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L’azione umana dal punto di vista psicologico

2.3 “DENTRO” LA COMPETENZA

85 Dal greco antico ενέργεια (enérgeia) “azione, lavoro in atto, capacità di agire” (Vocabolario greco/italiano LORENZO ROCCI NUOVA EDIZIONE 2011)

2.4.1.1 L’azione umana dal punto di vista psicologico

Nell’ambito dell’apprendimento uno degli aspetti psicologici più investigati è costituito dai costrutti motivazionali.

89 Ibidem. Maritan, per meglio rappresentare la dimensione dell’attività transitiva, riprende l’esempio

dell’operaio, il quale realizza la propria funzione, ed in ciò consegue la propria finalità dipendente dall’atto, soltanto in un’opera a lui esterna, dato che può misurare il suo grado di ‘perfezione operativa’ esclusivamente alla luce di un paradigma oggettivo.

90

Ibidem.

91

Ibidem.

92 Maritan in L’educazione al bivio si esprime nei seguenti termini: «[…] è per mezzo delle attività che i

filosofi chiamano “immanenti” – perché hanno in loro termine nel soggetto stesso che le esercita per perfezionarlo e perché sono dentro di lui delle supreme attività di interiore perfezionamento e traboccante pienezza – che viene conquistata la piena libertà di indipendenza. Così il primo fine dell’educazione è la conquista della interiore e spirituale libertà» (MARITAN J., 2001).

Tutte le definizioni concordano però nell’affermare che sotto il termine “motivazione” sono inclusi una quantità di aspetti interni personali, che determinano la nostra attività e l’orientano verso determinati scopi. In tale costrutto sono compresi l’insieme delle forze, dei fattori, dei fenomeni interni ed esterni ad un individuo, che concorrono ad indirizzare le sue azioni, il suo comportamento nel corso del tempo.

Lo studio dei processi motivazionali può essere distinto classicamente nei due grandi ambiti delle aspettative e dei valori (Atkinson, 1964; Atkinson e Feather, 1966; Wigfield e

Eccles 1992; Eccles e Wigfield, 2002).

Nelle teorie motivazionali sull’aspettativa e i valori vengono considerati due componenti essenziali: il valore che viene attribuito ad un compito e l’aspettativa che si hanno sulle proprie possibilità di svolgerlo. Il valore attribuito ad un compito riguarda i motivi, le ragioni per svolgere un’attività; tale aspetto viene analizzato all’interno delle teorie sulla motivazione intrinseca e strumentale. La componente dell’aspettativa riguarda invece le convinzioni sulla competenza e l’attribuzione causale dei successi/insuccessi e viene studiata all’interno delle teorie sull’attribuzione, con particolare riferimento al lavoro di Weiner (1985, 1986, 1995).

2.4.1.2 Ruolo e componenti della volizione

Studi più recenti hanno cominciato ad attribuire un ruolo fondamentale ai processi volitivi nel percorso fra intenzione e raggiungimento dell’obiettivo (Heckausen, 1991; Garcia et al., 1998; Kuhl e Fuhrman; 1998, Kuhl, 2000; Orbell, 2003).

Heckhausen (1991) ritiene che possono essere distinti due fasi fondamentali dell’azione umana, differenziate e scandite dal momento decisionale: una pre-decisionale di tipo motivazionale e una post decisionale di tipo volitivo: nella fase motivazionale si forma l’intenzione e si prepara il momento decisionale, nella fase volitiva si realizza l’intenzione attraverso le azioni. I processi motivazionali sono inerenti alla scelta e alla preparazione dell’azione, mentre i processi volitivi implicano l’intenzionalità e comprendono processi di selezione delle attività e delle strategie pertinenti con l’obiettivo. I processi motivazionali sono connessi con la possibilità di considerare opportuna una determinata azione e i processi volitivi implicano l’impegno in quella determinata azione e l’attuazione di un comportamento intenzionale (Pellerey, 2003). I comportamenti organizzati implicano dunque sia processi motivazionali, che processi volitivi d’impegno in un’azione.

Il punto di passaggio dall’ambito motivazionale all’ambito volitivo è rappresentato dal momento decisionale: le componenti motivazionali dirigono le scelte verso determinati

oggetti e determinano un’opzione; l’intenzionalità funge da guida per poter stabilire piani e strategie e quindi organizzare il comportamento, infine conseguentemente alla decisione presa, attraverso i processi di volizione, è possibile controllare in modo efficace l’azione d’apprendimento, in modo da portare a termine gli impegni, proteggendo la motivazione.

Figura 9: Le quattro fasi fondamentali del modello del passaggio del Rubicone (Heckhausen, 1990-1992).

L’azione umana prende l’avvio da un processo interno di natura motivazionale, attivato da un’interazione tra il Sé (inteso come il sistema di attese, desideri, convinzioni, significati, motivi, conoscenze e abilità che caratterizza il soggetto) e l’ambiente (la situazione, il contesto, gli oggetti, le persone), quale esso è percepito dall’individuo. Questa dinamica di natura motivazionale era già stata chiaramente individuata e descritta da Aristotele, quando aveva sottolineato i caratteri energizzanti della percezione di possedere le risorse interne necessarie per conseguire l’obiettivo prospettico individuato.

Di qui emerge la sollecitazione a intervenire per trasformare la situazione percepita per giungere a una nuova situazione prefigurata come obiettivo da raggiungere. La decisione di agire (o elaborazione dell’intenzione d’azione) chiude il processo predecisionale, ma apre quello della volizione, cioè della progettazione concreta dell’azione decisa, della sua attuazione coerente e persistente e della valutazione attenta dei suoi risultati.

J. Kuhl (2000, p. 122) ha evocato la posizione aristotelica in questi termini: “Le rappresentazioni cognitive degli obiettivi e le attività prefigurate a questi strumentali non

sono sostenute da proprietà dinamiche, cioè non danno energia o facilitano l’azione, finché non sia stata stabilita la loro compatibilità con la struttura significativa personale (il sé) e/o finché esse non siano state tradotte in routine comportamentali disponibili all’organismo” Questa descrizione appare più ricca di quanto da alcuni decenni è stato proposto da molte teorie motivazionali dell’apprendimento, in quanto un vero e influente stato motivazionale implica da una parte il dare senso o valore all’obiettivo che costituisce la base della decisione e, dall’altra, riconoscere che si hanno a disposizione risorse pratiche adeguate (capacità operative, strumenti, schemi d’azione) per poterlo raggiungere.

Altro aspetto sottolineato con più vigore dalla scuola tedesca è quello del processo di volizione, processo che non consiste solo nel cosiddetto passaggio del Rubicone, cioè nella decisione di agire in un certo modo e in un certo momento, ma anche nell'intensità dello sforzo e nella persistenza nel tempo, secondo le quali si persegue l'obiettivo prescelto e la resistenza che si riesce ad attivare di fronte alla fatica, alle contrarietà, agli imprevisti, ecc. che sorgono nel corso dell'azione. Kuhl (1984; 1987), in particolare, ha sottolineato il ruolo dei processi di controllo o di regolazione della volizione in quanto motivazioni ed intenzioni non costituiscono una spiegazione sufficiente dell’esito di un’azione. Si tratta delle strategie messe in atto per rilevare cosa sta avvenendo, per individuare difficoltà attuali o possibili, per cambiare l'impostazione dell'azione, quando necessario, per superare momenti emotivamente negativi, per generare sentimenti positivi, per attribuire i risultati ottenuti a cause controllabili e modificabili, ecc

In tale dinamica entra in gioco una componente di natura interpretativa che dia senso a una situazione o a un problema, cogliendone gli aspetti che sollecitano un proprio intervento, una volta decisa un’azione, occorre saper mettere in atto strategie adeguate per portarla a termine in maniera efficace ed efficiente. Si tratta di componenti della competenza di natura progettuale pratica, che implicano l’avere a disposizione schemi d’azione da orchestrare in vista del raggiungimento dell’obiettivo (PELLEREY M., 2006).

Secondo Kuhl (Kuhl e Fuhrmann, 1998; Kuhl 2000) la volizione si riferirebbe ad una sorta di coordinamento centrale dell’elaborazione dei vari sotto-sistemi psicologici. Kuhl individua due compiti collegati alla volizione:

 il mantenimento dell’obiettivo attraverso meccanismi di autocontrollo;  il mantenimento del sé attraverso meccanismi di autoregolazione.

Il processo deputato al mantenimento dell’obiettivo viene definito autocontrollo o controllo sull’azione. L’autocontrollo comprende alcune competenze di gestione del sé,

quali il controllo dell’attenzione, inteso come selezione delle informazioni utili e pertinenti escludendo quelle distraenti, il controllo delle emozioni e il controllo della motivazione.

L’autocontrollo coordina il mantenimento delle intenzioni consapevoli e si riferisce ai processi di pianificazione dell’azione, che inibiscono e sopprimono altri sottosistemi cognitivi ed emotivi, in modo da proteggere l’intenzione da alternative antagoniste.

I processi volitivi che sono inclusi nell’autocontrollo sono assimilabili alle nozioni comuni di “potere della volontà”. Kuhl definisce questi aspetti come una sorta di dittatura interna, in cui viene in qualche modo imposto al sé di mantenere l’intenzione iniziale.

All’opposto, il processo deputato al mantenimento della coerenza tra le azioni e il sé è definito come auto-regolazione, e l’autore definisce l’attività di autoregolazione come una sorta di democrazia, in cui vengono ascoltate e considerate tutte le istanze dell’io, quali bisogni, preferenze, emozioni, valori e credenze.

Figura 11: La successione delle fasi psicologiche dell'azione, ovvero il "modello Rubicone allargato" dell'agire Fonte: Tratto dal sito:

http://hl.altervista.org/split.php?http://azpsicologia.altervista.org/Appunti/Emozione%20e%20motivazione/Schede%20di%20Emozione%20e