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I re che persero la legittimità acquisita

Dopo aver chiarito la propria posizione rispondendo alla fittizia critica dei suoi detrattori Attone affronta un tema che non è direttamente implicato con le accuse mossegli. Se fino a questo punto la dimostrazione verteva sulla necessità di giungere correttamente al potere regale, ora l’attenzione del vescovo si concentra sul fatto che la legittima proclamazione da sola non basta a garantire un esito felice; la legittimità acquisita si può perdere:

Unde pasta mihi ponere nunc dogmata libet. ΛΟΓΩ ΚΥΡΗΟΥ Saul Israel de

parva est ut tueretur traduce levatus. Hinc Palestinos trudit sui caeteras et perduelles ceperat in tirocinio regni per gyrum nationes levibus exhinanire triumphis. Quem pleonexia ut vetitis inhiare coegit a pugna teretes mox eius cesserant torpendo lacerti. Terribola mens etiam hostis atiem cuius non spectare praesummens in poenas semet telo proprio impegit ethneas.

Eudoxus et regem Manassen redivivo tulerat de sanguine princeps. Succedens extingui censuit interim genitor in throno cui quae ipse flagrare et quae subsiciva prodit his supplicanda sancivit theusebian impugnans demonis et orgia fanaque reducens.

Collega Licinius donec quippe militum in agmine tendit scitalis eorum adusque obtinuit inlicere mentes favoribus ut eum urguerent calculo inepte potiri imperii se concinant impune sub et quo silere. Augustum inluserat quod sedulum(ut fulciret et ipse. Quem etiam applicuit in sodem suam deflans haud iugare germanam eius thalamis) toga qui tantisper tum rudi se obduxerat pellax. Orthodoxis secunda spirans et demonlatria ruens. Anxerat tum delficos et tegularia pressit prorsus abiurabat machanicae acceptatores et artis, archontes adlexerant prisci quos et asseclas sibi et speculatores cimilia idoneis ut attaminarent cum ipsis et artaverant is. Anna iam non auspicata caluisse. Auctorata fuerat per climata sed ut preessentia cuius desipuit antithesis quin recusare appendit tunc mulgata cruentis alme nuper. Iesum confiteretur iam si quis sectoribus primum destinabat et inde lanistis eum. Mox et Bromio machare

donavit simulque Cinthio complicibus eorum et Incubo tenus omnes. Praeterea rompheam principem erexerat contra tum Costantinum a quo stipulatus in regno est etiam conglorium eius et cognationis adtinxit. Ilico traducta sed ei ut sunt haec ipsa refragans a numine exemit eum tersa quin et iura firmavit12.

“A questo riguardo è giusto ora riportare luminose testimonianze. Secondo la parola del Signore, Saul venne innalzato dalle sue umili origini per difendere Israele. Perciò all’inizio del suo regno sconfisse i Filistei e prese poi ad abbattere con facili trionfi gli altri bellicosi popoli che stavano attorno. Quando l’avidità lo spinse a bramare ciò che è vietato presto le sue forti braccia intorpidirono, perdendo ogni capacità di combattere. La sua mente impaurita, non avendo più il coraggio di affrontare le schiere nemiche, lo spinse a condannarsi alle pene infernali con la sua stessa spada. Anche il re Manasse era stato generato dal sangue redivivo di un re glorioso. Succedendo al trono del quale egli ritenne per un periodo di spegnere ciò che il genitore aveva fatto ardere e di celebrare ciò che egli

12

ATTONIS VERCELLENSIS Perpendiculum A, cit., c. 16, pp. 23-24; ATTONIS VERCELLENSIS

Perpendiculum B, cit., pp. 49-51: “Unde libet mihi nunc ponere pasta dogmata.

ΛΟΓΩ ΚΥΡΗΟΥ Saul levatus est de parva traduce ut tueretur Israel. *****cinio sui regni trudit Palestinos et ceperat per gyrum exinanire caeteras perduelles nationes levibus triumphis. Quem ut pleonexia coegit inhiare vetitis mox eius teretes lacerti torpendo cesserant a pugna. Cuius etiam terribola mens non praesummens spectare atiem hostis proprio telo impegit semet in poenas ethneas.

Et Eudoxus princeps tulerat regem Manassen de sanguine redivivo. Cui succedens in throno censuit interim extingui quae genitor flagrare et quae ipse prodit subsiciva his sancivit supplicanda impugnans theusebian et reducens orgia demonis et fana.

Licinius quippe donec tendit collega in agmine militum scitalis adusque obtinuit inlicere mentes eorum ut urguerent eum favoribus inepte potiri calculo imperii sub quo et concinant se impune silere. Quod inluserat sedulum augustum ut et ipse fulciret. Quem etiam applicuit insodem haud deflans iugare suam germanam eius thalamis qui pellax obduxerat se tunc tantisper rudi toga. Spirans orthodoxis secunda et ruens demonlatria. Tum anxerat delficos et pressit tegularia et prorsus abiurabat acceptatores machanicae artis. Et is artaverant asseclas et spiculatores quos prisci archontes adlexerant sibi ut attaminarent cimilia cum ipsis idoneis. Anna non iam caluisse auspicata! Sed cuius preessentia ut fuerat auctorata per climata desipuit, quin appendit tunc recusare alme mulgata nuper cruentis antithesis. Iam si quis confiteretur Iesum primum destinabat eum sectoribus et inde lanistis. Et mox donavit omnes bachare Bromio et simul Cinthio et complicibus eorum, Incubo tenus. Praeterea erexerat tunc rompheam contra principem Costantinum a quo est stipulatus in regno et adtinxit etiam conglorium eius

cognationis. Sed ilico ut haec sunt ei traducta refragans ipsa exemit eum a numine quin et tersa iura firmavit”.

aveva deciso di abbandonare, osteggiando la vera fede e rinnovando il culto dei demoni, i templi e le orge.

Il collega Licinio militò nell’esercito finché, come il serpente scitale, riuscì a ingannare gli animi dei milites a tal punto da ottenere che lo spingessero con il loro favore a impossessarsi illecitamente del culmine dell’impero e accettassero di buon grado la sua supremazia. Ciò trasse in inganno anche l’imperatore convincendolo a sostenerlo in buona fede. Egli lo assunse come co-imperatore e non gli dispiacque unire sua sorella a quell’astuto ingannatore che assunse inizialmente un apparenza modesta e pacifica, favorendo l’ortodossia e scacciando l’idolatria. Egli a quel tempo perseguitava dunque i Delfici, bandiva i riti pagani e opprimeva i fautori delle arti malefiche. Inoltre lui stesso allontanò i parassiti e gli aguzzini di cui i precedenti imperatori si erano avvalsi per profanare i culti cristiani e perseguitare i loro fautori. Magari non avesse abbandonato ciò che aveva intrapreso! Ma non appena il suo primato venne riconosciuto in tutto il mondo egli impazzì; prese anzi a ricusare con malvagie confutazioni ciò che aveva prima promulgato piamente. Chi aveva fede in Cristo era destinato prima agli espropri e poi al carnefice. Presto permise a tutti di fare sacrifici a Bacco Bromio così come ad Apollo Cinzio, e a tutti i loro complici fino addirittura a Incubo. Inoltre aveva a questo punto sguainato la spada contro l’imperatore Costantino, dal quale era stato posto sul trono e dalla cui parentela aveva attinto la gloria. Ma non appena questi provvedimenti vennero riportati a Costantino egli li abrogò e rimosso Licinio dal potere ristabilì il giusto ordinamento”.

Ai sei casi analizzati precedentemente Attone ne aggiunge quindi tre: Saul, Manasse e Licinio. Questi tre re giunsero correttamente al potere, ma ciò non evitò loro di perdere in seguito la legittimità. Qual è il senso di questo approfondimento delle posizioni del vescovo?

La chiave sta nella comprensione della domanda sottaciuta cui risponde questa parte dell’argomentazione: Attone non la esplicita, ma la risposta la rende palese; i suoi detrattori potrebbero contrapporgli il fatto che un re che ha ottenuto legittimamente il potere nel suo regno, sorretto, tra l’altro, da guerre vittoriose contro i pagani, potrebbe apparire legittimato a pretendere una superiore qualità del proprio potere, e quindi a sottomettere altri regni altrettanto legittimamente. Insomma potrebbero cavillare: tu ti concentri sulla legittimità, va bene: allora a un re giunto al potere legittimamente e sostenuto dal favore divino è lecito allargare il proprio potere ad un altro regno. E se vogliamo essere ancora più espliciti, dato che, come visto al lettore sono del tutto chiari i termini reali del problema politico posto da Attone, egli gli potrebbe obiettare: se imposti il problema sulla legittimità non puoi andare molto lontano, Ottone I non è certo un re che sia giunto al potere in modo illegittimo o cui manchino prove del favore divino.

Il vescovo ha già chiarito che il solo fatto di attaccare il regno di qualcun altro per sottrargli il trono fa automaticamente perdere la legittimità di un re, smascherandone la folle brama di vanagloria. Ora riporta tre esempi di re che persero il favore divino, che sembrava loro assicurato.

Se il breve passaggio su Manasse rappresenta una caso generico di perdita di un potere ottenuto legittimamente (le motivazioni del suo rifiuto della

theusebia sono del resto assenti nello stesso Libro dei re), e forse proprio

per la sua debolezza argomentativa è posto in posizione mediana tra due esempi “forti”, gli altri due casi sembrano invece scelti accuratamente per suggerire l’immagine di “forte re”, di “re preminente” con cui Attone stesso ha delineato Ottone.

Saul è un re che giunge al trono col favore di Dio e ne sono segno le vittorie che riporta sui Filistei e su altri popoli che circondano Israele, (e qui si istituisce il parallelo con l’attività di Ottone contro le popolazioni slave e danesi; se potessimo affermare con certezza che il Perpendiculum é

stato scritto dopo il 955 e che Attone fosse quindi a conoscenza dell’esito della battaglia di Lechfeld si potrebbe addirittura profilare un equazione tra Filistei e Ungari); nonostante ciò l’eccessiva avidità spinge Saul a

desiderare ciò che non è lecito (pleonexia coegit inhiare vetitis) e per

questo impazzisce, perde ogni capacità militare e giunge al suicidio.

Licinio è invece presentato, secondo il riferimento al serpente scitale come intimamente malvagio fin dal principio ma capace di ingannare dapprima i

milites e poi lo stesso imperatore ma: non appena il suo primato venne riconosciuto in tutto il mondo egli impazzì (sed ut preessentia cuius fuerat auctorata per climata desipuit). Un re che sembra il candidato ideale al titolo di augusto, ma che non appena raggiunge il culmine imperiale si svela per quello che è.

La necessità che i re, oltre a raggiungere il potere in modo legittimo, lo esercitino nella maniera corretta è ovvia e conseguente nella dimostrazione attoniana, ma per il lettore che abbia capito i riferimenti politici dell’opera è anche molto eloquente se non del tutto trasparente.