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4.1: Premessa: collocamento del decreto nel quadro normativo – 4.2: Principi generali;

4.2.1: Gli enti a cui si applica la disciplina; 4.2.2: Gli incarichi e cariche a cui si applica la disciplina; 4.2.3: Le definizioni di “inconferibilità” ed “incompatibilità” – 4.3:

Inconferibilità in caso di condanne penali – 4.4: Inconferibilità di incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati – 4.5: L'inconferibilità di incarichi a componenti di organi di indirizzo politico; 4.5.1: Componenti di organo di

indirizzo politico nazionale; 4.5.2: Componenti di organo di indirizzo politico regionale e locale; 4.5.3: Incarichi di direzione nelle ASL – 4.6: L’incompatibilità con cariche in enti

di diritto privato regolate e finanziate e analoghe attività professionali – 4.7: Le incompatibilità con cariche in organi di indirizzo politico – 4.8: Vigilanza e sanzioni;

4.8.1: La vigilanza interna: il responsabile della prevenzione della corruzione; 4.8.2: La vigilanza esterna: AGCM e (soprattutto) Civit; il controllo della corte dei Conti; 4.8.3:

Conseguenze dell’assunzione di incarichi inconferibili o incompatibili: nullità e decadenza; 4.8.4: Sanzioni all’organo conferente – 4.9: Norme finali e transitorie – 4.10:

Un giudizio sul decreto

4.1 – Premessa: collocamento del decreto nel quadro normativo

Col decreto legislativo 8 Aprile 2013, n° 39, il legislatore delegato ha dato attuazione alla delega prevista ai commi 49 e 50 della legge Severino, riguardanti la riscrittura del regime d’accesso alle cariche dirigenziali e delle incompatibilità di queste con altri incarichi portatori di interessi privati che possano causarne conflitti di interessi. La normativa, in primo luogo, va ad inserire, per le cariche dirigenziali, una necessaria incompatibilità preventiva (inconferibilità), per salvaguardare la funzione amministrativa dall’abuso che ne potrebbero fare soggetti inidonei. Infatti, se per il dirigente interno il rischio di parzialità e dipendenza è stemperato (seppur in via del tutto ipotetica) dal principio del pubblico concorso85, il dirigente esterno è ben più propenso ad essere ricettacolo di interessi del settore privato, per via della

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sua provenienza e della natura a tempo determinato dell’incarico, così come l’organo amministrativo di vertice, ossia una figura apicale di solito legato strettamente all’organo politico. Avente riguardo al conferimento dell’incarico, lo stesso decreto fa salvo l’articolo 19 del TU pubblico impiego; estrapolando alcuni stralci di nostro interesse, esso disciplina le modalità di conferimento dell’incarico dirigenziali, prevedendo che si tenga “conto, in relazione alla natura e alle

caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico.” Al momento del conferimento dell’incarico “sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni ne' eccedere il termine di cinque anni”. Per la dirigenza esterna, è previsto il conferimento, nei limiti del

10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e 8% di quella dei dirigenti di seconda fascia , per un periodo di tempo non superiore a tre anni per incarichi di dirigenza apicale o di dirigenza di livello generale, e cinque anni per il resto degli incarichi dirigenziali, “fornendone esplicita motivazione, a persone di

particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai

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settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato”86.

Il decreto inserisce, poi, un regime di incompatibilità classica (ossia applicabile durante lo svolgimento dell’incarico) per gli incarichi dirigenziali e amministrativi di vertice, che funge da disciplina speciale e specifica rispetto al regime residuale dell’articolo 53 del TU pubblico impiego, come rafforzato dalla stessa legge anticorruzione; rimane quindi applicabile il regime autorizzatorio allo svolgimento d’incarichi extrafunzionali. Il decreto rende poi inapplicabili alcune cause di incompatibilità (gli articoli 9 e 12, come si vedrà) agli incarichi presso le società che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e agli incarichi presso le loro controllate. Viene anche fatto salvo il regime derogatorio dell’articolo 23-bis del TU pubblico impiego, il quale prevede la collocazione in aspettativa non retribuita del dirigente per lo svolgimento di incarichi nel settore privato, vietabile in caso di motivato diniego o in presenza di tassative condizioni previste dalla stessa norma87.

Per completare il quadro delle incompatibilità, si applica infine la nuova incompatibilità successiva come aggiunta col comma 16-ter all’articolo 53 già citato, e che il decreto ha esteso anche alla dirigenza esterna88. Come si vedrà nella prossima sezione, le formulazioni dell’ambito soggettivo di questo comma e del decreto 39 risultano alquanto divergenti, e risultando necessaria quindi un’armonizzazione.

È doveroso anticipare che la disciplina del decreto 39 non si applica ai titolari degli organi politici di livello nazionale; a loro rimane applicabile la più volte citata legge Frattini, la quale prevede mediocri profili di incompatibilità e difetta di qualsivoglia regime di inconferibilità, creando uno dei più grandi limiti della normativa in tema di imparzialità soggettiva del funzionario pubblico nella sua interezza. Inoltre, lo stesso decreto delegato chiamato iconicamente “Severino” (il

86Per un’analisi approfondita sui criteri di conferibilità dell’articolo 19, si rimanda a V.Tenore “Gli

incarichi di collaborazione, consulenza e dirigenziali conferiti dalle P.A.”, in , in M. Rossi, M.A.

Tilia, V. Tenore (coordinatore) “Le incompatibilità per i pubblici dipendenti, le consulenze e gli

incarichi dirigenziali esterni” Giuffrè, 2014, pagg 109-120.

87Si rimanda a pag 83. 88Si rimanda a pag 97.

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235/2012) tratta alcuni profili di inconferibilità del politico alle cariche dirigenziali che provocano qualche perplessità in ambito attuativo della disciplina.

Si può dunque concludere come il decreto non abbia, tra i suoi numerosissimi pregi, quello di portare ad una amalgama della disciplina, la quale rimane abbastanza frammentata (incompatibilità/inconferibilità, sanzioni e vigilanza nel decreto; criteri di conferibilità, regime di autorizzazione, deroghe per la mobilità nel TUPI; funzionari politici nella legge Frattini…); risulta in ogni caso una normativa interessante ed innovativa, la quale verrà analizzata nel dettaglio nei prossimi paragrafi89.

4.2 – Principi Generali

Il decreto apre con una serie di definizioni, coadiuvanti ad una migliore applicazione dello stesso, che specificano la portata di ogni singolo istituto. L’articolo 1 ha quindi lo scopo di esplicare l’ambito d’applicazione del decreto, specificando i principi ed i criteri direttivi che la legge delega aveva sintetizzato in due commi.

4.2.1 – Gli enti a cui si applica la disciplina

La norma si preoccupa di dare una definizione degli enti di riferimento per l’osservanza del decreto. Per “pubbliche amministrazioni” s’intendono le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del TU pubblico impiego, e le autorità amministrative indipendenti. Il riferimento alle AAI, non presente nella legge Severino, potrebbe costituire un eccesso di delega. La ricomprensione però è coerente con i fini della legge: al pari dei componenti delle AAI, anche i di loro funzionari svolgono funzioni regolative importanti intaccabili da impropri interessi economici90. Per “enti pubblici”, s’intendono gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati,

89La disciplina verrà analizzata Capo per Capo. Per un ulteriore Focus sul decreto, si consiglia di

visionare “Focus a cura del Direttore Prof. Avv. Enrico Michetti sul Decreto legislativo n. 39 del

2013 entrato in vigore in data 4.5.2013 “disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico”” in gazzettaamministrativa.it.

90F. Merloni “Il regime delle inconferibilità e incompatibilità nella prospettiva dell’imparzialità dei

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finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati. Tale definizione chiarisce anche i due soggetti privati presi in considerazione91: “enti di diritto privato in controllo pubblico”: ossia le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi. L’estensione della disciplina a tali enti permette di estirpare fenomeni di malaffare in soggetti solo formalmente privati, ma sostanzialmente pubblici: infatti, nei termini così formulati, in essi l’amministrazione ha poteri ed influenze così penetranti da essere tali enti considerati longa mano di questa. Il secondo soggetto privato preso in considerazione sono gli “enti di diritto privato regolati o finanziati”, cioè le società e gli altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l'amministrazione che conferisce l'incarico: svolga funzioni di regolazione dell'attività principale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l'esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione; abbia una partecipazione minoritaria nel capitale; finanzi le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici. Tali enti, correttamente rideterminati rispetto alla legge delega92, hanno un rapporto, con l’amministrazione, “qualificato”93

: essi sono regolati e finanziati dall’amministrazione e hanno grande interesse ad avere soggetti al suo interno che ne condizionino l’operato a loro vantaggio. Per questo è necessario escludere per alcuni dei componenti di tali enti, la conferibilità e la compatibilità con un incarico nella pubblica amministrazione regolatrice o finanziatrice

91P.Cosmai “Resta fuori dalla legge delega di riforma della PA la disciplina delle incompatibilità

auspicata dall’ANAC” in Leggi d’Italia PA, WoltersKluwer, 2015.

92Il comma 50 infatti prevedeva sia “enti di diritto privato sottoposti a controllo e finanziati”, sia

“enti di diritto privato sottoposti a regolazione, a controllo e finanziati”.

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4.2.2 – Gli incarichi e cariche a cui si applica la disciplina

Una volta definiti gli enti di riferimento, la normativa si preoccupa di individuare gli incarichi influenzati dal nuovo regime di inconferibilità/incompatibilità. Innanzitutto, per “incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati”, sono ricompresi “le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette,

amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell'ente”; è stata quindi esclusa una formulazione espansiva

e fattuale94; come si vedrà, inoltre, le “deleghe gestionali dirette” hanno creato non pochi problemi interpretativi, che hanno portato l’ANAC alla richiesta di rimozione di tale periodo. Per “componenti di organi di indirizzo politico” (che il decreto, “scavando un profondo fossato”95

, cerca distanziare dagli incarichi dirigenziali) rientrano le persone che partecipano, in via elettiva o di nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo, parlamentare, Presidente della giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali) oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali. Come già si è detto e come si specificherà, si crea col decreto un ingiustificato divario tra le cariche politiche regionali e locali e quelle statali, disciplinando le inconferibilità e le incompatibilità per primi, e lasciando alla disciplina vigente i secondi. Gli “incarichi amministrativi di vertice” sono quelli di livello apicale nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, che non comportano l’esercizio esclusivo delle competenze di amministrazione e gestione96

. Infine, la norma rimarca la distinzione tra dirigenti interni e dirigenti esterni. I primi sono i dirigenti e dipendenti pubblici (infatti, la disciplina si estende, ex

94Nell’opera su citata, viene detto che lo schema del decreto portato in Consiglio dei Ministri

prevedeva pure, tra le cariche incriminate, “la titolarità della posizione di effettivo controllo dell’ente”.

95Così si esprime G. Sirianni in “La necessaria distanza tra cariche politiche e cariche

amministrative”, in Giornale di diritto amministrativo 8-9/2013, pag 816.

96Così come correttamente interpretato, in sede di legge delega, da F. Merloni in “Nuovi strumenti

di garanzia dell’imparzialità delle amministrazioni pubbliche: l’inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi (art. 1, commi 49 e 50)” in B. G. Mattarella M. Pelissero (a cura di) “La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione”, Giappichelli, 2013, pag 200.

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articolo 2, anche, negli enti locali, ai conferimenti di incarichi con funzioni dirigenziali a funzionari non dirigenti) che svolgono in via esclusiva competenze di amministrazione e gestione; i secondi sono soggetti non facenti parte di qualsivoglia amministrazione (nemmeno al di fuori dell’amministrazione conferente) che svolgono le suddette competenze, in via esclusiva, di amministrazione e gestione. Quindi, i dirigenti esterni sono solamente quelli che provengono dal settore privato.

4.2.3 – Le definizioni di “inconferibilità” ed “incompatibilità”

Lasciando la elencazione delle specifiche cause in seguito, l’inconferibilità viene definita “la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi […]” e l’incompatibilità “l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di

scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche

[…]”; Parlando dell’inconferibilità, è possibile ritrovare in essa delle caratteristiche peculiari: viene verificata prima o nella concomitanza del momento in cui si conferisce l’incarico; si protrae a tempo determinato o indeterminato, e dura quanto le condizioni soggettive (tempo sospetto; interdizione dai pubblici uffici) che l’hanno causata; una volta avvenuta non può essere sanata dal soggetto stesso, ma solo per sopravvenienze esterne (es: sentenza di proscioglimento) o tassative deroghe97. Per l’incompatibilità, si può dire subito che quelle del presente decreto sono incompatibilità relative (le incompatibilità assolute sono quelle in cui vi è decadenza dal mandato a prescindere dall’esercizio dell’opzione tra i due incarichi); inoltre, si evince dall’articolo 19 che il soggetto può svolgere ambedue le attività durante il periodo di opzione, ma decade ex lege in caso in cui non abbia scelto allo scadere del quindicesimo giorno98. Nel rapporto tra i due istituti, si crea un problema di ius superveniens: sicuramente una incompatibilità determinerà una causa di inconferibilità, ma non è scontato che una inconferibilità porti ad una incompatibilità: è possibile la rimozione dall’incarico di un soggetto che ricopra contestualmente all’incarico pubblico (o abbia ricoperto entro il tempo sospetto)

97G. Bassi “Cause di inconferibilità e di incompatibilità. Guida all’applicazione del D.Lgs.

39/2013”, Maggioli Editore, 2013, pag 12.

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una carica che genera inconferibilità, anche quandanche, alla firma dell’incarico nella pubblica amministrazione, essa era legittimamente conferibile? Certamente la mancata disciplina di un periodo transitorio porta una certa complessità nello sbrogliare la matassa99; la dottrina prima100, e la Civit (ANAC) poi101, è andata a formulare l’ interpretazione per cui l’inconferibilità opera necessariamente prima (o contestualmente) alla data del conferimento, quindi, per gli incarichi già conferiti alla data di entrata in vigore del decreto si applica il tempus regit actum. Ciò non vale per le cause di incompatibilità, le quali possono sorgere anche in maniera sopravvenuta al conferimento dell’incarico e, quindi, porta alla conseguenza per il soggetto che svolge doppio “lavoro” di operare una scelta nel termine di 15 giorni. 4.3 – Inconferibilità in caso di condanne penali

La prima fattispecie di inconferibilità di incarichi dirigenziali riguarda l’essere stati condannati per uno dei reati contro la pubblica amministrazione (Capo I, Titolo II, Libro II c.p.). La stessa legge Severino ha previsto comunque un’ipotesi di inconferibilità per questi reati che si applica in generale alla dipendenza pubblica: infatti, il nuovo articolo 35-bis del TU pubblico impiego (introdotto dal comma 46, articolo 1 della legge 190) prevede che, a coloro i quali siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i suddetti reati, non siano conferibili tutta una serie di incarichi delicati (far parte di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi; svolgere compiti attinenti all’utilizzo di denaro pubblico quali la gestione di risorse finanziarie, la scelta del contraente per forniture e servizi e l’erogazione di concessioni o sovvenzioni)102

la cui importanza fa sì che i soggetti che gli ricoprano siano più esposti al rischio corruttivo; La disposizione del decreto 39 invece mira a tutelare la dirigenza e la sua funzione nel suo complesso, quindi un’ipotesi ben più ampia, se non nella

99S. Kranz “Il nuovo regime di incompatibilità e inconferibilità di incarichi di dirigenti e dipendenti

delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate”, in azienditalia il personale n. 6/2013

100G. Bassi “Cause di inconferibilità e di incompatibilità. Guida all’applicazione del D.Lgs.

39/2013” ,Maggioli Editore, 2013, pag 45-46.

101Delibera 46/2013; si veda la prossima Sezione per una più approfondita panoramica sull’attività

dell’Autorità Anticorruzione.

102Per una migliore panoramica dell’articolo, le maggiori critiche e l’effettivo ambito di

applicazione, si rimanda a B. Cimino “I divieti per i condannati (art. 1, comma 46)” in B. G. Mattarella M. Pelissero (a cura di) “La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della

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ricomprensione degli incarichi, nella ricomprensione delle funzioni, rispetto alla disposizione 35-bis. Visto il rigore della norma, l’inconferibilità deve applicarsi, salvo casi più gravi, solamente per un limitato periodo di tempo. Ebbene, l’articolo 3 prevede che a coloro che siano stati condannati anche con sentenza non passata in giudicato per uno dei suddetti reati, non possono essere conferiti:

1. gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;

2. gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;

3. gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale;

4. gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;

5. gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali del servizio sanitario nazionale.

Per la durata dell’inconferibilità, la normativa pone un’apprezzabile distinzione in base alla gravità del reato: i reati elencati nell’articolo 3, comma 1 della legge 97/2001 (314 primo comma; 317; 319; 319-quater; 320 c.p.) sono considerati più gravi rispetto agli altri reati del Capo I Titolo II. La distinzione si denota in caso di sentenza definitiva, la quale non abbia irrogato la pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici, o in caso di sentenza non definitiva. Nel caso di interdizione dai pubblici uffici, l’inconferibilità dura quanto l’interdizione (ed è parimenti perpetua, se è stata irrogata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici). Se l’interdizione non è stata irrogata, l’inconferibilità dura, per i reati più gravi, 5 anni; per i reati meno gravi, dura il doppio della pena inflitta, ma non può eccedere i 5 anni. La legge si preoccupa anche di disciplinare le conseguenze dell’inconferibilità temporanea (se non presente interdizione dai pubblici uffici) di un dirigente, sia interno che esterno. In caso di dirigente interno, esso può essere posto a svolgere mansioni che non comportino l’esercizio di competenze di amministrazione e gestione, ad

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esclusione di incarichi relativi a tutta una serie di uffici a cui attribuiti compiti di estrema rilevanza (gestione delle risorse finanziarie; vigilanza e controllo). Se ciò non è possibile, il dirigente viene posto a disposizione. Per il dirigente esterno, vi è la cessazione immediata del rapporto, senza retribuzione, per la durata dell’inconferibilità; al termine del periodo di raffreddamento, se il contratto è ancora in corso, l’amministrazione può valutare la persistenza dell’interesse alla prosecuzione dell’incarico. La situazione di non conferibilità cessa di diritto se viene pronunciata, per quel reato, sentenza di proscioglimento, anche non definitiva. Infine, per l’applicabilità dell’inconferibilità, alla sentenza di condanna è equiparato il cd patteggiamento. Vi è da dire che, se lo scopo della norma è tutelare la corretta funzione amministrativa non affidandola a soggetti inidonei, risulta grave la scelta di non far rientrare nelle ipotesi di inconferibilità il reato tentato: