3.1: Il dipendente pubblico e la sua compatibilità con altri lavori; 3.1.1: Attività
assolutamente incompatibili; 3.1.2: Incarichi permessi dal legislatore; 3.1.3: Gli incarichi relativamente incompatibili; 3.1.4: Il regolamento Luglio 2013 sui criteri di incompatibilità dei dipendenti pubblici – 3.2: Le sanzioni per la violazione del divieto –
3.3: il controllo e la trasparenza degli incarichi extrafunzionali – 3.4: L’incompatibilità successiva
3.1 – Il dipendente pubblico e la sua compatibilità con altri lavori
Per il dipendente pubblico la disciplina dei commi 49 e 50, articolo 1, della legge Severino non è applicabile. La disposizione di riferimento resta l’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 (che tratta la incompatibilità, il cumulo di impieghi e di incarichi), il quale viene modificato dalla legge Severino, precisamente dai commi 42 e 43. In generale, la disciplina si riassume in una esclusività del lavoro del pubblico dipendente nei confronti dell’amministrazione, secondo il principio costituzionale per cui il pubblico impiegato è al servizio esclusivo della Nazione. Se l’incompatibilità è la regola, sono previste eccezioni, tramite lo strumento dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza, e l’espressa elencazione dei lavori ammessi. Cercando di schematizzare, è possibile denotare tre forme di incompatibilità/compatibilità ad altri impeghi: lavori per cui vige un’incompatibilità assoluta; lavori per cui vige un’incompatibilità relativa; lavori per cui vige l’espressa compatibilità52
.
3.1.1 – Attività assolutamente incompatibili
52Tale suddivisione è riscontrabile in dottrina: B. Ponti “Le modifiche all’art. 53 del testo unico sul
lavoro alle dipendenze della p.a. (art. 1, commi 39-40 e 42-43)” in B. G. Mattarella M. Pelissero (a
cura di) “La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione”, Giappichelli, 2013; M. Rossi “Le norme generali in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi” in M. Rossi, M.A. Tilia, V. Tenore (coordinatore) “Le incompatibilità per i pubblici dipendenti, le
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Il primo comma dell’articolo in esame richiama espressamente, come applicabili, le incompatibilità previste dal dpr 3/1957 (TU statuto impiegati civili dello Stato); la normativa di riferimento si traduce negli articoli da 60 a 65 di questo TU. La prima incompatibilità assoluta riguarda il divieto, per l’impiegato, di svolgere alcuna attività economica privata (commercio, l'industria, ne' alcuna professione o
assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro), eccettuato lo svolgimento di attività in una società ove la
nomina è riservata allo Stato. Tale rigorosa norma è stemperata dall’articolo 23-bis del TU pubblico impiego, espressamente volta a favorire la mobilità tra settore pubblico e privato: difatti, per i dirigenti è prevista la possibilità, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza, di essere collocati in aspettativa senza assegni, per lo svolgimento di attività presso organismi pubblici o privati, anche in ambito internazionale. La disposizione, così espressa, più che un’eccezione sembra aprire una voragine nei confini tra interessi pubblici e privati. L’articolo prevede comunque cause di assoluta incompatibilità: il dirigente non deve, nei due anni precedenti alla domanda, aver svolto attività collegabile al soggetto presso il quale ha intenzione di assumere l’incarico (è stato addetto a
funzioni di vigilanza, di controllo […]ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni) o imprese controllanti o controllate da
esso; l’attività o il soggetto presso cui svolgere l’incarico non deve, per sua caratteristiche, provocare un danno all’immagine della PA e comprometterne il normale funzionamento e l’imparzialità. È prevista poi una particolare ipotesi di diniego di rientro nell’amministrazione: nei due anni successivi allo svolgimento delle attività, il dirigente non può svolgere funzioni collegate all’organismo presso cui ha lavorato (si vedano le attività suddette)53. Lo stesso dpr, poi, prevede delle eccezioni al regime: il divieto non si applica alle società cooperative, e per attività di perito o arbitro è prevista una incompatibilità relativa. Inoltre, nei casi stabiliti dalla legge o su autorizzazione del Consiglio dei Ministri, l’impiegato può svolgere
53Queste garanzie non sembrano del tutto soddisfacenti: i tempi di raffreddamento risultano fin
troppo brevi; il collegamento tra il funzionario ed il soggetto esclude l’estensione ad altri dirigenti la cui posizione è a rischio: meglio sarebbe stata un’applicazione a tutta la dirigenza presente nel settore che regola o finanzia l’attività in esame, non riconducendo all’espresso svolgimento d’attività; infine, il riferimento al nocumento ed alla compromissione del funzionamento ed imparzialità risulta fin troppo vago, svuotando l’effettività della norma.
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attività di amministrazione e ricoprire cariche sindacali presso società partecipate dallo Stato o controllate dall’amministrazione di cui l’impiegato fa parte. È previsto poi un divieto generale di cumulo di impieghi pubblici54. Per quel che a noi interessa, la legge Severino ha introdotto un comma 3-bis all’articolo 53, il quale rimanda ad un regolamento del Consiglio dei Ministri l’individuazione di incarichi vietati ai dipendenti pubblici. In sede di emanazione, si sono sollevate alcune perplessità nella scelta di delegare, in maniera del tutto libera, tale compito ad una fonte di rango secondario: si creerebbero così incertezze nel caso in cui il regolamento contrastasse con una legge55. Il pericolo ammantato si è rivelato, in seguito, del tutto scongiurato: il regolamento è stato adottato a Luglio 2013, a seguito di un tavolo tecnico formato dal Dipartimento per la funzione pubblica, Conferenza delle regioni e delle province Autonome, ANCI e UPI, chiamato “Criteri generali in materia di incarichi vietati ai pubblici dipendenti”, il cui obiettivo è quello di esemplificare “una serie di situazioni di incarichi vietati per i pubblici dipendenti tratti dalla normativa vigente, dagli indirizzi generali e dalla prassi applicativa.”56.
Quindi risulta una summa della disciplina vigente in materia, non andando a confliggere con nessun’altra disposizione, prevedendo sia incarichi assolutamente vietati che quelli per i quali l’amministrazione, a seguito di verifica, deve dichiarare l’incompatibilità, assurgendo ad essere una sorta di “guida per pubbliche amministrazioni”; per questo verrà analizzato a fine paragrafo.
3.1.2 – Incarichi permessi dalla legislazione
L’articolo 53, al comma 6, prevede una serie di incarichi per cui è escluso un regime di incompatibilità. Tali incarichi sono: la collaborazione con giornali,
54Per un maggiore approfondimento sull’estensione delle incompatibilità assolute (ad esempio
l’applicabilità a lavori occasionali e saltuari, ad attività artigiana o agricola), si rimanda a M. Rossi “Le norme generali in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi” in M. Rossi, M.A. Tilia, V. Tenore (coordinatore) “Le incompatibilità per i pubblici dipendenti, le consulenze e
gli incarichi dirigenziali esterni” Giuffrè, 2014, pagg 140-159.
55Tale preoccupazione è espressa da B. Ponti, “Le modifiche all’art. 53 del testo unico sul lavoro
alle dipendenze della p.a. (art. 1, commi 39-40 e 42-43)” in B. G. Mattarella M. Pelissero (a cura di)
“La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione”, Giappichelli, 2013 pagg 173-174.
56E. Michetti: “Funzione Pubblica: adottato il Regolamento sugli incarichi vietati ai dipendenti
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riviste, enciclopedie e simili; ricavi frutto di opere dell’ingegno di autore o inventore; la partecipazione a convegni o seminari; incarichi per il quale è disposto solo il rimborso delle spese documentate; incarichi per i quali il dipendente è posto in aspettativa, in comando o fuori ruolo; incarichi conferiti da organizzazioni sindacali a dipendenti in aspettativa non retribuita; attività di diretta formazione dei dipendenti della PA, nonché docenza e ricerca scientifica. Questi lavori, liberamente esercitabili, non necessitano di alcuna autorizzazione da parte dell’amministrazione (commi da 7 a 13), ne della comunicazione sui compensi (comma 12). Così, sono ritenute esercitabili liberamente senza autorizzazione gli incarichi relativamente compatibili esercitati a titolo gratuito, però in questo caso l’ANAC, in occasione dell’approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione (delibera 72/2013)57, ha ritenuto che il dipendente debba farne comunque comunicazione all’amministrazione, che tempestivamente può vietare l’incarico solamente in caso di conflitti di interessi. Stessa disciplina sembra applicarsi anche in caso di lavoro part time (con orario di lavoro inferiore al 50% di quello a tempo indeterminato): il dipendente deve comunicare i suoi altri impieghi, che l’amministrazione può vietare se non sono esclusi conflitti di interessi, anche potenziali58. Rimane fermo, in ogni caso, anche in caso di incarichi permessi dalla legge, il divieto di porre in essere una situazione di concorrenza con il lavoro pubblico, o comunque di svolgere attività che pregiudichi l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente59.
3.1.3 – Gli incarichi relativamente incompatibili
Nel solco tra gli incarichi assolutamente incompatibili e quelli permessi dal legislatore, rimane un regime di incompatibilità degli altri incarichi, autorizzabili dall’amministrazione di appartenenza caso per caso. La legge Severino ha inciso, ai fini del contrasto alla corruzione, sui criteri di valutazione da adottare per concedere l’espletamento di altri incarichi; nella impostazione originaria
57Per approfondire il tema del PNA, si rimanda alle pagg 48-50.
58M.Rossi “Le norme generali in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi” , pagg
161-162 , in M.Rossi, M.A.Tilia, V.Tenore (coordinatore) “Le incompatibilità per i pubblici
dipendenti, le consulenze e gli incarichi dirigenziali esterni” Giuffrè, 2014.
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dell’articolo, il dettato costituzionale del “servire esclusivamente la Nazione” era tradotto in una tutela del buon andamento della Pubblica Amministrazione: l’amministrazione di appartenenza verificava che l’attività in esame non pregiudicasse l’efficacia e l’efficienza della funzione amministrativa, ossia nell’autorizzare o no lo svolgimento di altra attività, guardando al tempo ed alla professionalità che esso richiedeva, perseguiva lo scopo di garantire la mera performance lavorativa60. La disciplina previgente, quindi, era più attenta a tutelare “l’unicità della prestazione lavorativa del dipendente, piuttosto che la sua imparzialità”61
. Orbene, la legge anticorruzione ritocca alcuni commi (5, 7, 9) dell’articolo 53 aggiungendo un nuovo criterio nell’autorizzazione ad altri incarichi: deve essere concessa se sono escluse “situazioni di conflitto, anche
potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente”. In sostanza, non si guarda più solamente che il lavoro in
esame “sprechi” tempo ed energie al dipendente, che non potrà così impiegarle nel servire la Nazione, ma che dallo stesso lavoro non ci siano possibilità che scaturiscano interessi estranei che possano condizionare lo svolgimento dell’impiego pubblico, volto a soddisfare questi e non servire la Nazione.
Cercando di inquadrare l’ambito applicativo del regime autorizzatorio, esso scatta in caso di possibilità di conferimento di incarico retribuito. Esso può avvenire da parte dell’amministrazione di appartenenza (in caso di incarichi non compresi nei compiti e doveri di ufficio; comma 2), da altre amministrazioni (comma 8), da parte di enti pubblici economici e di soggetti privati (comma 9). In tutti questi casi l’amministrazione di appartenenza deve valutare l’esclusione di conflitti di interessi. Per una miglior valutazione da parte delle amministrazioni, è certamente agevole identificare in cosa debba consistere il conflitto di interessi qui dibattuto. Una interpretazione interessante62 vede il conflitto di interessi ex art. 53 come un’interferenza di interessi non del funzionario, ma del soggetto che intende
60Su buon andamento e performance, si rimanda alle pagg. 25-27.
61F. Merloni “Inconferibilità e incompatibilità degli incarichi” in R.Garofoli, T.Treu (direzione) “Il
libro dell’anno del diritto 2014”, Treccani.
62Di B. Ponti in “Le modifiche all’art. 53 del testo unico sul lavoro alle dipendenze della p.a. (art.
1, commi 39-40 e 42-43)”, in B. G. Mattarella M. Pelissero (a cura di) “La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione”, Giappichelli, 2013, pagg 176-177.
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conferire l’incarico: quindi il conflitto nasce tra l’interesse dell’amministrazione di appartenenza e quello dell’ente; se è assente qualsiasi possibilità di un tale contrasto, allora l’amministrazione potrà autorizzare l’incarico (salvo, ovviamente, l’incarico non pregiudichi il buon andamento dell’amministrazione); in pratica, il “doppio lavoro” del dipendente non deve mettere in relazione due interessi in possibile conflitto. Per quanto, certamente, sia la retribuzione da parte del soggetto conferente uno dei fattori che possano “corrompere” la funzione amministrativa, è ben stata criticata in dottrina63 l’inapplicabilità della disciplina ai lavori a titolo gratuito, visto che anche questi sono idonei a collegare due interessi confliggenti (tramite una eventuale condivisione od adesione ideale, ideologica, valoriale)64. Come già detto parlando degli incarichi permessi, l’ANAC ha risolto la questione con un dovere di comunicazione e possibilità diniego dell’incarico, per quanto si mantenga una certa differenza tra un regime di autorizzazione (preventivo alla costituzione del rapporto) ed uno di eventuale diniego (che interviene a posteriori). Parlando di autorizzazione, si conclude con una rassegna del procedimento con cui essa viene concessa. Il comma di riferimento è il 10: i soggetti, pubblici o privati, che vogliano conferire un incarico ad un dipendente pubblico, devono farne richiesta all’amministrazione di appartenenza. In mancanza, la richiesta può essere fatta dallo stesso dipendente. Vista la separazione tra indirizzo politico- amministrativo e la funzione di gestione, sembra quanto mai opportuno che l’organo competente a concedere l’autorizzazione sia un rappresentante di quest’ultima, quale può essere il dirigente preposto alla gestione del personale65. L’amministrazione deve rispondere entro 30 giorni dalla richiesta. In caso in cui il dipendente pubblico presti servizio anche presso un’altra amministrazione pubblica, è necessaria la previa intesa tra le amministrazioni per conferire l’incarico; in questo caso però il termine per rispondere al soggetto sale a 45 giorni. In ogni caso, l’amministrazione che ha ricevuto la richiesta può operare anche senza intesa, se non riceve risposta entro 10 giorni dalla richiesta dell’intesa. Nel
63V.Tenore “Le attività extraistituzionali e le incompatibilità per il pubblico dipendente” in Lav.
Nelle p.a., 2007.
64B. Ponti “Indipendenza del dirigente e funzione amministrativa” Maggioli, 2012.
65M.Rossi “Le norme generali in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi”, in
M.Rossi, M.A.Tilia, V.Tenore (coordinatore) “Le incompatibilità per i pubblici dipendenti, le
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lasso di tempo tra la richiesta e la risposta, l’amministrazione valuterà tutti i profili per decidere se autorizzare o no l’incarico, di cui abbiamo già discusso. In caso di mancata risposta, la disciplina subisce una curiosa biforcazione a seconda della natura del soggetto aspirante conferente: per qualsivoglia soggetto, vale come silenzio-rifiuto; in caso di amministrazione pubblica, si tramuta in un silenzio- assenso. Quest’ultima disposizione genera una certa perplessità: in potenza, è possibile il conferimento dell’incarico per mancata risposta da parte dell’amministrazione, quandanche ci sarebbero i profili per la sussistenza di un conflitto d’interesse: tale tesi è avvalorata in maniera preoccupante dalla inspiegabile mancata modifica del comma di riferimento per l’amministrazione pubblica aspirante conferente (comma 8), in cui non è presente l’obbligo, da parte dell’amministrazione, di valutare potenziali conflitti di interessi66
. Il combinato disposto potrebbe generare, senza una illuminata interpretazione, un potenziale
revolving doors tra amministrazioni pubbliche.
3.1.4 – Il regolamento Luglio 2013 sui criteri di incompatibilità dei dipendenti pubblici
Il regolamento adottato dal Dipartimento per la funzione pubblica rappresenta un pratico schema riassuntivo della disciplina fin qui esposta; esso elabora gli incarichi vietati inserendo sia quelli incompatibili per legge, sia quelli che, per via delle loro caratteristiche intrinseche, devono essere dichiarati incompatibili dall’amministrazione in sede di autorizzazione. Unico fattore degno di nota, consiste nella specificazione di una casistica di impieghi caratterizzati da conflitti d’interesse con l’impiego pubblico; ipotesi, da rimarcare, meramente descrittive e non tassative67.
Il regolamento segmenta gli incarichi incompatibili tramite un criterio basato sulle cause di incompatibilità: quelli vietati perché (o se) svolti con “abitualità e professionalità”; quelli vietati poiché fautori di conflitti di interessi; quelli vietati a “prescindere dalla consistenza dell’orario di lavoro”. I primi due si applicano ai
66B. Ponti “La regolazione dell’accesso agli incarichi esterni da parte dei dipendenti dopo la legge
190/2012: evoluzione del sistema e problemi di applicazione agli enti territoriali” in Istituzioni del Federalismo 2/2013, pag 418.
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dipendenti a tempo indeterminato e ai part time che svolgano attività per un tempo pari o superiore al 50% di quello riferibile ad un impiegato a tempo indeterminato; la causa di incompatibilità di mezzo si applica anche ai soggetti con presenza del 50% o inferiore; l’ultimo, come si può denotare pure dal nome, si applica a tutti i dipendenti.
1. Abitualità e Professionalità: A) Il regolamento richiama l’articolo 60 del dpr 3/1957, che abbiamo già trattato: per questi lavori il divieto assoluto si applica in caso di lavoro professionale (cioè abituale, sistematico, non occasionale e continuo, ma non necessariamente permanente ed esclusivo)68, come confermato più volte dalla giurisprudenza69. B) Sono vietati altresì quegli incarichi che di per sé sarebbero compatibili ma, al netto del tempo occupato al dipendente, risultino un impegno continuativo con le caratteristiche di abilità e professionalità, figurando quindi una incompatibilità.
2. Conflitto di interessi: A) Sono vietati gli incarichi presso soggetti nei quali la struttura di assegnazione del dipendente abbia funzioni relative al rilascio di concessioni o autorizzazioni o nulla-osta o atti di assenso comunque denominati, anche in forma tacita. B) Quelli presso i soggetti che riforniscono l’amministrazione, per quei dipendenti che lavorino in settori che abbiano rapporti col fornitore. C) Gli incarichi presso soggetti che intrattengono rapporti contrattuali ed economici con l’amministrazione, in relazione ai dipendenti di quello specifico settore. D) presso soggetti che, nei due anni precedenti, abbiano avuto un interesse economico significativo in relazione al settore di appartenenza del dipendente. E) Gli incarichi presso soggetti su cui la struttura di assegnazione abbia poteri di controllo, di vigilanza e di sanzione. F) gli incarichi che possono, in relazione all’attività ed all’oggetto, provocare nocumento all’immagine dell’amministrazione, anche per via di conoscenze del dipendente acquisite per ragioni di ufficio. G) Gli incarichi incompatibili ex d.lgs. 39/201370.
68E. Michetti: “Funzione Pubblica: adottato il Regolamento sugli incarichi vietati ai dipendenti
delle pubbliche amministrazioni” in gazzettaamministrativa.it , 25/06/2014.
69Supra nota 53, in particolare pagg 145-146.
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H)Gli incarichi compatibili ex comma 6 articolo 53 che, in ogni caso, presentano situazioni di conflitti di interessi. I) In generale, sono incompatibili tutti gli incarichi che presentano un conflitto di interessi per la natura e l’oggetto dell’incarico o che possono pregiudicare l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.
3. Preclusi a tutti i dipendenti, a prescindere dall’orario di lavoro: A) tutti gli incarichi (anche quelli compatibili ex comma 6) che interferiscono con il lavoro pubblico, in relazione al tempo, alla durata, all’impegno richiestogli. B) gli incarichi che si svolgono durante l’orario d’ufficio o comunque in potenza confliggenti con l’orario di servizio, salvo l’utilizzo, da parte del dipendente, di strumenti quali ferie ecc. C) gli incarichi che, cumulati con altri incarichi e conferimenti, compromettono l’attività di servizio. D) Gli incarichi che si svolgono attraverso l’utilizzo di mezzi e risorse dell’amministrazione a disposizione del dipendente per ragioni d’ufficio, salvo che non ci sia espressa autorizzazione da parte dell’amministrazione in caso di incarico conferito da lei medesima. E) Gli incarichi a favore di dipendenti iscritti in albi professionali, salvo deroghe per legge. F) Tutti gli incarichi per i quali l’autorizzazione non sia stata rilasciata o, nel caso di incarichi per cui è necessaria la sola comunicazione, se non ne è stata data all’amministrazione.
3.2 – Le sanzioni per la violazione del divieto
Un impianto legislativo di questo tipo non può prescindere da un regime sanzionatorio serio. Le conseguenze per svolgimento di incarico non autorizzato sembrerebbero diverse a seconda che il soggetto conferente abbia natura pubblica o privata71. Nel caso del soggetto privato, il comma 9 prevede72 una sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma al dipendente pubblico; colui che accerta ed irroga la sanzione, nonché chi riscuote la somma, è il Ministero delle Finanze: si tratta quindi di una sanzione amministrativa in capo all’ente in questione. Questa sanzione era inoltre applicata quando tali
71M.C.Fabbretti “Doveri di esclusività del pubblico dipendente” in dirittoscolastico.it. 72In realtà il comma prevede un rimando all’articolo 1 comma 6 del decreto legge 79/1997.
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soggetti non comunicavano i compensi erogati ai dipendenti pubblici all’amministrazione di appartenenza (comma 15); ma con la sentenza 98 del 2015 la Corte Costituzionale ha ritenuto che tale inciso violasse un duplice profilo costituzionale: sul lato meramente formale, si configurava un eccesso di delega, non prevedendo la legge delega una tale sanzione amministrativa (prevedeva sì l’obbligo di comunicazione di tali dati, ma non la relativa sanzione, e la corte ha ritenuto che anche questa deve essere esplicitamente ricompresa nei principi e criteri direttivi, non rappresentando un corollario trascurabile in sede di delega) ; dal punto di vista sostanziale, la previsione della sanzione per mancata comunicazione del compenso si sommerebbe a quella per la mancata comunicazione del conferimento dell’incarico, risultando, dalla somma, una sanzione del tutto irragionevole e vessatoria, poiché formatasi sulla base di due