• Non ci sono risultati.

Declinazione delle competenze trasversal

UNIVERSITARIO VENETO) 3.2.1 Finalità del progetto S.U.V.

2) destinatari finali vale a dire coloro che hanno beneficiato della procedura d

3.2.3 Declinazione delle competenze trasversal

Un punto di forte riflessione è stato quello di chiedersi su quali tipologie di competenze centrare il modello di sperimentazione. Dall’analisi delle buone pratiche e dagli incontri con i vari partner del progetto la scelta è ricaduta sulle competenze trasversali in quanto si è constatato come stanno assumendo sempre di più un ruolo peculiare quelle competenze

non riconducibili a settori/saperi specifici, ma presenti trasversalmente in tutte le attività:

modalità di procedere di un soggetto che si attiva per svolgere un compito e/o affrontare un problema e sa trasformare i suoi saperi in prestazioni efficaci. Possono essere trasferite/utilizzate in diverse situazioni, servono per ampliare/modificare le conoscenze, per adattarsi ai cambiamenti con responsabilità, autonomia, flessibilità. Data la situazione instabile e di continuo cambiamento-rinnovamento, non sono più sufficienti, oggi, le sole competenze tecniche che garantiscono al lavoratore una specifica professionalità in uno specifico settore; al contrario, il lavoratore necessita di competenze trasversali, quelle competenze che possono essere impiegate in diversi contesti professionali. Possiamo pensare alle competenze trasversali come un sistema articolato di conoscenze, abilità, motivazioni, atteggiamenti e valori che supporta l’individuo nell’attività professionale, permettendogli di porre in essere dei comportamenti adeguati alle richieste del lavoro e dell’ambiente organizzativo. Se la competenza tecnica è dunque innanzitutto un “saper-

fare” che ci permette di eseguire determinate operazioni in un determinato ambito

lavorativo in modo appropriato, la competenza trasversale è prima di tutto un “saper-

essere” che ci permette di rispondere e di reagire in modo adeguato in diversi contesti

professionali, al di là della tipologia di lavoro svolta. Le competenze trasversali sono dunque quelle competenze che si possono trasferire da un contesto ad un altro, un “saper- essere” che si traduce in un “saper-agire” mobilitando e utilizzando in modo efficace risorse interne ed esterne in diverse situazioni lavorative.

Il volume di Bernard Rey (2003), uscito in Francia nel 1996, costituisce una tappa importante del percorso che gli specialisti della materia hanno intrapreso nel “mare dei significati” che sono associati al termine “competenza” in particolare l’autore sostiene che

non sia possibile parlare di trasversalità come spontanea e naturale capacità di usare una abilità in contesti diversi da quelli in cui sono state apprese, se non in presenza di una specifica “intenzionalità”. Secondo Rey, molte di esse possono essere utilizzate in diversi ambiti, si possono trasferire da una professione all’altra, da un contesto di studio ad uno lavorativo, da una situazione all’altra e quindi, per tale motivo, possono considerarsi trasversali.

Il Cedefop chiama competenze trasversali (compètence trasversales nella letteratura francofona, key skills, come si chiamano adesso, o core skills, come si chiamavano prima, nella letteratura anglofana, schlüsselqualifikationen nella letteratura tedesca) quelle che possono essere trasferite e utilizzate in diverse situazioni; non sono disciplinari, ma sono complementari alle skills di base, e servono ad ampliare/modificare le proprie conoscenze, ad adattarsi ai cambiamenti della vita e anche del lavoro con responsabilità, autonomia, flessibilità (comunicazione, capacità di prendere decisioni e di lavorare in gruppo, di risolvere problemi, pensiero creativo etc…); non è detto che esistano capacità trasversali, ma se il soggetto prende coscienza delle cose che fa e riesce a istituire similitudini tra le situazioni riesce “intenzionalmente” a operare i trasferimenti necessari.

Da queste iniziali riflessioni si nota come la ricerca abbia seguito differenti piste, a partire dagli anni Novanta, riconducendo il costrutto delle competenze trasversali a diverse prospettive:

- competenze trasversali per la vita proposte dall’OMS120

(1993); - competenze trasversali per il lavoro elaborate dall’ISFOL121;

120Proposte dall’OMS, fatte proprie dall’UE e raccomandate ai paesi membri affinché le introducessero nei rispettivi sistemi scolastici, servono per affrontare positivamente la vita quotidiana e i suoi problemi, rapportandosi con fiducia a se stessi e alla società. Il “nucleo fondamentale” è costituito da 10 skill (capacità

di conoscere se stessi, gestire le emozioni, governare le tensioni, analizzare/valutare le situazioni, prendere decisioni, risolvere problemi, affrontare le situazioni, esprimersi efficacemente, comprendere gli altri, interagire positivamente con essi) che consentono modalità di comportamento efficace in qualsiasi

situazione. “La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l’instaurarsi di

comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress.

121 Oggetto di dibattito e di sperimentazione nella scuola negli anni Novanta (Istituti professionali e tecnici),

sono state considerate interessanti perché costituiscono la conditio sine qua non per l’accesso/successo nel mondo del lavoro. Sono capacità individuali essenziali per determinare un comportamento adeguato in grado di trasformare un sapere in una prestazione efficace, sono trasferibili/utilizzabili in tutte le esperienze che il soggetto fa, modulano la qualità delle prestazioni attraverso le strategie messe in atto, influiscono sulla qualità e sulle possibilità di sviluppo delle risorse personali, “sono implicate in numerosi tipi di compiti, dai

più elementari ai più complessi, e che si esplicano in situazioni tra loro diverse e quindi ampliamente generalizzabili“. Si possono scomporre in tre grandi tipi di operazioni (macrocompetenze) che il soggetto

compie, fondate su processi di diversa natura (cognitivi, emotivi, motori): “diagnosticare le caratteristiche dell’ambiente e del compito”, relazionarsi adeguatamente con l’ambiente, saper fronteggiare in modo efficace e creativo la situazione, il compito, il problema. La prima è la base delle altre due, la terza

- competenze trasversali per la cittadinanza122

.

La nozione di “competenze trasversali” si è quindi imposta non solo a livello teorico bensì nei documenti e nelle varie policies di riordino dei sistemi educativi e formativi della comunità Europea. Tuttavia non sono mancate critiche a tale costrutto. Le opinioni di Ajello (2002; 1998) e di Varisco (2004) sostengono infatti che le cosiddette competenze trasversali «non esistono come disposizioni assolute perché sono frutto di relazioni e dipendono dalle situazioni in cui siamo immersi, e […] sono collegate alle conoscenze che si possiedono in un settore. Per cui si possono porre e risolvere problemi in un ambito di cui siamo competenti, ma non in generale». Ciò significa che con il termine trasversale non si può intendere «adatto a tutti in ogni contesto», ma si dovrà intendere «utile a tutti se contestualizzato e trasferibile». L’errore in cui spesso si cade è quello di pensare alle competenze trasversali come conoscenze o strategie inerenti principalmente alle solite due o tre aree, che possono servire a chiunque all’interno del mondo del lavoro. Da ciò la costruzione di programmi che passano conoscenze di comunicazione, relazione, ecc., e che «addestrano» all’uso delle più note strategie per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo (ad esempio come incrociare le gambe o come muovere le mani per fare una buona impressione su chi ci sta davanti). La trasversalità di una competenza non riguarda la possibilità di essere utilizzata da più soggetti in contesti simili, ma da uno stesso soggetto in più contesti differenti. Aggiungendo il concetto dell’Ajello (2002), che sottolinea come la trasversalità non sia una caratteristica propria di certi argomenti (come la comunicazione), quanto piuttosto una «modalità di azione intenzionale del soggetto che rende possibile la loro funzionalità d’uso in contesti diversi da quelli in cui sono state acquisite» le competenze (ad esempio nel lavoro, con gli amici, in famiglia, nella relazione di coppia, ecc.). Trasversale quindi è l’uso che è possibile fare di certe competenze, le quali forse più di altre, si prestano a essere trasferite da un contesto all’altro. Se oltre all’insieme strutturato di conoscenze, abilità e atteggiamenti necessari allo svolgimento di un compito lavorativo (Pellerey, 2001), il soggetto sarà in grado di trasferirlo in contesti differenti della propria esperienza personale e professionale, allora avrà concretizzato la trasversalità solo potenzialmente presente in alcune aree, e che necessita di azioni intenzionalmente dirette alla sua attuazione. In sintesi, questo filone di pensiero non si

122Negli ultimi anni l’UE ha prodotto numerosi documenti sulle abilità/competenze indispensabili a tutti per

essere “cittadini (…) attivi cioè in grado di esigere i propri diritti, ma anche responsabili cioè capaci di dare

risposte consapevoli ai problemi e alle questioni che pone la vita dei singoli, della società europea e di quella mondiale…“ e anche “solidali“ e capaci di “azioni civiche“.

chiede «che cosa sono le competenze trasversali» bensì «cosa rende trasversali alcune competenze». La risposta che ne danno consiste proprio nella possibilità che alcune competenze hanno di poter essere acquisite in un certo contesto e utilizzate in altri differenti, consentendo al soggetto di svolgere efficacemente una certa attività, risolvere un problema e giungere ai risultati attesi. In questo modo qualcosa di appreso in ambito formativo, con compagni che condividono più o meno le stesse esperienze di vita, potrebbe tornare utile anche nella sfera più strettamente personale e favorire la relazione e il rapporto anche con soggetti che vivono, per età o situazione sociale, esperienze diverse dalle nostre, nonché sostenere la realizzazione «a 360°» del soggetto.

3.2.3.1 Individuazione delle competenze trasversali

Altra scelta metodologica necessaria per sviluppare il quadro di riferimento complessivo del Progetto S.U.V. è stata l’individuazione delle competenze trasversali da certificare. Per giungere ad una scelta condivisa sono state analizzate due esperienze ritenute significative: il modello di certificazione “Bus Transfer” e il progetto “Tuning”.

Il progetto BU.S.S.O.L.A. ha predisposto un modello di certificazione delle competenze

non formali ed informali per i giovani in uscita dalla scuola secondaria caratterizzato da

una definizione a priori delle competenze da certificare. Il modello (chiamato “Bus

Transfer”) proposto in questo progetto ha indagato le competenze trasversali e la loro

individuazione è stata frutto dell’analisi e della scomposizione dell’attività del soggetto posto di fronte ad un compito assegnato.

Il progetto “Tuning” (Tuning Educational Structures in Europe), creato dalle Università, ha offerto un approccio concreto per realizzare il Processo di Bologna (Bologna Process) a livello di istituzioni per l’istruzione superiore e di aree disciplinari. La metodologia Tuning è stata sperimentata e stimata utile in diversi continenti, può quindi essere considerata valida in un contesto mondiale. Durante il progetto Tuning (I fase) è stato organizzato un processo di consultazione su larga scala tra neolaureati, datori di lavoro / imprese e personale accademico per l’identificazione delle più importanti competenze generali/trasferibili in ciascuno dei settori disciplinari coinvolti. Ne è emerso:

Tabella 11: Classificazione Tuning delle competenze trasferibili

Fonte: Progetto Tuning (tab. 6)

Dopo opportuni aggiustamenti, effettuati allo scopo di raffrontare la classificazione degli accademici con quella dei campioni Laureati e Datori di lavoro il risultato che emerge è che gli accademici collocano la competenza “Conoscenze generali di base” alla prima posizione della classifica (sebbene andrebbe ricordato che non si registra alcuna differenza significativa se paragonata alla competenza posizionata al secondo posto “Capacità di analisi e sintesi”), mentre entrambe i campioni Laureati e Datori di lavoro / Imprese tendono a classificare la stessa voce alla dodicesima posizione vedi (Tabella 6 del progetto Tuning)

L’analisi di questi due progetti (Tuning e Bus Transfer) è risultata significativa per determinare le singole competenze da indagare progetto S.U.V., infatti inizialmente sono state collegate tra loro le competenze che risultavano comuni ai due progetti giungendo così alla declinazione definitiva (vedi Allegato 3.1) e successivamente sono state raggruppate nelle tre macro-competenze (clusters) del modello Isfol: competenze

diagnostiche, competenze relazionali e competenze gestionali. Il risultato così ottenuto è stato:

Competenze Diagnostiche: Problem-Solving; Innovatività, Raccogliere ed elaborare

informazioni, flessibilità, capacità tecniche-professionali;

Competenze Relazionali: Leadership, Comunicare, Lavoro di gruppo, Relazione;

Competenze Gestionali: Decisione, Controllo, Pianificazione, Spirito di Iniziativa,

Orientamento ai risultati.

Una volta individuate le competenze su cui centrare il modello sperimentale, il gruppo di ricerca ha proceduto, sulla base dell’analisi delle buone pratiche, a descrivere le singole competenze seguendo le indicazioni vincolanti, fornite dalla Regione Veneto (vedi allegato 3.2), per quanto concerne la sintassi da utilizzare per definire sia la competenza che gli elementi costitutivi della stessa: conoscenze e abilità.

Altro aspetto importante è stata la suddivisione per ogni competenza in 4 livelli di padronanza utili ai fini della valutazione collegandoli ai livelli 5, 6, 7 e 8 del framework EQF. Il motivo di raccordare i livelli agli EQF si fonda sul fatto che in Italia non esiste un quadro giuridico di riferimento relativo agli apprendimenti non formali, né – più estesamente alla rappresentazione del lavoro per competenze: non vi sono dunque standard nazionali né di natura professionale (contenuti minimi del lavoro), né di natura certificatoria (modalità minime di valutazione misurativa), eccezion fatta per un ristretto novero di professioni regolamentate. L’EQF è un quadro di riferimento comune che funge da dispositivo di traduzione tra i diversi sistemi delle qualifiche e i rispettivi livelli, sia per l’istruzione generale e superiore sia per l’istruzione e la formazione professionale. Ciò consente di migliorare la trasparenza, la comparabilità e la trasferibilità delle qualifiche dei cittadini rilasciate secondo la prassi esistente nei vari Stati membri. Ciascun livello di qualifica dovrebbe , in linea di principio, essere raggiungibile tramite vari percorsi di istruzione e carriera lavorativa.

Infine il gruppo di ricerca ha scelto di utilizzare il modello grafico (Radar Chart) utilizzato nel Progetto Bus Transfer adattandolo alle competenze trasversali indagate nel progetto S.U.V. Il risultato ottenuto è stato il seguente:

Figura 24: Radar Chart delle competenze trasversali del progetto S.U.V.

Da ultimo va ricordato che il modello ipotizzato dal gruppo di ricerca è stato discusso in vari tavoli tecnici e focus group coinvolgendo: per l’Alto Apprendistato i responsabili dei Master; per il Mondo del lavoro i responsabili delle Risorse Umane delle imprese partner di rete del progetto, per i Laureati inoccupati o disoccupati gli uffici Placement delle tre Università coinvolte nel progetto. In tutti questi incontri si è cercato di apportare i dovuti aggiustamenti al modello affinché potesse rispondere sia ai fabbisogni del territorio che alle richieste del mercato del lavoro. Significativa è stata l’esperienza dell’Università di Padova con il suo Osservatorio sul mercato locale del lavoro in quanto si è tenuto conto dei risultati del progetto PHAROS (Pursuing Home-market Accessibility and Raise of Occupational Standing). Essendo un progetto di raccolta e divulgazione di dati e informazioni sui bisogni di professionalità ricavati da interviste di titolari e dirigenti di

imprese e di istituzioni venete, è stato utile per analizzare le interviste riguardanti il bisogno attuale e di medio periodo di professionalità media e alta, per la quale si formano i giovani all'università.

3.3 DEFINIZIONE DEL PROCESSO DI RICONOSCIMENTO E