, cioè, che esso non faccia parte del seguito bio-fisico che segna l’evoluzione della specie. L’animale è, dunque, coinvolto, come giustamente puntualizza Toulemont, in una storia universale265.

Il mondo storico da cui risulta escluso l’animale, pertanto, deve fare riferimento a «un’altra generatività, […] esclusiva peculiare del soggetto personale»266 e, quindi, a un tipo diverso di connessione tra le generazioni rispetto a quella di carattere fisico e biologico. Oltre, infatti, al legame filogenetico la catena delle generazioni umane è tenuta insieme anche da un legame di tipo significativo, ovvero da una connessione tra i diversi orizzonti di senso che ogni generazione costituisce. Il mondo circostante presente, come sottolinea Husserl, «rappresenta il sostrato [Boden] per le configurazioni culturali delle nuove generazioni di umanità»267: ogni generazione costituisce un mondo circostante che eredita dalle generazioni passate e che è consapevole di consegnare alle generazioni future affinché queste lo trasformino, a loro volta, secondo i propri orizzonti di senso268. Il legame che unisce le generazioni umane, pertanto, va ben al di là dei nessi filogenetici, prospettandosi, anzi, come un nesso generativo di carattere personale269: ossia come un’associazione che si basa sull’eredità di un senso270. Esso, secondo la lettura offerta da Di Martino, può essere inteso

263 Ivi, p. 179 [traduzione mia]. Nello stesso testo Husserl precisa che il nesso generativo filogenetico comprende, oltre

agli animali, anche i bambini, fino agli embrioni (Ibid.).

264 Su questo punto Husserl si esprime ancora più chiaramente in Idem, Husserliana, vol. XXXIX, op. cit., pp. 511-512.

La connessione filogenetica tra tutti i viventi permette di formare quella che Husserl chiama “comunità vitale di tutti i viventi” [die Lebensgemeinschaft aller Lebewesen] (Ms K III 4, Bl. 57 [traduzione mia]), ovvero di rintracciare un legame diretto o indiretto tra tutte le specie viventi: da quelle vegetali a quelle umane. Si tratta di un punto che verrà approfondito nel terzo capitolo del presente lavoro e rispetto al quale è anche possibile far riferimento a: Toulemont, L’essence de la

société selon Husserl, op. cit., pp. 192- 193.

265 Toulemont, L’essence de la société selon Husserl, op. cit., p. 195. 266 Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 179 [traduzione mia]. 267 Ivi, p. 180 [traduzione mia].

268 Questo processo vene descritto da Di Martino in maniera efficace: «Immersi in un contesto e una tradizione viva,

attraverso l’imitazione e l’educazione, i bambini ereditano il mondo culturale che caratterizza l’umanità in cui nascono e, divenuti adulti, ne esperiscono le formazioni di senso e le opere come la base di partenza di un ulteriore sviluppo, come possibilità aperte a una trasformazione» (Di Martino, «Soggettività animali?», op. cit., p. 36). Su questo punto è anche possibile considerare Husserl, Husserliana, vol. XXVII, op. cit., pp. 97-98.

269 Husserl, Husserliana, vol. XV, op. cit., p. 180.

270 «Alle Ich miteinander in Deckung ins Unendliche. Assoziation oder Deckung ist aber Sinnübertragung, Sinnerbschaft,

nur dadurch, dass sie Übertragung Erbschaft […] vom Ichsein, von der Person erbt sich Personales fort auf Personen» (E. Husserl, Husserliana: Materialen, vol. VIII. Späte Texte über Zeitkonstitution (1929-1934). Die C-Manuskripte, Springer, New York 2006, p. 436).

63 come «un modo di connessione, di filiazione, di comunicazione, che produce una vasta gamma di unioni personali e di associazioni»271: come una forma di relazione tra le varie generazioni per la costituzione di un mondo circostante comune, in ultima istanza riferibile a «quell’associazione totale – scrive Husserl – che è il popolo umano»272. Da questo punto di vista, allora, il mondo in cui vive

l’uomo è storico non nel senso della storia naturale, ma nel senso di quello che Husserl, nello stesso testo, chiama “divenire storico creante” [geschichtlichen schaffenden Werden]273. Esso è, in altre

parole, un mondo storico- culturale: un mondo posto in un divenire storico incessante nella concatenazione infinita delle generazioni. Ogni animale, invece, nota ancora il fenomenologo austriaco, «ripete [corsivo mio] [N.d.A.] il mondo circostante della sua specie con la tipica della sua specie»274: ogni sciame intraprende, ad esempio, la costruzione del proprio alveare come se non fosse mai stato costruito prima un alveare nel mondo275. Pertanto, sebbene la vita degli animali sia connessa alle generazioni precedenti da legami filogenetici, tale connessione intergenerazionale non assume i caratteri della connessione personale, in quanto l’animale non si mostra dotato della capacità di assumere tematicamente né quanto prodotto dalle generazioni precedenti né quanto potrà venir realizzato dalle generazioni successive. In questo senso «l’animale non ha […] alcuna esistenza cosciente di un’infinità aperta di generazioni»276: l’animale è inserito in una catena inesauribile di