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Le accuse degli avversari e la loro confutazione

B) La caratterizzazione di Ottone I

6. Argomentatio e conclusio: la dimostrazione della tesi

6.1. Le accuse degli avversari e la loro confutazione

La narratio si chiude dunque con l’amara constatazione che tutto ciò che Attone ha descritto nella prima parte dell’opera è destinato a ripetersi all’infinito, almeno finché gli uomini continueranno a commettere l’errore di preferire la gloria terrena a quella celeste, finché cioè non presteranno orecchio all’appello di Attone.

“...Hoc totum gradatim aetas donec demoliatur in annis. Et superest hos funus si forte praecidat in istis labenti ut aevo valeant nec gratulari futuro. Non deperit quapropter vitium. Insurgunt alii et rursus rotantur in hisdem”1

“...ciò andrà avanti finché il tempo ne cancellerà ogni memoria. Se i protagonisti della lotta per il potere moriranno in queste vicende non potranno rallegrarsi né nel fallace mondo presente, né in quello futuro; nonostante ciò il vizio non scompare. Altri insorgono e cadono negli stessi errori”.

Subito dopo questa affermazione il redattore del manoscritto segnala materialmente uno stacco nel testo: nella versione A l’ultima riga del

folium 42 recto si chiude con le parole “in hisdem” e lo spazio vuoto che

segue è riempito da un segno grafico di conclusione o di intervallo che non si ritrova in altre parti dello scritto. Il testo riprende sul verso dello stesso

1

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 11-12, pp. 20-21; ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., p. 42: “Donec aetas gradatim demoliatur hoc totum in annis. Et si forte

funus praecidat hos in istis superest ut nec valeant gratulari labenti aevo nec futuro. Quapropter non deperit vitium. Rursus insurgunt alii et rotantur in hisdem”.

folium, ma purtroppo le prime righe sono perdute nell’ampia lacuna che

investe la parte superiore della pergamena.

Nella versione B la stessa divisione si ritrova tra il recto e il verso del

folium 61, ma in questo caso prima della continuazione del testo in alto a

sinistra sul verso si legge “ΧΡΥ CYN”, in lettere greche capitali. Al di sopra della seconda Y è presente un richiamo D a una glossa perduta; più in alto ancora si intuisce una didascalia simile nella disposizione grafica a quella che divide la prima versione dalla seconda, e forse da interpretare proprio come il testo cui rimanda la nota D2. Le parole che si riescono ancora a leggere sono: “***quentaverat docere ut se in omnibus divinae gratiae supplicando commiterent devotissime addidit commonere *****ata cunctis demum indixerat dominum exorare”3.

L’abbreviazione è interpretata da Goetz come Χριστου Σύναξις4, con lettura non del tutto convincente, perchè la prima parola risulterebbe abbreviata mentre la seconda tronca. In ogni caso lo stacco grafico è percepibile in entrambe le versioni, tanto, appunto, da meritare nella seconda una didascalia a corredo delle sei lettere che sembrerebbero fungere in qualche modo da invocazione preliminare alla seconda parte o da suggello simbolico della prima. La discontinuità segnala la divisione in due parti dell’opera; chiude la prima, che in termini retorici abbiamo visto composta da exordium e narratio, e apre una seconda parte, costituita da

argumentatio e conclusio. Se la prima parte non prevede riferimenti biblici

2

É la possibilità suggerita da: C. FROVA, Il “Polittico” attribuito ad Attone vescovo di Vercelli, cit., p. 49, n. 112; Lo studio di Carla Frova è il primo a enfatizzare la presenza di questo

“stacco” grafico come segnale di una suddivisione in due parti dell’opera, rilevato già da Goetz nella sua introduzione:G.GOETZ,Attonis qui fertur Polipticum, cit., p. 9.

3

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum B, cit., p. 42, n.73; Carla Frova riporta una

trascrizione leggermente differente di queste righe: “***quentavit ut procerem, ut se in omnibus divinae gratiae supplicando commiterent devotissime addidit commonere *****ata cunctis demum indixerat dominum exorare”; C. FROVA, Il “Polittico” attribuito ad Attone vescovo di

Vercelli, cit., p. 49, n. 112. La scarsa qualità del microfilm del manoscritto non permette di

verificare quale delle due sia la lettura corretta. Per l’interpretazione di questi frammenti vedi

infra capitolo 6.3.

4

Lo scioglimento non è integrato nell’edizione, ma proposto nell’introduzione: G.GOETZ,

o ad altre autorità della tradizione, ma procede come visto solo per schemi dimostrativi logici, narrando e insieme interpretando le conseguenze dell’usurpazione, la seconda torna sulla dimostrazione argomentandola con citazioni scritturali ed esempi storici.

Come primo passo di questa strutturata argomentazione Attone cede la parola ai suoi ipotetici avversari in una lunga percontatio (corrispondente al capitolo dodicesimo delle edizione moderne). Non prima però di aver connotato come ignoranti e interessati gli oppositori che non comprendendo il suo Perpendiculum gli muovessero le obiezioni che riporta di seguito:

(************** sed quia sunt fuer)ant qui neque cyrrati laciniam nec praefulgorae vel carbasi poterant pertingere sophiae; si duces nihil est et quibus sandapila deferantur ad urnam, ut eis indemnem liceat domoitionem perferre manubiis refertis ******* «Inluderis erronee a saeculis prae te singillata confundere sutelis. Exercita fuerint vel si effusa quae promis flocci pendenda natura et sterilis sua tunc munera linquat. Sommati et lixae statum poteris si fingere eundem, aetheris et aridae cocitique unum prospicere quibis. Officis quid derogas praesidum? Vales an offuscare quas ipse legerat summe Potens labentem

subpedias ut fulcire orbem?5

5

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 12, p. 21; ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., pp. 42-43: “Sed quia sunt qui neque fuerant cyrrati nec poterant

pertingere vel laciniam carbasi praefulgorae sophiae et quibus nihil est si duces deferantur ad urnam sandapila, ut liceat eis perferre indemnem domoitionem refertis manubiis hii stimulant memet sic lacessere «Erronee inluderis prae te sutelis confundere singillata a saeculis. Si fuerint exercita vel effusa quae promis flocci pendenda tunc et natura sterilis linquat sua munera. Si poteris fingere eundem statum summati et lixae, quibis prospicere unum aetheris et aridae et cociti. Quid derogas officis praesidum? An vales offuscare subpetias quas ipse summe potens legerat ut fulciret labentem orbem?”. Glossa a cyrrati: “Cyrrati sunt scolastici a cirri capillorum dicti. Cirri enim sunt defluentes crinium cincinni. Nam antiquitus scolares pueri usque ad adhulescentiam minime tondebantur, ut etiam ex capillorum prolixitate disciplinae se subiectos esse cognoscerent. Dicit ergo eos non fuisse cyrratos, id est aut numquam fuisse scolasticos aut iam in adhulescentia deposita siquidem coma tardius isse ad scolas”; laciniam: “Laciniam. Lacinia est summitas pallii vel alicuius alterius similis indumenti”; carbasi: “Carbasi. Carbasus est genus veli tenuissimi et perspicui ex lino; bene ergo sophia carbaso tegitur, quia nec ex toto latet sapintibus nec omnino nuda conspicitur. Stultis vero nec ad ipsius etiam veli

perscrutationem patet accessus, quia eius disciplinae non susceparent intellectum”; sandapila: “Sandapila dicitur feretrum non in quo nobilium corpora sed plebeiorum atque damnatorum cadavera portantur”; domoitionem: “Domoitionem. Nihil est enim aliud perferre domoitionem

“Ma poiché vi sono coloro che mai studiarono veramente né poterono sfiorare il lembo della veste di lino della scintillante Sapienza, ai quali non importa nulla che i re vengano gettati in fosse comuni se a loro è lasciata la possibilità di mettersi in salvo dopo aver fatto liberamente bottino, essi mi provocano apostrofandomi così:

«Fallacemente ti illudi se pensi di unire con sottigliezze ciò che da secoli procede diviso. Che le cose da poco conto che dici vengano disprezzate o invece diffuse la loro natura sterile darà i suoi frutti. Se riuscirai a porre nella stessa condizione i potenti e gli umili, allora riuscirai e vedere uniti in una cosa sola anche il cielo, la terra e gli inferi. Perchè vuoi denigrare l’ufficio dei principi? Credi forse di poter rimuovere le basi che l’Onnipotente stesso ha scelto per sorreggere il vacillante mondo?”.

Il cuore della critica che gli avversari muovono ad Attone, e quindi il fraintendimento che il vescovo vuole evitare, è l’accusa di voler annullare l’istituto regio. Il pretestuoso attacco segue questa logica: il vescovo si scaglia contro la gloria di questo mondo, ma il suo è un tentativo vano, il potere sulla terra, e in particolare quello regale è stato stabilito da Dio; solo attraverso la guida di chi detiene quel potere l’umanità può sperare di salvarsi. Gli avversari producono quindi esempi di questa necessità stabilita da Dio stesso:

Non Malachim confiteris? Aut minime plaudis cui concentus decem milium virginum dat hostium ipse trophaeum? Non potius hoc quam haecaton per foneuma adsummis? Bis quinis an cui titan occultis gradibus revocaverat

quam domum ire. Nam domoitio compositum est ex domo et itio, quod est ambulatio et venit a beo verbo quod est eo, is”; refertis: “Refertis, plenis. Licet siquidem pro ducibus contendere videantur nil tamen curant, si duces iggnominiose pereant et ipsis tantum liceat securis vel alquid de eorum spoliis possidere”; manubiis: “Manubiae sunt ornamenta regum”; stimulant: “Stimulant agitant. Stimulant autem lacessere, id est stimulando lacessunt”; lacessere: “Lacessere libenter laniare, est enim desiderative formae”; summati: “Summati. Summates sedenim dicuntur viri potentes”; lixae: “Lixae. Lixa est mercennarius militans qui tantum causa quaestus exercitus sequitur”; quibis: “Quibis valebis. Dicit namque quasi hominum poteris ordinem permiscere, restat ut ipsa etiam elementa confundantur”.

cursum? Procanum nec refers templi coheleht qui et abominando detersit? Nunc testamentum subeat et ut in ordine novum helenae filium trophicis strenuum armis pancratiari christicolis qui removens officii iura firmavit? Huius nec dux ore magnus duceris tantis o theodosi triumphis qui respuens hereses barbara tutela fudisti et fana destruens tutulos et deleri sancxisti restaret ypogeum daemonis saltim ne in quo lateret residuum ex sacro quidam uno sed cuncta militarent auctori? Nepotem equivocus huius nec extare sublimem reputas inducte, prunas pruna qui temperans (pruinas iterum (atque) pruna et dogmate furore libidinem domavit et charitati fidus nec extiterat segnis tristitiae aut) cedens subindius aeterno supplicans quam triumphaverat armis?

Perficit plebeia quid manus? Singola nec ipsa subsistet ducibus exhausta. Quod prima saecula signant notamen facile et est hinc apponere curae.

Seminibus Adae primis validi excreverant artus et feconda proles turbas paravit opimas succcessibus crebris et raro crescens exessu. Sed praese instructus defuit rudes erudire cohortes discrimen undatis limphae unde vitarent. Abramicus ipse Dei populus plebs est auctus triumphis dum stitiosis deguit sub ducibus supplex. Quod nam exorbitatus comtempsit exulat a limine procul stirps et inutilis extat hoc cuius nec solum est sed cuique terrigene restat.

Et quidem homines notantur tantum quorum quod praecipuum mentem est cum Deo esse fatemur? Exiguae sunt etiam volucres et providae quae sollertia vigent, caeditur perhenne quibus et caelibatum ferre per auras stratilatem quae in se colunt stratilati et debita redunt. Alacres quem ceterae si sint et sospitem monstrant. Cuius etiam rursus si sit pro funere squalent. Discedat a propriis suas sed si cunctae serias linquunt cum quo externas piget eas nec inquirere sedes. Sedulo et cato proficit nempe sub duce popellus, quo sine legio exinanitur instructa6.

6

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 12, p. 21; ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., pp. 43-45: “Non confiteris Malachim? Aut minime plaudis cui concentus

virginum dat trophaeum decem milium hostium? Non potius adsummis hoc quam haecaton perfoneuma? ***** cursum bis quinis gradibus? Nec refers procanum templi coheleht qui et detersit abominanda? Et ut nunc subeat novum testamentum in ordine filium Helenae strenuum trophicis armis qui removens pancratiari christicolis firmavit iura officii? O dux Theodosi magnus tantis triumphis nec duceris ore huius tu qui respuens hereses fudisti barbara tela et destruens fana sancxisti deleri tutulos ne restaret saltim ypogeum in quo lateret residuum quidam ex sacro daemonis sed cuncta militarent uno auctori? O inducte nec reputas nepotem equivocus huius extare sublimem, qui temperans prunas pruna atque iterum pruinas pruna domavit libidinem et furore dogmate et fidus karitati nec extiterat segnis aut cedens tristitiae et subindius triumphaverat supplicans aeterno quam armis? Quid perficit plebeia manus? Nec ipsa

“Non confidi nel Libro dei re? Non plaudi colui del quale il coro delle vergini canta la vittoria su diecimila nemici (Davide)? Non ritieni meglio una simile vittoria che un’ecatombe pagana? E non riconosci per chi il sole fermò il suo corso per due volte cinque gradi (Ezechia)? Non ricordi il ricostruttore del tempio che lo mondò inoltre dall’abominio (Giosia)? E per passare al nuovo Testamento dimentichi il figlio di Elena strenuo in vittoriose armi che ponendo fine alle persecuzioni contro i cristiani legittimò i diritti del loro culto? O imperatore grande di tanti trionfi dal nome di Teodosio non risplendi agli occhi di costui, tu che rifiutando l’eresia, hai prostrato le armi infedeli? e distruggendo i templi hai sancito che anche i sacerdoti pagani fossero eliminati affinché non restasse recesso sotterraneo in cui qualcosa di consacrato ai demoni potesse sopravvivere, ma tutti credessero nell’unico vero Dio.

O illuso, non reputi che risplenda sublime l’omonimo nipote di quello, lui che col ghiaccio spense l’ardore e col fuoco sciolse il ghiaccio e cioè domò la lussuria e l’ira con l’ispirazione del dottrina cristiana, e sciolse l’accidia con la carità, trionfando così più spesso grazie alle preghiere all’Onnipotente che non con le armi?

subsistet singola exhausta ducibus. ****** hinc adponere notamen curae. Validi artus excreverant primis seminibus Adae et foecunda proles paravit opimas turbas crescens crebris succcessibus et raro exessu. Sed praeses instructus defuit erudire rudes cohortes unde vitarent discrimen undatis limphae. Ipse abramicus populus plebs Dei est auctus triumphis dum supplex deguit sub stitiosis ducibus. Quod quia exorbitatus comtempsit exulat procul a limine et extat inutilis stirps. Cuius nec hoc solum est sed cuique terrigene restat.Et quidem notantur tantum homines quorum mentem quod praecipuum est fatemur esse cum Deo? Sunt etiam exiguae volucres et providae quae sollertia vigent, et quibus caeditur ferre perhenne caelibatum per auras quae colunt stratilatem in se et reddunt debita stratilati. Quem et ceterae monstrant sospitem si sint alacres. Pro cuius etiam funere si sit rursus squalent. Sed si discedat a propriis cunctae linquunt *********** externas sedes. Nempe popellus proficit sub sedulo et cato duce, sine quo instructa legio exinanitur”. Glossa a Malachim: “Libro regum”; haecaton perfoneuma: “Haecaton perfoneuma genus est sacrificii, si quis vero centum hostes interficisset Marti de homine sacrificabat et dicebatur hoc sacrificium haecaton perfoneuma”; restat: “Restat manet: scilicet hoc non tantum quippe illi populo contigit sed etiam omnibus hominibus, insuper et animalibus hoc evenire solet, ut conditionem ducis immittentur sequentes”; cum Deo: “Cum Deo. Ideo namque mentem hominis cum Deo esse dicimus, quia inter omnes mortales solus de divinis noverat cogitare”; Perhennem caelibatum: “Perpetuam virginitatem”.

Cosa può compiere la torma plebea? Essa da sola non sussiste se è abbandonata dai principi. Ciò che la storia dei primi secoli indica è facile da comprendere e va qui aggiunto. Uomini forti crebbero velocemente dalle prime stirpi di Adamo e questa feconda prole diede ricche turbe di discendenti in continua crescita per la frequenza delle nascite e la rarità dei decessi. Ma mancò un re sapiente che potesse incivilire le rudi masse cosicché potessero superare la prova della liquida onda. La gente di Abramo, che è il popolo di Dio, ottenne gloriose vittorie finché visse religiosamente sotto capi devoti, ma poiché in seguito accecato li disprezzò è costretto all’esilio lontano da casa e resta un popolo ormai sconfitto. E ciò non vale solo per loro ma per qualunque essere umano, e perché fermarsi agli uomini la cui particolarità è avere la cognizione dell’esistenza di Dio? Vi è infatti una specie di esseri volatili piccoli e operosi, di grande solerzia, cui è permesso di trascorrere un perenne aereo celibato tra le aure celesti; tra di essi mantengono un principe e a esso rendono gli onori. Se questo vive sano e felice, anche loro lo saranno e si mostreranno alacri, se invece no, si abbandonano al lutto. Ma se il principe decide di abbandonare le proprie sedi allora tutti fanno lo stesso e non spiace loro seguirlo a cercare una nuova dimora. Il piccolo popolo se ne và dunque sotto un capo solerte e accorto senza il quale la legione schierata verrebbe sopraffatta”. Ecco come è articolato l’attacco degli avversari di Attone:

- Il tuo è un attacco insensato alla gloria terrena.

- Dio ha stabilito la gloria in terra per guidare gli uomini alla salvezza. - Noi hai letto il libro dei re?

Esempi antica alleanza: - Davide. - Ezechia. - Giosia. Esempi nuova alleanza: - Costantino.

- Teodosio I. - Teodosio II.

- Prima del diluvio: gli uomini non avevano capi che li guidassero e infatti furono sopraffatti.

- Antica alleanza: lo stesso popolo di Dio quando non è si è sottomesso a giusti re si è perso.

- Non solo gli uomini ma addirittura gli animali necessitano di una guida: l’esempio delle api.

L’intera critica alle affermazioni di Attone sarebbe dunque basata sull’iniziale e pretestuoso sillogismo: il vescovo si scaglia contro la gloria terrena quindi il suo è un attacco al potere regale e alla gerarchia nella società umana in generale.

La fallacia di questo assunto viene smascherata facilmente nei capitoli che seguono. All’inizio del capitolo tredicesimo infatti, dopo l’esortazione finale degli avversari, il vescovo riprende la parola:

Desine nunc coeptos et sensibus utere nostris».

Sic fabre nunc eos sigillare iuvat pecuatos memet:…7

“Smetti dunque ciò che hai intrapreso e ascolta piuttosto i nostri consigli». Così mi piace ora confutare del tutto quegli stolti:…”.

Come detto Angelo Mai, seguito da Goetz, separava inspiegabilmente l’ultima frase pronunciata dagli avversari di Attone dal capitolo dodicesimo per farne la prima del tredicesimo, che è invece interamente occupato dall’invettiva del vescovo contro i suoi nemici. Fatto salvo per questa discutibile scelta, la divisione in capitoli operata dall’editore moderno in questa seconda parte del Perpendiculum segue fedelmente i passaggi logici successivi dell’argomentatio di Attone.

7

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 13, p. 21; ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., p. 45: “Desine nunc coeptos et utere nostris sensibus». Iuvat memet nunc

fabre sugillare eos pecuatos sic”. Glossa a utere: “Utere, perfruere, ac si diceret : derelinque tuum proposituum et sequere nostrum”; nunc: “Nunc, quia superius dixerat qualiter eum quidam stimulabant lacessere, ideo nunc eos sic dicit velle sugillare”.

Vediamo prima di tutto come è organizzata la sua risposta, accettando la suddivisione in capitoli proposta dagli editori (ma ricordiamo che sul manoscritto non vi è alcun tipo di paragrafazione):

Capitolo 13: i suoi avversari sono farisei al soldo dei potenti.

Invettiva preliminare:

- il motivo per cui questi farisei lo attaccano è l’adulazione dei potenti finalizzata al poter stare alla loro mensa.

- se qualcuno vi escludesse da quel banchetto pur di continuare la crapula non disdegnereste di andare a cercare altri patroni lontano.

-le vostre calunnie non meriterebbero risposta, ma mi vedo costretto a controbattere:

Capitolo 14: l’autore non attacca il potere regale, ma la sua usurpazione.

Confutazione della critica principale:

- non sono certo io che voglio eliminare l’istituto regale: dico anzi che non va usurpato.

- privare qualcuno del regno equivale alla rapina e allo stupro - è come depredare il lavoro di un altro.

- è come violentare la donna di un altro.

- Inoltre comporta proprio questo tipo di violenze.

Chi intraprende una simile azione, con tutto ciò che comporta, si destina alla dannazione, oltre a non essere certo dell’esito.

Capitolo 15: solo la legittima acquisizione garantisce la legittimità del potere.

Confutazione degli esempi specifici. -Antica alleanza:

- Davide: designazione divina.

- Ezechia: successione ed elezione concorde. - Giosia: successione ed elezione concorde -Nuova Alleanza

- Costantino: successione.

- Teodosio: designazione divina. - Teodosio II: successione.

La prima parte della confutazione attoniana delle posizioni di chi non capisce o finge di non capire il suo Perpendiculum consiste in una lunga invettiva preliminare. Lo scopo è mettere subito in luce le vere motivazioni che spingono i suoi detrattori a criticarlo:

O quos sat est effusa distrahere vestris emicadiis. Quorsum? Ut possitis fore vel simbolones magnatum. Dumtaxat nugae) quorum (in talione redduntur) delenifici pleumon non durat dum angitur panagerica vester tuccetis esprimere solum. Elluones edulio conclave vos si suspendat ab uno mox catillando procul