• Non ci sono risultati.

FASE 2: Descrizione delle competenze (RICONOSCIMENTO)

UNIVERSITARIO VENETO) 3.2.1 Finalità del progetto S.U.V.

2) destinatari finali vale a dire coloro che hanno beneficiato della procedura d

3.3 DEFINIZIONE DEL PROCESSO DI RICONOSCIMENTO E CERTIFICAZIONE

3.3.2 FASE 2: Descrizione delle competenze (RICONOSCIMENTO)

Il lavoro di riflessione e di sintesi che guida questo paragrafo si fonda sui risultati ottenuti nel Progetto S.U.V.. Prima di analizzare le implicazioni operative e i documenti utilizzati, è necessario precisare che a questa procedura si è voluto dare il nome di “Riconoscimento”, termine che potrebbe indurre confusione e soprattutto, per le peculiarità stesse, essere attribuibile più all’Identification che al Riconoscimento Sociale nella sua accezione Cedefop. Il Riconoscimento delle Competenze è stato definito nel Progetto Suv come quel processo ‘personale’ mediante il quale un individuo (anche eventualmente con il supporto di un operatore qualificato) a seguito della ricostruzione della propria esperienza formativa e professionale riesce a ‘riconoscere’ le competenze che essa gli ha consentito di acquisire. Da questo processo di “disoccultamento” la persona quando identifica e formalizza i risultati di apprendimento acquisiti nei contesti di apprendimento non formale e informale lo fa ricostruendo e analizzando le esperienze di apprendimento. Ricostruire l’esperienza significa, in primo luogo, descrivere azioni e pensieri sulle azioni in un contesto. La competenza si origina sempre con un’azione, anche quando si manifesta con un pensiero come ad esempio può essere la scelta di non fare ossia una decisione di astenersi, con la quale non si allude a una forma di inerzia operativa, ma alla consapevolezza che il non agire può evitare effetti negativi (BRESCIANI P.G, 2002). Alla base di ogni descrizione vi è un primo momento di riconoscimento che consiste nel comprendere che una competenza in uso è meritevole di attenzione, partendo dal fatto che in qualche modo è assimilabile a qualcosa di conosciuto. Si tratta di un riconoscimento che non è paragonabile in nessun modo a una decodifica di informazioni provenienti dall’esterno, quanto un processo di selezione (EDELMAN G.M., 1993, p. 118). Descrivere è un atto creativo che equivale a costruire un mondo. L’osservatore compie nella sua descrizione un atto generativo almeno in parte ogni volta inedito. Descrivere una competenza non significa nominare qualcosa di già esistente quanto piuttosto istituire qualcosa di nuovo. Dire, da un punto di vista, che «qualcuno fa qualcosa, in quel modo, in quel contesto» equivale a delimitare e costruire un mondo, è un atto nello stesso tempo di scoperta e di invenzione (GARGANI A.G., 1999). La descrizione delle competenze rappresenta un dominio che è nello stesso tempo limitato e infinito: «limitato perché ogni cosa che diciamo è una descrizione, infinito perché ogni descrizione costituisce in noi la

base per nuove interazioni orientamenti e quindi per nuove descrizioni» (MATURANA H., VARELA F., 1980).

3.3.2.1 Descrizione delle evidenze

In questa procedura, una volta deciso di partecipare al progetto e quindi alla procedura di certificazione, il candidato formalizzava la sua richiesta attraverso la presentazione della domanda di adesione su format fornito dal Servizio.

A questo punto il Servizio provvedeva a consegnare la documentazione contenuta nel

Dossier personale. Tale Dossier aveva come obiettivo far esplicitare i risultati di

apprendimento acquisiti nei contesti di apprendimento non formale e informale tramite ricostruzione ed analisi delle esperienze di apprendimento e raccolta delle relative evidenze e testimonianze. Per la compilazione della documentazione il candidato ha usufruito del supporto di un esperto specializzato messo a disposizione dal Servizio

Il Dossier personale era composto dai seguenti documenti: Curriculum Vitae in formato Europass123

Portfolio Evidenze124

Testimonianze e altre prove;

Radar Chart compilato dall’individuo

Al termine della compilazione125 del Dossier personale, il candidato ha dovuto consegnare tutti i documenti all’ufficio del Servizio.

A questo punto, l’ufficio procedeva al controllo della documentazione e se necessario chiedeva ulteriore integrazione all’utente. Al termine della verifica documentale, l’ufficio inoltrava sia il “Dossier Personale” che il “Radar Chart” compilato dall’individuo alla fase successiva (Verifica formale delle evidenze). Il Radar Chart ha assunto in questa fase valenza “autovalutativa”, infatti si chiedeva al candidato di attribuirsi un livello di competenza, esplicitando così la dimensione soggettiva di cui si è parlato nella premessa metodologica. Sia per il dettaglio della procedura che per i documenti utilizzati si rimanda all’allegato 4.

123 E’ stato utilizzato il modello CV Europass scaricato dal sito

http://europass.cedefop.europa.eu/europass/home/vernav/Europass+Documents/Europass+CV.csp?loc=it_ IT

124 Negli allegati viene riportato un esempio di portfolio delle evidenze relativo ai lavoratori

125 La compilazione ha richiesto molto tempo per gli individui per cui è stata fatta dagli stessi a casa e con

3.3.2.2 Approccio narrativo per indagare gli apprendimenti non/informali

Il dispositivo narrativo risulta particolarmente efficace nella chiarificazione e comprensione di accadimenti, eventi, esperienze, situazioni umane connotate da forte intenzionalità e nella messa a fuoco di unità di analisi particolarmente complesse, in cui giocano un ruolo centrale i soggetti umani, le loro storie, le opzioni culturali, etiche, valoriali di cui sono portatori, le loro intenzioni, motivazioni, scelte e le relazioni intersoggettive che intessono sia su un piano cognitivo/culturale che su un piano affettivo relazionale. Per questo motivo esso risulta estremamente funzionale alla comprensione delle diverse forme dell’agire umano nonché alla comprensione delle diverse e differenti forme di conoscenza che ne scaturiscono (STRIANO M., 2005). Si tratta principalmente di un modo di esplorare aspetti di pensiero e di esperienza sfumata e fluida, non adeguatamente concettualizzabili (SORZIO P., 2002, p. 20).

La connessione tra narrazione e processo di apprendimento si stabilisce nell’atto di compiere processi di costruzione di senso e attribuzione di significato, che avvicina la comprensione stessa del soggetto all’interpretazione dell’esperienze. La narrazione delle proprie esperienze consente di lavorare sulla propria biografia formativa e cognitiva, consente di diventare consapevoli di quei contesti e di quelle relazioni che più hanno inciso sul proprio processo di formazione e, quindi a partire dall’esperienza individuare quali possono essere i nodi critici da monitorare in un processo formativo126.

Nell’atto del raccontare è necessario un processo di presa di distanza, un allenamento a riflettere su se stessi nel passato che si traduce in una riscoperta nel presente di aspetti spesso trascurati o inconsapevoli del proprio modo di essere e di rapportarsi alla vita quotidiana. Un tale atto riflessivo e trasformativo implica la continua modifica retrospettiva di significati ed eventi che si traduce in una personale ricostruzione di nuove trame, nella ricerca di nuovi significati e conseguentemente nella produzione di un nuovo sistema di conoscenze.

Ogni racconto, ogni storia quindi, non sarà mai una copia reale di quanto accaduto, quanto piuttosto una ricostruzione e ridefinizione. La storia assume i materiali della vita e dell’esperienza, ma li rielabora, assegnando loro una strutturazione ed un senso ulteriore, l’azione narrativa consiste quindi nell’introdurre sintesi e ordine tra elementi disgiunti o diversamente correlati, è sempre creativa, inedita, produttrice di realtà che prima non

esistevano. Storie e racconti costituiscono le trame connettive dell’esperienza umana che mettono in dialogo piani, momenti e attori diversi dell’esistenza (GOLA G., 2009).

E’ in particolare sulla posizione epistemica dei soggetti agenti e sulla ricostruzione delle proprie teorie conoscitive (implicite, ma anche esplicite) che si concentra in particolare la ricerca sugli apprendimenti informali. I casi, le biografie, le storie di vita, fondano un individualizzazione molto forte per il recupero delle visioni dei soggetti agenti e possono, attraverso la riflessione e ricostruzione incidere nei processi di apprendimento sulle strutture di conoscenza implicate nell’azione.

È soprattutto la narrazione a veicolare la ridefinizione dei saperi, che diventano patrimonio delle identità personali: «… perché accanto all’esperienza necessaria, consistente nell’esplorare, sperimentare, vedere, si deve imparare a rendere tale esperienza rappresentabile, condivisibile e commentabile nella sua dimensione simbolica. La conoscenza di una determinata cosa è soddisfacente solo quando l’esperienza e la scoperta divengono anche ri-nominazione, rievocazione, racconto e commento. Solo il racconto, infatti, è in grado di evocare la dimensione dinamica e processuale, contestuale e storica, di ciò che rappresenta, a differenza di altre forme di organizzazione simbolica dei protocolli della conoscenza che, a partire dal sistema tassonomico, tendono a ipostatizzare e assolutizzare le conoscenze a cui viene data la loro forma. Il sapere vive, si manifesta e si legittima, nel momento della sua rappresentazione» (DALLARI M., 2006), nella narrazione i soggetti rivelano agli altri e a se stessi il loro sapere, e riconoscono anche se stessi grazie a questi saperi narrati.

Il sapere, il linguaggio che lo rappresenta e il soggetto si sviluppano in un continuum, si potrebbe anche intendere l’apprendimento e la conoscenza del soggetto.

A. Smorti (1994, p.114) avvalora questa dimensione narrativa del pensiero: «quando procede in modo narrativo, l’individuo articola sequenze temporali di concatenazione e di congiunzione sensibili al contesto. Si muove in senso orizzontale, collegando gli elementi in rapporto ad un’azione, all’intenzionalità, agli scopi, agli strumenti e alle motivazioni secondo una rete che enfatizza la coerenza di una storia. Egli è interessato a ricostruire i rapporti tra parte e tutto …».

I dispositivi narrativi nella e per la ricerca educativa assumono, perciò, particolare rilevanza, sia quando si intenda realizzare processi di ricostruzione di azioni in situazione, sia quando si intenda esplicitare la posizione epistemica di un soggetto agente in situazione da cui scaturisce la visione che questi ha del suo agire, sulla base del proprio background

culturale, della propria storia, sia infine, quando si voglia esercitare un processo di ricostruzione di credenze, preconcetti, teorie implicite socio-culturalmente determinati come quelli in cui si inscrive l’agire educativo in tutta la sua complessità conoscitiva. Scrivere o raccontare del proprio apprendimento è una modalità di dimostrare (anche a se stessi) ciò che si è imparato, esso esige tempo e spazio di riflessione e incoraggia l’esplicitazione di sentimenti, conoscenze inconsuete, valori ed emozioni, la riflessione favorisce un apprendimento profondo delle conoscenze.

3.3.2.3 La Critical Incident Interview come strumento di ricerca narrativa

Quando si deve rendere conto di un’esperienza il raccontare, a noi stessi e agli altri è il modo linguistico più adeguato e la scelta dell’intervista narrativa per raccogliere storie (dati, informazioni testuali, biografie) è uno dei diversi strumenti della ricerca qualitativa (altri potrebbero essere fonti etnografiche, documenti, registrazioni audiovideo, tecniche multiple ecc.).

L’intervista sugli episodi critici è uno di questi strumenti ed è utilizzata in modo piuttosto diffuso per finalità sia teoriche sia pratiche da quando è stata introdotta come strumento di indagine nelle scienze sociali (FLANAGAN J.C., 1954).

Attraverso la diffusione del modello delle competenze, si è conosciuta in Italia la metodologia dell’intervista situazionale (la Behaviour Event Interview o la STAR - Situation Task Action Result) che impone l’individuazione di eventi significativi della vita lavorativa del valutato. Questo metodo si è rivelato particolarmente efficave nelle ricerche sul comportamento organizzativo e sulle prestazioni manageriali (CAMPBELL J.P., et all, 1970; BOYATZIS R.E., 1982).

Il metodo di intervista di cui parliamo è il risultato di un’operazione di adattamento di una tecnica frequequente utilizzata in campo giornalistico. Alla persona intervistata viene chiesto di raccontare un episodio recente della propria vita lavorativa. Diversamente dalle altre tecniche in materia, lo scopo di questa intervista è di ottenere dall’intervistato una descrizione dettagliata di ciò che è accaduto, chi ha fatto o detto la tal cosa, a chi l’ha detta e quando, i sentimenti, le emozioni, le azioni di ciascuna delle persone coinvolte nell'episodio, il risultato ottenuto dal protagonista e la conclusione dell'episodio narrato. Possiamo dire che, se l'episodio e stato raccontato e descritto in modo dettagliato, l'intervistatore è in grado di predisporne la sceneggiatura in modo fedele.

Può risultare utile, ai fini della comprensione della tecnica, confrontare l'intervista sugli episodi critici con altri tipi di intervista. Mentre nel colloquio terapeutico o clinico l'intervistatore cerca di instaurare un rapporto di empatia con l'intervistato, altrettanto non accade in questo caso. È necessario che l'intervistatore metta l'intervistato a proprio agio allo scopo di ottenere una efficace e completa narrazione dell'evento. Tuttavia deve accuratamente evitare qualsiasi tentativo di sviluppare un rapporto o una comprensione reciproca che potrebbero fuorviare l'interlocutore nel corso del suo racconto. Vanno, pertanto, evitati gli atteggiamenti di partecipazione o supporto emotivo e occorre astenersi dal raccontare le proprie esperienze.

L'intervista non ha l'obiettivo di ottenere dall'intervistato spiegazioni sui suoi pensieri o emozioni, ne di conoscere le sue «teorie». Ancor meno l'intervistatore deve dare interpretazioni o giudizi su quanto viene raccontato e, per questa ragione, non vanno poste domande che inizino con «perche?». Anche le domande tendenti a individuare future possibilità, del tipo «e se...» non vanno formulate, in quanto l'obiettivo è conoscere ciò che in realtà è veramente accaduto e niente di più. Le domande che inducano a speculare comportano risposte dell'intervistato condizionate da criteri di accettabilità sociale, le quali potrebbero celarne il reale comportamento o lo stato emotivo.

È molto importante la formulazione della domanda con la quale si da inizio all'intervista. Se si tratta di individuare le competenze di manager o professional di successo la domanda con la quale si inizia l'intervista dovrà essere: «Mi racconti un recente episodio nel quale si e sentito efficace nella sua attività di manager o professional». Se, invece, si tratta di condurre una ricerca sul lavoro di gruppo e la gestione efficace di un team la domanda dovrà essere: «Mi parli di una recente decisione del gruppo che ritiene efficace» (CIVELLI F., MANARA D., 2009).

3.3.3 FASE 3: Validazione formale delle evidenze e assessment