• Non ci sono risultati.

La debolezza iniziale

Dopo aver chiarito che la quarta illecita via per ascendere al trono è l’usurpazione “quando un empio sforzo e folli guerre fanno sì che con truci trionfi un re venga in fretta innalzato contro un altro, che già l’araldo aveva proclamato, mentre esecrabili congiurati lo sostengono con mani sacrileghe”, il vescovo si chiede dunque: Quid? cosa seguirà alla coniuratio e alla contrapposizione di un nuovo re a quello che già siede in trono?

Quid? Poenitus exinanitur aemulus, cuius beneficio primi ditantur velites. Nec intemerabile foedus poscunt, in quo herilis capiat dulcedinem somnus. Sed interim remissum iuvat traducere tempus, et potiri placito adeptis iocundos, ambo per adversas principes terreantur ut lites, audeant ne milites contra exippitare potenter, vel negare quicquam1.

“Che accade dunque? Che il re che era già stato proclamato viene quasi annientato, e con i suoi beni si arricchiscono i primi milites. Ma essi non prestano un giuramento inviolabile grazie al quale il nuovo re possa

1

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, in G.GOETZ, Attonis, cit., c. 2, pp. 14-15; ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum B, cit., p. 29: “Quid? exinanitur aemulus poenitus cuius beneficio ditantur primi velites. Nec poscunt intemerabile foedus, in quo erilis somnus capiat dulcedinem. Sed iuvat interim iocundos traducere remissum tempus, et placito potiri adeptis, ut ambo principes terreantur per adversas lites, ne audeant potenter exippitare contra milites vel negare quicquam”. Glossa a intemerabile: “Intemerabile inviolabile. Quaerunt enim indutias ut saecuri aliquantulum a militia vacent sed non pactum ne dux ab hoste liber valeat permanere securus”.

garantirsi il dolce sonno del padrone. Giova invece loro lasciar passare il tempo e godere di ciò che si è conquistato, cosicché entrambi i re siano intimiditi con opposte dispute tanto da non poter aprire bocca contro i

milites o negare loro alcunché”.

Attone mette subito in chiaro chi sono i congiurati che hanno dato inizio alla rovina: i velites primi, dove il termine velites viene glossato: “Velites

sunt milites, dicti a velocitate”2 e primi come “egregii”3; il termine milites in Attone, coerentemente con l’uso attestato negli altri autori italici a lui contemporanei4, connota gli individui cui è riferito in primo luogo in base al rapporto di fedeltà qualificato che li lega a un senior; la scelta di questo termine preciso serve qui ad Attone a sottolineare la particolare gravità del comportamento dei grandi del regno che hanno chiamato il re e che a lui dovrebbero la loro fedeltà personale5. Che il termine da solo non basti ad indicare i proceres (infatti lo incontreremo più avanti anche in riferimento agli strati inferiori delle aristocrazie) è evidente dalla necessità sentita dal vescovo di precisarne il significato con l’aggettivo primi. Autori della

coniuratio sono dunque gli strati più alti dell’aristocrazia del regno, i primi milites appunto, di seguito definiti da Attone potentes6 e tribuni7. Anche i loro veri intenti sono messi subito in chiaro dal vescovo: in realtà non vogliono sottoporsi a un re; non appena il primo è messo fuori gioco, si

2

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum B, in G.GOETZ, Attonis, cit., p. 29, n. 21. 3

Ibid.,p. 29, n. 20. 4

Per l’uso di miles nei contemporanei scritti del vescovo di Verona Raterio e per la storiografia riguardante il problema dell’interpretazione del termine a questa altezza cronologica: G.

VIGNODELLI, Milites Regni: aristocrazie e società tripartita in Raterio di Verona, in Bulletino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 109, 1, 2007, pp. 97-150. Per l’accezione del termine nelle opere di Liutrprando da Cremona: G.GANDINO, Il vocabolario politico e sociale

di Liutprando da Cremona, Nuovi studi storici 27, Roma, 1995, in particolare pp. 148-152. Per

un bilancio critico delle interpretazioni del termine nei secoli centrali del medioevo: G. TABACCO, Vassalli, nobili e cavalieri nell’Italia precomunale, “Rivista storica italiana”, 99 (1987) pp. 247-268.

5

Attone usa sistematicamente i termini inerenti alla sfera della della fedeltà personale nei contesti in cui vuole mettere in luce il comportamento infedele dei protagonisti della lotta per il potere, proprio per sottolineare la gravità del tradimento delle fedeltà. Cfr. infra cap. 7.1. 6

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, in G.GOETZ, Attonis, cit., c. 2, pp. 15. 7

rifiutano di garantire con un giuramento la propria fedeltà al secondo, da loro stessi chiamato, preferendo tenerlo in ostaggio dello spauracchio del ritorno del re precedente, così da poter ottenere da lui (come anche dal re appena abbattuto) tutto ciò che vogliono:

Miserabili restat nomine, ut tantum vigeant principes, ut sint potius immo nec privatae rei conpotes8.

“Di fatto sono re solo per un miserabile titolo, di fatto non sono padroni nemmeno delle proprie sostanze”.

Sembra dunque realizzarsi la situazione desiderata dai primi milites: l’assenza del potere regio. Ciò che sfugge loro, ma non alla chiara comprensione del vescovo, è l’ineluttabile e tragica conseguenza: il re esautorato non abbandonerà certo il campo lasciando i potentes padroni incontrastati. Venendogli però a mancare le naturali basi del potere regio, e cioè l’appoggio dei grandi del regno e il controllo di un proprio patrimonio, l’usurpatore dovrà necessariamente costruirsi un nuovo sistema di potere, su nuove basi e con nuovi mezzi; questo nuovo innaturale ordine non potrà che costituirsi come un regno alla rovescia, un anti-regno.

Attone ci presenta questa fase di iniziale debolezza come la naturale conseguenza di ogni potere usurpato, “i re usurpatori saranno re solo per

un miserabile nome”, ma sotto questo modello generale scorgiamo già il

racconto dei primi anni del regno di Ugo di Provenza.

Secreta tum has sociis ruminant strophas rependere sedulo cura. Ne taedet quapropter olivis clanculo sese frequentare ramis per veredarios muciant

8

Ibid., c. 2, p. 15; ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum B, cit., p. 29: “Restat ut vigeant principes tantum miserabili nomine, ut potius nec compotes sint immo privatae rei”.

cautos qui ne fribole quid sollertes per quod milites prima instigentur indagine fulti9.

“Quindi con segreta sollecitudine meditano continuamente su come ricambiare al più presto ai propri alleati queste insidie. Per questa ragione non dispiace ai due re scambiarsi nascostamente rami di ulivo per mezzo di cauti messaggeri che non lascino imprudentemente trapelare qualcosa che spinga i solerti milites a prime indagini”.

La prima mossa del nuovo re è eludere il ricatto cui i grandi del regno lo sottopongono con la costante minaccia di passare alle file del suo avversario. Ciò viene ottenuto garantendosi segretamente la pace con il re appena esautorato; prima di poter agire indisturbato il nuovo re deve però scongiurare anche la possibilità che i proceres si rivolgano a qualche altro principe esterno al regno per rimettere in discussione la sua autorità:

Externos etiam duces et conibentia rogant et xeniis cumulant propere et macta deponunt. Cur necdum extorta pollicetur extimis fortuna potentum, quam praelibare sequestres, vel strictim hii gestiunt auxilia suos ferveant ut eorum secum edomare superbos, desides vel si torpeant sua tunc saevire per arma, subsidia oppressis denegent, nam saevient ipsi10.

“Inoltre ricercano accordi con duces esterni, li riempiono di doni e già promettono loro cose ancora maggiori. Perché è promessa agli stranieri una

9

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, in G.GOETZ, Attonis, cit., c. 2, p. 15; ATTONIS

VERCELLENSIS Perpendiculum B, cit., p. 29: “Tum sedulo ruminant secreta cura rependere

sociis has strophas. Quapropter nec taedet clanculo frequentare sese olivis ramis per cautos veredarios qui ne muciant fribole quid per quod ********** indagine”. Glossa a quapropter:

“Quapropter pro qua re. Videntes enim principes suos admodum sibi velle dominari, eligunt se potius quoquo modo pacisci quam subiectorum iniuriis taliter tribulari, et quamvis mutua ad comprimendum eos auxilia sperent sufficere, sed tamen externa querunt sibi suffragia sociare ne illi postmodum suum valeant in auxilium invitare”.

10

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, in G.GOETZ, Attonis, cit., c. 2, p. 15; ATTONIS

VERCELLENSIS Perpendiculum B, cit., p. 29: “Rogant etiam externos duces et rogant conibentia et cumulant xeniis et propere deponunt macta. Cur pollicetur extimis fortuna potentum necdum extorta, quam hi sequestres gestiunt prelibare vel strictim? Ut auxilia eorum ferveant edomare suos superbos secum vel, si desides torpeant tunc saevire per sua arma, denegent subsidia oppressis, nam ipsi saevient”. Glossa a potentum: “Sublimium”.

ricchezza non ancora estorta ai potentes, una fortuna su cui gli stessi ambasciatori vorrebbero dal canto loro mettere le mani? Affinché con il loro aiuto si possano annientare i ribelli, e se invece essi preferiranno astenersi dall’intervenire militarmente, neghino almeno il soccorso agli oppressi, perché infatti a schiacciare i potentes ci penserà lo stesso re usurpatore”.

Come visto nel capitolo precedente questi iniziali provvedimenti corrispondono nella ricostruzione attoniana all’intesa tra Ugo di Provenza, l’usurpatore, e Rodolfo II di Borgogna, il re che era già in trono. Questa sorta di patto di non aggressione ci viene raccontato da Liutprando, che lo caratterizza come una divisione di sfere di influenza: Rodolfo non interverrà nel regno d’Italia e Ugo abbandonerà le pretese sulle originarie terre provenzali; l’intesa, ritenuta credibile dalla storiografia, è da collocarsi tra il 933 e il 93511.

La necessità per un re così debole di garantirsi contro l’intervento degli altri duces esterni al regno corrisponde alla politica di alleanze internazionali portata avanti da Ugo nella prima fase del suo regno12; nelle parole di Liutprando:

Hugone igitur rege constituto, sicut vir prudentissimus, ubiubi terrarum coepit nuntios suos dirigere multorumque regum seu principum amicitiam quaerere, Heinrici praesertim famosissimi regis ... Rex igitur Hugo cum reges sibimet ac

11

LIUDPRANDI CREMONENSIS Antapodosis, cit., Lib. III, cap. 47, pp. 99. La discussione riguardo l’attendibilità della notizia data da Liutprando di questi accordi è riassunta da Sergi, e risolta positivamente, nel suo intervento a Spoleto tenuto durante la settimana dedicata al “secolo di ferro”; la testimonianza di Attone al riguardo, già messa in luce da Schultz, che riteneva anch’egli che i due re di cui parla Attone in questo punto fossero Ugo e Rodolfo, non è stata presa in considerazione dalla storiografia presumibilmente per la problematicità della fonte. G.SERGI, Istituzioni politiche e società nel regno di Borgogna, cit., pp. 207-9, e n. 9. G. SERGI,I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medioevali, cit., p. 305-306 e n. 40.

G.CASTELNUOVO, Un regno, un viaggio, una principessa: l’imperatrice Adelaide e il regno di

Borgogna, cit., p. 221 e pp. 223-224. C.B.BOUCHARD, Burgundy and Provence (879-1032), cit., p. 341.

12

Per trovare traccia nella storiografia moderna di questi aspetti minutamente evenemenziali bisogna ancora una volta risalire al dopoguerra: G.FASOLI, I re d’Italia, 888-962, Firenze,

1949, pp. 113-114, 125-127. C.G.MOR, L’età feudale, Milano, 1952, vol. I pp. 113, 123-125, 138.

principes amicos circumcirca adquireret, studuit et Achivis nomen suum longe a nobis positis notum facere13.

A queste due ambascerie, databili agli anni 933-934, che prestano il destro a Liutprando rispettivamente per l’esaltazione del prestigio politico di Enrico e per il racconto del viaggio paterno a Costantinopoli, vanno aggiunti i precedenti accordi con Raul Francia registrati da Flodoardo ad

annum 928 e legati alla morte di Ludovico il Cieco14. In Attone le relazioni diplomatiche di Ugo, tutto sommato ordinarie per un vir prudentissimus secondo la versione del vescovo di Cremona, vengono caratterizzate in aberrante funzione “anti-magnatizia”: l’usurpatore prende accordi con re stranieri contro le sue stesse aristocrazie, il tradimento del patto di fedeltà tra primi milites e re è completo e le responsabilità ricadono su entrambe le parti.

Da questo momento in poi il primo re esautorato esce di scena e Attone si concentra sull’operato dell’usurpatore ma, come detto, egli continua a riferirsi al soggetto del suo racconto al plurale: duces, principes. Se fino a questo punto il plurale era motivato dalla presenza dei due antagonisti, da qui in poi esso potrebbe indurre a ritenere che gli usurpatori contemporaneamente presenti sulla scena siano più di uno; in realtà questo plurale è, come detto, da intendere in senso indeterminativo, lo scopo di questo artificio retorico è quello di generalizzare l’analisi del meccanismo di un potere usurpato: “gli usurpatori si comporteranno così”. Non

13

LIUDPRANDI CREMONENSIS Antapodosis, cit., Lib. III, cap. 21-22, p. 82: “XXI. Hugone igitur rege constituto, sicut vir prudentissimus, ubiubi terrarum coepit nuntios suos dirigere

multorumque regum seu principum amicitiam quaerere, Heinrici praesertim famosissimi regis, qui, ut supra memoravimus, Bagoariis, Suevis, Lotharingiis, Francis atque Saxonibus imperabat. Hic etiam Sclavorum gentem innumeram subiugavit sibique tributariam fecit; primus etiam hic Danos subiugavit sibique servire coegit; ac per hoc nomen suum multis nationibus celebre fecit. XXII. Rex igitur Hugo cum reges sibimet ac principes amicos circumcirca adquireret, studuit et Achivis nomen suum longe a nobis positis notum facere. Imperabat vero his tunc temporis memoria satis et laude dignus Romanos imperator, liberalis, humanus, prudens ac pius, cui cum propter morum probitatem, tum propter linguae urbanitatem genitorem meum dirigit nuntium”. 14

possiamo d’altra parte escludere che la ricostruzione attoniana riecheggiasse per il lettore consapevole non solo l’operato di Ugo, ma anche quello degli altri re che si erano contesi il trono italico dopo la deposizione di Carlo il Grosso; del resto nell’ottica di Attone essi agivano con le stesse errate motivazioni e secondo gli stessi empi meccanismi di Ugo, di Ottone e di qualunque dux che, accecato dalla sete di vanagloria mondana, dimentichi quella ultraterrena e si faccia re su un trono già occupato. Il paradigma attoniano dell’usurpatore è però sostanzialmente costruito sull’operato di colui il quale, secondo il vescovo, rappresenta nella storia italica l’“Usurpatore” per eccellenza; come risulta chiaro dalla glossa al passaggio sul costruttore del palazzo:

Conditor, aedificator. Superius sed enim pluraliter dixerat principes sibi arces construere; sed quia multa inchoantur quae non perficiuntur et multi incipiunt quibus definire minime licet, nunc singulariter ad eum tantum intendit qui

compos evaserat et coepta valuit consummare15.

Certo, afferma Attone, molti hanno tentato la quarta via alla corona, quella illecita, e molti ancora proveranno a intraprenderla, ma uno è riuscito nell’intento e in base al suo operato io vi spiego cosa dovete aspettarvi da un potere ottenuto in modo simile. Inoltre uno scolio al capitolo quarto tradisce il fatto che il glossatore, sia esso Attone o un suo discepolo, intenda l’uso del plurale in questi capitoli come un artificio atto non a indicare la presenza di più usurpatori contemporaneamente, ma a generalizzare il paradigma a tutti gli usurpatori: nel commentare un tentativo fallito di deposizione del re il commento passa dal plurale al singolare per poi tornare al plurale: da duces a ducem a dominos16; il re di

15

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum B, in G.GOETZ, Attonis, cit., p. 34, n.50. 16

cui ci parla è uno, i suoi comportamenti riscontrabili in tutti quelli che sono diventati re alla sua maniera.