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L’usurpatore futuro

Il profilo del tyrannus che i potenti italici intendono contrapporre al re legittimo è brevemente delineato alla fine della narratio. Attone in questo passaggio pone a coronamento di tutto il suo sforzo logico-dimostrativo le possibili conseguenze della chiamata di un re esterno e in particolare dell’ipotesi, apparentemente favorevole ai congiurati, che il re esterno risponda al loro appello e attacchi realmente il regno:

Est raro sed inductus nudo est adgreditur pectore qui ducem expugnare dicatum nec donec desistit adeptus sit orcumve palmamve aut cum altero belli per cladem dividat partibusque contenti in unum coeant foedus sua qui se domare securus. Proficient qui provocaverant quid milites hunc? Si in discrimine tali supremum eflet poene hos expetet superstes. Evaserit et eos si compos ad id tunc coget et isdem nec thronum extare sibi iam intemerabile ponit huiusmodi quae fuerant recolens ni auctoritate priventur95.

“Accade raramente, ma accade, che qualcuno si spinga senza timore ad attaccare un re già coronato e non si fermi fino a quando non abbia trovato la morte o la vittoria, oppure finché dopo scontri sanguinosi non divida con l’avversario il potere ed entrambi contenti della propria parte convengano a un patto comune cosicché ciascuno domini tranquillamente sui suoi. Cosa avranno guadagnato i milites che lo avevano chiamato? Se nella lotta

95

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 11, p. 20.ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., p. 41: “Raro est sed est qui inductus adgreditur expugnare dicatum

ducem nudo pectore nec desistit donec adeptus sit orcum vel palmam aut per belli cladem dividat cum altero et contenti partibus coeant in unum foedus securus qui se domare sua. Quid proficient milites qui hunc provocaverant? Si in tali discrimine eflet supremum superstes expetet hos poenae. Et si compos evaserit tum et isdem coget eos ad id nec ponit iam extare sibi intemerabile thronum ********** priventur auctoritate”. Glossa a pectore: “Nudo pectore scilicet absque formidine unde et mars nudo pectore pingitur”; contenti: “Contenti sufficientes; contentus quidem dicimus suo, contemptor alterius”; supremum: “Supremum efflet ultimum exalet id est moriatur”; expetet: “Inrogabit”; poenae: “Ad poenam”; compos: “Compos voti effector id est victor”; evaserit: “Liberatus fuerit”; id: “Hoc est ad poenam”.

soccomberà, l’avversario sopravvissuto incolperà loro. E quando questi ormai libero risulterà vincitore li punirà e non riterrà il suo trono inviolabile se non a patto di privarli dell’autorità, ricordano come sono andate le cose96”.

Oltre al fatto che la possibilità delineata che un re aggredisca realmente il regno per sottrarlo a un altro re è di per sé rara, i suoi esiti sono tutt’altro che certi. Nel tentativo il re potrebbe soccombere; inutile dire quale sarebbe la sorte dei congiurati che lo hanno chiamato; la stessa che del resto li aspetterebbe nel caso i due contendenti dopo molte stragi decidessero di dividersi i regni e le aree di pertinenza, in modo che ognuno abbia la meglio sulle proprie aristocrazie.

Questa seconda ipotesi, che da un lato si auto-giustifica nella costruzione logica del vescovo, doveva dall’altro richiamare al lettore avvenimenti storici conosciuti: probabilmente ricordava la situazione creatasi nel regno italico ai tempi di Berengario I e Guido di Spoleto97, ma era ancor più

limpidamente riferibile al presente, la metà degli anni cinquanta, quando dopo la dieta di Augusta e il ritorno di Berengario II in Italia, di fatto Ottone “divide con l’avversario il potere ed entrambi contenti della propria parte convengono ad un patto comune cosicché ciascuno domini tranquillamente sui suoi”98. Quello che interessa ancora una volta al

vescovo è sottolineare che per giungere a questo sostanziale “nulla di fatto”

96

S. Wemple intende l’ultimo periodo come riferito non al re presente, ma all’invasore, con la seconda ipotetica, “se ne uscirà vincitore” in contrapposizione alla prima “se nella lotta

soccomberà”; la lettura risulterebbe dunque: “se (il re invasore) ne uscirà vincitore anche lui li costringerà alla stessa sottomissione e non riterrà il suo trono inviolabile se non a patto di privarli dell’autorità, ricordando come sono andate le cose”; si è qui propeso per la versione presentata in considerazione delle glosse a evaserit che spiega “liberatus fuerit”; e a id: “Hoc est ad poenam”, che indicano che il soggetto del periodo sia il re presente superstes; anche

accettando la prima traduzione la sostanza del discorso attoniano non cambia, fornendo anzi al lettore ragioni ancor più circostanziate per evitare la chiamata di Ottone. Non si riporta qui direttamente il testo dello studio della Wemple perché non consiste in una traduzione del

Perpendiculum, ma in un riassunto dal quale comunque si deduce la detta interpretazione del

passo. Cfr. S.F.WEMPLE, Atto of Vercelli, cit., p. 98. 97

Per citare esclusivamente la sintesi più recente: G.SERGI,The kingdom of Italy, cit., pp. 346-

348. 98

sono necessari scontri sanguinosi, la cui responsabilità ovviamente ricade sui congiurati.

La prima ipotesi invece, quella secondo cui l’invasore soccombe nel tentativo di conquistare il regno è stata collegata99 alla spedizione di

Liudolfo del 957, che portò in effetti alla morte in Italia del figlio di Ottone. Come già detto le circostanze della seconda spedizione di Liudolfo si attagliano perfettamente a questa ipotesi, ma Attone non avrà certo avuto bisogno di quell’evento per immaginare che un re muoia nel tentativo di conquistare il regno di un altro.

Il riferimento inconfondibile alla casa di Sassonia giunge invece con la terza ipotesi, quella secondo cui l’invasore vinca:

Provinciae sunt quibus praesidet unius princeps summo tenus et leserit siquos yperifania turgescunt rumina siquidem verendum et adeunt protinus diademate trino, incitant (auferre impar quibus potitur dux. Explicent sin) poterint (recursum ne habere ad propria et quamvis perfecerint tandem con)petentia ferent? Diversas nationum acies sibi praeminens verbaque diffusa conducet in obsequium nec vivere parce quae noscitant sed potiora compilare quaequae ut postribuloque matronas addere in sacris. Depopulatamque ut patriam persenserint non statio traducitur; diu nam in externis invalidum est continere falanges. Nec tanto convenit a legione remotum sua quidem degere duci exili cum ipsis quorum oppido de fide veretur. Ad proprium redit quod gaudit revidere solum. Deducere proponant quem induxerant qui eum si forte sollemne exilium eligant lugubre iugi confusione manente, ruinae sin potius ignominiosae linquuntur100.

99

S.F.WEMPLE, Atto of Vercelli, cit., p.19 e n. 86. 100

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 11, p. 20.ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., pp. 41-42: “Sunt quibus praesidet princeps unius provinciae quos et si

summo tenus leserit turgescunt siquidem rumina yperifania et protinus adeunt verendum trino diademate, et incitant auferre quibus potitur impar dux. Sin explicent poterintne habere recursum ad propria et quamvis perfecerint ferent tandem conpetentia? Praeminens conducet sibi in obsequium diversas acies nationum et diffusa verba quae nec noscitant vivere parce sed compilare quaequae potiora et in sacris addere matronas ut postribulo. Et ut persenserint depopulatam patriam non traducitur statio quia invalidum est diu continere falanges in externis. Nec convenit tanto duci remotum a sua legione degere quidem cum ipsis de quorum exili fide oppido veretur. Redit ad proprium solum quod gaudit revisere. Quem si forte proponant

“C’è chi, governato dal re di una sola provincia, se viene da questo offeso anche solo leggermente, si affretta con la gola rigonfia di superbo sdegno a rivolgersi a un re dalla triplice corona incitandolo a sottrarre il regno al primo. Di questi si giova l’impari re. Se non ce la faranno a convincerlo potranno tornare alle proprie case? e se anche ci riuscissero dovranno addossarsene un giorno la responsabilità. Il re preminente conduce con sé schiere diverse per natio e dalle lingue differenti e che non sanno vivere quietamente nella fedeltà ma solo depredare le cose di maggior valore e violare le matrone nei luoghi sacri come in un postribolo. Questi, non appena avranno notizia che la loro patria è attaccata, non protrarranno la loro permanenza perchè è impossibile trattenere a lungo gli eserciti in terra straniera. Né d’altronde conviene a un così grande re, lontano dal suo esercito, stare in compagnia di coloro di cui molto teme l’esile fedeltà. Torna quindi alla propria terra che desidera rivedere. Quelli che con devozione lo avevano chiamato, se decideranno di accompagnarlo, sceglieranno dolorosamente di sottoporsi a un funesto esilio, lasciandosi alle spalle un disordine permanente, se invece no, saranno abbandonati a una rovina del tutto ignominiosa”101.

deducere qui eum solemne induxerant eligant lugubre exilium ********** ruinae potius ignominiosae”. Glossa a provinciae: “Patriae”; yperifania: “Superbia”; timendum: “Timendum id est principe”; diademate: “Trino diademate, trium regnorum potentia; per diadema enim regalem intellegimus dignitatem”; impar: “Impar quia ille uni, iste tribus regni dominatur”;

recursum: “Recursum reditum; non videbitur quidem reverti propter restantem ducem nisi

fortiorem secum conducere valeant”; competentia: “Competentia digna scilicet mala pro malis”;

praeminens: “Praeminens excellentior, id est maioris potentiae rex”; acies: “Acies exercitus;

diversas autem acies nationum pro diversarum nationum acies posuit”; diffusa: “Diffusa verba, homines diffusa id est dissonantia verba habentes”; compilare: “Depraedare”; sacris: “In sacris, etiam in sacratis locis, hoc est in ecclesiis; pro nimia sedenim moltitudinem ostium, quia castra vel urbes raro defendendi adsummunt fidutiam, nobiles foeminae contemptis omnibus ad ecclesiam confugiunt, ut saltim pudicitiam inibi valeant reverentia custodire sed nefandissimus hostis non eas tantum extraere, sed inibi etiam commaculare praesumpmit”; veretur: “Veretur timetur, quippe nec suum inibi valet detinere exercitum nec istis se iudicat committendum, quos videt proprium iam principem facile despexisse”; gaudet: “Cupit”; deducere: “Deducere sedenim proprie est amicum abeuntem prosequi”; solemne: “Devote”.

101

S. Wemple intende il passaggio sulle motivazioni della partenza dell’invasore ritenendo che la patriam depopulata sia da interpretare non come il regno di Germania ma come quello d’Italia, cioè la patria dell’autore e non del soggetto della frase. La versione che ne deriverebbe

Se all’inizio del capitolo ha enunciato le tre possibilità (l’invasore soccombe, vince o stabilisce una tregua con l’avversario), commentandone la prima e l’ultima, ora Attone scende nel dettaglio della seconda, apparentemente favorevole ai congiurati. Il salto logico, inespresso ma sostanziale, è che se il re esterno vince è perché è un re praeminens, impar, dalla triplice corona; questo “salto” ci permette di percepire quanto, sotto il velo della trattazione omnicomprensiva, i “casi” espressi nel

Perpendiculum siano orientati dalla storia recente e dalle preoccupazioni

politiche dell’autore.

Da un punto di vista della struttura generale dell’opera riconoscere questo scarto ci aiuta a comprendere meglio come l’analisi delle possibili conseguenze derivanti dalla chiamata di un re esterno costituisca una sorta di inciso nello svolgimento cronologico-causale della prima parte del

Perpendiculum: prima di dedicarsi al racconto analitico delle possibili

alternative Attone ci aveva lasciato con i proceres che, per poter abbattere il re legittimo, provvidus e consapevole della loro perfidia, devono affrettarsi a chiamare heroes, glossato “viros fortes” e in particolare un

extimum atque robustum ducem102 un forte re straniero. Quindi Attone si ferma per prendere analiticamente in considerazione le varie possibili conseguenze della chiamata di un re straniero, per poi riprendere la sequenza di nessi causa-effetto e quindi la successione cronologica solo con l’ultima possibilità (la 2C nello schema che segue), cioè appunto quella del forte re straniero.

I tre possibili esiti dell’intervento di un re straniero, presentati con i loro sotto-casi, sono quindi generali, ma analizzando nello specifico il caso

sarebbe la seguente: “Non appena si renderanno conto che il regno è ormai stato del tutto depredato non vorranno trattenersi”. Anche in questo caso non cambia la sostanza, mentre le glosse non vengono in aiuto alla comprensione: per il lettore che sapesse che una delle

motivazioni del ritorno in Germania di Ottone fosse stata la minaccia ungara, la seconda lettura, cioè quella qui proposta, sarebbe risultata ovvia.S.F.WEMPLE, Atto of Vercelli, cit., p. 98.

102

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 9, p. 19.ATTONIS VERCELLENSIS

della vittoria Attone lo declina unendolo al presupposto che l’invasore sia necessariamente un re “forte” così da poter sconfiggere il “re presente”, per come l’ha caratterizzato nella sua dimostrazione. Solo a questo punto allora capiamo che anche le alternative relative al non-intervento del re esterno presentate in precedenza rispondevano alla stessa logica: proprio per timore della forza del re presente l’invasore chiamato dai congiurati potrebbe decidere di tradirli (possibilità 1A nello schema che segue), oppure ritirarsi dopo aver varcato il confine (possibilità 1B). Ne deriva dunque che per schiacciare il forte re presente i congiurati devono necessariamente chiamarne uno ancora più forte. Allora la caratterizzazione di re

praeminens, oltre a rappresentare una chiara allusione a Ottone I, ha la

funzione di sottolineare l’assurdità del piano politico dei proceres italici che, per liberarsi di un re cui non vogliono sottostare, ne chiamano uno tre volte più potente, cui sono pronti a submittere colla.

Da questo assunto, e cioè il re vince perché è un re “praeminens”, riparte la costruzione logica seguendo di nuovo una serie di nessi causa-effetto: se vince è perché è un re dalla trium regnorum potentia; allora le sue composite e copiose schiere una volta in Italia si abbandoneranno a depredazioni, violenze e stupri e i proceres che lo hanno chiamato dovranno prima o poi pagare le conseguenze della loro scelta: tandem

ferent competentia, dove competentia è glossato: digna, scilicet mala pro malibus.

Il riferimento alla violenza sulle matronae, termine glossato “Nobiles coniugatas et dictas matronas eo quod aut matres sint aut iam fieri possint” non svolge la semplice funzione di suscitare nel lettore l’orrore per la violenza sulle donne, ma ha una rilevanza politica precisa. Più avanti nel testo, nel corso della sua argomentatio, Attone chiarisce la sostanza del problema; il vescovo paragona la condizione di chi perda un regno a quella di chi:

Vadatusve nummelis et abstenius sint dum diruta cuncta saviis qui propriam cernit mulcere matronam et suae nepotem familiae vi sentiat corrumpere

ymeneum earum quin etiam et deludere procos spe clientelae seducta?103.

“Messo ai ferri e costretto a guardare mentre tutto viene distrutto, veda violare con baci la propria moglie e il nemico lussurioso che profana con la forza l’imeneo della sua famiglia, cosicché vengono beffati anche i pretendenti, e si perde la speranza di creare alleanze”. La violenza sulle donne dell’aristocrazia che un’invasione comporterebbe, costituirebbe un gravissimo danno alle possibilità politiche di chi le subisce, e i congiurati ne sarebbero responsabili.

Del resto però, poiché “è impossibile trattenere a lungo gli eserciti in terra straniera”, ben presto le truppe dell’invasore vorranno tornare a casa, non appena avranno notizia del fatto che la loro patria è in pericolo. E il re aggressore con loro: non è infatti possibile per un re, specie per un re così forte, restare in terra straniera senza le sue truppe, specialmente se non ripone piena fiducia in coloro che lo hanno chiamato, visto l’atteggiamento che questi hanno tenuto verso il loro re legittimo, come precisa la glossa: “quippe nec suum inibi valet detinere exercitum nec istis se iudicat committendum, quos videt proprium iam principem facile despexisse”. A questo punto ai suoi sostenitori non rimangono che due alternative: o seguirlo oltre le Alpi in quello che non è altro che un “funesto esilio”, oppure rimanere a subire la vendetta del re legittimo che uscirà dalla

103

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 14, p. 22.ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., pp. 47-48: “Vel qui vadatus nummelis et abstenius dum sint cuncta diruta

cernit mulcere propriam matronam saviis et sentiat nepotem vi corrumpere ymeneum suae familiae quin etiam et deludere procos earum, seducta spe clientelae?”. Glossa a vadatus: “Vadatus obstrictus, ligat quidem eum ne aliquid impedire possit”; nummelis: “Nummelis, nummelae sunt vincula quibus quadrupedes alligantur”; nepotem: “Luxuriosum”; deludere: “Deludere ludificare, scilicet sentiat”; procos “Procos; proci sunt appetitores nuptiarum, qui vere inluduntur, dum legitimae ab eis petitae puellae ab exteris corrumpuntur”.

fortezza dove si era trincerato, per distribuire ricompense ai fedeli e punizioni ai traditori.

Lo schema logico di questi passi all’interno del quadro generale dei capitoli decimo e undicesimo è quindi il seguente:

Quali sono le possibilità relative alla chiamata di un re esterno?

1- Il re esterno non attacca il regno italico perchè

A- preferisce tradire i congiurati rivelando al re la loro cospirazione. B- appena attraversato il confine terrorizzato dalle schiere nemiche

torna indietro.

2-Il re esterno attacca realmente il regno italico e: A- soccombe.

B- giunge a un patto con l’avversario cosicché ciascuno domini sui suoi.

(in entrambi questi casi i milites che lo hanno chiamato otterranno solo di essere oggetto della vendetta del re legittimo)

C- vince

perché è un re dalla potenza superiore, i congiurati saranno responsabili delle conseguenze:

-il suo copioso e composito esercito si abbandonerà a depredazioni e violenze.

-non appena la loro terra di origine sarà in pericolo le truppe dell’invasore vorranno tornare a difenderla e il re

dovrà ritirarsi con loro.

i congiurati quindi

a-devono seguirlo in esilio.

b-restano a subire la vendetta del re legittimo che non è morto, ma si è rifugiato in qualche fortezza.