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2.2. Dipendenza del soggetto psichico

2.2.1. Lo scavo genetico della pulsione

2.2.1.1. Dall’intenzione rappresentativa all’istinto di oggettivazione

La prima questione che si impone in merito al contributo costitutivo dell’animalità [Animal] è quella di chiarire quale sia più precisamente la posizione dell’intenzionalità pulsionale, da cui l’essere animale [animalische Wesen] stesso è animato, all’interno del panorama complessivo dei vissuti di coscienza45. Al fine di gettare luce su questa questione, prendiamo le mosse da uno tra gli esempi

dell’intenzionalità pulsionale offerta da Yamaguchi cfr. Idem, Passive Synthesis und Intersubjektivität bei Edmund

Husserl, op. cit.). È, infatti, lo stesso Husserl che in Esperienza e giudizio indica il tendere-a-qualcosa come la

caratteristica fondamentale dell’intenzionalità (E. Husserl, Erfahrung und Urteil. Untersuchungen zur Genealogie der

Logik, trad. it. F. Costa e L. Samonà, Esperienza e Giudizio. Ricerche sulla genealogia della logica, Bompiani, Milano

2007, p. 82).

44 Per un’approfondita analisi di questa tematica, oltre alle opere dedicate allo studio sistematico della pulsione citate nel

presente testo, si veda anche: J. Brudzińska, Assoziation, Imaginäres, Trieb. Phänomenologische Untersuchungen zur

Subjektivtätsgenesis bei Husserl und Freud, Dissertazione di Dottorato presentata presso la Facoltà di Filosofia

dell’Università di Colonia, 2005.

45 Husserl già nel primo libro di Idee individua, infatti, la necessità di distinguere tra vissuti di coscienza di diversa natura

intenzionale. In particolare, si legge: «Dato però il grado di indagine a cui siamo tuttora legati, e in cui dobbiamo astenerci dall’indagare le oscure profondità della coscienza ultima che costituisce ogni temporalità dei vissuti e assumere, invece, i vissuti come accadimenti temporali unitari, quali si offrono alla riflessione immanente, dobbiamo distinguere per principio: 1) tutti i vissuti che nelle Ricerche logiche erano indicati come “contenuti primari”; 2) vissuti che portano in loro la proprietà specifica dell’intenzionalità» (Husserl, Idee…, I, op. cit., p. 213). La coscienza, dunque, si presenta a Husserl come caratterizzata dall’esistenza di stratificazioni interne fin dai primi anni della riflessione fenomenologica. Tale stratificazione, tuttavia, non entra nel discorso fenomenologico prima dell’attuazione delle indagini genetiche poiché la prospettiva statica, a cui Husserl esplicitamente si rifà nel passaggio testuale riportato, non è interessata a ricostruire il passaggio tra i diversi gradi di sviluppo dell’intenzionalità quanto piuttosto a fornire una descrizione il più possibile esaustiva della sua struttura complessiva.

93 husserliani più noti: la passeggiata serale sulla collina di Loretto (nei pressi di Friburgo) 46. Partiamo, in particolare, dalla narrazione romanzata che ne fa Giovanni Piana nel testo di una sua conferenza tenuta a Pavia nel 1993, nella misura in cui i dettagli e i particolari che vanno ad arricchire la più scarna descrizione husserliana consentono di coglierne più precisamente le sfumature di senso. Scrive, allora, Piana:

È notte fonda e il filosofo, che noi immaginiamo profondamente immerso nei suoi pensieri, passeggia su un sentiero della collina di Loretto che si affaccia sulla valle del Reno […]. Il panorama è certamente ampio e vasto, ma questa vastità la si coglie appena, tanto esso è immerso nel buio della notte. […] Tutto si trova in una relativa indistinzione. Una fila di luci si scorge appena in lontananza. Ad essa tuttavia non prestiamo attenzione […] Ma ad un certo punto una delle luci di quella fila comincia a lampeggiare, ed allora ecco che il suo sguardo si volge finalmente ad essa, prima ancora distrattamente senza distogliersi dai suoi pensieri. Ben presto tuttavia egli guarda proprio da quella parte, forse addirittura rallenta il passo e infine si arresta ad una svolta del sentiero per osservarla

meglio [corsivo mio].47

Tra i diversi aspetti della vita di coscienza di cui il racconto ci porta testimonianza si coglie innanzitutto il trapasso senza soluzione di continuità da un vissuto di coscienza a un altro: la coscienza intenzionale del filosofo, che era inizialmente diretta ai propri pensieri, viene “colpita” da un’anomalia nell’intensità di una luce e rivolge la propria attenzione prima a questa e, poi, alle altre luci poste in fila con essa. Dal racconto, allora, emerge chiaramente innanzitutto che, come scrive Deodati «[i] vissuti [di coscienza] [N.d.A.] non sono unità, perfettamente limitate e circoscritte nel tempo che si susseguono regolarmente una dopo e a prescindere dall’altra»48. Essi sono, piuttosto,

interconnessi fino a formare un flusso continuo che altrove Husserl descrive con le seguenti parole: «il flusso di coscienza è un flusso di genesi [corsivo mio] [N.d.A.] costante, non una semplice successione, bensì uno scaturire uno dall’altro, un divenire secondo leggi di sequenza necessaria»49

46 L’esempio si trova in: Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, op. cit., pp. 211- 212. La descrizione della situazione dei

vissuti di coscienza viene formulata da Husserl nei seguenti termini: «Se durante la passeggiata serale sulla collina di Loretto balena improvvisamente nel nostro orizzonte una fila di luci nella valle del Reno, allora essa emerge subito in modo affettivamente unitario […]. Il fatto che la fila di luci ci colpisca d’un colpo come un intero dipende manifestamente dalle legalità pre-affettive della formazione di unità; da esse dipende eventualmente che nel campo visivo siano insieme affettivamente presenti anche altri gruppi di luci in quanto unità che emergono separatamente, e ciò ceteris paribus» (Ivi, p. 211).

47 G. Piana, Una passeggiata sulla collina di Loretto, intervento tenuto all’Università di Pavia il 9 febbraio 1993, versione

digitale < http://www.filosofia.unimi.it/piana/index.php/component/docman/doc_download/13-una-passeggiata-sulla- collina-di-loretto > [ultima consultazione 19/03/18].

48 M. Deodati, La dynamis dell’intenzionalità. La struttura della vita di coscienza in Husserl, Mimesis, Milano- Udine

2010, p. 61.

49 Husserl, Husserliana, vol. XI, op. cit., p. 339 (trad. it in Idem, Metodo fenomenologico statico e genetico, op. cit., p.

94 – leggi che nel secondo volume di Idee, Husserl riconduce ai “rapporti di motivazione” come legge fondamentale del mondo spirituale50. Nell’ottica genetica della psicologia intenzionale, dunque, i vissuti intenzionali costituiscono un flusso continuo non soltanto in quanto ogni vissuto succede ininterrottamente all’altro, bensì in quanto ogni vissuto emerge a partire dall’altro: in quanto, cioè, trova in un altro vissuto la motivazione per il suo peculiare decorso.

Nella prima parte del racconto autobiografico della passeggiata sulla collina di Loretto il modo in cui si gioca il rapporto di motivazione è abbastanza evidente. Già, infatti, nella prospettiva di un’analisi semplificata, si può rilevare che il vissuto intenzionale in cui il soggetto dirige la propria attenzione alla luce lampeggiante, prima, e alla fila delle luci poi, è reso possibile dal vissuto in cui emerge il lampeggiare della stessa luce. Detto in altre parole: il vissuto in cui si presenta la luce lampeggiante stimola l’attenzione del soggetto, motivando in tal modo il vissuto oggettivante successivo come risposta dell’ego allo stimolo ricevuto. In una prospettiva più rigorosamente fenomenologica, Husserl indica questo stimolo che si esercita a livello cosciente ricorrendo al concetto di affezione. Nelle stesse lezioni sulla sintesi passiva in cui l’autore propone l’esempio che stiamo analizzando, egli scrive:

Con affezione intendiamo lo stimolo coscienziale […]. Si tratta di una spinta [Zug] che trova soddisfazione nel volgersi [corsivo mio] [N.d.A.] dell’io e che da qui si dispiega nella tendenza verso l’intuizione originariamente offerente che disvela […] il se stesso oggettuale, nella tendenza quindi verso la presa d’atto, verso l’osservazione più dettagliata dell’oggetto.51

Dal punto di vista fenomenologico, dunque, il rapporto di motivazione sussistente tra il vissuto di attenzione percettiva alla luce lampeggiante e il vissuto che lo ha stimolato, come sottolinea Deodati, «corrisponde alla topica fondamentale affezione- volgimento (attenzione) che Husserl sottopone ad analisi soprattutto a partire dalle cosiddette lezioni sulla sintesi passiva»52: il vissuto in cui si annuncia il lampeggiare della luce affetta l’io, vale a dire lo stimola, motivandolo a volgere l’attenzione verso la fonte del lampeggiamento attraverso un’intuizione originariamente offerente della luce che lampeggia.

50 Idem, Idee…, II, op. cit., p. 223.

51 Idem, Lezioni sulla sintesi passiva, op. cit., p. 205 [traduzione con modifiche].

52 Deodati, La dynamis dell’intenzionalità, op. cit., p. 62. Il tema fenomenologico della topica affezione-volgimento e,

più in generale, del fenomeno delle sintesi passive a cui la topica fa riferimento è un tema complesso, che si articola in una stratificazione di questioni, anche problematiche, le quali, tuttavia, non possono qui essere svolte in maniera esaustiva nei limiti del presente lavoro. Per un’analisi più puntuale si rimanda, pertanto, alle seguenti opere: Holenstein,

Phänomenologie der Assoziation, op. cit.; Yamaguchi, Passive Synthesis und Intersubjektivität bei Edmund Husserl, op.

cit.; D. Welton, The Other Husserl: The Horizons of Transcendental Phenomenology, Indiana University Press, Bloomington 2000; V. De Palma, «Der Ursprung des Akts. Husserls Begriff der genetischen Phänomenologie und die Frage nach der Weltkonstitution», Husserl Studies, vol. 31, n.3 (2015), pp. 189-212.

95 Il racconto di Husserl, tuttavia, non si ferma al volgersi verso la luce che lampeggia. Dopo aver diretto la propria attenzione alla luce intermittente, infatti, il filosofo, ormai completamente distolto dai propri pensieri, si concentra percettivamente sulle altre luci che compongono la fila. I rapporti di motivazione che sono in gioco in questa seconda parte del racconto difficilmente possono essere ricondotti alla topica affezione- volgimento, in quanto, propriamente parlando, a differenza del caso della lampadina che inizia a lampeggiare, non si registra qui l’emergere di un nuovo stimolo oggettuale in grado di colpire la coscienza attiva del soggetto. È Husserl stesso a suggerire questa mancanza della componente affettiva alla base del decorso percettivo della fila di luci, nella misura in cui scrive:

Una delle luci cambia improvvisamente […]. Ora, essa diviene per sé [corsivo mio] [N.d.A.] particolarmente affettiva, ma allo stesso tempo questo incremento è manifestamente utile all’intera fila che per il resto rimane affettivamente inarticolata.53

La fila di luci, pertanto, a differenza della luce intermittente, non è in grado di esercitare per sé uno stimolo affettivo sulla coscienza54. Essa, piuttosto, riesce a entrare nella sfera di attenzione della coscienza egologica solo nella misura in cui beneficia in seconda battuta dell’incremento di forza affettiva della luce che lampeggia. Ciò suggerisce che, se vogliamo comprendere la topica specifica del rapporto di motivazione che è qui in gioco tra i vissuti, è necessario fare riferimento alla struttura essenziale del vissuto intenzionale diretto a cogliere percettivamente la luce intermittente. In quanto vissuto percettivo esso presenta la struttura intenzionale della percezione in generale, che l’autore, fin dall’introduzione delle lezioni sulla sintesi passiva, descrive nella maniera seguente:

Dal punto di vista noetico il percepire è un miscuglio: vi è una rappresentazione effettiva, che rende intuibile ciò che presenta nel modo della presentazione originale, ma vi è anche un vuoto indicare che rimanda a possibili nuove percezioni. […] [O]gni percezione rinvia in se stessa ad una continuità, a molteplici continua di nuove, possibili percezioni […]: è un sistema di rimandi con un nucleo fenomenico nel quale quei rimandi trovano il loro sostegno.55

Dal punto di vista fenomenologico, pertanto, l’intenzionalità percettiva presenta, per usare un’espressione di Lee, una natura ambivalente [doppeldeutige]56. Essa, infatti, risulta dalla

53 Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, op. cit., p. 212.

54 Come Husserl spiega in maniera puntuale poco oltre nel testo (cfr. Ivi, pp. 212 ss.) e come si illustrerà in maniera più

dettagliata nelle sezioni successive del presente capitolo, il fatto che le altre luci della fila non esercitino alcuno stimolo affettivo sulla coscienza, in realtà, non significa che esse siano del tutto estranee alla dinamica di affezione e alla sua tipica ma, piuttosto, che la forza affettiva di cui esse sono dotate non è del tutto sufficiente per intercettare l’attenzione attiva della coscienza.

55 Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, op. cit., p. 35.

96 combinazione di due diverse componenti intenzionali: da un lato, l’intenzione rappresentativa [Vorstellungsintention] dossica – la cosiddetta “coscienza-di” qualcosa – dall’altro lato, quella che Lee chiama “intenzione di aspirazione” [Strebensintention]57 e che Husserl stesso definisce come la

tendenza il cui soddisfacimento «ha luogo nel vissuto dell’essere-presso-la-meta [des Beim-Ziel- selbst-Seins] in un intuire che non è raffigurativo, ma un intuire che dà originalmente»58 – come, in altre parole, la tendenza che mira a portare a manifestazione effettiva quegli elementi dell’orizzonte percettivo che nella coscienza-di un oggetto non vengono colti direttamente ma, piuttosto, annunciati nell’orizzonte stesso.

In una prospettiva fenomenologicamente più rigorosa, tuttavia, bisogna considerare che, nel costituire la percezione, queste due componenti intenzionali appena descritte non risultano essere semplicemente giustapposte. Piuttosto, come fa notare Deodati, «le due componenti principali [dell’intenzionalità percettiva] [N.d.A.] sono due dimensioni coappartenentisi di un fenomeno più complessivo»59, che Husserl illustra con le seguenti parole:

Si comprende così quale sia il caso in cui un vissuto qualsiasi […] possa essere designato come intenzione [d’aspirazione] [N.d.A.], sebbene dall’altra parte e in rapporto ad un’altra intenzione [l’intenzione rappresentativa] [N.d.A.] possa in pari tempo fungere da riempimento, da vissuto verificante. L’una cosa accade in quanto il vissuto è originariamente offerente, l’altra in quanto non lo è interamente, nascondendo in sé i germi di una possibile insoddisfazione.60

Intenzione rappresentativa e intenzione d’aspirazione si coappartengono, dunque, in quanto l’una rimanda per propria essenza all’altra nel decorso complessivo dei vissuti di percezione. L’intenzione di aspirazione, infatti, trova soddisfazione solo laddove si realizza un’intenzione rappresentativa in grado di offrire un riempimento intuitivo all’orizzonte intenzionale vuoto che la stessa intenzione di aspirazione mira a portare a piena manifestazione61. D’altro canto, però, poiché non esiste

57 Ibid. Si è scelto di rendere il verbo sostantivato „Streben” con il sostantivo italiano “aspirazione” per continuità con la

traduzione che Vincenzo Costa fornisce delle Lezioni sulla sintesi passiva. Per un’analisi approfondita di come giochi in Husserl il concetto di Strebenintention nell’analisi fenomenologica della percezione esterna si veda: B. Rang, Kausalität

und Motivation. Untersuchungen zum Verhältnis von Perspektivität und Objektivität in der Phänomenologie Edmund Husserls, Springer, The Hague 1973, pp. 169 ss.

58 Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, op. cit., p. 129 [traduzione con modifiche]. 59 Deodati, La dynamis dell’intenzionalità, op. cit., p. 53.

60 Husserl, Lezioni sulla sintesi passiva, op. cit., p. 129.

61 Più precisamente in Lezioni sulla sintesi passiva si legge: «La tendenza [dell’intenzione d’aspirazione] [N.d.A.] si

soddisfa, ciò che è esperito nel modo del se stesso si caratterizza come una meta raggiunta che, in quanto tale, […] ha eo

ipso il carattere della coincidenza risultante tra l’intenzione anticipatrice e l’intenzione nel modo dell’afferramento

97 manifestazione cosale che non sia attraversata da un orizzonte intenzionale vuoto62, è la stessa struttura essenziale dell’intenzione rappresentativa ad attivare l’intenzione di aspirazione: a stimolare, cioè, l’esigenza di condurre a presentazione effettiva una datità intuitiva, un’evidenza e un senso altrimenti mancanti nella cosiddetta “coscienza vuota” [Leerbewusstsein]63 dell’orizzonte intenzionale.

Per questo motivo, secondo Deodati, è possibile rintracciare nella coappartenenza tra intenzione rappresentativa e intenzione di aspirazione una correlazione essenziale tra Leerbewusstsein e tendenza al riempimento [Tendenz auf Erfüllung]64: perché, appunto, l’intenzione offerente manifestazioni intuitive – l’intenzione rappresentativa – è costitutivamente percorsa da un vuoto orizzonte intenzionale che risveglia immediatamente un’intenzione – l’intenzione d’aspirazione – che mira al suo riempimento per mezzo di nuove datità intuitive (e, dunque, di nuove intenzioni rappresentative). Riprendendo ancora le parole di Deodati: «Lì dove […] si scopre un disagio per un vuoto di datità, per una lacuna di senso, […] si risveglia immediatamente un impulso tendente al suo riempimento»65. Così compresa, pertanto, è la stessa correlazione Leerbewusstsein- Tendenz auf

Erfüllung, inscritta nella struttura ambivalente dell’intenzionalità percettiva, a motivare il decorso dei vissuti di percezione. Come scrive chiaramente Lee, «[s]e l’intenzionalità percettiva fosse riducibile alla [sola] [N.d.A.] intenzione rappresentativa, sarebbe inspiegabile il motivo per cui nel campo di coscienza possa darsi qualcosa come il decorso continuo della percezione»66: se il vissuto percettivo della luce lampeggiante, per tornare al nostro esempio, non fosse percorso dalla lacuna intuitiva dell’orizzonte intenzionale vuoto non ci sarebbe alcun impulso in grado di motivare lo spostamento di attenzione dalla stessa luce lampeggiante alla fila di luci che la circondano.

Da questo punto di vista, dunque, l’impulso motivante il decorso dei vissuti percettivi si configura come una circostanza di insoddisfazione per un vuoto di manifestazioni intuitive che deve essere superata in una circostanza di appagamento [Befriedigung] legata al riempimento dell’orizzonte intenzionale vuoto. La correlazione tra coscienza vuota e tendenza al riempimento può, in altre parole,

62 Husserl questo lo dice esplicitamente, laddove scrive: «tutto ciò che si manifesta propriamente è […] intrecciato con e

attraversato da un orizzonte intenzionale vuoto, cioè è circondato da un alone vuoto dal punto di vista fenomenico» (Ivi, p. 36).

63 Si intuisce, dunque, che la cosiddetta “coscienza vuota” non è una coscienza intenzionante il nulla. A tal proposito vale

la pena ricordare proprio le parole di Husserl, il quale, nella sezione introduttiva delle Lezioni sulla sintesi passiva precisa: «Questo vuoto non è però un nulla, ma un vuoto che deve essere riempito, è dunque un’indeterminatezza determinabile. L’orizzonte intenzionale non può essere infatti riempito a piacere; si tratta di un orizzonte di coscienza che ha esso stesso

il carattere fondamentale della coscienza in quanto coscienza di qualcosa [corsivo mio] [N.d.A.]. Questo alone di

coscienza ha il suo senso, nonostante la sua vuotezza, nella forma di una pre- delineazione [Vorzeichnung] che prescrive una regola al passaggio verso nuove manifestazioni attualizzanti» (Ivi, p. 36).

64 Deodati, La dynamis dell’intenzionalità, op. cit., p. 52. 65 Ivi, p. 95.

66 «Wenn die Wahrnehmungsintention bloß eine doxische Vorstellungsintention wäre, dann wäre es unbegreiflich, warum

es auf dem Bewußtseinsfeld so etwas wie einen stetigen Übergang einer Wahrnehmungsintention in eine immer neue geben muß» (Lee, Edmund Husserls Phänomenologie der Instinkte, op. cit., pp. 86-87) [traduzione mia].

98 essere letta anche nella tensione dinamica tra insoddisfazione e appagamento. A proposito di questa tendenza verso un riempimento in grado di appagare la tensione iniziale, Husserl in un manoscritto scrive:

distensione della pulsione sotto forma di un’“attività”, di un movimento pulsionale […]. In questo movimento ogni fase si caratterizza come distensione della pulsione, come l’intenzione pulsionale che, attraversando tutte le fasi, <si> appaga [befriedigend] in esse <??>. Noi abbiamo una continua intenzionalità della pulsione, che è una continua estrinsecazione dell’impulso istintivo, <che> appartiene costantemente al suo riempimento.67

L’intenzionalità specifica della pulsione – l’intenzionalità specifica del soggetto psichico concreto preso come Animal – si configura, pertanto, come una struttura binaria tensione- distensione [Spannung- Entspannung], che, nel contesto del passaggio testuale appena ricordato, è posta nei termini di una correlazione aspirazione- appagamento [Strebung- Befriedigung], dove il secondo momento si dà nella forma del riempimento68. Ciò suggerisce che l’impulso in grado di far sorgere l’intenzione pulsionale si riferisca, come sottolinea Bernet, a un vissuto di disagio o, più precisamente, a un vissuto in cui si esprime una mancanza [Not]69. In questa prospettiva diventa, pertanto, evidente che le pulsioni e l’intenzione d’aspirazione «hanno – come riconosce anche Husserl – una generica comunanza, che può essere indicata proprio nella tendenza»70 e, più precisamente,

nella tendenza al riempimento di una mancanza. Anche l’intenzionalità pulsionale, dunque, risulta essere investita da quella modalità del tendere che attraversa tutti gli orizzonti intenzionali e che viene indicata da Husserl con il termine “Tendenz”.

67 «Entladung des Triebes in Form einer “Tätigkeit”, einer Triebbewegung […]. In dieser Bewegung ist jede Phase als

Entladung des Triebes charakterisiert, als die Triebintention, die durch alle Phasen hindurchgeht, an ihrer Stelle <sich> befriedigend <??>. Wir haben eine stetige Intentionalität des Triebes, die eine stetige Auswirkung des Treibimpulses ist, <die> zu seiner Erfüllung stetig gehört» (Ms A VI 12 I, Bl. 129a [traduzione mia]. Questa citazione potrà essere ritrovata nel volume della collana Husserliana di prossima uscita, curato da U. Melle e T. Vongehr (cfr. E. Husserl, Husserliana, vol. XLIII, Studien zur Struktur des Bewusstseins. Teilband III Wille und Handlung, Springer, New York, p. 415 [in corso di stampa]).

68 Proprio rispetto a questa identificazione tra rilassamento appagante della pulsione e riempimento Husserl scrive: «Den

Trieb […] entspannend im erfüllend nähernden Tun […] und das ist Lust, Trieberfüllung selbst» (Husserl, Husserliana, vol. XLII, op. cit., p. 94).

69 Bernet, Force – Pulsion – Desir, op. cit., p. 318.

70 « Natürlich haben Tendenz und Trieb ein gattungsmäßig Gemeinsames, das mit Tendenz zu bezeichnen wäre» (Husserl, Husserliana, vol. XLII, op. cit., p. 87 n. 2 [traduzione mia]). In questo contesto, l’accostamento tra la prima ricorrenza